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"Mastro Majella"

Capitolo XI

Nel 1745, un anno dopo il ritorno dal servizio presso il vescovo di Lacedonia, Gerardo, con i risparmi della mamma e l’aiuto dei cognati, riuscì a mettere su una modesta sartoria, adattando la spaziosa stanza a pianterreno della casa, divenuta ormai troppo grande per lui solo e la mamma, da quando le altre sorelle erano andate spose.
Sulla parete centrale Gerardo istallò un grande Crocifisso, con ai piedi un’immagine dell’Addolorata dal Cuore circondato dall’atroce serto delle sette spade. Questi erano i mobili più importanti; poi il grosso bancone, lo scaffale delle stoffe e gli altri utensili di sartoria.
La mamma sperava che ora finalmente quel suo figliuolo, già quasi ventenne, avesse una stabile sistemazione.
Nell’anno precedente, 1744, c’erano stati altri due tentativi, andati ugualmente falliti. Subito dopo il ritorno da Lacedonia, Gerardo, visto che ormai in casa la sua presenza non era più tanto necessaria, nella sua intramontabile bramosia di dedizione a Dio, aveva creduto di sentire la vocazione dell’eremita.
Trovato un compagno, al quale aveva contagiato il suo fervore di solitudine, un bel mattino insieme si avviarono per i monti in cerca di un rifugio tra le forre appenniniche, per dare inizio alla vita cenobitica.
Gerardo aveva abbozzato un Regolamento, fatto a sua misura: dove non si parlava che di digiuni, silenzi, veglie prolungate in orazioni ... Aveva pensato anche alle prime necessità, portandosi appresso un sacco di provviste: tozzi di pane e companatici a base di erbe più o meno commestibili.
Il bel sogno dei due eremiti, però, non durò a lungo. Al tramonto della prima giornata, il compagno, impressionato dall'incombere delle ombre piene di paurose voci dentro le macchie frondose delle foreste, si sentì invadere da uno sgomento pieno di nostalgia e di corsa fece ritorno in paese.
Il "Fondatore" resistette ancora quattro giorni; poi anche lui si convinse che quella non era la chiamata di Dio, e l'argomento decisivo - come non ci aveva pensato prima? - fu che nella solitudine non gli era possibile incontrarsi con il suo Amico Divino, nel Sacramento dell'Eucaristia ...
Mamma Benedetta se lo rivide di nuovo a casa con un'altra delusione dipinta sul volto patito ... Ma lei che ci poteva fare? Era una povera donna sola; il suo istinto materno qualche volta l'avvertiva che in quel figliuolo la stranezza poteva essere invece qualche cosa di soprannaturale che lei non riusciva ad afferrare. Come dunque poteva sapere se faceva bene o meno ad opporsi sempre ai desideri suoi? E così l'aveva lasciato andare a fare l'eremita; ma ora che se ne era tornato, questo nuovo fallimento doveva certamente costarle nuove pene, per le dicerie che si sarebbero dette in paese ... In tale congiuntura le sembrò un nuovo tratto della Provvidenza l'invito del signor Luca Malpiede di prendere Gerardo come aiuto nel suo Istituto a S. Fele, una cittadina distante dodici chilometri da Muro. Quivi aveva fondato una specie di Collegio per adolescenti, e pensava che Gerardo, col suo mestiere di sarto e il suo ascendente virtuoso, avrebbe fatto molto bene tra i giovani.
Nonostante le buone intenzioni dell'istitutore, quel Collegio era un autentico serraglio di piccole belve. Tra i convittori regnavano l'indisciplina e la più incosciente immoralità, fomentate e organizzate da funesti caporioni.
Non ci volle molto, a quella accolta di giovanissimi farabutti, per capire che Gerardo, il nuovo venuto, con la sua sagoma di spilungone innocuo, era proprio uno spasso per i loro villani e sanguinosi sollazzi. E Gerardo accettò con infinito gusto quest'altra magnifica occasione di soffrire per amore del Signore e santificarsi. Qualche convittore, più tardi, con confusione e pentimento, confessava che la pazienza della loro vittima non solo non era venuta mai meno, ma che Gerardo, anche sotto l' imperversare dei loro crudeli dileggi, riusciva a mantenere la sua serena gaiezza.
Sistemato ora nella sua sartoria, a mamma Benedetta sembrò che Gerardo avesse imboccato la via giusta, e che potesse finalmente cominciare per la famigliuola un periodo di tranquillità. La clientela, superate le prime difficoltà di abbrivio, cominciava ad affluire alla bottega di "Mastro Maiella", attratta non solo dalla onesta abilità del giovane, quanto soprattutto dalla sua santità, anche se un poco estrosa.
In buona parte era gente del contado che gli chiedevano raramente confezioni di vestiti nuovi; ordinariamente si trattava di rabberciare o rivoltare quelli vecchi.
Per il pagamento si doveva aspettare, in molti casi, la raccolta; senza contare che, per i più poveri, mastro Gerardo faceva tutto gratis.
Di quello poi che riusciva a racimolare nella settimana, ne faceva tre porzioni: la prima per la mamma, la seconda per i poverelli, la terza la portava in chiesa per i suffragi alle anime del Purgatorio. Una volta si presenta in bottega un contadino con uno spezzone di fustagno per una giamberga. Gerardo si appresta a prendergli le misure: purtroppo il panno non è sufficiente. Il povero uomo resta interdetto. Aveva tanto stentato a procurarsi quella roba. Gerardo coglie su quel volto tutta la delusione, ne sente una viva pena. Passa uno sguardo di intesa al suo Maestro, il grande Crocifisso, e poi risoluto, dice:
- Forse mi sono sbagliato nella misura; fatemi vedere meglio.
Armeggia ancora con la mezza canna intorno al vigoroso corpo del contadino, olezzante di strame, e il miracolo avviene tra le sue abili mani; la stoffa diventa abbondante.
La sua prodigiosa comprensione e carità, fu ripagata dal sorriso di sollievo, fiorito tra le rughe barbose del volto del brav’uomo!
Non mancavano, naturalmente, tra i suoi clienti, i profittatori, che si facevano servire rimandando sempre il pagamento, sicuri che da parte del mastro santo non sarebbe venuta nessuna recriminazione. Mamma Benedetta invece qualche volta si faceva sentire, intervenendo con energia; perché doveva rimetterci quel suo figliuolo già tanto condiscendente? Ma Gerardo la calmava ricordandole con garbo:
- O mamma non t’inquietare; non credi che Dio è tanto da provvedere lo stesso ai nostri bisogni?

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