San Gerardo Maiella
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Marzo

1 marzo

Sant' Agnese Cao Kuiying

Canonizzata il 1° ottobre 2000 da Papa Giovanni Paolo II.

Sant' Albino di Angers

Vescovo di Angers tra il 529 e il 550, è ricordato proprio per il suo impegno riformatore dentro la Chiesa ma anche per i numerosi richiami e le critiche ai costumi moralmente discutibili dei membri della nobiltà, soprattutto nell'ambito matrimoniale. Era nato verso il 469 a Vannes e aveva scelto la vita da monaco; nel 504 diventò abate facendosi notare per la testimonianza di vita cristiana. Fu il popolo stesso, vincendo le sue resistenze, che lo volle come vescovo di Angers. Partecipò ai Concili di Orléans che tra il 538 e il 549 regolarono diversi aspetti fondamentali della Chiesa dei Franchi.È ricordato come difensore dei poveri e dei prigionieri. Inoltre richiamò i signori merovingi al rispetto del vincolo matrimoniale. Morì il 1 marzo 550.

Sant' Albino di Vercelli

Albino, visse verso la fine del V secolo. Divenne vescovo di Vercelli nel 452, l’anno in cui il generale Ezio sconfisse gli Unni e i Goti che avevano ovunque devastato. Sulle rovine della Basilica edificata da S. Eusebio e sulla tomba del martire S. Teofrasto, Albino ricostruì la nuova chiesa della città.

San Bertrando

San Bertrando o Bertramo d’Orega (?) è venerato nella parrocchia di Fontaniva, della diocesi di Vicenza e in provincia di Padova. Di lui sappiamo che era un pellegrino tedesco. Su di lui esiste un leggendario racconto agiografico. Bertrando sarebbe nato probabilmente nella seconda metà del XII secolo, in Promerania, una regione dell’alta Germania orientale. Avrebbe trascorso l’infanzia e la giovinezza nella sua ipotetica, antica e nobile famiglia Orenga. Divenuto uomo, trasportato dallo spirito cavalleresco del tempo, sotto l’ispirazione di Dio, dopo la rinuncia totale dei suoi beni, avrebbe deciso di lasciare il suo castello, e vestire gli abiti del pellegrino. Per dimostrare la sua carità verso il prossimo si sarebbe messo in viaggio con la precisa volontà di raggiungere Roma. Una volta arrivato a Fontaniva, nei pressi di Padova, fu accolto da Baldo de Carini e i suoi tre fratelli, feudatari del luogo.  Trascorso un periodo tra quei valvassori, San Bertrardo si sarebbe rimesso in cammino alla volta della città eterna. Nei pressi di Cittadella, vicino alla Pieve di San Donato, Bertrando avvertì un malore e sedutosi su un sasso di un sagrato della chiesa, chiese a un fanciullo che lo accompagnava di trovare un sacerdote. Proprio in quel frangente, vicino a quel luogo passava un abate, zio dei feudatari di Fontaniva.  Il fanciullo che accompagnava san Bertrando lo supplicò di fermarsi dal pellegrino per raccogliere la sua confessione. Una volta confessato Bertrando morì. Presumibilmente era l’1 marzo 1220. San Bertrando venne sepolto a Fontaniva. Gli abitanti del luogo che lo consideravano santo, ottennero molte grazie dopo l’invocazione al santo pellegrino. Il paese di Fontaniva lo elesse patrono, la chiesa ne approvò il culto e ne fissò la festa il giorno 1 marzo.

San Bono di Cagliari

Emblema: Bastone pastorale, Palma

Beato Cristoforo da Milano

Nato a Milano nel 1410, una volta entrato nell'Ordine divenne uno dei più celebri predicatori del suo tempo. Nel 1446 era maestro dei novizi domenicani a Mantova. La predicazione dottrinale, la passione per il decoro liturgico, la pratica edificante dell'umiltà, la povertà evangelica e il fascino della purezza fanno di lui un fedele imitatore di s. Domenico. Nel 1460 fondò il convento di Taggia (Imperia), dove morì nel 1484. Il suo corpo riposa nella chiesa da lui stesso dedicata a S. Maria Madre delle misericordie a Taggia. Il Beato Pio IX lo beatificò il 3 aprile 1875.


2 marzo

Sant' Agnese di Boemia

Figlia del sovrano boemo Otakar I, Agnese nacque a Praga nel 1211. Nel 1220, essendo promessa sposa di Enrico VII, figlio di Federico II di Svevia, Agnese fu condotta a Vienna ove visse sino al 1225 quando, rotto il fidanzamento, tornò a Praga per consacrarsi a Dio. Grazie ai Frati Minori, venne a conoscenza della vita spirituale di Chiara d'Assisi. Rimase affascinata da questo modello e decise di imitarne l'esempio. Fondò il monastero di San Francesco per le «Sorelle Povere o Damianite» nel 1234. Insieme a Santa Chiara si adoperò per ottenere l'approvazione di una nuova ed apposita regola che ricevette e professò. Agnese divenne badessa del monastero, ufficio conservò per tutta la vita. Morì il 2 marzo 1282. Numerosi miracoli furono attribuiti alla principessa badessa che venne beatificata da Pio IX nel 1874 e canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1989.

Sant' Angela della Croce (María de los Ángeles Guerrero González)

«Farsi povero con il povero per portarlo a Cristo» era il motto di sant’Angela della Croce e dell’Istituto religioso da lei fondato, le Sorelle della Compagnia della Croce. Nata a Siviglia nel 1846 come María de los Ángeles Guerrero y González, a dodici anni iniziò a lavorare in un calzaturificio per aiutare la famiglia. Passava molto tempo in preghiera e il 22 marzo 1873, durante le orazioni, vide Cristo crocifisso e un'altra croce vuota, di fronte alla sua. Capì che il suo compito doveva essere stare vicina a Gesù e offrirsi per le anime dei poveri. Guidata dal suo direttore spirituale, il canonico José Torres Padilla (per il quale è in corso la causa di beatificazione e canonizzazione), entrò tra le Carmelitane Scalze, poi tra le Figlie della Carità di San Vincenzo De’ Paoli, ma in entrambi i casi dovette uscirne per ragioni di salute. Tornata a casa, iniziò un diario, nel quale cominciò ad abbozzare la fisionomia di un nuovo Istituto, dedito alla carità soprattutto verso gli infermi. Le Sorelle della Compagnia della Croce nacquero nel 1875 e vennero approvate dalla Santa Sede nel 1904. La “madre dei poveri”, così madre Angela era nota a Siviglia, si spense a ottantasei anni, il 2 marzo 1932. Fu beatificata da san Giovanni Paolo II a Siviglia il 5 novembre 1982 e canonizzata a Madrid, dallo stesso Pontefice, il 4 maggio 2003. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella della casa madre delle Sorelle della Compagnia della Croce a Siviglia.

Beato Arnolfo II di Villers

Il Beato Arnolfo II è un abate del monastero cistercense di Lieu-Saint-Bernard. Nel 1270, divenne abate dell’antico monastero cistercense di Villers, nel comune di Villers-la-Ville nella provincia di Brabante Vallone in Belgio. Il beato Arnolfo II, conservò tale carica fino al 1276. La sua principale preoccupazione era quella di salvare il monastero dall’incipiente decadenza. Morì il 2 marzo 1276. I vari martirologi lo ricordano e lo festeggiano nel giorno 2 marzo.  

Beata Beatrice Hermosilla di Valladolid

La beata Beatrice di Valladolid era una terziaria francescana vissuta nel XV secolo. La tradizione tramanda che dopo aver distribuito tutti i suoi beni ai poveri, Beatrice decise di costruire un monastero che intitolò a Santa Elisabetta, nel quale andò a vivere con alcune sue compagne. La piccola comunità nel 1452 decise di vestire l’abito delle terziarie francescane, che dal pontefice furono affidate alla direzione spirituale dei minori osservanti. Beatrice Hermosilla di Valladoid, compianta dalle sue sorelle morì intorno all’anno 1485, dopo essersi distinta in tutta la sua vita nella pratica e nell’esercizio delle virtù evangeliche. Nel 1532, a distanza di quarantasette anni dalla sua morte, i suoi resti sono stati traslati e posti in un sepolcro più dignitoso. Nel Martirologio Francescano la Beatrice  Hermosilla di Valladolid è ricordata e festeggiata nel giorno 2 marzo.

Beato Carlo il Buono

Carlo il Buono, principe danese, figlio del santo re Canuto IV, ottenne la corona di conte di Fiandra da parte materna. Dopo una breve parentesi iniziale, il suo regno fu caratterizzato da pace e giustizia. Dedito alla difesa ed all’aiuto dei poveri e dei deboli, venne ucciso da uomini d’arme che egli aveva cercato di pacificare. Leone XIII lo beatificò ufficialmente nel 1882 ed il nuovo Martyrologium Romanum lo ricorda ancora oggi nell’anniversario del martirio.

San Carmelo (Girolamo Carmelo di Savoia)

Girolamo Carmelo di Savoia, chiamato San Carmelo, anche se all’interno dell’Ordine della Mercede è considerato Venerabile, era di origine piemontese appartenente alla famiglia dei duchi di Savoia. Lasciati gli studi per dedicarsi alla vita militare, dopo un sogno decise di farsi religioso mercedario, fece i voti a Barcellona il 25 marzo del 1542. Nel periodo giovanile subì molte tentazioni da parte del demonio, successivamente si dedicò allo studio della teologia. Fu grande devoto della Madonna con la quale dialogava molto spesso e la considerava la sua “Sposa Mistica”, difese strenuamente il dogma dell’Immacolata Concezione e a lei dedicò un libro intitolato “De Conceptione”, nel quale si legge il verso “Tota pulcra es, amica mea, et macula non est in te”. Quando stava scrivendo questo, gli apparve la Vergine circondata di serafini, tale visione aumentò il suo amore verso di lei dicendo che era stato testimone oculare di questo dogma. Si afferma che San Carmelo fu vescovo di Teruel (Spagna), quando in realtà questa diocesi non era stata ancora fondata ma fu molto popolare fra la gente per tanti miracoli compiuti. Morì a Barcellona il 28 maggio 1558.
L’Ordine lo commemora il 2 marzo.


3 marzo

Sant' Anselmo di Nonantola

Di stirpe longobarda, Anselmo fu duca del Friuli. Nel 749, abbandonata la vita politica, fondò un cenobio ed un ospizio per pellegrini nella valle del Panàro. In seguito ad una donazione del cognato, il re Astolfo, verso il 752, con i suoi monaci costruì la chiesa e il monastero di Nonatola (nei pressi di Modena), ponendolo sotto la regola di S. Benedetto e facendone un centro ragguardevole di ascesi, di cultura, di lavoro e di assistenza ospedaliera. Anselmo fu mediatore di pace nella guerra franco-longobarda.
Morì il 3 marzo 803 e fu sepolto nella chiesa del monastero.

Sant' Artellaide

La BHL (I, p. 116, nn. 718-20) ricorda tre vite di Artellaide. Questi atti, di cui si ignora l'origine e l'epoca, contengono molti elementi leggendari: secondo quanto in essi è riportato, Artellaide era figlia del proconsole Lucio e di santa Antusa. Avendo l'imperatore Giustiniano sentito parlare della sua bellezza, la voleva dare come sposa a qualcuno della sua corte; ma Artellaide aveva fatto il voto di verginità, onde la madre l'affidò a tre domestici con l'incarico di condurla in Italia presso lo zio, il generale bizantino Narsete. Durante il viaggio la giovanetta cadde in mano dei ladri, mentre i suoi domestici, dopo essere fuggiti, si portarono nella chiesa di Santa Eulalia per chiedere la liberazione della padroncina. I ladri giudicarono opportuno vendere la santa vergine, ma il demonio li colpì a morte e l'angelo del Signore rimise Artellaide in libertà. Ella poté così riunirsi ai domestici, portandosi a Siponto nelle Puglie per offrire un dono alla chiesa di San Michele sul monte Gargano. Narsete, avendo appreso da un sogno l'arrivo della nipote, la condusse a Benevento, dove ella offrì un ricco dono alla chiesa di Santa Maria. Quì si stabilì e visse nella preghiera e negli esercizi di pietà, operando molti miracoli. Colpita dalla febbre, si fece trasportare nella chiesa di San Luca, dove, dopo avere ascoltato la messa e ricevuta la comunione, si addormentò nel Signore, il 3 marzo, giorno in cui si celebra la sua festa, forse del 570. Da questa chiesa le sue reliquie furono trasportate più tardi nella cattedrale di Benevento.

Beato Benedetto Sinigardi da Arezzo

La chiamata del Signore di Benedetto Sinigardi avvenne durante una predica che S. Francesco d'Assisi tenne nel 1211 ad Arezzo. La fama del poverello attirava ovunque folle enormi e quel giorno Piazza Grande era piena all'inverosimile. Tra gli uditori c'era anche il ventenne Benedetto, figlio di Tommaso Sinigardo de' Sinigardi e della Contessa Elisabetta Tarlati di Pietramala. Era dunque esponente di due tra le famiglie più importanti della città ma, le parole di Francesco penetrarono a tal punto nel suo cuore che, commosso, decise di cambiare vita. Aveva ricevuto una buona istruzione ed era un buon cristiano, frequentava le funzioni sacre digiunando tre volte alla settimana. Il suo animo era dunque pronto ad accogliere le parole del Serafico Padre e la sua scelta fu radicale, come lui lasciò gli agi e le ricchezze per abbracciare gioiosamente sorella povertà. Ricevette l'abito direttamente dalle mani di Francesco. Di animo buono, aveva eccellenti qualità che lo fecero subito amare e stimare dai confratelli e dal popolo. A soli 27 anni fu nominato Ministro Provinciale delle Marche, regione che tanta importanza aveva per il movimento francescano. L'ardore di pronunciare il Vangelo gli fece chiedere, successivamente, di andare missionario in terre lontane, anche tra gli infedeli e a rischio della vita. Andò in Grecia, in Romania e in Turchia e toccò con mano le realtà causate dallo scisma tra la Chiesa d'Oriente e quella d'Occidente. Tappa finale della sua missione furono i luoghi in cui si incarnò e visse il Figlio di Dio. Fu eletto Ministro Provinciale per la Terra Santa e nei sedici anni di permanenza in quelle terre costruì il primo convento francescano di Costantinopoli, avendo rapporti cordiali anche con l'Imperatore. Secondo la tradizione Giovanni di Brienne, Imperatore di Costantinopoli, seguendo l'esempio di S. Luigi dei Francesi e di S. Elisabetta d'Ungheria, volle ricevere dalle mani di Benedetto l'abito francescano. Dopo questa intensa attività apostolica, ormai anziano, fu richiamato in patria nella città natale; ad Arezzo il convento dei Frati Minori era situato nella zona di Poggio del sole. Qui morì vecchissimo nel 1282, circondato dalla fama di santità. Gli si attribuirono subito miracoli e fu proclamato beato dal popolo prima che dall'autorità ecclesiastica. Non ci sono pervenuti suoi scritti, ma abbiamo due testimonianze della sua spiritualità, incentrata sulla devozione alla Passione di Gesù e verso la Santa Vergine. Commissionò, negli ultimi anni di vita, il Crocifisso detto “del Beato Benedetto” che oggi sorge sull'altare maggiore della Basilica di S. Francesco, nel centro di Arezzo, dove anche il suo corpo fu trasportato dopo l'abbattimento del convento in cui era morto. Fu lui che indicò al pittore, cosiddetto Maestro di S. Francesco, tutti i particolari con cui doveva essere eseguito. Nella stessa Basilica, nella cappella maggiore, si trova anche il ciclo di affreschi della "Leggenda della Croce", dipinti da Piero della Francesca due secoli dopo. Al Beato Benedetto, inoltre, si attribuisce la bellissima consuetudine di recitare quotidianamente l'antifona "Angelus locutus est Mariae", meditando il mistero salvifico dell'incarnazione del Figlio di Dio nel seno verginale di Maria. L'Angelus Domini divenne una pia pratica cara prima a tutto l'ordine francescano, poi a tutta la Chiesa, come lo è tuttora. Nella sua visita alla città d'Arezzo Giovanni Paolo II, il 23 maggio 1993, dopo aver sostato in preghiera davanti alla tomba del Beato Benedetto, nel suo discorso disse: " E' sempre molto suggestiva questa sosta a metà della giornata per un momento di preghiera mariana. Lo è oggi in modo singolare, perché ci troviamo nel luogo dove, secondo la tradizione, è nata l'usanza di recitare l'Angelus Domini." La memoria del B. Benedetto Sinigardi è celebrata il 13 di agosto. Nella Bibliotheca Sanctorum è ricordato al 3 marzo.

San Caluppano

Nato verso il 526, sarebbe stato ricevuto giovinetto nel monastero di Melitum. Di salute malferma, non potendo svolgere le normali mansioni, decise di abbandonare l’abbazia e di vivere da eremita. Si ritirò, pertanto, in una caverna, su una roccia non molto lontana, dove si nutrì del pane che gli portavano i suoi precedenti confratelli, dei pesci che Dio gli faceva apparire nella grotta e dell’acqua che sgorgava miracolosamente da una sorgente. Fu molto tentato dal demonio, di cui riuscì sempre a liberarsi. Visitato dal vescovo di Clermont, S. Avito, per la sua cultura fu ordinato diacono e poi prete. Morì un 3 marzo, forse del 576.
L’Ordine Benedettino lo festeggia il 3 marzo.

Santa Camilla di Auxerre

Ericio, monaco di Auxerre vissuto nel sec. IX, nel suo opuscolo sui Miracula S. Germani narra che il corpo del santo vescovo fu accompagnato da Ravenna in Francia da un folto gruppo di fedeli. Tra questi vi erano le cinque vergini sorelle Magnenzia, Pallasia, Camilla, Massima e Porcaria; le prime tre morirono durante il viaggio prima di arrivare ad Auxerre e sulle loro tombe furono edificate delle chiese, ben presto frequentate dal popolo che le venerava come sante. Ad Escoulives, presso Auxerre, esisteva veramente una chiesa dedicata a Camilla, il cui corpo fu poi bruciato dai calvinisti durante le guerre di religione, ma è incerto se la santa sia vissuta al tempo di s. Germano, sia perché nella Vita più antica del santo non si parla delle cinque sorelle, sia perché la notizia di Ericio è in contraddizione con la tradizione riguardante la festa di Camilla. Questa, infatti, è venerata il 3 marzo, mentre secondo Ericio sarebbe morta tra il 31 luglio e il 30 settembre (e più precisamente verso la fine di settembre), cioè tra la morte di s. Germano a Ravenna e la sua sepoltura ad Auxerre. In conclusione, pur ritenendo storica l'esistenza di Camilla, va detto che le sue relazioni con s. Germano furono probabilmente inventate da Ericio per dare maggior lustro al famoso vescovo.

Santa Caterina (Katharina) Drexel

Suo padre è il ricco banchiere Francis A. Drexel. Sua madre, Anna, muore poche settimane dopo che lei è nata. Con la sorella maggiore Elisabetta viene allora affidata a una zia, ma nel 1860 torna a casa, perché suo padre si risposa con Emma Bouvier (del casato di Jacqueline, moglie del presidente J.F. Kennedy) dalla quale avrà una terza figlia, Luisa. Emma sa essere ottima madre per tutte e tre. E per altri ancora. In questa famiglia profondamente cattolica, fede e opere camminano insieme, ed Emma coinvolgerà via via le tre figlie nel soccorso generoso e puntuale alla gente più abbandonata di Filadelfia.
Con gli anni, Caterina studia, viaggia, va a cavallo. E legge la Bibbia, guidata da un sacerdote di origine irlandese, padre O’ Connor, che sarà poi vescovo nel Nebraska. I suoi viaggi si orientano presto verso gli Stati del Sud, dove nelle piantagioni vivono i neri, ufficialmente non più schiavi dal 1865, ma sempre poveri, subalterni, quasi rassegnati all’umiliazione; e verso gli Stati del Nord e Sud Dakota, dove sopravvivono gli indiani sconfitti, la gente Navajo. Caterina si sforza di offrire aiuto col denaro paterno, ma sente che “dare l’offerta” non basta. A questo mondo innocentee punito bisogna dedicare la vita.
Nel gennaio 1887 arriva a Roma, è ricevuta in udienza dal pontefice Leone XIII, e gli chiede di mandare missionari tra quella gente. Risposta del Papa: «Perché non si fa lei stessa missionaria?». E lei decide, ma non d’impulso. Prepara senza fretta ogni cosa, incominciando da sé stessa. Fa il noviziato tra le Suore della Misericordia, e nel febbraio1891 fonda poi con 13 giovani la Congregazione del Santissimo Sacramento con quell’impegno preciso: promozione umana di indiani e neri d’America, partendo dall’istruzione. Guida tutto lei, percorrendo il Paese sempre con i mezzi pubblici, lottando contro molta avversione bianca all’idea che dei “figli degli schiavi” e “figli dei selvaggi” si istruiscano come i bianchi. E contro i sabotaggi cavillosi o anche maneschi, per impedirle di comprare case e terreni. Fa sorgere 145 missioni cattoliche e scuole speciali, manda le suore a visitare i poveri nelle case, negli ospedali e nelle carceri, a rianimare quelli che non sperano nemmeno più. Nel 1925 fonda a New Orleans (Louisiana) la Xavier University, l’istituto cattolico che è aperto a indiani e a neri, preparandoli a fare gli insegnanti.
Viene infine il momento in cui la stampa americana fa conoscere a tutti Madre Drexel e la sua opera in difesa dei diritti umani (l’espressione è ancora poco usata; con lei i fatti precedono le parole). Verso gli 80 anni, il crollo fisico la costringe prima al riposo e poi all’immobilità, fino alla morte in età di 97 anni.


4 marzo

San Casimiro

Nasce a Cracovia, nel 1458. Figlio del re di Polonia, appartenente alla dinastia degli Jagelloni, di origine lituana. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, e offrirono al tredicenne principe Casimiro la corona, questi vi rinunciò appena seppe che il papa si era dichiarato contrario alla deposizione del regnante. Impegnato in una politica di espansione, re Casimiro IV (1440-1492) diede al terzogenito l'incarico di reggente di Polonia e il principe, minato dalla tubercolosi, svolse il compito senza lasciarsi irretire dalle seduzioni del potere. Non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la figlia di Federico III, per allargare i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva venir meno al suo ideale ascetico di purezza per vantaggi materiali cui non ambiva. Di straordinaria bellezza, ammirato e corteggiato, Casimiro aveva riservato il suo cuore alla Vergine. Si spegne a 25 anni a Grodno (in Lituania) il 4 marzo 1484. Nel 1521 papa Leone X lo dichiarò patrono della Polonia e della Lituania.

Sant' Appiano di Comacchio

Nacque probabilmente in Liguria e fu monaco a Pavia nel monastero di San Pietro in Ciel d'Oro. Il suo abate lo inviò a Comacchio per controllare il rifornimento di sale per il monastero. Appiano non si limitò, però, a rappresentare gli interessi temporali del monastero, ma si dedicò anche con grande zelo alla cura delle anime degli abitanti della zona. Quando egli morì (presumibilmente nel secolo IX) fu sepolto nella chiesa di Comacchio, dove in seguito fu venerato. Se ne fa memoria nell'Ordine benedettino e nel monastero di San Pietro in Ciel d'Oro il 6 novembre, a Comacchio, invece, il 4 marzo. I canonici di Ciel d'Oro festeggiavano in quest'ultimo giorno il leggendario vescovo di Pavia, di cui ricorreva la festa nella stessa città anche il 29 ottobre (cf. Acta SS. Octobris, XII, pp. 815 sg.), fino a che nella riforma del Breviario il suo nome fu cancellato. A Comacchio non si possiede più alcuna reliquia di Appiano; a Pavia, invece, si credette di possedere il corpo del preteso vescovo omonimo. I Bollandisti pensano, al contrario, che si tratti del corpo del nostro Appiano, che sarebbe stato trasportato a Pavia forse al tempo di una guerra (di un tentativo di furto da parte dei pavesi narra anche la leggenda).

San Basino di Treviri

Figura al trentesimo posto nei cataloghi episcopali della diocesi di Treviri. Poiché il suo nome appare insieme con quello del successore, san Liutvino (m. 713 ca.), in alcuni documenti in favore del monastero di Echternach e datati al 698, al 699 e al 704, se ne deduce, con ogni probabilità, che Basino negli ultimi anni del suo episcopato avesse assunto come coadiutore il suo futuro successore. Tiofrido di Echternach (sec. XI), nella sua Vita di Liutvino, lo considera nipote di Basino, e ciò non è improbabile. E' certo poi che Liutvino era padre del suo successore Milone. Si può, quindi, affermare col Duchesne che una dinastia si trovava allora installata nella sede vescovile di Treviri. Secondo la tradizione risalente all'XI sec., ma della quale si può dubitare, Basino prima di essere elevato alla sede episcopale sarebbe stato monaco e poi abate del monastero di San Massimino a Treviri. Il calendario di Villibrordo ricorda la morte di Basino al 3 marzo, senza però precisare l'anno. Probabilmente la sua morte va collocata verso il 705. La Vita di Basino, per lungo tempo erroneamente attribuita a Nizzone, abate di Mettlach nell'XI sec., è molto tardiva, essendo stata composta a Treviri da J. Scheckmann, tra il 1515 e il 1525, mentre era abate del monastero di San Massimino Vincenzo de Cochen. In essa Basino è detto originario di una nobile e potente famiglia dell'Austrasia. Entrato a San Massimino, fu tanto apprezzato per la sua virtù che ne venne eletto abate. Curò l'educazione del nipote Liutvino, che poi, sposatosi, ebbe il figlio Milone. Eletto vescovo di Treviri, Basino continuò a vivere in grande austerità e istituì una comunità di ecclesiastici nel suo palazzo episcopale. Si distinse in opere di beneficenza e nella costruzione di nuove chiese; contribuì col nipote Liutvino alla fondazione del monastero di Mettlach, nel quale, in seguito, questi si ritirò prima di essere assunto a coadiutore nel governo della diocesi. Alla sua morte Basino fu sepolto nella chiesa a di San Massimino. Allorché nel 942 la chiesa, ricostruita dopo un incendio, fu consacrata, si procedette alla traslazione dei corpi di alcuni vescovi sotto l'altare maggiore: alcune relazioni più recenti ricordano anche la traslazione delle reliquie di Basino. Il 29 agosto 1621, allorché la stessa chiesa, rinnovata, venne nuovamente consacrata, le sue reliquie furono traslate nell'altare di una cappella nel coro. Il nome di Basino appare ricordato, come vescovo e martire, il 4 marzo nell'antico Martirologio di Treviri. La sua festa è celebrata il 4 marzo nell'Ordine benedettino e nella diocesi di Treviri.

San Casimiro

Nasce a Cracovia, nel 1458. Figlio del re di Polonia, appartenente alla dinastia degli Jagelloni, di origine lituana. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, e offrirono al tredicenne principe Casimiro la corona, questi vi rinunciò appena seppe che il papa si era dichiarato contrario alla deposizione del regnante. Impegnato in una politica di espansione, re Casimiro IV (1440-1492) diede al terzogenito l'incarico di reggente di Polonia e il principe, minato dalla tubercolosi, svolse il compito senza lasciarsi irretire dalle seduzioni del potere. Non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la figlia di Federico III, per allargare i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva venir meno al suo ideale ascetico di purezza per vantaggi materiali cui non ambiva. Di straordinaria bellezza, ammirato e corteggiato, Casimiro aveva riservato il suo cuore alla Vergine. Si spegne a 25 anni a Grodno (in Lituania) il 4 marzo 1484. Nel 1521 papa Leone X lo dichiarò patrono della Polonia e della Lituania.

Beati Cristoforo Bales, Alessandro Blake e Nicola Horner

Il sacerdote Christopher Bales fu beatificato nel 1929, mentre i laici Nicholas Horner ed Alexander Blake vennero beatificati nel 1987.

Beato Daniele Dajani

Daniel Dajani, allievo del Seminario di Scutari dall’adolescenza, entrò ventenne nella Compagnia di Gesù. Si dedicò in particolare all’insegnamento in Seminario e all’istruzione religiosa degli abitanti dei paesi in montagna. Il 31 dicembre 1945 venne arrestato dalla polizia del regime comunista albanese insieme al confratello padre Giovanni Fausti; sottoposto a torture, non perse mai la calma e la fede. A seguito di un processo-farsa, venne condannato a morte insieme al confratello padre Giovanni Fausti, al francescano GjonShllaku, al seminarista Mark Çuni e ai laici GjeloshLulashi eQerimSadiku: la sentenza fu eseguita il 4 marzo 1946,presso il cimitero cattolico di Scutari. Insieme ai suoi compagni di martirio, è stato incluso nell’elenco dei 38 martiri albanesi beatificati il 5 novembre 2016 a Scutari.


5 marzo

Sant' Adriano di Cesarea

Nato vicino a Rovigo, fin da giovane si impegna nell’evangelizzazione che lo porterà a Cesarea, in Palestina, a sostenere le popolazioni locali stremate da carestie e persecuzioni. Identificato, viene martirizzato in quella stessa città assieme a S. Eubulo durante l’impero di Diocleziano.

San Ciarano (Kieran)

La figura di Ciarano, (gael. Cìarán, irl. Kieran), di Saighir, vescovo di Ossory, chiamato spesso con l'appellativo di senior per essere distinto dall'omonimo abate di Clonmacnoise, è avvolta tutta nella leggenda ed è impossibile stabilire con certezza la cronologia della sua vita. Secondo alcuni autori, Ciarano farebbe parte della seconda generazione dei santi irlandesi e sarebbe stato uno dei dodici vescovi che san Patrizio consacrò al suo arrivo in Irlanda per associarseli nell'opera di evangelizzazione dell'isola. Tuttavia, una tenace tradizione, non priva di una certa attendibilità (cf. P. Grosjean, in Anal. Boll., LIX [1941], pp. 265-66), lo considera come uno dei vescovi impegnati nella diffusione del cristianesimo in Irlanda prima dell'arrivo di san Patrizio: per questo a Ciarano viene comunemente attribuito il titolo di «primogenito» dei santi irlandesi e viene considerato anche il «precursore» di san Patrizio; un annotatore del Félire Oengusso (ed. W. Stokes, Londra 1905, pp. 86-88) lo chiama addirittura episcopus episcoporum. Secondo la leggenda, tramandata nelle numerose Vitae gaeliche e latine, Ciarano, nato nella regione di Ossory, conosciuto superficialmente il cristianesimo nella patria ancora pagana, si recò a Roma e vi fu consacrato vescovo. In Italia egli incontrò anche Patrizio, non ancora elevato all'episcopato, che lo inviò in Irlanda perché lo precedesse. Ciarano, tornato in patria, si ritirò nell'Ossory, a Saighir, in una cella solitaria, ove condusse vita eremitica in compagnia di un cinghiale, una volpe, un tasso, un lupo, una cerva e un cerbiatto, che vissero con lui in soggezione e familiarità. A questo proposito, si può notare che le Vitae di Ciarano inaugurano un nuovo genere nella letteratura agiografica, introducendo fantasiose e graziose storie di animali dalle quali si ricavano insegnamenti morali e ascetici. Presso Ciarano si radunarono in seguito molti discepoli: sorse così a Saighir un monastero attorno al quale fu costruito un villaggio la cui parrocchia fu chiamata Sier-Cìarán dal nome del santo. La regione circostante fu evangelizzata dalla comunità di Ciarano, che, come capo di un monastero, insignito della dignità episcopale, si rivelò un elemento di primo piano nello sviluppo dell'organizzazione ecclesiastica dell'Irlanda. Nell'alto Medioevo Ciarano fu identificato con san Pirano di Cornovaglia, per cui alcune sue Vitae narrano di viaggi in questa regione e della sua morte in essa. Ben presto venerato come santo, in molte parti dell'Irlanda Ciarano è festeggiato il 5 marzo; al centro del culto a lui tributato fu il monastero di Saighir, ma numerose chiese gli sono dedicate in tutta l'isola. La diocesi di Ossory lo considera il suo primo vescovo e lo onora come suo principale patrono.

San Conone l'ortolano

Un eremita, intento a coltivare un campicello di legumi e deciso a essere un buon testimone del messaggio del Risorto; poi la violenza della storia, che irrompe in quel piccolo campo e tenta di imporre le sue logiche. È questa la storia di san Conone l'Ortolano, il cui profilo biografico ci è arrivato solo per sommi capi. Secondo la tradizione era originario della Palestina, anche se in realtà il dato è estrapolato da una sua frase rivolta al prefetto che a Perge, in Panfilia, lo interrogò: «Sono di Nazareth, la mia famiglia è quella di Cristo», rispose Conone. Parole pericolose, pronunciate davanti al rappresentante dell'imperatore Decio, che aveva scatenato contro i cristiani una feroce persecuzione tra il 249 e il 251. La sua risposta, infatti, gli costò una tremenda tortura e poi la morte.

Beato Cristoforo Macassoli da Milano

La nuova famiglia dei Francescani Osservanti di cui s. Bernardino da Siena era un fervente promotore, annoverò tra i suoi aderenti anche il beato Cristoforo Macassoli; nacque a Milano dalla nobile famiglia dei Macassoli verso il 1415 ed a vent’anni entrò nell’Ordine Francescano; si sa di lui che era un valente predicatore e faro di santità, la sua fama si estese in modo impressionante sia per le numerose conversioni che operò, sia per i prodigi che gli venivano attribuiti considerandolo un taumaturgo. Intorno al 1475 fondò il convento di S. Maria delle Grazie di Vigevano, insieme al confratello beato Pacifico da Cerano, la chiesa del convento di incomparabile bellezza fu costruita da Galeazzo Sforza e consacrata nel 1478. Ed in questo luogo, dopo una vita dedicata all’apostolato, morì il 5 marzo 1485. Fu sepolto nella succitata chiesa dove rimase fino al 1810, per poi essere traslato nella cattedrale di Vigevano, a seguito dei decreti di soppressione di Napoleone. Nella chiesa di S. Maria delle Grazie vi è la più antica testimonianza del culto, che gli venne quasi subito riservato, si tratta della pala d’altare datata 1503, nella quale il beato Cristoforo è raffigurato insieme con s. Bernardo a fianco della Vergine. Nel 1588 e nel 1743 vi furono due ricognizioni delle reliquie accompagnate da solenni manifestazioni religiose. Il 1° luglio 1890 il Vaticano concesse la celebrazione a tutto l’Ordine Francescano ed alla città di Vigevano e nel 1899, il 29 luglio lo stesso papa Leone XIII ne confermò il culto e il titolo di beato per la Chiesa Cattolica.

San Foca l'Ortolano

Accanto ai grandi martiri dei primi anni del secondo secolo come Ignazio di Antiochia e Simeone di Gerusalemme, ultimo dei parenti immediati di Gesù, troviamo anche un ortolano, di nome Foca, abitante a Sinope, nel Ponto Eusino. Era apprezzato e benvoluto da tutti per la sua generosità e la sua ospitalità e di queste sue virtù diede una commovente dimostrazione agli stessi carnefici, incaricati di eseguire la sentenza capitale pronunciata contro di lui. Evidentemente i carnefici non lo conoscevano di persona, perchè, entrati in casa sua per avere delle indicazioni, furono generosamente invitati a pranzo dall'ortolano. Mentre i due si rifocillavano, Foca andò nell'orto a scavarsi la fossa; quindi tornò in casa e dichiarò la propria identità ai carnefici, pregandoli di non porre indugi all'esecuzione della sentenza. Fu accontentato e pochi istanti dopo il suo corpo cadeva nella fossa appena scavata. (Avvenire)

San Framboldo di Bayeux

San Framboldo (Frambold, Framboldus, Franbolt , Frambaud o Franbourd) è stato un vescovo della diocesi di Bayeux vissuto tra il VII e il VIII secolo. Nella cronotassi dei vescovi è collocato al quattordicesimo posto dopo Geroboldo, menzionato dopo il 689 e prima di Sant’Ugo, menzionato nel 723. San Framboldo è solo menzionato negli antichi cataloghi episcopali e nel testo “Gallia christiana”. Va evidenziato che i cataloghi episcopali di Bayeux, del XII e XIII secolo sono attendibili e documentabili storicamente solo a partire, dal vescovo Ugo d'Ivry vissuto all’inizio del Mille e deceduto nel 1049. Sui primi vescovi, i cataloghi sono incompleti, anche se presentano una serie di ben 14 vescovi santi, desunti per la maggior parte da tradizioni agiografiche e liturgiche di dubbia storicità e comunque non facilmente databili. La vita di San Framboldo rimane misteriosa. Non sappiamo dove e quando nacque. Resse le sorti della diocesi tra gli anni 691-720. Mons. Roberto Cénalis, vescovo di Avranches nel XVI secolo, disse che la santità di Framboldo si diffuse brillantemente. San Framboldo si ritiene sia stato sepolto nella chiesa di Saint-Exupère a Bayeux insieme ai primi vescovi di Bayeux. Di san Framboldo di Bayeux anche se non sappiamo praticamente nulla, alcuni dipinti e tradizioni orali ne fanno un santo molto famoso. Nel XII secolo c’era anche un dipinto nei sotterranei della Cattedrale di Bayeux. Esiste, inoltre una raffigurazione di San Framboldo nella vetrata nel transetto nord della cattedrale di Notre-Dame a Bayeus e in un dipinto su una delle volte del coro. Durante la riforma della liturgia bayeusana del 1860, la Santa Sede inizialmente si oppose alla ripresa del culto, ma un decreto del 13 giugno 1861 permise di onorare solennemente San Framboldo, nella diocesi di Bayeux. San Framboldo a livello locale è festeggiato nel giorno 5 marzo.


6 marzo

Santa Coletta Boylet

E' nata quando ormai i genitori – il carpentiere Roberto Boylet e sua moglie Caterina – non speravano più di avere figli. L’hanno chiamata Nicoletta (familiarmente Colette) in onore di Nicola di Bari, alla cui intercessione si attribuiva la sua nascita. Colette intraprende la sua complicata esperienza religiosa a 18 anni, dopo la morte dei genitori. E la conclude a 25 su consiglio del francescano Enrico di Baume, tornando fra le Clarisse, perché si sente chiamata alla riforma degli Ordini istituiti da san Francesco. Nel 1406, a Nizza, riceve il velo da Benedetto XIII, che l’autorizza a riformare i monasteri dell’Ordine e a fondarne di nuovi. Per alcuni anni, lei vede fallire gli sforzi di riforma, e solo nel 1410 ha il suo primo monastero rinnovato a Besançon, seguìto poi da altri 16. Colette muore a Gand nel 1447. Fu canonizzata da papa Pio VII il 24 maggio 1807.

San Crodegando di Metz

Nacque nel 712 a Hesbaye (Brabante) da Sigrammo e Landrada, ambedue nobili. Ricevuta una solida formazione benedettina a venticinque anni nel 737, venne nominato cancelliere del regno d’Austrasia. Il 30 settembre 742 venne consacrato vescovo di Mets. Promosse la diffusione del monachesimo benedettino, fondando diverse abbazie a Gorze nel 748,Gengenbach 741e altre. Si preoccupò molto del clero secolare e promulgò il “ parvum decretulum n piccolo codice con il quale tentò di riportare il clero alla retta via. Si recò a Roma nel 753 dove ricevette il pallio. Presiedette a numerosi concili provinciali di Vernuel nel 755, Compiègne nel 757 e Attigny. Morì il 6 marzo 766. Le sue reliquie si conservano nel monastero di S. Sinforiano a Metz.

Sant' Evagrio di Costantinopoli

All'inizio del 370 morì Eudossio, vescovo ariano della capitale, e gli ariani si proposero di dargli come successore Demofilo, vescovo di Berea in Tracia. I cattolici, duramente perseguitati, si accordarono intanto per eleggere Evagrio e questi fu consacrato da Eustazio di Antiochia, che viveva allora nascosto a Costantinopoli. In questa città gli ariani manifestarono una così viva opposizione che l'imperatore Valente, allora residente a Nicomedia, inviò delle truppe per evitare tumulti ed esiliò Eustazio ed Evagrio. Il primo fu inviato a Bizya, in Tracia, il secondo in una località sconosciuta e non si seppe più nulla di lui. Il Baronio ne ha introdotto la festa nel Martirologio Romano al 6 marzo, con l'appellativo improprio di martire.  

San Fridolino

A darci l'indicazione dell'esistenza di san Fridolino è la fondazione del monastero sull'isola in mezzo al Reno a Säckingen ad opera proprio di questo missionario irlandese nato nel V secolo. Secondo una biografia dell'XI secolo, Fridolino attraversò come pellegrino la Francia dove conobbe l'eredità spirituale di sant'Ilario di Poitiers diventandone un devoto e dedicandogli poi numerose nuove chiese lungo il Reno: per questo viene ricordato come “apostolo degli Alemanni”. Morì nel 538.

San Giuliano di Toledo

Era ancora piccolo quando fu affidato come oblato nella Cattedrale di Santa Maria, a Toledo, dove ebbe come maestro Sant'Eugenio. Con la morte dell'Arcivescovo Quirico, fu eletto per sostituirlo.

San Marciano (Marziano) di Tortona

Marciano (o Marziano) è indicato dalla tradizione come protovescovo di Tortona (Alessandria), diocesi di cui è patrono. Di famiglia pagana, sarebbe stato convertito da san Barnaba, compagno di san Paolo e confermato poi nella fede da san Siro, vescovo di Pavia. Per 45 anni pastore di Tortona, sarebbe morto martire sotto l'imperatore Adriano tra il 117 e il 138. Da alcuni documenti del secolo VIII che ne parlano, non risulta vescovo. E' Valafrido Strabone che, in occasione della costruzione di una chiesa in onore del santo, lo indica come primo vescovo della comunità derthonese e martire. Le reliquie, ritrovate sulla riva sinistra della Scrivia dal vescovo sant'Innocenzo (suo successore del IV secolo), sono nella cattedrale di Tortona. L'osso di un indice è conservato dalla fine del XVII secolo a Genola (Cuneo), di cui è anche patrono. (Avvenire)


7 marzo

Sante Perpetua e Felicita

Chiusa in carcere aspettando la morte, una giovane tiene una sorta di diario dei suoi ultimi giorni, descrivendo la prigione affollata, il tormento della calura; annota nomi di visitatori, racconta sogni e visioni degli ultimi giorni. Siamo a Cartagine, Africa del Nord, anno 203: chi scrive è la colta gentildonna Livia Perpetua, 22 anni, sposata e madre di un bambino. Nella folla carcerata sono accanto a lei anche la più giovane Felicita, figlia di suoi servi, e in gravidanza avanzata; e tre uomini di nome Saturnino, Revocato e Secondulo. Tutti condannati a morte perché vogliono farsi cristiani e stanno terminando il periodo di formazione; la loro «professione di fede» sarà il martirio nel nome di Cristo. Le annotazioni di Perpetua verranno poi raccolte nella «Passione di Perpetua e Felicita», opera forse di Tertulliano, testimone a Cartagine.

Sant' Ardone di Aniano

Nato nell'antica provincia della Settimania e battezzato con il nome di Smaragdo, si fece monaco prima del 782, ossia prima della fondazione del nuovo monastero di Aniano. Ordinato sacerdote, divenne direttore della scuola del monastero e fu scelto spesso come compagno di viaggio dell'abate san Benedetto di Aniano il riformatore dell'epoca carolingia. Fu al concilio di Francoforte nel 794 e, sembra a quello di Aix-la-Chapelle nell'817. A richiesta dei monaci del cenobio di Inda, dove Benedetto era stato abate, ne scrisse nell'821 la biografia. Questa Vita si raccomanda per la sua genuinità ed esattezza. Le altre opere che talvolta gli si attribuiscono sono del suo omonimo, il poeta Smaragdo di San Mihiel. I Bollandisti gli hanno contestato il titolo di santo sebbene i martirologi lo ricordino il 7 marzo, e benché sia stato onorato nell'antica diocesi di Lodêve fino al 1855.

Santi Basilio, Eugenio, Agatodoro, Elpidio, Etereo, Capitone ed Efrem

La Chiesa bizantina com­memora i primi sette martiri il 7 marzo, con un elogio ricavato dalla loro passio (BHG, I, pp. 94-95, nn. 266-67), mentre il Martirologio Romano, insieme con alcuni sinassari, li ricorda il 4 marzo, aggiungendo i nomi di Nestore e Arcadio. Questi ultimi, però, formano un gruppo a parte: in­fatti essi non si occuparono della conversione del Chersoneso, ma di Cipro, non furono messi a morte per la fede e, inoltre, non si è certi della loro condizione di vescovi. I dati che possediamo sui sette martiri del pri­mo gruppo sono alquanto approssimativi. I primi a giungere nel Chersoneso a predicare il Vangelo, furono Basilio ed Efrem, inviati dal vescovo di Gerusalemme. Li seguirono dopo qualche tempo Eugenio, Agatodoro ed Elpidio. Tutti subirono il martirio : Basilio il 6 marzo del 299, ucciso dagli ebrei, gli altri quattro pure il 6 marzo, ma del 300. Dopo diversi anni Gerusalemme inviò il Ve­scovo Eterio, il quale, non riuscendo a vincere l'ostinazione dei pagani, ottenne dall'imperatore Costantino la loro espulsione dal Chersoneso. Egli fu ucciso da un gruppo di empi. Costantino man­dò allora un nuovo vescovo, Capitone, il solo del gruppo che non subì il martirio : morì infatti di morte naturale un 22 dicembre.

San Drausio di Soisson

San Drausio (Draucius, Drauscius, Drausius o Drausin) è un vescovo di Soisson vissuto nel secolo VII, inserito al ventiduesimo posto nella lista dei vescovi, prima di Garimberto. Nacque nelle vicinanze di Soisson, al tempo de re Clotario II e dai suoi genitori venne affidato al vescovo della città, Anserico, perché gli fosse impartita un’educazione cristiana. Intenzionato a consacrarsi, fu ordinato sacerdote dal vescovo Bettoleno, successore di Anserico, che oltre a dargli la carica di arcidiacono lo incaricò dell’amministrazione della diocesi. Quando Bettoleno riconoscendosi colpevole di simonia, e profondamente pentito si ritirò in monastero, Drausio, nel 658, fu chiamato a succedergli. E’ stato eletto vescovo con un voto unanime del clero e della popolazione, ed è ricordato come un pastore, modello di virtù. Nella sua diocesi curò l’erezione di alcuni monasteri, tra cui quello di Jouarre, e con l’aiuto del maestro di palazzo Ebroino e di sua moglie Leutrude fece erigere l’abbazia di Notre-Dame di Soisson. A testimonianza della sua esistenza sono rimaste le sue firme in calce a numerosi documenti redatti tra gli anni 660-667. Anche se non è certo l’anno della sua morte, si ritiene che il vescovo Drausio sia morto il 5 marzo 674. Il suo corpo inizialmente era stato sepolto in un monastero fuori le mura della città e, il 2 giugno 680, i suoi resti vennero traslati in una nuova chiesa in città dove la sua tomba divenne subito meta di numerosi pellegrinaggi. Noto per la sua grande carità verso i malati e i prigionieri, dopo la sua morte veniva invocato da tutti coloro che volevano sostenere la giustizia e la libertà della Chiesa.  Inoltre, in Francia, i duellanti erano soliti invocare la protezione di s. Drausio di Soissons prima del loro combattimento, e una leggenda narra che quando due uomini combattevano in duello per dimostrare la giustizia della loro causa, a colui che aveva la più grande devozione a San Drausio era assicurata la vittoria. Jean de Salisbury narra che Robert de Montfort  nel 1163, pregò nella cappella di Drausio prima del suo duello contro Enrico d’Essex e che l’arcivescovo di Canterbury venne a pregare sulla sua tomba prima di lanciare la scomunica contro Enrico II d’Inghilterra. Le sue reliquie sono state disperse durante la Rivoluzione francese. San Drausio nel proprio di Soisson è festeggiato e ricordato nel giorno 7 marzo.

Beato Emanuele Vílchez Montalvo

Manuel Vilchez Montalvo nacque a Moreda presso Granada il 5 giugno 1889. Studiò nel Seminario di Guadix, ma dal quinto anno di Teologia in poi fu allievo del Seminario di San Cecilio a Granada. Venne ordinato sacerdote a Granada il 6 giugno 1914, ma incardinato nella diocesi di Guadix. Era parroco a Iznalloz quando, il 29 aprile, la chiesa dove si trovava venne incendiata. Espulso dalla parrocchia, si recò a Granada, ma poco prima del 18 luglio, quando scoppiò la guerra civile spagnola, si trovava già a Moreda, perché sperava di essere più al sicuro. Visse nascosto in casa di vari amici e parenti, finché, per evitare che i suoi ospiti corressero rischi a causa sua, non decise d’intraprendere un rischioso viaggio attraverso la Sierra Nevada, per tornare a Granada. Non arrivò mai a destinazione: morì il 7 marzo 1937. Fu incluso in un gruppo di sedici martiri della diocesi di Granada, beatificati nella cattedrale di Santa Maria dell’Incarnazione a Granada il 26 febbraio 2022, sotto il pontificato di papa Francesco.

Beato Enrico d’Austria

Cavaliere laico, il Beato Enrico d’Austria, fu chiamato all’Ordine Mercedario dalla Beata Vergine. A Tunisi dove si trovava per redenzione fu flagellato per la grande testimonianza che mostrava alla fede in Cristo e con amore sopportò ogni tormento. Famoso per la preghiera, illibato nella castità, forte nella penitenza e amabile nella conversazione. Dopo aver preannunziato l’ora della morte, spirò in queste parole: tu sei o Signore la mia speranza, restituisco la mia anima a Dio; dalla sua cella si udiva un coro di angeli. E’ sepolto nella chiesa della Mercede di Barcellona.
L’Ordine lo festeggia il 7 marzo.


8 marzo

San Giovanni di Dio

Nato a Montemoro-Novo, poco lontano da Lisbona, nel 1495, Giovanni di Dio - allora Giovanni Ciudad - trasferitosi in Spagna, vive una vita di avventure, passando dalla pericolosa carriera militare alla vendita di libri. Ricoverato nell'ospedale di Granada per presunti disturbi mentali legati alle manifestazioni "eccessive" di fede, incontra la drammatica realtà dei malati, abbandonati a se stessi ed emarginati e decide così di consacrare la sua vita al servizio degli infermi. Fonda il suo primo ospedale a Granada nel 1539. Muore l'8 marzo del 1550. Nel 1630 viene dichiarato Beato da Papa Urbano VII, nel 1690 è canonizzato da Papa Alessandro VIII. Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 viene proclamato Patrono degli ammalati, degli ospedali, degli infermieri e delle loro associazioni e, infine, patrono di Granada.

Santi Apollonio e Filemone

Santi FILEMONE, APOLLONIO, ARRIANO, TEOTICO e III COMPAGNI, martiri Esiste una traccia della loro celebrazione nel Breviarium Remense del Martirologio Geronimiano, al giorno tradizionalmente dedicato in Occidente alla loro memoria (8 marzo) : «Antinum civit. passio sanctorum Pitimons». Ne parla diffusamente anche l'Historia monachorum in Aegypto che, com'è noto, è il racconto della visita di sette monaci del Monte degli Ulivi ai solitari della Tebaide nell'inverno 394-395. In questo testo si raccolgono tradizioni dei seniores, secondo le quali Apollonio era stato un santo monaco, ordinato diacono per la sua vita esemplare. Durante le persecuzioni era sua cura visitare e confortare i fratelli in prigione, finché venne egli stesso incarcerato e fatto oggetto degli scherni dei pagani. Primo tra costoro era un musicista, famoso in tutta la regione, di nome Filemone: alle ingiurie di costui Apollonio risponde con dolcezza e con parole di augurio, sicché Filemone resta colpito da tanta bontà, decide di abbracciare il Cristianesimo e senz'altro si presenta dal giudice per professarsi cristiano. Questi, dapprima crede ad uno scherzo, ma poi deve convincersi della realtà delle cose, e lo condanna, con Apollonio, al rogo. Ma alla preghiera di Apollonio, le fiamme sono miracolosamente estinte. L'impressione tra i circostanti è grande, ed il giudice stesso si converte alla fede dei due martiri. La cosa è risaputa ad Alessandria, ed il prefetto manda a prelevare Apollonio, Filemone ed il giudice. Ma la missione di Apollonio non è terminata: durante il viaggio riesce a convertire persino coloro che erano stati inviati per catturarlo. Così il numero dei convertiti si accresce, e tutti si presentano al prefetto e confessano la loro fede. Sono condannati ad esser gettati in mare, ma i loro corpi, non senza divino intervento, vengono riportati a riva ed in seguito onorevolmente sepolti ad Antinoe: nel 394-395 avvenivano grandi miracoli presso i loro sepolcri, e gli stessi sette monaci possono venerare le sacre tombe. Da questo racconto, o forse dalle stesse tradizioni che da esso vengono riferite, nasce poi la passio greca che non è se non la seconda parte di un documento letterario su martiri celebrati lo stesso giorno, ma senza rapporti tra di loro, e che riappare sostanzialmente identica in una redazione copta e latina. Questo documento amplia il quadro dei fatti: l'anonimo giudice-martire diventa nientemeno che Arriano il tremendo prefetto d'Egitto conosciuto da tante passiones di martiri e documentato storicamente per il 307 (Delehaye. cit. in bibl., pp. 27-28), e, naturalmente, colui che emette l'ultima sentenza è lo stesso Diocleziano. Anche ad uno dei soldati convertiti è dato un nome, Teotico. I miracoli sono romanzescamente moltiplicati, i tormenti inaspriti (tra l'altro a Filemone e ad Apollonio vengono perforati i calcagni e sono trascinati con una corda per le vie di Antinoe). Notevole anche l'espediente ad effetto della sostituzione di persona, così tipico della Commedia Nuova e che troviamo spesso usato nell'agiografia egiziana, mentre, in altri centri geografici si preferisce l'altro espediente apologetico di mettere in bocca ai martiri profonde e dottissime disquisizioni teologiche, per dimostrare al tiranno la verità della religione cristiana. Ancora, è evidente nella passio lo scopo di valorizzare il Martyrion di Antinoe, di cui sono celebrati i sepolcri dei ss. AscIa, Apollonio, Filemone, Arriano e dei quattro inviati imperiali. Finalmente è da osservare che il protagonista della passio non è più Apollonio, ma Filemone ed è attorno a lui che si svolge tutta l'azione, mentre del primo si raccontano particolari non certo edificanti. Quest'ultima nota potrebbe dimostrare che la passio è più antica della nota del Geronimiano che abbiamo sopra riferita, dove, infatti, di tutti i martiri di Antinoe non è ricordato che Filemone. La data della celebrazione varia secondo la testimonianza della stessa passio: vi si dice, infatti, che furono martirizzati l'8 marzo e sepolti il 14, ma nei sinassari sono celebrati il 14 dicembre, nel Martirologio di Usuardo, in quello Romano e nella nota del Geronimiano se ne fa menzione l'8 marzo; e finalmente nel Sinassario copto Filemone ed Apollonio sono festeggiati il 3 marzo ed Arriano il giorno seguente.

Sant' Arnolfo di Saint-Père-en-Vallée

San Arnolfo è stato un abate del monastero di Saint-Père-en-Vallée nei pressi di Chartres. Succede nel governo dell’abbazia a Maisnardo. Egli, godette della stima di Oddone, conte Palatino e di Riccardo conte della Normandia, che fu molto generoso nei confronti del monastero. La vita nel monastero non fu sempre serena ai tempi di Sant’Arnolfo. Infatti, l’osservanza della regola ebbe degli accaniti avversari delle regole dell’abate, i quali riuscirono ad ottenere dal vescovo l’espulsione dal monastero dei religiosi più devoti e ferventi. E, proprio per questa decisione del vescovo, si narra che Sant’Arnolfo in segno di protesta si allontanò per alcuni tempi dall’abbazia. Governò l’abbazia per tre anni prima di morire l’8 marzo 1030. Nell’ordine benedettino è commemorato il giorno 8 marzo.  

Beato Bernardo Montagudo

Dallo stesso fondatore San Pietro Nolasco, il Beato Bernardo Montagudo, ricevette l’abito dell’Ordine Mercedario. Nominato vescovo di Saragozza (Spagna), fu pastore zelante e costante nell’annunciare il vangelo di Cristo. Pieno di meriti morì nell’anno 1239 e fu sepolto nella chiesa cattedrale di detta città.
L’Ordine lo festeggia l’8 marzo.

San Botmaele

In una Vita del sec. XI, di scarsissimo valore storico, riguardante l'aba­te s. Maudeto, vissuto in Bretagna nel sec. VI, viene menzionato come suo discepolo un certo Botmaele. La narrazione leggendaria non si discosta dai so­liti schemi : il monaco avrebbe condotto una vita molto austera, intessuta di aspre penitenze e di continue ferventi preghiere. Dio avrebbe manife­stato di compiacersi col servo fedele, concedendogli il dono di prodigi strepitosi. La festa di Botmaele ricorre l'8 marzo.

Beato Carlo Catalano

Di origine spagnola, il Beato Carlo Catalano, nel 1324 fondò il convento mercedario di Santa Maria di Bonaria (Cagliari). Uomo molto intelligente, studioso e di grandi virtù, profetizzò l’arrivo della Madonna dicendo ai confratelli di stare pronti ad accogliere la Signora che doveva arrivare. Infatti la bellissima ed antichissima statua della Madonna che tutt’ora è venerata e visitata da molti pellegrini, il 25 marzo 1370 approdò sulla spiaggia nelle vicinanze del convento dentro una pesante cassa, i padri mercedari la raccolsero e la collocarono nella chiesa del convento. Il Beato Catalano visse e morì santamente in quello stesso convento.
L’Ordine lo festeggia l’8 marzo.


9 marzo

San Domenico Savio

Ancora bambino decise quale sarebbe stato il suo progetto di vita: vivere da vero cristiano. Tale desiderio venne accentuato dall’ascolto di una predica di don Bosco, dopo la quale decise di divenire santo. Da questo momento, infatti la sua esistenza fu piena d’amore e carità verso il prossimo, cercando in occasione di dare l'esempio. Nel 1856 fondò la Compagnia dell'Immacolata e poco più tardi morì, lasciando un valido e bel ricordo della sua persona ai giovani cristiani. Pio XI lo definì “Piccolo, anzi grande gigante dello spirito”. Dichiarato eroe delle virtù cristiane il 9 luglio 1933, il venerabile pontefice Pio XII beatificò Domenico Savio il 5 marzo 1950 e, in seguito al riconoscimento di altri due miracoli avvenuti per sua intercessione, lo canonizzò il 12 giugno 1954. Il Martirologio Romano ricorda San Domenico Savio il 9 marzo, mentre la sua memoria liturgica per la  Famiglia Salesiana e la Regione Pastorale Piemontese è fissata al 6 maggio.

Santa Francesca Romana

Francesca Bussa de’ Leoni nacque a Roma nel 1384. Cresciuta negli agi di una nobile e ricca famiglia, coltivò nel suo animo l'ideale della vita monastica, ma non poté sottrarsi alla scelta che per lei avevano fatto i suoi genitori. La giovanissima sposa, appena tredicenne, prese dimora con lo sposo Lorenzo de' Ponziani, altrettanto ricco e nobile, nella sua casa nobiliare a Trastevere. Con semplicità accettò i grandi doni della vita, l'amore dello sposo, i suoi titoli nobiliari, le sue ricchezze, i tre figli nati dalla loro unione, due dei quali le morirono. Da sempre generosa con tutti, specie i bisognosi, per poter allargare il raggio della sua azione caritativa, nel 1425 fondò la congregazione delle Oblate Benedettine di Maria, dette anche Nobili Oblate di Tor de’ Specchi e, oggi, Oblate di Santa Francesca Romana. Tre anni dopo la morte del marito, emise ella stessa i voti nella congregazione da lei fondata. Morì il 9 marzo 1440. È stata canonizzata da papa Paolo V il 29 maggio 1608, diventando la prima santa donna italiana dal tempo di Caterina da Siena, ma anche la prima cittadina della Roma moderna a ottenere gli onori degli altari. I suoi resti mortali sono venerati nella basilica di Santa Maria Nova a Roma, popolarmente detta “di Santa Francesca Romana”, posti in una cripta sotto l’altare maggiore.

Beato Antonio Zogaj

Don Anton Zogaj, della diocesi di Durazzo, era segretario dell’arcivescovo monsignor Vinçenc Prennushi quando, nel 1945, venne arrestato. Fu ucciso mediante fucilazione presso il porto romano di Durazzo il 9 marzo 1948. Compreso nell’elenco dei 38 martiri albanesi capeggiati da monsignor Prennushi, è stato beatificato a Scutari il 5 novembre 2016.

Beato Battista da Firenze

Il beato Battista da Firenze è un francescano che visse tra il XV e XVI secolo. Di lui non sappiamo nulla. Solo nel martirologio francescano si riporta che morì intorno al 1510 a Campli nella diocesi di Teramo. Nello stesso testo lo si ricorda con queste parole: "Oratione pollens, lacrymarum et ecstasum dono meriuit a Domino honorari". Nei testi francescano viene ricordato nel giorno 9 marzo.

San Bruno Bonifacio di Querfurt

Nacque verso il 974 da una nobilissima famiglia di Querfurt in Sassonia e dopo aver ultimato gli studi nella scuola della cattedrale di Magdeburgo, fu nominato canonico della stessa cattedrale e cappellano alla corte di Ottone III. Nel 997 l’imperatore Ottone III si recò a Roma e Brunone lo accompagnò e sembra che in tale occasione si facesse benedettino, nel monastero dei santi Bonifacio e Alessio, sul Colle Aventino. Conquistato dal prestigio e dall’autorità di s. Romualdo, fondatore del monastero di Camaldoli, ne divenne un seguace, seguendolo nell’eremo del Pereo presso Ravenna, prendendo il nome di Bonifacio. Nel gennaio 1002, Ottone III morì e Brunone Bonifacio fece ritorno in Germania dove si diede ad evangelizzare i barbari delle regioni confinanti. Nel 1004 papa Giovanni XVIII lo nominò arcivescovo “ad gentium” e insieme ad altri missionari intraprese varie spedizioni apostoliche, non si sa in quali Paesi, si pensa in Svezia oppure nei territori presso il Mar Nero. Fu trucidato il 9 marzo 1009, insieme a 18 compagni, nella Moravia Orientale. Fu autore di varie opere letterarie fra le quali la ‘Vita’ di s. Adalberto vescovo di Praga e la ‘Vita dei Cinque Fratelli’ prezioso testo che narra il martirio in Polonia, avvenuto nel 1003, di cinque camaldolesi. Finora aveva avuto due feste: il 19 giugno con il nome di Bonifacio e il 15 ottobre con il nome di Brunone. L'ultima edizione del “Martyrologium Romanum” lo pone solo al 9 marzo, però commette un errore: Bruno non fu mai vescovo di Querfurt, ma solo arcivescovo missionario senza una sede precisa. Querfurt non fu mai sede vescovile, ma solo un castello della Sassonia appartenente in feudo alla famiglia di Bruno, che da lì ha preso una specie di cognome.

Santa Caterina (Vigri) da Bologna

Nata a Bologna l'8 settembre 1413 dal ferrarese Giovanni de' Vigri e Benvenuta Mammolini, Caterina viene educata alla corte Estense, che in quel tempo toccava l'apogeo del suo splendore. Ma proprio qui germoglia in lei la vocazione alla vita consacrata: giovanissima entra tra le Clarisse nel monasero del Corpus Domini di Ferrara. Nel 1456 è chiamata a Bologna a fondare anche qui un monastero intitolato al Corpus Domini. Anima profondamente francescana, vive con gioia interiore l'imitazione di Cristo crocifisso, la contemplazione del Bambino di Betlemme, l'amore per Gesù vivo nell'Eucaristia, con un temperamento vivace, artistico, portato al canto e alla danza. Muore il 9 marzo 1463. Le sue spoglie sono venerate a Bologna nel santuario del Corpus Domini.


10 marzo

Sant' Attala

Sant’Attala era originario della Borgogna, ove nacque da una nobile famiglia. Per una sua conveniente educazione venne affidato ad Aredio, vescovo di Gap, città del Delfinato. Desiderando però uno stile di vita più rigido, Attala fuggì e per qualche tempo si rifugiò nel monastero di Lérins. Anche questa sistemazione però non lo soddisfece e decise dunque di trasferirsi a Luxeuil, il monastero fondato da San Colombano: qui poté finalmente trovare l’austerità tanto desiderata e porsi sotto la guida del grande santo irlandese. Quando Colombano venne bandito dalla Francia per aver rinfacciato i vizi del re Teodorico d’Austrasia, portò con sé in Lombardia alcuni compagni, tra i quali proprio Attala. Si stabilirono a Bobbio, su un tereno donato dal re longobardo Agilulfo, marito della celebre Teodolinda. Colombano aveva ormai una settantina d’anni, venerabile età per quel tempo, e sopravvisse solo un anno. Buona parte del merito nella fondazione del monastero di Bobbio si deve infatti a Sant’Attala, che dal 615 gli succedette quale abate. Venuta meno l’autorità carismatica del santo fondatore, furono avanzate dai monaci varie obiezioni all’austerità della vita comunitaria, ma Attala non si lasciò condizionare e lasciò andara coloro che erano insoddisfatti. Alcuni di questi fecero però poi ritorno ed egli li accolse con affetto e benevolenza. Giona di Susa, suo agiografo, lo ricorda quale “uomo benevoluto da tutti, di grande fervore, carità per i poveri e i pellegrini. Sapeva tenere testa all’orgoglioso, ma era umile con i più umili, non si lasciava zittire in conversazioni con le persone intelligenti ma con i semplici sapeva parlare dei segreti di Dio. Saggio quando si imbatteva in problemi spinosi, fermo se contestato dagli eretici, era forte nelle avversità, disciplinato nei periodi favorevoli, sempre temperato e discreto. Mostrava amore e rispetto verso i suoi subalterni, saggezza con i suoi discepoli. In sua presenza nessuno poteva essere smodatamente triste o felice”. Come San Colombano, anche Attala si trovò a dover combattere l’arianesimo, diffuso nei dintorni di Milano. Ammalatosi gravemente, chiese di essere disteso fuori della cella, vicino alla quale era posta una croce che egli toccava ogni volta che entrava o usciva, e di essere lasciato solo. Come testimoniò un monaco rimasto nei paraggi, il santo ormai morente pregò con fervore ed ebbe per diverse ore una visione del paradiso. Riportato infine nella sua cella morì il giorno seguente: era l’anno 627. Sant’Attala fu sepolto a fianco di San Colombano e pochi anni dopo anche San Bertolfo, loro successore, li raggiunse nella stessa tomba e condivise con loro il culto.

San Blancardo

Di San Blancardo (o Blanchard) sappiamo ben poco. Visse nel VII secolo. Le sue reliquie sono venerate a Nesle la Reposte, presso Villenauxeen Brie. Nella diocesi di Auch gli è stata dedicata una chiesa parrocchiale a Saint Blanquart, presso Miranda. La sua festa è stata fissata al 10 marzo.

Santi Caio ed Alessandro

Un breve cenno sull’origine dei nomi; Caio deriva dal latino “Gaius” ed ha un significato molto evidente, cioè “gaio”, di “umore allegro”; questo ha provocato una confusione fra il nome Caio e il nome Gaio, tanto è vero che al 10 marzo nei vari calendari è venerato a volte l’uno, a volte l’altro, ma si tratta sempre dello stesso martire. Il nome Alessandro invece deriva dal greco “Alexandros”, che significa “protettore degli uomini”. Dei due martiri Caio ed Alessandro, non si sa nulla della loro vita, le uniche notizie pervenute, sono contenute nel cap. 16 della “Storia Ecclesiastica” di s. Eusebio (265-340) erudito vescovo di Cesarea; il quale li nomina parlando dei numerosi cristiani, imprigionati insieme ai ‘montanisti’ (seguace dell’eresia di Montano, prete frigio del II secolo, che predicava l’imminente fine del mondo), ad Apamea del Meandro (Frigia), dove subirono il martirio. I due cristiani Caio ed Alessandro erano nativi di Eumenia in Frigia e insieme agli altri cristiani, rifiutarono fino all’ultimo di far causa comune con i montanisti e la loro falsa dottrina; da autori antichi, questo rifiuto è considerato come una prova del vigore con cui la Chiesa dei primi tempi, si opponeva all’eresia. La data del martirio è controversa, la maggior parte dei Martirologi lo colloca sotto Marco Aurelio o sotto Commodo, ma sembra che ciò sia falso e che la loro morte sia da collocarsi al tempo dell’imperatore Settimio Severo (193-211), quindi nei primi anni del III secolo. Che tipo di martirio abbiano subito, non è riportato nei testi, né nei vari Martirologi, che riportano i loro nomi abbinati ad altri gruppi e località diverse e quindi con commemorazione in giorni differenti. Purtroppo è la situazione che si creò in quel periodo di martirio dei primi cristiani, che colpì praticamente anche coloro che magari avevano registrato nomi e modalità della morte dei martiri precedenti o contemporanei, facendone perdere le notizie storiche.

San Drottoveo

Le notizie più antiche su Drottoveo sono tramandate dal suo contemporaneo Venanzio Fortunato, il quale gli dedica il capitolo XI del 1. IX dei suoi Carmina. Una Vita andò perduta in seguito alle scorrerie dei Normanni, che ripetutamente, nell'845 e nell'857, incendiarono il monastero parigino di San Vincenzo. Gislemaro, che figura nelle liste dei monaci dello stesso monastero tra l'841 e l'847, scrisse una nuova Vita di non molto valore, nella quale riferì quanto si tramandava sul santo monastero. Drottoveo nacque verso il 530. Si formò alla scuola di san Germano, allora abate di san Sinforiano ad Autun, il quale, allorché fu nominato vescovo di Parigi, condusse con sé il suo discepolo. Alla morte di Childeberto nel 558, Germano procedé alla dedicazione della chiesa, che quel re aveva fatto costruire per conservare la stola del martire spagnolo san Vincenzo, e ne affidò la custodia ad una comunità moastica della quale diede la direzione a Drottoveo nonostante che Venanzio Fortunato non lo precisi, si tratta con ogni probabilità del monastero della Santa Croce e di San Vincenzo, che più tardi si chiamerà Saint-Germain-des-Prés. Esso, nel ventennio del governo di Drottoveo, ebbe un grande sviluppo ed acquistò una grande rinomanza. Drottoveo morì verso il 580 in fama di santità e il suo corpo fu sepolto nella chiesa abbaziale. Venanzio Fortunato lo aveva chiamato "vir venerande, sacre meriti et honorem calende, Droctovee, mihi semper amore Pater", nel carme a lui dedicato e la venerazione generale con la quale era seguito in vita continuò alla sua morte e ben presto fu oggetto di culto. Usuardo lo ricorda al 10 marzo nel suo Martirologio. Tale elogio viene ripreso dal Martirologio Romano nella stessa data. I Benedettini lo considerarono un loro santo, come hanno fatto per tutti quelli dei monasteri passati in un secondo tempo sotto la loro regola. La sua memoria figura nei Propri di Parigi e di Autun.

Beato Elia del Soccorso (Mateo Elías Nieves del Castillo)

Mateo Elías Nieves del Castillo nacque da una famiglia di modesti contadini a San Pedro de Yuriria, presso Guanajuato in Messico, il 21 settembre 1882. Rimasto orfano di padre, dovette lavorare duramente per aiutare la famiglia. Nel 1903 poté entrare nel seminario agostiniano, assumendo con la professione religiosa il nome di Elia del Soccorso, in onore della Madonna del Soccorso. Venne ordinato sacerdote il 19 aprile 1916. Fu nominato parroco de La Cañada, mentre il Messico stava per essere sconvolto da una persecuzione religiosa. Quando il governo, per combattere la Chiesa, ordinò ai sacerdoti di abbandonare le zone rurali e ritirarsi nelle città, padre Elia rimase nascosto in una grotta della zona, per non abbandonare i suoi fedeli, prodigandosi nell’aiutarli spiritualmente e materialmente. Scoperto e catturato dai soldati governativi, venne fucilato in località La Cañada de Caracheo, nei pressi di Cortázar, il 10 marzo 1928, dopo aver benedetto il plotone e distribuito ai soldati le cose personali che portava con sé. È stato beatificato il 12 ottobre 1997.

Sant' Emiliano di Lagny

Emiliano (Eminiano, Emmiano), di origine irlandese, lasciò la sua isola natale con alcuni compagni e si recò in Gallia presso il suo compatriota s. Furseo (fr. Fursy) che stava costruendo, con l’aiuto del re Clodoveo II e del maestro di palazzo Erchenaldo, il monastero di Lagny, nella diocesi di Parigi (oggi di Meaux). I nuovi arrivati lo aiutarono in questa costruzione, di cui Furseo fu il prirno abate. Quando costui partì, nel 650, per far visita ad altri abati, suoi parenti, che dimoravano in Inghilterra, pose a capo della sua abbazia il monaco Emiliano, ma Furseo morì in viaggio, in loco Macerias, presso Peronne. Gli successe Emiliano che partecipò più tardi alla traslazione dei resti mortali del suo Predecessore. Egli morì un 10 marzo; certi autori fissano al 660 l'anno del suo decesso, ma nessun documento permette di affermarlo.


11 marzo

Beato Alramo di Niederaltaich

Il Beato Alramo è un monaco del monastero benedettino di Niederaltaich, di cui abbiamo una prima attestazione nel 1099. Di lui sappiamo solo che morì l’11 marzo 1123. E’ qualificato come beato dai cronisti del monastero e in numerose prediche devozionali del tempo. Sul Beato Alramo ci sono alcune testimonianze generiche sui miracoli avvenuti per la sua intercessione. Di lui non vi è traccia di alcun culto nel medioevo. Alcuni menologi benedettini lo ricordano nel giorno 11 marzo.

Beata Balbina di Assisi, la giovane

La beata Balbina di Assisi detta la giovane, era una clarissa vissuta del sec. XIII. Nipote di Santa Chiara, nacque ad Assisi nel 1215. Entrata tra le clarisse di san Damiano, nei martirologi francescani, è ricordata come una monaca dotata di doni soprannaturali e grande esempio di una vita vissuta all’insegna delle virtù cristiane. E’ ricordata con queste parole: “Soror erat Beatae Amatae Viriginis vitanque Monasticam professa ad Assisi sub disciplina S. Clare Viriginis; ubi ad tantum perfectionis gradum peruenit: quòd Deus per eam quamplura ediderit miracula”. La beata Balbina fu inviata a fondare un monastero delle clarisse ad Arezzo. Al suo ritorno in Assisi, morì santamente il giorno 11 marzo 1254. Nel Martyrologium Franciscanum di padre Arthur Du Monstier è ricordata e festeggiata nel giorno 11 marzo.

San Benedetto di Milano

E' il quarantunesimo vescovo di Milano, vissuto tra la fine del sec. VII e l'inizio dell'VIII. A Benedetto è attribuita la costruzione di una chiesa in onore di san Benedetto (con annesso un monastero benedettino), nella zona di Porta Nuova, e l'epitafio in onore di Caedwalla, re del Wessex (Inghilterra), da lui stesso catechizzato e accompagnato a Roma, dove fu battezzato da papa Sergio I nel sabato santo del 689 e dove morì il 20 aprile dello stesso anno. Paolo Diacono racconta che Benedetto, da lui definito «uomo di particolare santità, la cui buona fama si diffuse in tutta l'Italia», si recò ancora a Roma nel 707 ca. per difendere il suo diritto di consacrare il vescovo di Pavia, che, invece, veniva ordinato a Roma: il papa avrebbe respinto la sua istanza, perché ormai da tempo il vescovo di Pavia dipendeva direttamente dalla Santa Sede. L'autore anonimo di un ritmo intitolato Versus de Mediolano civitate, che risale ai primi decenni del sec. VIII, lo ricorda tra i santi e i grandi vescovi milanesi e lo dice sepolto nella basilica di Sant'Ambrogio. Il suo episcopato sarebbe stato lunghissimo: ben quarantasette anni. La sua festa negli antichi cataloghi ricorreva l'11 marzo, in alcuni più recenti il 9 o il 10 dello stesso mese. Nel 1623, per ordine del cardinale Federico Borromeo, il rito ambrosiano ne trasferì la festa al 6 settembre, perché essa solitamente cadeva durante la quaresima, tempo in cui, nella liturgia ambrosiana non si celebrano i santi; il Martirologio Romano, invece, ne ha conservato la memoria alla data tradizionale dell'11 marzo. Benedetto, insieme con altri santi, era invocato come protettore da coloro che fossero impegnati nei processi sia come attori ed accusatori sia come convenuti e rei. Erroneamente gli sono stati attribuiti dal cardinal Mai i versi sulla medicina di un certo diacono milanese di nome Crispo: per questo motivo gli fu dato il cognome di Crispo.

Beato Cipriano (Dedë) Nika

Padre Cyprian Nika, al secolo Dedë, francescano albanese, fu padre provinciale della provincia d’Albania e padre guardiano del convento di Scutari. Arrestato dalla polizia segreta comunista col pretesto di aver collaborato all’occultamento di un deposito di armi dietro l’altare di una chiesa, venne a lungo torturato, anche se cercava, sulla base di argomentazioni filosofiche, di condurre i suoi persecutori a credere in Dio. Venne fucilato a Scutari l’11 marzo 1948, insieme al confratello Mati Prennushi e al vescovo Frano Gjini. Compresi tutti e tre nell’elenco dei 38 martiri albanesi, di cui fanno parte altri cinque frati e un vescovo francescani, è stato beatificato il 5 novembre 2016 a Scutari.

San Costantino

Vissuto nel VI secolo, fu re dell’attuale Cornovaglia. Il primo periodo della sua vita fu a quanto si racconta “scellerato”. Sacrilego e pluriassassino, si sarebbe separato dalla moglie, figlia del re di Bretagna Armoricana, per essere più libero. Convertitosi al cristianesimo, cambiò radicalmente vita, abbandonò il trono e si ritirò in un monastero irlandese. Dopo sette di vita vissuta in austerità e penitenza, studiando le scritture, fu consacrato sacerdote e invitato in Scozia sotto la direzione di San Columba, per evangelizzare le popolazioni indigene. Lì fu martirizzato da fanatici pagani. La sua vita ci testimonia quale sia la potenza del Vangelo di Cristo che può portare cambiamenti radicali nella vita dell’uomo. L'edizione del Martirologio Romano promulgata da San  Giovanni Paolo II all'alba del Terzo Millennio cita San Costantino re e martire l'11 marzo.

San Costantino di Cartagine

Nell'edizione del Martirologio Romano pubblicata nel 1956 sotto il Pontificato di Papa Pio XII, figura alla data 11 marzo un santo confessore di nome Costantino, del quale semplicemente si specifica fosse di Cartagine. Il suo nome era stato introdotto nel Martirologio dal Card. Cesare Baronio sull'autorità del Molano. A giudizio della Bobliotheca Sanctorum edita da città nuova nulla si sa circa questo santo. Il nuovo Martirologio Romano pubblicato all'alba del Terzo Millennio da San Giovanni Paolo II pone nella medesima data al suo posto un santo omonimo, che fu "re, discepolo di san Colomba e martire" in Scozia.


12 marzo

Beata Angela Salawa

Aniela Salawa, nata in Polonia da una numerosa e modesta famiglia, fu educata alla fede dalla madre. Già a quindici anni lavorava come donna di servizio e maturò col tempo la decisione di non sposarsi. Scossa dalla morte della sorella Teresa nel 1899, intraprese un serio cammino di penitenza e conversione, trasformandosi in un’apostola tra le domestiche di Cracovia. Il 15 maggio 1912 ricevette l’abito di Terziaria francescana, mentre aveva già emesso il voto privato di castità. Ridotta in povertà per aver perso il lavoro, finì col vivere in una soffitta, dove ebbe anche visioni ultraterrene. Ricoverata presso l’ospedale Santa Zita di Cracovia, vi morì il 12 marzo 1922. È stata beatificata da san Giovanni Paolo II il 13 agosto 1991 a Cracovia, durante il secondo viaggio apostolico in Polonia del Pontefice. La sua memoria liturgica, per la diocesi di Cracovia, è stata fissata al 12 marzo. I suoi resti mortali sono stati traslati il 13 maggio 1949 nella basilica di San Francesco a Cracovia, dove sono tuttora venerati.

San Bernardo di Capua

In alcuni manoscritti di Capua e di Napoli, si afferma che Bernardo fu cappellano di Riccardo (1090-1106), figlio di Giordano, principe di Capua e che per i suoi meriti fu eletto vescovo di Calinulum o Carinula, oggi Carinola, nella diocesi di Sessa Aurunca. Avrebbe trasferita la sede episcopale di Forum Claudii (l'odierna Ventaroli) a Calino, dove sotto Arachi, principe di Benevento, avrebbe trasportato le reliquie di un s. Martino eremita, dal monte Marsico.

San Brian Bòruimhe

Brian Bòruimhe è il più ben noto re d'Irlanda menzionato in tutti i libri di storia del suo paese. Egli fu ucciso dai Dani nel 1014 nella Battagli di Clontarf. La sua reputazione di santo non sembra essere di origine irlandese e in Irlanda non esiste alcuna prova certa di culto. I Bollandisti menzionano Brian Bòruimhe, tra i praetermissi, al 12 marzo.

San Corman di Iona

San Corman (o Coman) è un sacerdote irlandese del monastero ad Iona. l'Abbazia di Iona è considerata il punto da cui ha avuto origine la diffusione del Cristianesimo in Scozia. Essa si trova nell'isola di Iona,  ubicata sulla costa occidentale della Scozia e fa parte delle isole Ebridi Interne. L'Abbazia si sviluppò velocemente e molto presto divenne uno dei più importanti centri religiosi dell'Europa Occidentale. San Corman si presume visse nel VII secolo. Di lui sappiamo solo che viene ricordato come il primo sacerdote che andò a predicare in Northumbria. La tradizione ci narra che la sua missione di evangelizzazione fallì a causa del “suo intelletto troppo sottile per il popolo di quella regione”. Dopo questo fallimento San Corman ritornò ad esercitare il proprio servizio a Iona. San Corman viene commemorato nel “Martyrologium Scoticum o Menologium” dello storico scozzese Guglielmo Dempster alla data del 12 marzo. In quel testo vengono enumerati tutti gli illustri scozzesi e l’elenco di 679 santi.  

Sant' Elfego il Vecchio

E' chiamato il Vecchio per distinguerlo dall'omonimo martire, anch'egli vescovo di Winchester prima di essere trasferito a Canterbury. Il nostro santo era stato monaco e divenne vescovo di Winchester verso il 935. Amico personale e congiunto di san Dunstano, fece del suo meglio per persuaderlo ad abbracciare la vita monastica, abbandonando l'idea di sposarsi. Le sue esortazioni non ebbero successo fino a che il giovane non guarì da una grave infermità che lo aveva colpito. Elfego lo rivestì allora dell'abito monastico ordinandolo in seguito sacerdote insieme con san Ethwlwold e con un terzo monaco di nome Ethelstano, predicendo che Ethelwold gli sarebbe succeduto nella sede di Winchester (come infatti avvenne nel 963, dodici anni dopo la sua morte), che Dunstano sarebbe divenuto arcivescovo di Canterbury e che Ethelstano, tornato a vita di scostumatezza, avrebbe fatto triste fine. Elfego promosse efficacemente, sembra, il rinnovamento monastico della sua regione che i due discepoli condussero innanzi con successo. La sua festa è celebrata il 12 marzo.  

San Fechno

San Fechno è un discepolo di San Columba vissuto nel VI secolo. Si ritiene che fosse figlio di Rodain e con il fratello Rus lo si indica tra i dodici discepoli che verso l’anno 563 accompagnarono San Columba in Scozia per l’evangelizzazione dei Pitti. San Fechno di presume sia morto il 12 marzo intorno all’anno 580. Nei diversi martirologi irlandesi è commemorato e festeggiato, nel giorno 12 marzo.


13 marzo

Beato Agnello da Pisa

Nella sua città natale, Agnello, che all'epoca aveva circa 17 anni, conobbe san Francesco, che vi era giunto nel 1211, ed entrò nel convento appena fondato presso la chiesa della Santissima Trinità. Nel 1217 prese parte al viaggio di alcuni francescani verso la Francia: quando san Francesco decise di fermarsi in Italia toccò ad Agnello guidare la spedizione fino a Parigi, dove fondò alcuni conventi e una comunità per gli studenti francescani. Nel 1224 venne scelto per guidare la missione verso l'Inghilterra: anche qui fondò diversi conventi e le scuole teologiche di Cambridge e Oxford, dove morì nel 1235 o 1236.

Sant' Ansovino di Camerino

Sant'Ansovino fu vescovo di Camerino, di cui è patrono, alla metà del IX secolo, precisamente dall'850 all'868, presumibile data della sua morte. Di origini probabilmente longobarde, fu educato presso la scuola della cattedrale di Pavia. Prima di essere scelto come vescovo della località marchigiana, fu consigliere dell'imperatore Ludovico II sempre a Pavia. La sua carità e la visione netta del proprio ruolo pastorale lo portarono a contestare con coraggio proprio il sovrano: infatti, non accettò l'episcopato fin quando non ebbe da Ludovico l'assicurazione che non gli sarebbe stato chiesto di impugnare le armi, come purtroppo spesso accadeva ai vescovi del tempo. (Avvenire)

Beata Beatrice di Cochem

La Beata Beatrice di Kochem (Kocheim o Cochem) è stata una monaca premonstratense, che visse tutta la sua vita nel monastero di Porta Angelica di Kochem, nella Renania-Palatinato in Germania. Nei menologi dell’ordine premonstratense era ricordata con queste parole “Obiit piae memoriae beatissima Beatrix sanctimonialis”. Nei martirologi dell’ordine la Beata Beatrice era ricordata e festeggiata nel giorno 13 marzo.

Beato Berengario de Alenys

Insigne commendatore del convento di Santa Maria in Avignone (Francia), il Beato Berengario de Alenys, fu un grande religioso mercedario che testimoniò con l’esempio della sua vita la vera fede al Signore. Colmo di meriti e famoso per la santità nello stesso convento morì in pace.
L’Ordine lo festeggia il 13 marzo.

Santa Cristina

Si sa poco della vita di Santa Cristina, martire in Persia nel 559. Chiamata anche Iadzo, figlia di Iadzin, è una donna persiana convertita al cristianesimo che per la sua fede viene perseguitata e martirizzata sotto l’imperatore di Persia Cosroe I.

Santa Dulce (Maria Rita) Lopes Pontes de Souza Brito

Maria Rita Lopes Pontes de Souza Brito nacque a Salvador de Bahia, in Brasile, il 26 maggio 1914. Rimasta orfana di madre in tenera età, a tredici anni, con l’appoggio di una delle sue sorelle, trasformò la loro abitazione in un centro di accoglienza. Nel 1933, dopo essersi diplomata maestra, entrò in noviziato tra le Suore Missionarie dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio: erano state le visite compiute con una zia nei quartieri poveri a portarla a quella scelta. Cambiando nome con la vestizione religiosa, avvenuta il 13 agosto 1934, prese il nome di suor Dulce, in omaggio sia a sua madre, sia alla sorella che l’aveva sostenuta. Iniziò come insegnante, ma non passò molto tempo prima che cominciasse ad assistere gli abitanti di Alagados, nella provincia di Itapagipe, una “favela” costruita su palafitte. Per loro fece aprire un ambulatorio medico, seguito dal primo sindacato cattolico dello stato di Bahia. Per poter ospitare i malati che aumentavano sempre di più, li sistemò in alcune case abbandonate dell’“Isola dei Topi”, un quartiere degradato. Il Comune li allontanò sia da lì, sia dal mercato del pesce dove suor Dulce voleva alloggiarli. Nel 1949, infine, suor Dulce ottenne dalla sua superiora di collocarli nel pollaio del convento: in quel luogo sorse l’Ospedale Sant’Antonio, che oggi è all’avanguardia specie nelle cure oncologiche. Sono quindi seguite altre organizzazioni, poi unite nelle Opere Sociali Suor Dulce. “Irmã” (portoghese brasiliano per “suor”) Dulce morì il 13 marzo 1992, poco dopo aver incontrato, per la seconda volta, san Giovanni Paolo II. È stata beatificata il 22 maggio 2011 a Salvador de Bahia, sotto il pontificato di papa Benedetto XVI. Il 13 ottobre 2019 è stata canonizzata da papa Francesco a Roma. I suoi resti mortali sono venerati nella Cappella delle Reliquie della chiesa dell’Immacolata Concezione della Madre di Dio a Salvador de Bahia, comunemente nota come Santuario della Beata Dulce dei Poveri.


14 marzo

Sant' Alessandro di Pidna

Secondo una passio di epoca tarda, Alessandro, a causa della sua fede e della sua predicazione, fu fatto decapitare da Massimiano, ca. nel 310, a Pidna, in Macedonia. È venerato il 14 marzo, insieme con un gruppo di martiri di Tessalonica.

Beato Arnaldo

Arnaldo, nato nel 1185 dalla nobile famiglia dei Cattanei di Limena, presso Padova, entrò giovanissimo nel monastero di S. Giustina di Padova e tanto si distinse per pietà, gravità ed esemplarità di vita, che nel 1209, a soli 24 anni, ne fu eletto abate. Il suo fu governo attivissimo: difese i diritti del monastero, allora compromessi, rivendicò antichi privilegi, come quello secondo cui l'abate di S. Giustina partecipava all'elezione del vescovo, restaurò il monastero e l'arricchì di nuove costruzioni e di nuovi possessi, fece deviare le acque del Bacchiglione per azionare un impianto di molini, e altro ancora. Non sappiamo se e quali relazioni abbia avuto con s. Antonio, che operò pure a Padova in questo tempo. Quando Ezzelino III nel 1237 s'impadronì di Padova e imprigionò Giordano Forzaté, priore di S. Benedetto, I'altro grande monastero benedettino di Padova, Arnaldo fuggì presso gli Estensi, prima a Ferrara e poi nella più vicina Monselice. Nel 1238 Federico II gli ridiede S. Giustina e l'anno dopo vi fu ospite per ben due mesi. Partito però l'imperatore, la città restò in balia di Ezzelino, che appena si sentì sicuro, nel 1246, fece arrestare Arnaldo e lo chiuse nella fortezza di Asolo. L'abate vi languì, a pane ed acqua, per otto anni e tre mesi, fino alla morte, sopraggiunta il 10 febbraio 1255. In quella circostanza sarebbero state viste come due faci ardenti discendere dal cielo e splendere sopra il castello. Sepolto provvisoriamente nella chiesa dei Frati Minori di Asolo, appena cacciato il tiranno fu trasportato a Padova e deposto a S. Giustina in un'arca presso l'uscita. Quando il 14 marzo 1562 i Corpi Santi, già sepolti nella vecchia basilica, ebbero definitiva sepoltura nella nuova, Arnaldo fu deposto nella seconda cappella a sinistra partendo dal coro, in un bell'altare barocco con statua di marmo rappresentante il beato. Un quadro settecentesco se ne conserva nella sagrestia grande. Non risulta che il suo culto abbia riconoscimento ufficiale: si fonda sulla tradizione. Arnaldo non ebbe propria Officiatura, ma solo la commemorazione nei martirologi dell'Ordine. A S. Giustina continuò ad essere festeggiato il 15 marzo fino alla soppressione dell'abbazia nel 1806.

Beata Eva

Nacque tra il 1205 e 1210 in un ambiente certamente agiato, fu combattuta fra la vita civile e quella di reclusa, la sua vocazione, infatti, non fu subito chiara, Giuliana influì molto sulla sua scelta. Entrò nel monastero di San Martino a Liegi ove riceveva spesso la visita di santa Giuliana di Cornillon che le confidava le sue visioni e il suo grande desiderio di veder istituito un culto che glorificasse il Sacramento dell'Eucaristia. E proprio per questo scopo Eva si adoperò, presso il vescovo di Liegi, Enrico de Gueldre, affinché chiedesse a Urbano IV un decreto in merito. Il pontefice l'8 settembre 1264 le inviò una Bolla in cui le annunciava l'istituzione della festa del Corpus Domini per tutta la Chiesa Universale, chiedendole di diffonderne il testo proprio della ricorrenza. Eva morì a San Martino di Liegi verso il 1265, la sua tomba divenne rapidamente un luogo di pellegrinaggi. Il suo culto fu approvato nel 1902. (Avvenire)

Beato Filippo Longo

Nelle Vite di Ludovico Jacobilli si legge che "fu cognominato Lungo, per esser di statura lunga, e grande; nel modo che il B. Morico altro suo compagno, e già anche Crocifero come lui, fu cognominato Piccolo, per esser di statura piccola". Frate Filippo fu il settimo compagno di Francesco ("Finalmente il loro numero divenne sette con frate Filippo, al quale il Signore aveva toccato e purificato le labbra con il carbone ardente, così che parlava di Dio con mirabile dolcezza", I Cel. n. 25). Dotato di grandi capacità oratorie e contemplative e di interpretazione profonda delle sacre scritture, frate Longo, fu determinante nelle più importanti scelte della comunità francescana. Godeva di grande stima da parte del santo d'Assisi e lo accompagnava spesso durante gli incontri con la reclusa di San Damiano, ovvero Santa Chiara. Questa esperienza radicò in lui una profonda stima per la santa alla quale dedicò devotamente il suo carisma e la sua esperienza cristiana. Successivamente si impegnò di prima persona alla fondazione dei primi conventi delle "povere dame". Uno di questi conventi, ancora attivo, si trova ad Atri, città natale del religioso. Nel 1219, frate Filippo Longo, su interessamento del cardinal Ugolino, fu eletto primo Confessore, Visitatore, Correttore, e Presidente delle monache di San Damiano, dette poi di Santa Chiara. Tale nomina non fu gradita da San Francesco ("I miei frati proprio per questo sono chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori") che, tornato dalla Terrasanta, destituì immediatamente il frate dall'incarico. Dopo la morte di San Francesco, tra gli anni 1228 e 1246, per volontà del Papa, Frate Filippo fu chiamato nuovamente a questa carica. Dopo aver contribuito alla raccolta di materiale sul santo d'Assisi, Filippo Longo si ritirò a predicare in Francia, nella regione dell'Alvernia, dove morì.

Beato Giacomo Cusmano

Il sacerdote palermitano Giacomo Cusmano è noto per aver fondato nel 1867 l'associazione del "Boccone del povero". Si era laureato in medicina a 21 anni ed era subito divenuto il "medico dei poveri" del capoluogo siciliano, dove era nato nel 1834. Il giovane dottore nel 1860 venne ordinato prete. Poi fondò il sodalizio caritativo, con l'appoggio del cardinale Naselli, e nel 1887 due congregazioni: le Serve e i Servi dei poveri. Morto nel 1888 è beato dal 1983.

San Giovanni di Genova

San Giovanni è un abate del monastero camaldolese di San Stefano in Genova. Di lui abbiamo poche notizie. San Giovanni prima di diventare abate di San Stefano, nel 1110, era stato chiamato a governare il monastero cistercense di Sant’Andrea, presso Sestri. Durante il suo governo che durò fino per diciannove anni, ebbe la fortuna di ospitare anche San Bernardo da Chiaravalle. Nel 1129, passò a governare il monastero di San Stefano a Genova. Nel monastero che era dell’ordine benedettino dei monaci neri, e che diventerà di proprietà dei monaci dell’abbazia di San Colombano di Bobbio. San Giovanni governò per ben trentasette anni, fino alla sua morte. Giovanni Battista Semeria parla di lui nel volume “Secoli cristiani della Liguria” (1843): “Egli risplendeva di ogni virtù, massime di una regolare disciplina, unita ad una somma vigilanza e prudenza.; e sotto di lui fiorirono i monaci in grande reputazione di santa vita. Molte fatiche aveva sostenuto gloriosamente pel decoro del monachesimo; onde non è meraviglia che oltremondi il suo vivere fosse celebrato” Gli storici sono concordi nel fissare La data della morte di San Giovanni, nel giorno il 14 marzo 1166, “in età decrepita”. Alla fine del secolo successivo, e precisamente nel 1282 il suo corpo fu trovato incorrotto tanto che nel resoconto sul ritrovamento è rimasto scritto “che pare fosse allora, allora abbandonato dall’anima” e in un altro testo si conferma che “fu ritrovato il corpo del beato Giovanni talmente incorrotto, che pare a in quell’ora spirato”. La sua festa presso monaci camaldolesi di Bobbio è stata fissata nel giorno 14 marzo.  


15 marzo

Beato Arnaldo

Dopo aver studiato diritto a Tolosa, Arnaldo entrò fra gli eremiti di s. Agostino, ottenendo poi dal generale Anselmo di Montefalco di ascriversi alla congregazione di Lecceto (Siena), nella quale allora si osservava nel modo più rigoroso la Regola. Qui emise la professione l'11 luglio 1494. Morì il 20 maggio 1507 in concetto di santità e da allora è sempre stato venerato come beato, sebbene la Chiesa non abbia confermato il suo culto.

Sant' Artemide Zatti

Artemide Zatti nasce a Boretto, in provincia e diocesi di Reggio Emilia, il 12 ottobre 1880. Nel 1897 emigra con la famiglia in Argentina come - in quei decenni - milioni di italiani. A Bahia Blanca frequenta la parrocchia salesiana. E s'innamora di don Bosco. Vuole farsi religioso, entra nella casa di formazione di Bernal; ma curando un malato di tubercolosi resta contagiato. Viene quindi mandato a Viedma, avamposto dell'evangelizzazione della Patagonia. Accetta di non diventare sacerdote: emette quindi la sua prima professione l'11 gennaio 1908 e quella perpetua l'8 febbraio 1911, come Salesiano Coadiutore (ossia religioso non sacerdote). A Viedma scopre la sua definitiva vocazione: lì inizierà a dedicarsi tutto ai malati, assumendo la responsabilità dell'ospedale avviato dai salesiani (che lui rifonderà), poi anche della farmacia, e diplomandosi farmacista e infermiere. Come don Bosco, mette tutta la sua fiducia in Dio e in Maria Ausiliatrice, anche per questioni economiche. Muore a causa di un tumore, che lui stesso aveva diagnosticato, il 15 marzo 1951. È stato beatificato dal Papa san Giovanni Paolo II il 14 aprile 2002: primo Salesiano Coadiutore non martire a essere elevato agli onori degli altari. Il 9 aprile 2022 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un secondo miracolo riconosciuto per sua intercessione, aprendo la via alla sua canonizzazione, poi celebrata il 9 ottobre seguente. I suoi resti mortali sono venerati nella chiesa di San Giovanni Bosco a Viedma. La Famiglia Salesiana celebra la sua memoria liturgica il 13 novembre.

San Clemente Maria Hofbauer

E' protettore di Vienna e dei fornai. Nella capitale austriaca morì nel 1820. Il mestiere era quello che da ragazzo, a Znaim (Repubblica Ceca), fece per mantenere la famiglia dopo la morte del padre. Clemente Maria Hofbauer fu poi a Vienna, dove studiò filosofia e teologia. Nel 1784, dopo un pellegrinaggio a Roma, si fece redentorista. Fondò case in Germania, Svizzera, Romania. Visse a lungo a Varsavia, fino a che Napoleone espulse i redentoristi per le loro attività culturali e sociali. Ancora a Vienna, contrastò la tendenza a creare una Chiesa nazionale «giuseppina». (Avvenire)

Sant’ Eusebio II

Di lui non parlano né il volume stampato nel 1581, a cura del Capitolo Eusebiano che conteneva le litanie antiche e gli Uffici propri della Cattedrale di Vercelli, né il Calendario Eusebiano, edito nel 1676 dal canonico M. A. Cusano; probabilmente s. Eusebio II ebbe culto nei secoli antichi. Di sicuro, si ha soltanto che sotto il suo ritratto, facente parte dell’antica serie dei primi 40 vescovi dipinta nella cattedrale poi incendiata da Arduino da Ivrea (955-1015), si leggeva il nome con l’appellativo di S. Eusebius II. Adesso inquadriamo il periodo storico della sua esistenza; a s. Emiliano, che resse la diocesi di Vercelli alla fine del secolo V († 501), successe un vescovo di cui non si conosce il nome e poi subito dopo venne Eusebio II, che in effetti fu il dodicesimo vescovo della serie episcopale, alcuni storici locali indicano il suo episcopato dal 515 al 534, ma senza documentarlo. Gli agiografi Bollandisti, che posero la sua memoria al 15 marzo, stabilirono la data verso il 520, e si espressero con lodi generiche, dicendo che, sull’esempio del protovescovo diocesano s. Eusebio I di Vercelli († 1° agosto 371) suo omonimo, adempì i doveri pastorali con somma diligenza e carità. E in questi termini si espresse anche il vescovo Ferrero, nell’opera sui vescovi vercellesi, da lui edita in seconda edizione nel 1609.

Beato Giovanni Balicki

Don Giovanni Balicki (Jan Wojciech Balicki) nacque il 25 gennaio 1869 a Staromies´cie, oggi quartiere di Rzeszów. Cresciuto in un ambiente familiare assai religioso, decise di consacrarsi a Dio. Dopo l'esame di maturità entrò nel seminario diocesano di Przemys´l. Ordinato sacerdote, per un anno svolse il servizio pastorale nella parrocchia di Polna e fu poi mandato a Roma per continuare gli studi specialistici, conclusi con la laurea in teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Al suo ritorno in diocesi fu nominato professore di teologia dogmatica nel seminario diocesano. La sua missione di professore fu pervasa da fede profonda e dall'amore per la Verità. Nella preghiera, soprattutto, trovò la sapienza e la luce dello Spirito Santo. Negli anni 1928-1934 svolse la funzione di rettore del seminario. Morì a Przemys´l, il 15 marzo 1948, in fama di santità. Don Giovanni Balicki dedicò a Dio e agli uomini tutti i suoi anni della vita sacerdotale, come professore ed educatore dei nuovi sacerdoti, come predicatore stimato da molti, come confessore carismatico e come pastore in ricerca delle pecore che, per diversi motivi, si erano allontanate dal gregge di Cristo. Don Balicki, sacerdote umile della diocesi di Przemys´l, è un magnifico esempio per tutti fedeli anche del nostro tempo, in modo particolare per i sacerdoti. Egli insegna come unire la vita contemplativa con l'apostolato, come aiutare il prossimo nelle sue necessità materiali e spirituali, come conquistare la santità evangelizzando il mondo.

Beato Guglielmo Hart

Beatificato nel 1886.


16 marzo

Sant' Agapito di Ravenna

Decimo dei vescovi ravennati, il Martirologio Romano ne celebra la memoria il 16 marzo. Visse tra la fine del III sec. e la prima metà del IV, ed è senza fondamento la notizia della sua partecipazione al concilio di Roma del 340, indetto dal papa Giulio I. La breve e generica biografia del Liber Pontificalis di Agnello ravennate non fa che rifarsi a motivi suggeriti dall'etimologia del nome, ma ne ignora il giorno obituale. Fino al sec. X rimase sepolto nell'area cimiteriale adiacente alla Basilica Probi di Classe; nel 963 l'arcivescovo Pietro IV ne riesumò le reliqui e le trasferì nell'Anastasi urbana. Ma il suo culto comincia ad affermarsi solo verso il sec. XI, quando viene estesa a tutti i primi dodici vescovi ravennati la leggenda dell'elezione miracolosa attraverso la discesa di una colomba sul capo del candidato, leggenda originariamente propria solo per s. Severo Fu l'arcivescovo Filippo Fòntana (1250-1270) che soprattutto diffuse e curò il culto dei cosiddetti «Vescovi Colombini».

Sant' Allo (Allone) di Bobbio

Unico santo con questo nome, Allo fa parte del numeroso stuolo di 26 santi, sepolti nella chiesa inferiore della Basilica abbaziale di Bobbio, accanto al sarcofago che contiene le reliquie del grande santo irlandese Colombano (Leinster, 540 ca. - Bobbio, 615), fondatore dell’abbazia benedettina. Le reliquie poste come “virgulti verdeggianti intorno alla pianta madre”, furono sistemate in un’urna lignea chiusa da cristalli, dal vescovo di Bobbio Mondani e dall’abate Antonio da Pavia nel 1482-83, dopo averle tolte dal luogo umido e sotterraneo dove giacevano da otto secoli. Nel 1910 fu effettuata la ricognizione canonica dal vescovo Marelli, che le collocò nel nuovo altare marmoreo, donato dai pellegrini irlandesi a Bobbio, guidati dal cardinale primate M. Logue. I 26 santi, fra cui il monaco Allo, furono militanti sotto la regola di san Colombano e vissero o erano provenienti dalla celebre Abbazia di Bobbio (un tempo facente parte della Liguria, oggi in provincia di Piacenza), fondata nel 614 e che fu faro di cultura nel Medioevo; da quella fiorentissima comunità monastica, provenne papa Silvestro II, l’abate Gerberto. I santi sono così suddivisi: 4 abati, Colombano, Attala, Bertulfo, Bobuleno; 19 monaci, Agibodo, Teodebaldo, Walcario, Allo, Teoperto, Rattaldo, Cumberto, Suniberto, Andrea, Leone, Giovanni, Pietro, Bladulfo, Maroneo, Bandacario, Leopardo, Tumprando, Cumiano e Romano; 3 vergini, Petronilla, Suniverga e Rotrada. A parte i più noti, come il fondatore e gli abati, di Allo e degli altri monaci si sa poco, ma delle loro virtù, fa fede il culto ininterrotto conservato dai monaci, che ne celebrarono la festa prima il 31 agosto poi il 16 marzo, fino alla soppressione napoleonica dell’abbazia nel 1795. Nel ‘Proprio’ della diocesi di Bobbio, la celebrazione è rimasta comunque al 16 marzo.

Beata Benedetta di Assisi

Entrata nelle Clarisse di S. Damiano nel 1214, si ritiene che sia stata badessa a Siena e a Vallegloria presso Spello. Fece in tempo ad assistere alla costruzione della basilica in onore di S. Chiara, e al trasferimento delle Clarisse nei locali annessi alla vecchia chiesa di S. Giorgio. Nella medesima fu seppellita, oltre a S. Chiara anche s. Benedetta. Oggi riposa anch’essa nella basilica di S. Chiara di Assisi.

San Damiano di Terracina

La storia dei due Santi Valentino e Damiano è narrata negli "Atti della Vita e del Martirio di S. Valentino Vescovo e S. Damiano Diacono". Dagli Atti si apprende che il Santo nacque a Terracina durante l'impero di Costantino il Grande. I genitori, di nobili origini, impressero nei figli un'impronta cristiana che maggiormente si manifestò in Valentino, tanto che il Vescovo della città, pensò di ordinarlo sacerdote in giovane età. Valentino si dedicò anima e corpo alla Chiesa e morto il Vescovo fu eletto all’episcopato della sua città. Iniziò subito a mostrare le sue virtù di castità, umiltà e carità; sovvenendo si bisogni dei poveri, dei malati aiutando tutti coloro che si rivolgevano a lui. Alla morte di Costantino iniziarono le persecuzioni dei Cristiani e dopo essere stato arrestato e liberato, il Vescovo Valentino iniziò il suo pellegrinaggio che lo portò, come guidato dalla volontà di Dio, alla città a cui avrebbe successivamente dato il nome. Qui Egli convertì e battezzò la popolazione del posto ed edificò nuove chiese e ordinò nuovi sacerdoti. Ma nelle città vicine vi erano molti sacerdoti pagani che vedendo tali opere, indussero la maggior parte della popolazione contro San Valentino e il suo discepolo San Damiano, fino al punto da farli catturare, trasportare in un bosco vicino e farli decapitare. Qui furono sepolti dai fedeli cristiani e rimasero senza culto fino al periodo dei Normanni quando, tra il 1075 e il 1078, il re Trogisio dopo aver rinvenuto le spoglie dei Martiri, le fece portare nell'Oratorio situato in Castel di Pietra (antico nome di San Valentino) dove iniziarono a mostrarsi innumerevoli prodigi. Fu molto probabilmente proprio in questo periodo che Castel di Pietra cambiò nome per diventare San Valentino. Oggi i loro corpi riposano nella parrocchiale dei Ss. Valentino e Damiano situata sull'alto della gradinata e progettata dall'architetto Luigi Vanvitelli. Il capitolo terzo degli "Atti" che riguarda appunto S. Damiano: "Assunta la cura del gregge di Gesù Cristo, il Vescovo Valentino, incominciò a mostrar chiaramente il progresso ch'egli faceva d'una in altra virtù: sovveniva ai bisogni delle vedove; stendeva la mano agli orfani; provvedeva alle necessità dè poverelli: e tutto ciò che aver poteva loro volentieri il distribuiva. Eravi intanto in Terracina una certa vedova per nome Procla con un figliuolo unico chiamato Damiano, che mancando di ogni alimento per se e pel figliuolo, si accostò un giorno ai piedi del buon Pastor Valentino, pregandolo che soccorresse alla sua miseria, e le desse tanto da poter con la prole sua campar la vita. Commosso il pietosissimo Padre alle preci della povera donna, prese fra le sue braccia l'infante di lei, e strettoselo al seno e baciatolo, se lo adottò per figlio alla presenza di tutti i circostanti e donò alla donna cinquanta monete d'oro, perché provvedesse con quelle ai suoi futuri bisogni e così la rimandò tutta giuliva alla propria casa e ritenne con sé il fanciullo. Il Santo Prelato l'incominciò a nutrire con diligenza grandissima e ad istruir premurosamente nel servizio di Dio. Lo imbevve della Dottrina della Chiesa secondo il costume e il rito de' Santi Padri, e quando quello toccò l'età adulta, il promosse al grado di Diacono; e Damiano restò sempre perseverante nella dottrina del maestro."

San Dentelino di Mons

San Dentelino è un fanciullo vissuto nel VII secolo. Nacque in una famiglia di santi: era il figlio più giovane di San Vincenzo di Soignies (Maugerio o Madelgairo de Famars de Hainaut) e di Santa Valdetrude, fratello di San Landerico o Landico, Santa Aldetrude e Santa Madelberta. Sulla sua morte l'espressione “in ipsis cunabulis” si presta a due interpretazioni degli storici. Secondo alcuni morì ancor piccolo nella sua culla, secondo altri nella maggioranza dei casi, è che sia morto all'età di sette anni. Grazie alla sua intercessione sulla sua tomba avvennero numerosi miracoli che gli valsero culto pubblico a Mons, a Emmerich sul Reno e a Rées nel ducato di Clèves. Anche sul luogo della sua sepoltura non vi è alcuna certezza. Morto a Mons, i suoi resti per alcuni sono stati trasferiti nella collegiata di San Vincenzo de Soignies, insieme al corpo del padre, mentre secondo i Bollandisti le sue reliquie furono traslate a Rées. Tradizionalmente è raffigurato nelle sembianze di un ragazzo con una colomba sulla mano destra. Nel gruppo statuario del museo del capitolo della collegiata di San Vincenzo de Soignies e nelle chiese di San Vincenzo d’Evere e d’Haulchin, è presentato senza la colomba sulla mano. San Dentelino fanciullo è festeggiato e ricordato nel giorno 16 marzo e anche nel giorno della festa di suo padre San Vincenzo.

Sant' Eriberto di Colonia

Nato intorno al 970, studiò nell'abbazia di Gorze e nella cattedrale di Worms, di cui divenne prevosto. Cancelliere di Ottone III divenne nel 999 arcivescovo di Colonia. Al momento della nomina è in Italia insieme all’imperatore, che ora governa a pieno titolo e ama vivere a Roma, come i sovrani dell’antico Impero. Morto Ottone, cadde in disgrazia sotto Enrico II, vivendo nell'ombra fino alla morte, avvenuta intorno al 1021. È invocato per ottenere la pioggia.


17 marzo

San Patrizio

«Arrivato in Irlanda, ogni giorno portavo al pascolo il bestiame, e pregavo spesso nella giornata; fu allora che l’amore e il timore di Dio invasero sempre più il mio cuore, la mia fede crebbe e il mio spirito era portato a far circa cento preghiere al giorno e quasi altrettanto durante la notte, perché allora il mio spirito era pieno di ardore». Patrizio nasce verso il 385 in Britannia da una famiglia cristiana. Verso i 16 anni viene rapito e condotto schiavo in Irlanda, dove rimane prigioniero per 6 anni durante i quali approfondisce la sua vita di fede secondo il brano della Confessione che abbiamo letto all’inizio. Fuggito dalla schiavitù, ritorna in patria. Trascorre qualche tempo con i genitori, poi si prepara per diventare diacono e prete. In questi anni raggiunge probabilmente il continente e fa delle esperienze monastiche in Francia. Ha ormai 40 anni e sente forse la nostalgia di ritornare nell’isola verde. Qui c’è bisogno di evangelizzatori e qualcuno fa il suo nome come vescovo missionario. Egli si prepara, ma la famiglia è restia a lasciarlo partire, mentre degli oppositori gli rimproverano una scarsa preparazione. Nel 432, tuttavia, egli è di nuovo sull’isola. Accompagnato da una scorta, predica, battezza, conferma, celebra l’Eucarestia, ordina presbiteri, consacra monaci e vergini. Il successo missionario è grande, ma non mancano gli assalti di nemici e predoni, e neppure le malignità dei cristiani. Patrizio scrive allora la Confessione per respingere le accuse e celebrare l’amore di Dio che l’ha protetto e guidato nei suoi viaggi così pericolosi. Muore verso il 461. È il patrono dell’Irlanda e degli irlandesi nel mondo.

Sant' Agricola di Chalon sur Saone

Nato da famiglia senatoria nel 498, Agricola ricevette una severa educazione. Nel 532 fu eletto alla sede episcopale di Chalon-sur-Saône, dove a lungo risplendette per il suo zelo e le sue virtù. San Gregorio di Tours lo definisce «homo valde elegans et prudens» e ne loda lo zelo e l'abilità nella predicazione e l'austerità di vita. Si dice, infatti, che per tutta la vita Agricola si sia limitato a prendere poco cibo al tramonto. Si distinse ancora nella costruzione di vari edifici, in particolare di una chiesa non meglio identificata, che san Gregorio di Tours dice splendente di marmi e mosaici. Verso la fine del suo episcopato, tramite il suo arcidiacono, curò la traslazione nella chiesa dell'ospedale dei lebbrosi, nei pressi della città, delle spoglie di san Desiderato (Didier), sacerdote ed eremita a Gourdon, che era morto in grande fama di santità. Il nome di Agricola si trova tra quelli dei partecipanti a diversi concili locali. Fu rappresentato dal sacerdote Avolo al concilio di Orléans del 538, partecipò nella stessa città direttamente a quelli del 541 e del 549. Nello stesso anno prese parte al concilio di Clermont, dove furono confermate le decisioni di quello di Orléans sulla disciplina del clero. Nel 552 fu presente al concilio di Parigi, nel 570 a quello di Lione, e nel 579 a quello convocato nella sua città episcopale dal re Gontrano, dove furono deposti i vescovi di Embrun e Gap. Venanzio Fortunato nella Vita di san Germano, vescovo di Parigi, racconta che Agricola, avendo un suo domestico gravemente infermo, si rivolse al santo vescovo e ne ottenne la guarigione. Agricola morì nel 580, forse il 17 marzo, a ottantatré anni, dopo aver retto la diocesi per ben quarantotto anni, e fu sepolto nella chiesa di San Marcello. Nell'878 le sue reliquie, assieme a quelle del vescovo san Silvestro, furono traslate nella chiesa di San Pietro per opera del vescovo Gerbaldo. L'autore degli atti di tale traslazione afferma che papa Giovanni VIII, di ritorno dal concilio di Troyes (agosto 878), ne avrebbe autorizzato il culto, assieme a quello di altri vescovi e del sacerdote Desiderato. Nel 1315 nella diocesi di Chalon-sur-Saône fu istituita una festa comune, celebrata il 30 aprile, nella quale si ricordavano gli antichi vescovi e san Desiderato. Agricola è ricordato il 17 marzo nel Martirologio Romano e nel Proprio della diocesi di Autun, alla quale la diocesi di Chalon-sur-Saône fu unita.

San Corrado di Baviera (di Chiaravalle)

Attratto dalla santità di San Bernardo, entrò nel monastero di Chiaravalle. Ottenuto il permesso, si ritirò a vita eremitica in Terra Santa.

San Gabriele Lalemant

Se nel colonizzare il Nuovo Mondo, come veniva chiamato il Continente Americano, si attivarono più o meno con interessi politici, economici e di sfruttamento coloniale, Inglesi, Francesi, Spagnoli, cioè le grandi Potenze dell’epoca, vi furono di pari passo, altri uomini appartenenti a Congregazioni religiose di antica fondazione, oppure che si costituirono negli anni successivi, che portarono la luce del Vangelo ed i principi cristiani, alle popolazioni locali. Quindi essi costituirono l’altra faccia della colonizzazione, non portarono guerra, violenza, sfruttamento, ma solidarietà umana e spirituale, aiuti sanitari, istruzione, accoglienza per i più disagiati e deboli, che non mancano mai in ogni angolo della Terra. E nell’America Settentrionale e precisamente in Canada, al confine con gli Stati Uniti, arrivarono come seconda generazione di Missionari, i padri Gesuiti ed i Francescani. Fra i Gesuiti vi fu un gruppo di otto sacerdoti e fratelli coadiutori, che a gruppetti o singolarmente, si spinsero nelle inesplorate e vastissime terre americane, tra immense foreste e laghi grandi come mari. Il loro apostolato si svolse primariamente fra i “pellerossa” della zona; compito non facile, visto il loro carattere sospettoso e mutevole; i primi successi relativi, si ebbero con la tribù più vicina degli Uroni; i Gesuiti usarono il metodo di farsi “selvaggi fra i selvaggi”, cioè adottare e adattarsi agli usi e costumi locali, avvicinandosi alla mentalità degli Indiani, cercando di comprendere le loro debolezze, riti, superstizioni. Ma dopo il 1640, la tribù degli Uroni fu attaccata ferocemente da quella degli Irochesi, per natura più combattivi e crudeli, più intelligenti e perspicaci e dotati di veloci cavalli; la guerra tribale fu violenta, portando allo sterminio quasi totale degli Uroni e annullando così l’opera dei missionari. E nel contesto di questa guerra fra Uroni ed Irochesi, persero la vita gli otto martiri gesuiti, che in varie date testimoniarono con il loro sangue la fede in Cristo, suscitando negli stessi Irochesi, una tale ammirazione di fronte al loro coraggio, nell’affrontare le crudeli e raffinate sevizie, che usavano per torturare i loro nemici, da giungere a divorare il cuore di alcuni di loro, per poterne secondo le loro credenze, assimilare la forza d’animo ed il coraggio. E come si diceva degli antichi martiri cristiani: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, così il loro sacrificio non fu inutile, perché nei decenni successivi, la colonia cattolica riprese vigore e si affermò saldamente in quei vasti Paesi. I martiri furono beatificati il 21 giugno 1925, dal grande ‘Papa delle Missioni’ Pio XI e dallo stesso pontefice canonizzati il 29 giugno 1930. Citiamo i loro nomi: Sacerdoti Antonio Daniel († 1648), Giovanni De Brébeuf, Gabriele Lalemant, Carlo Garnier, Natale Chabanel († tutti nel 1649); fratello coadiutore Renato Goupil († 1642), sacerdote Isacco Jogues e il fratello coadiutore Giovanni de la Lande († 1647). Ricorrenza liturgica per tutti al 19 ottobre. Gabriele Lalemant nacque a Parigi il 10 ottobre 1610, da distinta famiglia; sotto l’aspetto debole e quasi fragile, nascondeva un’anima ardente e generosa. A 20 anni entrò nella Compagnia di Gesù e mentre studiava per sacerdote, si preparava per diventare missionario, chiedendo di essere inviato nella Nuova Francia, come allora si chiamava il Canada; con il permesso dei Superiori, fece anche il voto di essere sempre al servizio degli indigeni. Dopo essere stato ordinato sacerdote, fu incaricato dell’insegnamento nel Collegio di Moulins e poi a Bourges; nel 1646 furono accettate le sue insistenti richieste e quindi il 20 settembre 1646 giunse a Québec. Il Superiore della Comunità gesuitica di tutta la Missione, che era suo zio Girolamo Lalemant, conoscendo la natura gracile ed impressionabile del nipote, lo trattenne con compiti da svolgere in città. Solo nel luglio 1648 lo affiancò al padre Giovanni de Brébeuf, come missionario nel villaggio di Sant’Ignazio, nel territorio degli Indiani Uroni. Svolse con tenacia il suo apostolato fra queste popolazioni, restie al cambiamento dei loro riti, per una religione che non comprendevano; per poterli avvicinare imparò egregiamente la loro ostica lingua. Il 16 marzo 1649, gli Uroni furono assaliti dai feroci Indiani Irochesi, i quali massacrarono quanti potevano e catturando i missionari; padre Giovanni de Brébeuf fu torturato a lungo e poi ammazzato (vedere scheda propria), padre Gabriele Lalemant, fu torturato subito dopo, con ferocia ancora maggiore, prolungando i suoi tormenti dalle diciotto fino alle nove del mattino successivo del 17 marzo; quando visto che alzava gli occhi al cielo per chiedere conforto a Dio, i carnefici glieli strapparono e nelle orbite vuote posero dei carboni ardenti. Alla fine un selvaggio, stanco di vederlo soffrire così a lungo, con la scure fracassò la testa dell’intrepido martire. Poi apertogli il petto, ne strappò il cuore divorandolo e sorbendone il sangue, perché secondo le loro credenze, avrebbe assimilato in questo modo la forza e il coraggio dimostrati dal missionario. La sua personale ‘passione’ è ricordata al 17 marzo.

Santa Gertrude di Nivelles

Figlia di Pipino di Landen, signore nel Brabante e antenato di Carlo Magno, alla morte del padre (639) si fa monaca con la madre Itta e la sorella Begga. La madre fonda un monastero "doppio", di uomini e donne, governati tutti dalla badessa. E badessa è Itta, fino alla morte (652). Le succede Gertrude, che accetta il titolo, ma lascia a un frate il potere effettivo e riserva a sé il compito di istruire monaci e monache. Chiama dall'Irlanda monaci dotti nelle Scritture e manda gente a Roma per rifornire la comunità di libri liturgici. Fu presto circondata dall'aureola di santa. Ma il suo vero prodigio fu la pace portata tra le famiglie signorili locali, divise da eterni scontri che per la gente portavano solo saccheggi, razzie di ostaggi e anni di miseria. Quando muore, a 33 anni nel 659, la venerazione è immediata. Il suo corpo viene deposto in una cappella che poi ingrandita, abbattuta e ricostruita diventerà basilica. (Avvenire)

Beato Giovanni Nepomuceno Zegrí y Moreno

Giovanni Nepomuceno Zegrìy Moreno, fondatore delle suore Mercedarie della carità, nacque nel 1831 a Granada, dove fu ordinato sacerdote nel 1855. Fu esaminatore sinodale nelle diocesi di Granada, Jaen e Orihuela, giudice sinodale e segretario nei concorsi a parroci di Malaga, canonico nella cattedrale, visitatore delle religiose, formatore dei seminaristi. Infine, predicatore della regina Isabella II e cappellano reale. Ma la sua attenzione principale furono i poveri, per i quali fondò la Congregazione religiosa, che pose sotto la protezione di Maria della Mercede. Morì nel 1905.


18 marzo

San Cirillo di Gerusalemme

Cirillo nacque verso il 315 probabilmente a Gerusalemme. Successore del vescovo Massimo dal 348 circa fino al 18 marzo 386, il suo episcopato fu segnato dalla grave crisi che coinvolse la Chiesa del IV secolo. Esiliato ben tre volte, Cirillo di Gerusalemme, esperto conoscitore della Parola di Dio, compose opere molto importanti che testimoniano uno stile di vita sobrio e pacifico e una attenzione molto viva per la pastorale dei catecumeni.

Sant' Alessandro di Gerusalemme (di Cappadocia)

Di famiglia pagana, Alessandro riceve un’accurata formazione culturale: venendo in contatto con vari movimenti religiosi e filosofici dell’epoca, si converte al cristianesimo. Dalla Cappadocia si sposta e arriva ad Alessandria, in Egitto, dove fiorisce la scuola Didaskaleion, diretta da Panteno il Siculo e poi da Clemente alessandrino. A Gerusalemme arriva nel 212 come coadiutore del vescovo al quale poi succede. Il “caso” Origene Alessandro guida Gerusalemme come un pastore attento soprattutto ai bisogni culturali delle sue pecorelle: nella Città Santa fonda una biblioteca e una scuola su modello di quella alessandrina. Durante il suo episcopato deve occuparsi della disputa tra il teologo Origene – che conosceva fin dai tempi di Alessandria – e i suoi superiori. Dal vescovo di Alessandria, infatti, Origene ha ricevuto l’incarico di dirigere una scuola di catechismo, ma il teologo inizia a insegnare anche le scienze profane – la filosofia su tutte – convinto com’è che proprio l’insegnamento della religione abbia bisogno di un maggiore approfondimento culturale. Nonostante, inoltre, sia un laico, Origene predica nelle chiese e questo manda su tutte le furie il suo vescovo che gli impedisce di spiegare pubblicamente le Scritture se non in presenza di un pastore. Alessandro, colpito dalla profondità del pensiero del teologo, lo difende e arriva a ordinarlo sacerdote nel 230 per consentirgli di proseguire senza difficoltà le sue predicazioni, così preziose, per le quali si era spinto anche a Cesarea e a Gerusalemme stessa. Le persecuzioni e il martirio Intanto la Roma di Settimio Severo tra il 202 e il 203 riprende a perseguitare i cristiani. Alessandro si trova ancora ad Alessandria e viene imprigionato fino al 211. Con la seconda ondata di persecuzioni, ad opera di Decio, non ha scampo: viene incarcerato a Cesarea e subisce molte torture, ma invano: “La gloria dei suoi bianchi capelli e la sua grande santità formavano una doppia corona alla sua cattività”, scrivono di lui gli storici. Sfinito dalle sofferenze, muore in prigione nel 250 ed è venerato come martire della fede. Dei suoi numerosi scritti ci restano solo i frammenti di quattro lettere tramandati da Eusebio e San Gerolamo.  

Sant' Anselmo II di Lucca (o da Baggio)

Anselmo da Baggio, milanese, nato intorno al 1035, ricevette una solida formazione letteraria, filosofica, giuridica e teologica. Sotto la guida dello zio Anselmo, futuro papa Alessandro II, maturò una viva passione per la riforma della Chiesa. Eletto vescovo di Lucca nel 1073, fu ordinato dal papa Gregorio VII, di cui fu convinto e instancabile collaboratore. Animato da un grande ardore pastorale, promosse il rinnovamento della vita liturgica e spirituale della diocesi di Lucca, avviando una coraggiosa riforma della vita del clero; ma fu costretto dai suoi oppositori all’esilio. Trovò rifugio presso Matilde di Canossa, della quale divenne consigliere spirituale. Verso il 1083 si stabilì a Mantova, come legato pontificio.
Uomo tra i più dotti del suo tempo, esperto soprattutto di diritto, scrisse anche pregevoli opere di commento alla Sacra Scrittura e in difesa della fede cattolica. Espresse una santità insigne, pervasa di spirito monastico, caratterizzata da un grande amore per la Chiesa e da una profonda devozione mariana.
Morì a Mantova il 18 marzo 1086; papa Vittore III lo canonizzò nel 1087. La venerazione corale dei fedeli gli ottenne in breve tempo l’elezione a patrono principale della diocesi di Mantova.

San Braulio

Secondo le fonti, Braulio appartenne a stirpe illustre, probabilmente di origine ispano-romana, mescolata a sangue germanico. Suo padre, Gregorio, fu vescovo quasi certamente di Osma e il fratello maggiore, Giovanni, dopo essere stato superiore del celebre monastero dei XVIII Martiri, chiamato pure di Sant' Engrazia, nel 619 divenne vescovo di Saragozza. L'altro fratello, Frunimiano, fu abate del monastero fondato da sant'Emiliano alla Rioja; anche la sorella Pomponia raggiunse la dignità di badessa, sebbene non si sappia di quale monastero, mentre l'altra sorella, Basilia, andò sposa a un uomo di buona condizione che abitava non lontano da Saragozza. Nel 610, a venti anni circa, Braulio entrò nell'abbazia di Sant'Engrazia, dove compì gli studi primari e dove fu iniziato dal fratello Giovanni alla vita ascetica. Dieci anni più tardi si recò a Siviglia per perfezionarsi nella più importante scuola di Spagna di quel tempo, diretta da sant'Isidoro, alla quale accorrevano giovani chierici, monaci e nobili da ogni parte. Più che discepolo, però, egli fu amico del santo Dottore, da cui, nel 624, fu aggregato al clero della città. Dalla loro corrispondenza apprendiamo che la grande opera di Isidoro, le Etymologiae, fu composta per sollecitazione di Braulio, il quale, insieme con la minuta, ebbe poi dallo stanco maestro l'incarico di completarla, ordinarla e pubblicarla, cosa che, sembra, si verificò nel 637. Rientrò verso il 625 a Saragozza e quando, nel 631, morì il vescovo Giovanni, che lo aveva nominato arcidiacono e gli aveva affidato l'amministrazione degli affari ecclesiastici, egli ne prese il posto. Il momento difficile, segnato da guerre, pestilenze, carestie e altri flagelli, mise in risalto le sue doti eccezionali di uomo di governo, mostrandolo degno di sostituire Isidoro (636) nella guida della Chiesa spagnola. A Braulio, infatti, cominciarono a rivolgersi in numero sempre maggiore preti, abati, vescovi e principi, chiedendogli consiglio e aiuto. Prese parte al quarto (633), quinto (636) e sesto (638) concilio di Toledo: mentre quest'ultimo si stava svolgendo, giunse una lettera di Onorio I, il quale disapprovava l'indulgenza usata dai vescovi verso quegli ebrei che, dopo essersi convertiti alla religione cristiana, tornavano al giudaismo. Il rilievo, almeno in quelle circostanze, non appariva fondato, e Braulio, ricevuto dai padri l'incarico di rispondere, lo fece con tanto tatto da riuscire, da un lato, a giustificare la condotta dei suoi confratelli e, dall'altro, a glorificare il successore di Pietro. Verso il 650 era quasi cieco e logorato completamente dalle fatiche e dalle penitenze: morì, infatti, l'anno dopo. Il suo culto è stato approvato dalla Chiesa. Di Braulio, che fu il migliore scrittore spagnolo del tempo dopo sant'Isidoro, rimangono ventiquattro Lettere, scoperte nel sec. XVIII in un codice di León. Sull'autenticità di alcune di esse esprime dubbi M. Alamo. Inoltre, sono giunte a noi anche la Vita di sant'Emiliano, anacoreta spagnolo del sec.; la Vita dei ss. Vincenzo, Sabina e Cristeta; la Passione dei martiri di Saragozza, di dubbia autenticità, e altri scritti minori.

Beata Celestina Donati

Avere tutto e sentire che comunque ti manca qualcosa. A Maria Anna Donati davvero non manca nulla, tra affetti familiari, buona istruzione, salute e simpatia. Per di più, particolare non trascurabile, la sua famiglia ha un patrimonio ingente e per lei, forse, c’è anche un buon partito, almeno nelle fantasie di papà. Che proprio non riesce ad ammettere un futuro da religiosa per quella sua figlia, sulla quale, al di là delle di lei inclinazioni, lui ha altri progetti. Di antica e stimata famiglia fiorentina, Maria Anna nasce, ultima di sei figli, nel 1848 a Marradi, dove papà è funzionario del granducato; e poiché la sua professione di giudice lo obbliga a continui spostamenti, la famiglia lo segue anche a Cortona e a Siena, prima di ritornare a fine carriera definitivamente a Firenze. Cresce particolarmente devota, straordinariamente matura, precocemente incline alla vita religiosa. Un periodo di riflessione e di ricerca vocazionale presso le suore Vallombrosane non ha esito positivo, e questo rafforza papà nella sua contrarietà all’ingresso in convento di quella figlia un po’ speciale, che prega tanto e che si prende così a cuore i bisogni degli altri. Maria Anna pazientemente attende: fino ai 41 anni, assolvendo fedelmente anche ai suoi doveri di figlia; docilmente obbediente, ma anche fortemente determinata a seguire prima o poi la sua vocazione. E’ padre Celestino Zini a sostenerla in questo periodo di ricerca e di paziente attesa; direttore spirituale particolarmente illuminato, scopre in lei i germi di una vocazione autentica che sapientemente coltiva, aiutandola ad innamorarsi perdutamente di Dio. Per di più, da buon padre scolopio, le trasmette anche la spiritualità e il carisma del suo fondatore, San Giuseppe Calasanzio, che si concretizza nell’educazione della gioventù. Così lei, quando è libera di volare dove la vocazione la spinge, comincia con l’aprire una scuola gratuita per le ragazze povere o non accompagnate: si è accorta infatti di quanto l’ignoranza le esponga maggiormente allo sfruttamento e alla sottomissione di persone senza scrupoli, che a fine Ottocento già non mancano. Spesso le opere di Dio nascono da episodi di per sé insignificanti o molto semplici: come per don Bosco, che ha iniziato col primo orfano cui ha spalancato le porte di casa sua, così per Maria Anna, il giorno in cui si vede affidare una bimba, che la mamma vuole sottrarre alle continue violenze del papà. Sono così gettate le basi delle “Figlie Povere di San Giuseppe Calasanzio”, o, più semplicemente, delle “Calasanziane”, come la gente impara presto a chiamarle. E’ un progetto che le nasce in cuore dettato dal bisogno, che però ha tutta l’approvazione e il necessario accompagnamento di padre Celestino Zini, in omaggio al quale lei, insieme ai voti, prende il nome di Celestina. La sua attenzione si concentra subito sulle figlie dei detenuti, che oltre alla povertà hanno spesso alle spalle una miseria morale insieme alla mancanza della figura paterna. Fa, cioè, a Firenze quanto a Pompei sta facendo il beato Bartolo Longo per i figli dei detenuti., ma è un intervento che ancora suscita diffidenza e scandalo, tanto è poca la considerazione che all’epoca si ha per chi è in carcere. Ci vuole tempo e pazienza perché Madre Celestina riesca a far convergere sulla sua opera la beneficenza dei ricchi fiorentini, trasformando la loro “carità da salotto” in concreti interventi per i bisognosi. Nonostante ciò i debiti sono i suoi più fedeli compagni, fino alla morte. Per lei, figlia di un giudice e con un’educazione rigida che non ammette indebitamenti, è una sofferenza continua, tanto che la si sente esclamare più di una volta: “Cristo c’è morto sui chiodi, noi ci viviamo”, dove i chiodi sono rappresentati dalla cronica mancanza di denaro che non la fa vergognare di tendere continuamente la mano, e che malgrado tutto non bastano mai. Alle sue suore insegna che “le bambine sono il tempio della SS. Trinità”, che bisogna “venerare in loro l’infanzia di Gesù e per questo non siamo degne di stare loro appresso”, mentre raccomanda di mettere un “supplemento d’anima” in quello che fanno, perché il loro non sia semplicemente un intervento “sociale”. . Madre Celestina Donati muore il 18 marzo 1925 ed è stata beatificata il 30 marzo dello scorso anno, mentre le sue suore, ora appena un centinaio, sono presenti in Italia, Brasile, Salvador, Romania, come lei sempre a servizio dei poveri più poveri. Autore: Gianpiero Pettiti Maria Anna Donati nacque a Marradi (Firenze) il 28 ottobre 1848, ben presto si sentì attratta dalla vita religiosa, trascorse così un periodo di riflessione presso le Suore Vallombrosane, ma l’esperienza non ebbe buon esito. Ritornata in famiglia si affidò alla guida spirituale del padre scolopio Celestino Zini, che intuì le possibilità nascoste della giovane e con esperto tatto spirituale, la condusse all’ascolto della voce dello Spirito Santo. Con il suo consiglio, arrivata ai 41 anni giunse così a fondare nel 1889 la nuova Congregazione delle “Figlie Povere di S. Giuseppe Calasanzio” dette “Calasanziane” con il fine di educare cristianamente le bambine povere e qualche tempo dopo anche dell’educazione delle figlie e dei figli dei carcerati. Il messaggio del Calasanzio, fatto proprio da madre Celestina Donati, che prendendo i voti aveva cambiato il nome di Maria Anna, è sempre vivo e presente; chi opera nel sociale usa la professionalità, ma anche un “di più” di umano e civile e soprattutto quel “supplemento d’anima” che viene dalla fede. Nel 1892 morì il suo direttore spirituale e sua guida padre Zini, che era divenuto nel frattempo arcivescovo di Siena; tutta la responsabilità dell’Istituzione restò sua, che la governò saggiamente, diffondendola in tutte le regioni d’Italia. Seppe infondere nelle sue figlie lo spirito di povertà, che l’accompagnò per tutta la vita, creandole tantissime difficoltà nella gestione dell’Istituto. Di natura umilissima, poneva ogni problema ai suoi superiori ecclesiastici, attenendosi docilmente alle loro direttive; si adoperò per stabilire il suo Istituto a Roma, contraendo anche debiti notevoli e ci riuscì con l’aiuto di molte persone. Madre Celestina morì a Firenze il 18 marzo 1925; una decina d’anni dopo si cominciò ad istruire la causa per la sua beatificazione, il 12 luglio 1982 uscì il decreto d’introduzione; il 6 aprile 1998 si ebbe quello sull’eroicità delle virtù e il titolo di venerabile. Fra le tante Case che le sue suore “Calasanziane” gestiscono, c’è l’oasi calasanziana “Mamma Bella” a Campi Salentina, vicino Lecce, nella cui chiesa riposano le reliquie del santo calasanziano Pompilio Maria Pirrotti, che visse in questi luoghi e che così chiamava la Madonna. L’opera delle suore prosegue oltre che con i salentini ora anche con gli immigrati albanesi. E' stata beatificata a Firenze il 30 marzo 2008.

San Cirillo di Gerusalemme

Cirillo nacque verso il 315 probabilmente a Gerusalemme. Successore del vescovo Massimo dal 348 circa fino al 18 marzo 386, il suo episcopato fu segnato dalla grave crisi che coinvolse la Chiesa del IV secolo. Esiliato ben tre volte, Cirillo di Gerusalemme, esperto conoscitore della Parola di Dio, compose opere molto importanti che testimoniano uno stile di vita sobrio e pacifico e una attenzione molto viva per la pastorale dei catecumeni.


19 marzo

Sant' Alcmondo

Principe di Northumbria.

Beato Andrea Gallerani

Di nobile famiglia, sì macchiò in gioventù di un delitto per cui fu condannato l'esilio. Tornato in città, si dedicò completamente al servizio dei poveri e degli ammalati, meditandosi una fama di santità che aumentò dopo la sua morte. Con i suoi beni dette vita all'Ospedale della Misericordia, raccogliendo intorno a sé cittadini desiderosi di dedicarsi con abnegazione ai bisognosi. Essi conducevano vita di povertà e venivano chiamati Frati della Misericordia. In realtà, il loro non era un vero e proprio ordine religioso, come il Terz'Ordine Francescano o quello degli Umiliati, ma unicamente un'associazione caritativa in cui ogni

Beato Giacomo Llach Candell

Un altro membro della famiglia Candell Llach, sacerdote, vicario ed economo del collegio di San Ramon de Penyafort a Vilafranca. È stato anche tesoriere dell'Istituto dei Figli della Sacra Famiglia. Di vasta cultura ecclesiastica e civile, eccelleva nella scienza. A Vilafranca la scuola è chiusa nel maggio 1936, ed egli ha lavorato nel collegio di Sant Julia de Vilatorta quando la rivoluzione è scoppiata anche lì. Scese a Barcellona per stare con suo fratello, Ramon, e seguì la stessa sorte. Dopo aver pagato una bella cifra per proteggere le loro vite, sono stati arrestati il 17 aprile 1937, imprigionati S. Elia e uccisi Moncada il 19 marzo. I suoi resti non sono stati localizzati.

Beato Giovanni (Buralli) da Parma

Al secolo Giovanni Buralli, entrato nell’ordine verso il 1233, dopo gli studi a Parigi e l’insegnamento a Bisogna, Napoli e Parigi nel 1245, fu eletto ministro generale a Lione nel capitolo del 1247.

San Giovanni di Penna

Vissuto nel VI secolo, Giovanni, originario di Spoleto, in Umbria, diventa abate dell’abbazia di Santo Stefano di Parrano, presso Nocera Umbra, e qui istruisce e fa crescere molti giovani monaci nella fede verso Dio Padre, utilizzando spesso lo strumento del silenzio e della preghiera.

Beato Isnardo da Chiampo

Ricevette giovanissimo l’Abito di Predicatore dalle mani del glorioso Patriarca Domenico. Fu un così grande e compito Predicatore, potente non solo in parole, ma anche in opere, grazie al dono fecondo che ebbe da Dio di fare miracoli. Attirò a Lui innumerevoli anime di peccatori e di eretici. Dal 1230 fu principalmente l’apostolo di Pavia. Questa città, in lotta contro il Papato per le malvagie influenze di Federico II, colpita anche da l’Interdetto, versava in uno stato pietoso: lo spirito religioso quasi spento e i costumi del tutto rilassati. La venuta di Isnardo fu come un soffio rinnovatore e lo spirito cristiano rifiorì meravigliosamente. Per la munificenza del santo Vescovo di Pavia, Rodobaldo, poté fondare un Convento che governò sapientemente fino alla morte.


20 marzo

San Giuseppe

Questa celebrazione ha profonde radici bibliche; Giuseppe è l'ultimo patriarca che riceve le comunicazioni del Signore attraverso l'umile via dei sogni. Come l'antico Giuseppe, è l'uomo giusto e fedele (Mt 1,19) che Dio ha posto a custode della sua casa. Egli collega Gesù, re messianico, alla discendenza di Davide. Sposo di Maria e padre putativo, guida la Sacra Famiglia nella fuga e nel ritorno dall'Egitto, rifacendo il cammino dell'Esodo. Pio IX lo ha dichiarato patrono della Chiesa universale e Giovanni XXIII ha inserito il suo nome nel Canone romano.

Sant' Alessandra di Amiso e compagne

Sono poche le notizie che si sanno su di lei, al contrario sono molte e non sempre attendibili le leggende popolari che narrano facesse parte di un gruppo di sette donne che si presentarono al prefetto Amiso, proclamando la loro fede cristiana e denunciandolo per la sua crudeltà. Di conseguenza morirono gettate in una fornace ardente. In modo più attendibile, Teodoto di Ancita ci racconta di sette vergini, con gli stessi nomi, che subirono il martirio sotto il prefetto Teocteno, morendo annegate. Nonostante queste discrepanze, queste sante testimoniano una grandissima fede nel professare e proclamare ad alta voce la propria appartenenza alla Chiesa di Cristo.

Beato Ambrogio Sansedoni

Entrò nell'Ordine Domenicano a diciassette anni ed ebbe a Parigi, come Maestro, San Albergo Magno e come condiscepolo San Tommaso d’Aquino, di cui emulò l’angelica purità. Compiuti brillantemente gli studi, fu inviato a Colonia ad insegnare Teologia, rifiutando il titolo di Maestro, cosi come ricusò l'Arcivescovado di Siena. In Germania predicò in tedesco con tanto inaspettato successo. Fu tanta la sua fama di sapienza e di santità, da essere implorato il suo intervento per comporre gli animi dei Principi Elettori ad una pacifica elezione dell’Imperatore. Estinse anche tra quei popoli la setta Boema che tanti danni causava alle anime. Predicò per ordine del Pontefice, la Crociata. All’altare, per l’interno ardore, si liquefaceva letteralmente in copiosi sudori e, dopo l’elevazione, un tremito riverenziale lo scuoteva tutto, mentre si sentivano le ossa scricchiolare ed infrangersi con Gesù eucarestia. Quando predicava si vedeva una misteriosa colomba librare sul suo capo. Nel 1270 fu chiamato a Roma dal Papa, dedicandosi alla restaurazione degli studi ecclesiastici. Morì vittima del suo zelo, il 20 marzo 1286 a Siena, durante una predica. Parlò con tale veemenza contro gli usurai, che gli si ruppe per ben due volte una vena in petto, causandone la morte repentina.

Sant’ Archippo di Colossi

Sant’Archippo, compagno e discepolo di San Paolo Apostolo, fu da questi citato nella lettera a Filemone ed in quella ai Colossesi, meritandosi così la venerazione quale santo da parte delle Chiese d’Oriente e d’Occidente nonostante la scarsità di notizie sul suo operato.

Sant' Arcil II

Figlio di Stefano Khosroid, principe di Cakheth, combatté insieme al fratello Mihr o Mirian, allora re della Georgia, gli invasori arabi che, guidati dall’emiroMurvan-Qru, nipote di Maometto, li avevano assaliti mentre erano accampati ad Anakopia. Alla morte di Mihr, privo di discendenza maschile, gli succedette Archil II. Nel quarantesimo anno di regno, gli arabi invasero nuovamente il territorio georgiano al comando di un altro discendente di Maometto: Cicum, detto anche Asim, il quale percorse gran parte della regione mettendo a ferro e fuoco i paesi che lasciava alle spalle. Per scongiurare ulteriori devastazioni Archil II decise di chiedere la pace all’invasore e porre il paese sotto la sua protezione, purché fossero risparmiate le chiese e non fossero usate le violenze messe in atto altrove per costringere i nuovi sudditi a rinnegare la fede cristiana. Ricevuto degnamente dal capo arabo, Arcil II qualche giorno dopo ricevette la promessa di doni considerevoli in cambio dell’abiura. Fermo nella fede, il re oppose ai subdoli artifici di Cicum queste chiare parole: “Dio mi preservi dall’accogliere le tue lusinghe e dal rinnegare Cristo, il Dio vivente, il vero Dio, che per redimerci è morto per noi sulla croce. Se io credessi alle tue profferte sarei condannato al tormento eterno; ma se mi ucciderai, resusciterò come il mio Dio e sarò glorificato con lui”. Adirato per il rifiuto, Cicum fece gettare Arcil in prigione per intimidirlo e aumentò l’offerta promettendogli questa volta la restituzione del regno e dei beni, la concessione di vari privilegi se avesse abbracciato la fede islamica. Ma non ottenne da parte di Arcil che un secondo rifiuto: “Non rinnegherò mai il Signore mio Dio e non baratterò mai la gloria eterna per una gloria passeggera”. Cicum ordinò quindi che gli venisse mozzata la testa: era il 20 marzo del 718, secondo alcuni, del 741 o 744, secondo altri. Con maggiore verisimiglianza gli “Annali georgiani” pongono la data del martirio di Arcil II nel 786, anno dell’invasione di Cicum (permettendo di stabilire il 736 e il 786 come limiti del periodo di governo di Arcil II). La sera prima dell’esecuzione il corpo del re martire fu prelevato dal campo arabo e sepolto in una chiesa di Notcora. La festa del santo è celebrata nell’attuale Calendario Georgiano il 20 marzo, ai primi di gennaio nel Lezionario di Gerusalemme, al giorno 8 nell’elenco dei santi georgiani inserito nel Lezionario di Parigi ed al 15 nel Calendario palestino-georgiano del X secolo.

Beato Battista Spagnoli

Nacque a Mantova il 17 aprile 1447. Entrò giovanissimo nell’Ordine Carmelitano, dedicandosi agli studi umanistici e alla teologia. Il suo genio versatile si espresse soprattutto nella poesia, con composizioni in lingua latina, al tempo molto apprezzate in tutta Europa. Esperto nelle sacre discipline, dedito al bene della Chiesa, fine diplomatico, ricoprì diversi incarichi prestigiosi anche su mandato pontificio.
La sua profonda spiritualità lo portò a riconoscere lucidamente i mali della Chiesa del tempo, e a dedicarsi alla riforma del suo Ordine. Guidò a lungo la Congregazione mantovana dei Carmelitani Osservanti, prima di essere eletto, nel 1513, priore generale. Morì a Mantova il 20 marzo 1516. Le sue spoglie sono venerate nel santuario della Beata Vergine Incoronata, annesso alla Cattedrale.


21 marzo

Sant' Agostino Zhao Rong

Morto a Sichuan in un giorno imprecisato di primavera del 1815, Agostino è il primo sacerdote cinese di cui viene attestato il martirio, Per volere di Giovanni Paolo II è venerato in un gruppo di 120, martiri in Cina tra il 1648 e il 1930, e canonizzato durante il Giubileo del 2000.

Santa Benedetta Cambiagio Frassinello

Figlia di contadini, nacque il 2 ottobre 1791, nell'entroterra genovese. Nel 1804 si trasferì a Pavia. Pur sentendosi votata alla vita religiosa accettò, per esigenze familiari, di sposare Giovan Battista Frassinello, operaio e fervente cristiano, originario di Ronco Scrivia. Non ebbero figli. Allora Benedetta, con il consenso del marito, cercò di realizzare il desiderio di consacrarsi interamente a Dio. Accolta dalle suore Orsoline di Caprioglio, nel Bresciano, dovette lasciare per motivi di salute. Rifugiatasi nella preghiera, ebbe la visione di san Girolamo Emiliani che la guarì. Mentre il marito entrò come fratello laico tra i Somaschi, lei avviò un'opera di assistenza per le fanciulle povere. Nel 1827 fondò a Pavia la prima scuola popolare. Dalle ragazze che la frequentavano prese avvio la Congregazione delle Suore di Nostra Signora delle Provvidenza. Dodici anni dopo a Ronco Scrivia nascerà la Casa della Provvidenza. Morì a Ronco Scrivia il 21 marzo 1858. È stata canonizzata da Giovanni Paolo II il 19 maggio 2002. (Avvenire)

San Berillo di Catania

Secondo la tradizione della Chiesa di Catania, Berillo, originario di Antiochia, sarebbe stato ordinato vescovo da san Pietro apostolo. Inviato in Sicilia divenne il primo vescovo della città di Sant'Agata.

Beati Commendatori di Siviglia e Cordova

Questi due Beati mercedari, uno commendatore di Siviglia, l’altro commendatore di Cordova, diedero esempio di vita giusta confessando la fede cristiana. Predicarono il vangelo di Cristo in Marocco e liberarono 215 schiavi dalla dura prigionia dei saraceni. Anche se si ignorano i loro nomi, tuttavia essi sono scritti nel libro della vita. L’Ordine li festeggia il 21 marzo.

Sant' Elia

Sant’Elia è ritenuto dalla tradizione locale novarese il successore di San Giulio nell’opera di evangelizzazione delle terre cusiane. Secondo la Vita di San Giulio egli avrebbe dato sepoltura al giovane senatore Audenzio, che i famigliari vollero deposto presso la tomba del santo, e si dedicò alla cura della chiesa edificata da Giulio stesso. In seguito, Elia fu ritenuto il secondo vescovo di Sion vissuto agli inizi del secolo V che, per ignoti motivi, lasciata la sua sede episcopale, si sarebbe recato a soggiornare come sacerdote o eremita presso l’isola di Orta. Non è possibile stabilire su quali basi è stata proposta una simile identificazione, non presente nelle più antiche recensioni del racconto della vita di Giulio e per ora non suffragata da alcuna testimonianza storica attendibile. Elia è raffigurato nell’arte locale con abiti marroni, quasi monacali, simili a quelli con cui è ritratto San Giulio, come nell’affresco del XV secolo, visibile sulla parete sinistra della basilica dell’isola, che ricorda l’incontro tra i due santi. Unico riferimento alla sua presunta esperienza episcopale è la mitria, recata da un angelo, accanto al busto reliquiario settecentesco posto in una nicchia del coro. I presunti resti del santo, rinvenuti nel 1697 in una sepoltura individuata sul pavimento della chiesa, vennero successivamente collocati all’interno dell’altare marmoreo della cripta, accanto a quelli degli altri santi dell’isola, ove tutt’ora riposano. Il giorno per il ricordo di Elia era diversamente assegnato dagli antichi calendari al 21 marzo o al 13 aprile.

Sant' Endeus (o Enna o Enda) di Aran

Enna (o Enda o Endeus) è il patriarca del monachesimo irlandese. A lui, vissuto nel VI secolo, si deve infatti la fondazione del primo vero monastero. Fu un'isola nell'isola. Enna, infatti, ottenne dal re Oengus la selvaggia isola di Aran, nella baia di Gallway. Qui costruì il monastero di Killeaney. Prima aveva edificato una chiesa a Drogheda e un'altra comunità. Secondo la leggenda era un soldato, convertito dalla sorella, santa Fanchea. Fu sepolto nella chiesa a lui dedicata a Inishmore. (Avvenire)


22 marzo

Beato Antonio Cocq

Antonio Coq, nacque ad Avigliana, da una nobile famiglia, antenata di CamilloBenso, conte di Cavour. Entrò nella Grande Chartreuse di Grenoble, dove fece la suaprofessione religiosa e fu ordinato sacerdote.Venne trasferito alla Certosa di Pesio, per sottrarlo alla popolarità ognor crescente.Nel silenzio dell’alta montagna trascorre il resto della vita, in preghiera e scrivendoopere ascetiche. Compose pure uno studio sulla Certosa, poi andato perso.Sia per la sua casata sia per la sua fama di dottrina e santità, ebbe corrispondenzacon i duchi di Savoia e con lo stesso re di Francia. Dedicò un trattato sul libro diGiobbe a Jolante sorella del re e madre dei principi di Savoia Filiberto e Carlo.Ospitò alla Certosa Luigi, figlio di Carlo VII; gli predisse la riconciliazione con il padree la sua ascesa al trono. Infatti nel 1461 salì al trono con il titolo di Luigi XI e fu famosoper essere riuscito a riunire sotto il dominio della corona la maggior parte del territoriofrancese.Quando Carlo VIII scese in Italia, gli venne consegnato il Libro delle profezie diCocq.Anche alla Chiusa Pesio, Antonio ebbe fama di santità per la fede, il distacco dalmondo, l’amore al silenzio e alla preghiera contemplativa.Morì il 22 marzo 1458.

San Basilio di Ancira

Il presbitero martire San Basilio di Ancira durante il regno dell'imperatore Costanzo si oppose agli ariani con ogni energia; poi sotto l’imperatore Giuliano invocò Dio affinché nessuno dei cristiani abbandonasse la fede, e fu per questo arrestato e consegnato al governatore della provincia: dopo non pochi tormenti portò così a compimento il suo martirio.

Beata Vergine Addolorata di Castelpetroso

La Beata Vergine, che certamente accompagna la Chiesa e la cristianità nei secoli, sin da quando l’umanità le fu affidata da Gesù Cristo sulla Croce, indicando lei come madre degli uomini, è apparsa tante volte, in posti, tempi e modalità diverse, sempre a sollecitare la speranza e la fede nel suo Divino Figlio. Le Apparizioni più conosciute e riconosciute tali dalla Chiesa, sono: quella di Caravaggio nel 1432, alla contadina Giovannetta de’ Vacchi; quella di Guadalupe in Messico all’indio s. Juan Diego nel 1548; quella del 1830 a Parigi, alla suora Figlia della Carità, s. Caterina Labouré; quella di La Salette in Francia nel settembre 1846, ai due pastorelli Maximin Giraud e Mélanie Calvat; quella di Lourdes nel 1858 all’umile santa Bernadetta Soubirous; quella di Fatima nel 1917 ai tre pastorelli Lucia dos Santos, Giacinta e Francesco Marto. A queste bisogna aggiungere l’apparizione della Madonna del 22 marzo 1888, ripetutasi anche il 1° aprile in una zona impervia del Comune di Castelpetroso (Isernia) nel Molise Anche questa volta, come in tutte le altre apparizioni, la Vergine si rivela a delle persone umili, che in questo caso furono due contadine del paese suddetto, Bibiana Cicchino e Serafina Valentino. Raccontiamo in breve l’evento; le due contadine Bibiana di 35 anni e Serafina di 34, nubili, il 22 marzo 1888 si trovano sul fianco del Monte Patalecchia, nella piccola e sperduta frazione ‘Cesa tra Santi’, del piccolo e pittoresco paese di Castelpetroso, arroccato su un colle roccioso ad 872 m. sul livello del mare, fra i bacini dei fiumi Biferno e Volturno; sono alla ricerca di un agnellino, disperso mentre loro erano occupate a zappare un pezzo di terra, quando Bibiana viene attirata da uno sfolgorio che proviene da una grotta, avvicinatosi vede da una fenditura, con stupore una visione celeste; la Vergine semi inginocchiata, con le mani allargate e gli occhi rivolti al cielo, sta in atteggiamento d’implorazione e di offerta, ai suoi piedi giace Gesù morto, steso e coperto di sangue e piaghe. Serafina invece non vede nulla, ma dieci giorni dopo, il 1° aprile festa di Pasqua, ritornate sul luogo, l’apparizione si ripete e questa volta anche Serafina può vederla. La Vergine non parla né lascia messaggi. La notizia dell’apparizione si diffonde subito in Castelpetroso e man mano in tutti i paesi e regioni vicine, provocando l’affluire di folle di pellegrini commossi, diretti alla grotta di ‘Cesa tra Santi’. Non bisogna dimenticare che pochi decenni prima, la Madonna era apparsa a La Salette a due pastorelli e a Lourdes, suscitando nel mondo cattolico dell’Ottocento, una grande emozione e tanto fervore e risveglio spirituale, che dura tuttora. Ora avveniva anche nel povero e montuoso Molise e già pochi giorni dopo a ‘Cesa tra Santi’, in un solo giorno, arrivarono circa 4.000 pellegrini, più del doppio degli abitanti di Castelpetroso. La Chiesa non poteva non essere coinvolta e informato dei fatti, il vescovo di Bojano, nella cui diocesi ricadeva Castelpetroso, mise subito sotto il controllo ecclesiastico il luogo delle apparizioni, e nello stesso tempo indisse una prima istruttoria, onde effettuare indagini sulle presunte apparizioni. Qualche mese dopo, lo stesso papa Leone XIII, lo incaricò di effettuare una ricognizione alla grotta delle Apparizioni, per conto della Santa Sede e così il 26 settembre 1888 il vescovo mons. Francesco Palmieri, si recò alla grotta e raccoltasi in preghiera, anch’egli ebbe la grazia di vedere la Vergine nella posa descritta dalle due contadine. La sua successiva relazione, esclude fenomeni d’isterismo o di illusione, ed accetta le Apparizioni come fenomeni di un disegno divino. La stampa dell’epoca, diede ampio risalto ai fenomeni di Castelpetroso, prima fra tutti la rivista mariana: “Il Servo di Maria” di Bologna, che continuò anche in seguito ad interessarsi sulle novità che si registravano nel Molise. Anzi il direttore della rivista, Carlo Acquaderni, (fratello di Giovanni Acquaderni, fondatore nel 1867 dell’Azione Cattolica maschile) nel novembre del 1888 si recò alla rupe benedetta, insieme al figlio Augusto, irrimediabilmente condannato a morire per la tubercolosi ossea, allora incurabile; con la fede del padre disperato, aveva la speranza di una guarigione miracolosa e il suo desiderio, avvalorato da una fede sincera, salda, vera, venne esaudito e Augusto guarì miracolosamente, dopo che ambedue videro dalla solita crepa della roccia, la stessa visione all’interno della grotta e dopo aver bevuto l’acqua sgorgata da una piccola polla, nei pressi della rupe, dopo le prime Apparizioni. Da quel giorno Carlo Acquaderni diventò l’alfiere ed il promotore, in sintonia con il vescovo Palmieri, di fare erigere una cappella o un oratorio sul luogo sacro. Negli anni successivi, altre persone influenti o semplici fedeli, poterono vedere la stessa Apparizione, dalla fenditura sovrastante la grotta, sempre avvolta all’interno da una luce sfolgorante. Il papa informato dal vescovo, approvò l’idea e il direttore attraverso la sua rivista, cominciò un’opera d’informazione, sensibilizzazione, raccolta di fondi, per la costruzione di un Santuario e già nel febbraio 1890 l’ing. Francesco Gualandi di Bologna, avuto l’incarico, consegnò il progetto ed i disegni del nuovo Tempio. Data l’asperità del luogo, non facilmente accessibile, si decise di costruire il Santuario un po’ più giù, verso la base del monte; la prima pietra fu posta il 28 settembre 1890, dal vescovo Francesco Palmieri, alla presenza di circa 30.000 fedeli, in un’atmosfera d’intensa fede e di gioia. Sul luogo delle Apparizioni, invece nel 1948 fu eretta una cappella in pietra, che sostituì l’originaria costruzione in legno. Il Santuario dell’Addolorata fu costruito con le offerte dei fedeli, il grande impegno architettonico dell’opera, la povertà della zona e della diocesi, fece sì che per la costruzione si alternarono tempi di intenso e veloce lavoro e altri di interruzione e crisi economica. Ma la Provvidenza ha messo il Suo intervento e sia pur impiegando più di 80 anni, il Santuario si poté considerare finito e quindi consacrato il 21 settembre 1975. Intanto il 6 dicembre 1973, papa Paolo VI con un suo decreto, aveva proclamata la Vergine Addolorata di Castelpetroso, celeste Patrona del Molise. Il Santuario che si staglia sul fianco del monte Patalecchia, a 8oo mt. sul livello del mare, è magnifico nella struttura e nel suo apparire isolato tutto in pietra bianca locale, specie per chi proviene dalla Statale che da Isernia conduce a Campobasso e oltre. La pianta del Tempio, simboleggia un cuore (parte centrale) trafitto dalle sette spade dei dolori di Maria, rappresentate dalle sette cappelle poste a raggiera; lo stile è neogotico e tutto, esterno ed interno, invita al raccoglimento; nella Cappella maggiore vi è il trono dell’Addolorata con Gesù morto, nell’atteggiamento visto nelle Apparizioni, che è quello del dolore corredentivo di Maria, la sofferenza che le lacera il cuore e la sua offerta di madre sublime ed eroica. La cupola, le guglie, i campanili, gli archi, i mosaici, le vetrate, l’organo, i marmi pregiati e poi la statua in bronzo riproducente l’Apparizione, la grande Croce monumentale di sette metri, la recente scultorea “Via Matris”, è tutto un inno artistico in omaggio alla Vergine, che pur tacendo, con la sua posizione di offerta al Padre del suo Figlio, ha detto più che se avesse parlato. Del resto queste sue Apparizioni silenziose di Castelpetroso, possono essere associate al fenomeno prodigioso delle lacrime versate dalla statuetta di Siracusa nel 1953; un modo diverso di dimostrare il dolore di Maria, per i peccati del mondo e quindi della necessità della Redenzione, tramite il sacrificio salvifico di Gesù e del suo Cuore di madre. Bisogna dire che le raffigurazioni dell’Addolorata nell’arte e nella devozione popolare, sono state sempre in abito scuro rappresentante il lutto, il sorreggere in grembo Gesù morto, per simboleggiare il dolore straziante materno, il cuore trafitto dalla spada, profetizzato da Simeone al Tempio ebraico; ma qui a Castelpetroso, Maria è apparsa in atteggiamento regale di maternità sacerdotale, semi inginocchiata senza stringere il Figlio morto, ma con le braccia aperte e lo sguardo rivolto in alto, ella offre Gesù al Padre, quale vittima di espiazione per i peccati umani. Il 19 marzo 1995 papa Giovanni Paolo II, ha visitato il Santuario e reso omaggio alla Vergine Addolorata, della quale è tanto devoto; la realizzazione della prima cappella, fu offerta negli anni Cinquanta, dai fedeli della diocesi di Cracovia. La sua presenza ha dato una conferma certa, dopo più di un secolo, alla meravigliosa Apparizione e al suo silenzioso messaggio. Dal febbraio 1993, il Santuario è affidato alle cure pastorali, liturgiche e della stampa di un periodico, a due giovani Comunità religiose, scaturite dal secolare albero francescano: i Francescani e le Francescane dell’Immacolata, fondate da padre Stefano Manelli negli anni Ottanta; mentre le opere assistenziali per i pellegrini, e l’orfanotrofio, sorte attorno al Santuario, sono affidate alle ‘Piccole Discepole’ di Marino (Roma).

San Benvenuto Scotivoli

Nacque ad Ancona intorno al 1188 dalla nobile famiglia degli Scotivoli; durante gli studi a Bologna, fu amico dell’osimano san Silvestro. Molto stimato da Urbano IV, fu da lui mandato a Osimo con lo scopo di rimettere ordine e pace nella città, che aveva trascorso un periodo di turbolenze e di ribellione e per questo aveva anche perduto la sede vescovile. Prima di essere ordinato vescovo volle vestire l’abito francescano. Nel suo ministero fu energico e insieme magnanimo nel perdono. Dovette subire persecuzione anche da alcuni monaci non disposti ad accettare la sua lotta contro gli abusi. Distribuì ai poveri ogni suo avere. Morì ad Osimo il 22 marzo 1282. È sepolto nella cripta della cattedrale. L’ospedale di Osimo è anche oggi chiamato “Ss. Benvenuto e Rocco”. Si conserva, nel Museo diocesano ad Osimo, il “Protocollo di san Benvenuto”, una raccolta di pergamene in cui sono scritti i suoi atti di governo, insieme ad alcuni atti dei suoi successori.

Santi Callinico e Basilissa

Santi CALLINICO e BASILISSA, martiri in GALAZIA Nei menologi greci la forma del primo nome è ora maschile (22 marzo nel Menologio di Basilio), ora femminile (26 marzo, recensione seguita dal Martirologio Romano che, il 22 marzo, ricorda il «natalis sanctarum martyrum Callinicae et Basilissae»). La forma maschile è quella esatta. Callinico, un cristiano di Galazia del III sec., visitava i martiri imprigionati recando loro i soccorsi elargiti dalla ricca Basilissa; costretto a confessare la propria fede, fu incarcerato con Basilissa e con lei subì il martirio sotto l'imperatore Decio.

Beato Clemente Augusto von Galen

Il cardinale Clemente Augusto von Galen fu profeta di speranza in tempi dolorosi per il popolo tedesco. Dopo aver svolto per diversi anni il ministero parrocchiale, venne nominato vescovo di Münster nel 1933. Riprodusse tra il clero e il popolo l'immagine evangelica del buon Pastore. Lottò apertamente contro gli errori del nazionalsocialismo e contro la violazione dei diritti dell'uomo e della Chiesa. Per il suo coraggio è stato chiamato


23 marzo

San Turibio de Mogrovejo

Turibio de Mogrovejo (1538-1606) fu chiamato all'episcopato da laico, mentre era giurista all'Università di Salamanca e alla corte di Filippo II di Spagna. Su richiesta di questi Gregorio XIII nel 1580 lo inviò a Lima, in Perù. Aveva 42 anni. Giunse alla sede l'anno dopo e iniziò subito un'intensa attività missionaria. Nei suoi 25 anni di episcopato organizzò la Chiesa peruviana in otto diocesi e indisse dieci sinodi diocesani e tre provinciali. Nel 1591 a Lima sorgeva per sua volontà il primo seminario del continente americano. Incentivò la cura parrocchiale anche da parte dei religiosi e fu molto severo con i sacerdoti proni ai conquistadores. Fu, infatti, strenuo difensore degli indios. Morì tra loro in una sperduta cappellina al nord del Paese. E' santo dal 1726.

Beata Annunciata Cocchetti

Nata a Rovato (Bs) il 9 maggio 1800, Annunciata rimase orfana dei genitori a sette anni. A 17 anni aprì nella sua casa una scuola per le fanciulle povere del paese. A 22 anni divenne la prima insegnante della scuola femminile di Rovato. Alla morte della nonna, che l'aveva allevata, passò sei anni a Milano. Nel 1831 andò a Cemmo in Valcamonica dove si trovava una scuola aperta da Erminia Panzerini, che fin dal 1821 la gestiva secondo lo spirito dell'Opera di Santa Dorotea. Annunciata vi prestò la sua opera di maestra per dieci anni. Alla morte della Panzerini nel 1842 si trasferì a Venezia divenendo una suore dorotea. Nell'ottobre dello stesso anno ritornò a Cemmo con altre due religiose e nel 1843 emise i voti. Per 40 anni si dedicò all'apostolato nella Valcamonica. Nel 1853 aprì a Cemmo un noviziato proprio, sviluppandolo in modo autonomo e diffondendosi anche fuori d'Italia. Morì il 23 marzo 1882. È stata beatificata il 21 aprile 1991. (Avvenire)

San Benedetto

Le poche notizie che si hanno su di lui provengono da s. Gregorio Magno, che afferma di averle ricevute da un vecchio monaco, suo fa­miliare. Benedetto sarebbe vissuto al tempo di Totila (+ 552), i cui soldati tentarono, senza riuscirvi, di bruciarlo, prima dentro la sua cella, poi in un forno ardente. È ricordato il 23 o 31 marzo, ma mancano segni di un culto verso di lui.

Beato Bernardino da Apricena

Il beato Bernardino da Apricena (Foggia) è stato un sacerdote francescano. Della sua vita non sappiamo nulla. La tradizione ci ricorda che fu famoso per le sue prediche e per la sua vita frugale. Si ritiene che morì, intorno al 1520 nei pressi del convento di San Bernardino presso San Severo (Foggia). Alcuni studiosi affermano contestano la data della sua morte: “Nel secolo XVI, come riporta lo stesso Gonzaga, il convento ospitava fino a dodici frati e tra questi sono ricordati due beati, p. Bernardino da Apricena, morto verso il 1504, e f. Antonio da Ripa, defunto verso il 1514, sepolti nella chiesa di S. Bernardino, ove sono anche le spoglie di p. Angelo da Ischitella e di f. Francesco da Lacedonia”. Anche sul luogo della sua sepoltura esiste un racconto. “Secondo un’antica tradizione, S. Bernardino abitò in persona il luogo dove sorse la chiesa e il convento, di San Matteo, nel cui chiostro piantò un melograno. Egli vi creò una ricca farmacia pubblica (o spezieria) con infermeria mantenuta dal Monte di Pietà. La chiesa venne costruita unitamente al vasto monastero dei Frati Minori verso il 1452. Tra il 1455 e il 1468 vennero redatte in questo convento alcune regole dell’Ordine. Nel 1500 furono sepolti in questa chiesa i corpi dei due beati, padre Bernardino da Apricena e frate Antonio da Ripa”. Nel Martirologio francescano la sua festa è stata fisata nel giorno 23 marzo.

Santi Domezio, Pelagia, Aquila, Eparchio e Teodosia

Il Menologio bizantino edito per ordine dell'imperatore Basilio TI così afferma: "Dometius Christi martyr, tyrannidem exercente Juliano Apostata, fuit e Phrygia oriundus". Il Martirologio Romano, che ricorda Domezio al 23 marzo, lascia vagamente intendere che il suo martirio avvenne in Cesarea di Palestina. Egli stesso avrebbe provocato il proprio arresto, attaccando gli errori del paganesimo in una pubblica riunione in onore degli dei. Ebbe prigione, tortura, decapitazione. Altre fonti agiografiche bizantine aggiungono a Domezio dei compagni, che nel Martirologio Romano sono elencati nella seguente successione: Pelagia, Aquila, Eparchio, Teodosia; ma tale elenco, con l'aiuto della lezione dei sinassari, è da emendare così: Pelagia, Aquila " eparca " (non, dunque, nome di persona, Eparchio, ma di autorità e dignità, come governatore) e Teodosio (non Teodosia). E’ da tener presente che un Domezio è ricordato nel Martirologio Romano anche al 7 agosto, ma è diverso dal nostro: costui, infatti, è frigio di origine, mentre l'altro è persiano.

Beato Edmondo Sykes


24 marzo

Sant' Aldemaro di Bucchianico

Benedettino, originario di Capua, dopo essere stato per alcuni anni monaco a Montecassino, fu nominato, benché ancora diacono, rettore del monastero di San Lorenzo di Capua, edificato dalla principessa Aloara, vedova di Pandolfo Testa di Ferro, verso il 982. La fama di santità e i miracoli che vi compì indussero l'abate Aligerno (949-86) a richiamarlo a Montecassino. Nacque allora una grossa lite tra la principessa e l'abate, per troncar la quale Aldemaro fuggì a Boviano. Qui operò ancora miracoli: tra l’altro guarì un canonico da grave malatt1a; sfuggì miracolosamente all’attentato di un tale, irritato per una donazione di terre fatta dal fratello al Santo. Più tardi fu ordinato sacerdote. Fondò il monastero di S. Eufemia in Bucchianico di cui fu abate. Passò poi per vari luoghi della diocesi di Chieti costruendo altri monasteri ed evangelizzando il popolo. Mentre si trovava in visita ad uno dei monasteri da lui fondati, fu colpito da febbre nei pressi del paese di S. Martina. Qui morì sulla fine del sec. X o i primi anni dell’XI. Il suo corpo fu sepolto a Bucchianico. La festa si celebra il 24 marzo. Il suo nome manca nel Martirologio Romano.

San Bernolfo

Le fonti relative alla vita di San Bernolfo, presunto vescovo della diocesi piemontese di Mondovì, sono assai scarse e sono principalmente di carattere cultuale. Nel 1514, durante la consacrazione dell’altare maggiore della cattedrale, il vescovo Lorenzo Fieschi ricordava di aver ivi collocato le reliquie di San Donato, cui l’edificio era dedicato, e di San Bernolfo martire. La tradizione che sembra essere scaturita da questa deposizione, fece del santo un vescovo della città, ucciso nel corso di una delle tante scorrerie saracene avvenute nel Piemonte sud occidentale nel corso del IX - X secolo. Il culto che venne riservato a questo sconosciuto santo, era incentrato in una cappella eretta in località Priola, nei presi della casina Saracina, non lontano da Mondovì. Tale edificio, eretto sul presunto luogo del martirio di Bernolfo, conteneva una pittura, forse del XIII secolo, che ne raffigurava la morte per scorticamento e vi era anche venerata una statua lignea che lo ritraeva con paramenti vescovili. Nella cattedrale più non esiste la cappella che una nobile famiglia monregalese aveva fatto edificare in suo onore e l’unica testimonianza di un culto verso il santo è costituita da un reliquiario in argento che ne conserverebbe il capo. Sulla base di queste scarse notizie non è facile ricostruire la vera identità di Bernolfo, né stabilire con maggior precisione l’epoca e le circostanze del suo eventuale martirio. Forse egli fu un cristiano che subì persecuzioni o venne ucciso durante la dominazione saracena, la cui memoria venne successivamente codificata all’interno della ricordata identificazione con un presule locale. Si potrebbe anche ritenere che Bernolfo sia stato un martire di qualche altra sconosciuta località italiana, le cui reliquie, come avvenne, nel 1488, per il patrono San Donato vescovo e martire di Arezzo, furono traslate a Mondovì. La sua festa liturgica è celebrata il 24 marzo.

Beata Bertrada di Laon

Tanto è celebre il figlio, tanto è caduta nell’oblio della storia la madre. Trattasi della Beata Bertrada (o Berta) di Laon, madre dell’imperatore San Carlo Magno. Nata nel 726, sposa dunque di Pipino il Breve, fu regina dei Franchi. Morì il 12 luglio 783 e venne inumata a Saint-Denis, ove la sua tomba, fatta restaurare dal re francese San Luigi IX, porta come unica iscrizione “Berta, mater Caroli Magni”. Gli storici dicono che il grande imperatore nutrisse nei confronti di sua madre una tenerezza rispettosa e che ascoltassi i suoi consigli con una certa deferenza. Nulla di certo sappiamo circa le esatte origini di Bertrada: secondo alcuni era figlia di Cariberto, conte di Laon, mentre altri la riterrebbero addirittura figlia di un imperatore di Costantinopoli. E’ però risaputo come i re franchi si preocupassero poco delle origini più o meno illustri delle loro spose e nessuno si è mai occupato di scoprire verosimilmente donde venisse la regina Berta, visto che anche l’antica poesia eroica e varie leggende tralasciarono la questione. Il suo culto quale “beata” ha carattere prettamente locale. Talvolta è nota come “Berta La Pia”. E’ considerata patrona delle filatrici. La sua festa ricorre al 24 marzo.

Santa Caterina di Svezia

L'etimologia del nome «Caterina» attinge al greco «donna pura». Tale fu Catarina Ulfsdotter, meglio conosciuta come Caterina di Svezia, secondogenita degli otto figli di santa Brigida, la grande mistica svedese che ha segnato profondamente la storia, la vita e la letteratura del Paese scandinavo. Nata nel 1331, in giovanissima età Caterina sposò Edgar von Kyren, nobile di discendenza ma soprattutto d'animo: questi non solo acconsentì al desiderio della ragazza di osservare il voto di continenza, ma si legò addirittura allo stesso voto. A 19 anni Caterina raggiunse la madre a Roma, dove partecipò alla sua intensa vita religiosa e ai suoi pellegrinaggi. Alla morte di Brigida, Caterina ne riportò in patria la salma e, nel 1375, entrò nel monastero di Vadstena. Nel 1380 venne eletta badessa; morì il 24 marzo 1381.

Beato Diego Giuseppe (Francesco Giuseppe) López-Caamaño da Cadice

Nacque il 30 marzo 1743 a Cadice da José Lopez-Caamabo e García Pérez de Rendón de Burgos, ambedue di illustre casato. Rimasto orfano di madre a nove anni, fu ammesso nel noviziato dei Cappuccini di Siviglia, dove emise la professione religiosa il 31 marzo 1759 e, dopo sette anni fu ordinato sacerdote a Carmona. Lavorò costantemente per diffondere la fede, appoggiando la crociata contro i rivoluzionari francesi. Ne rimane come testimonianza la sua opera «El Soldado Católico en guerra de religión», indirizzata in forma di lettera-al cugino Antonio Jiménez y Caamado, arruolatosi come volontario. Propagatore della devozione alla Santissima Trinità e alla Madonna, particolarmente sotto il titolo di Madre del Divin Pastore, fu eletto consultore e teologo di varie diocesi, canonico onorario in molti capitoli cattedrali, socio di università e istituti culturali. Si spense a Ronda (Málaga) il 24 marzo 1801. Leone XIII lo proclamò beato nel 1894. Della sua feconda produzione letteraria, d'interesse apologetico e teologico, oltre che storico e oratorio, alcune opere sono state edite in Spagna. (Avvenire)

Beato Giovanni dal Bastone

Nacque a Paterno nei pressi di Fabriano, nelle Marche, all'inizio del sec. XIII. Mandato a studiare a Bologna, fu colpito da una piaga alla gamba che lo rese zoppo per tutta la vita e lo costrinse a fare costantemente uso di un bastone donde trasse l'appellativo. Verso il 1230 entrò nella Congregazione monastica da poco fondata da S. Silvestro. Visse per 60 anni in una piccola cella dell'Eremo di Montefano, distinguendosi per l'amore al nascondimento, per la prudenza e per l'illuminato consiglio. Morì il 24 marzo 1290 e venne tumulato nella cripta della chiesa di S. Benedetto in Fabriano, dove tuttora riposa. Nel 1772 Clemente XIV ne approvò il culto, iscrivendolo nell'albo dei Beati.


25 marzo

Annunciazione del Signore

Festa del Signore, l'Annunciazione inaugura l'evento in cui il figlio di Dio si fa carne per consumare il suo sacrificio redentivo in obbedienza al Padre e per essere il primo dei risorti. La Chiesa, come Maria, si associa all'obbedienza del Cristo, vivendo sacramentalmente nella fede il significato pasquale della annunciazione. Maria è la figlia di Sion che, a coronamento della lunga attesa, accoglie con il suo 'Fiat' e concepisce per opera dello Spirito santo il Salvatore. In lei Vergine e Madre il popolo della promessa diventa il nuovo Israele, Chiesa di Cristo. I nove mesi tra la concezione e la nascita del Salvatore spiegano la data odierna rispetto alla solennità del 25 dicembre. Calcoli eruditi e considerazioni mistiche fissavano ugualmente al 25 marzo l'evento della prima creazione e della rinnovazione del mondo nella Pasqua. (Mess. Rom.)

Beato Andrea Laurenzo

Fiorì al principio del sec. XVI e da alcuni storici dell'Ordine è chiamato beato. Visse da perfetto religioso ed ebbe il dono della profezia.
Il Pirro lo ricorda con queste parole: "fuit omnium virtutum genere ornatissimus, sui obitus diem atque imminentem ruinam quibusdam fossoribus qui, sub ripa, suam navabant operam certissime praedixit." (Fu ornato di ogni virtù, predisse la rovina di una rupe sotto cui lavoravano gli operai (salvandoli) e il giorno della sua morte). Mori nel 1562 secondo il Caruso e Alimena. Nel martirologio francescano è ricordato il 25 marzo come beato.

Beato Andrea Zadeja

Don Ndre Zadeja, sacerdote della diocesi di Scutari, esercitò il ministero in vari paesini albanesi, ma fu più noto come poeta e autore di drammi storici. Arrestato il 3 febbraio 1945 per aver impartito l’ultima assoluzione a un condannato a morte, venne imprigionato e, il 25 marzo seguente, fucilato con altri tredici detenuti. Compreso nell’elenco dei 38 martiri albanesi capeggiati da monsignor Vinçenc Prennushi, è stato beatificato a Scutari il 5 novembre 2016.

Annunciazione del Signore

Festa del Signore, l'Annunciazione inaugura l'evento in cui il figlio di Dio si fa carne per consumare il suo sacrificio redentivo in obbedienza al Padre e per essere il primo dei risorti. La Chiesa, come Maria, si associa all'obbedienza del Cristo, vivendo sacramentalmente nella fede il significato pasquale della annunciazione. Maria è la figlia di Sion che, a coronamento della lunga attesa, accoglie con il suo 'Fiat' e concepisce per opera dello Spirito santo il Salvatore. In lei Vergine e Madre il popolo della promessa diventa il nuovo Israele, Chiesa di Cristo. I nove mesi tra la concezione e la nascita del Salvatore spiegano la data odierna rispetto alla solennità del 25 dicembre. Calcoli eruditi e considerazioni mistiche fissavano ugualmente al 25 marzo l'evento della prima creazione e della rinnovazione del mondo nella Pasqua. (Mess. Rom.)

Beato Arnaldo de Amer

Appartenente alla famiglia di San Pietro de Amer, il Beato Arnaldo si distinse nel convento di Santa Maria degli Angeli di El Puig (Spagna), per i tanti meriti e perseveranza nella preghiera e digiuni. Il 29 settembre del 1301 venne eletto Maestro Generale dell’Ordine Mercedario con l’appoggio di Re Giacomo II° il quale chiese conferma dell’elezione a papa Bonifacio VIII°, fu inviato in seguito dal Re d’Aragona a trattare una questione di pace. Come redentore liberò 223 schiavi dalle carceri dei pagani e visitò tutti i conventi di Castiglia. Morì santamente nel 1308.
L’Ordine lo festeggia il 25 marzo.

Sant' Aroldo di Gloucester

Sant’Aroldo è uno dei numerosi fanciulli presunti vittime dell’omicidio rituale perpetrado dagli ebrei in odio alla fede cristiana. Numerosi altri suoi emuli sono venerati localmente, fra i quali Varnerio (Werner) di Oberwesel, Simonino di Trento, Rodolfo di Berna, Michele de' Giacobi, Giovannino Costa da Volpedo, Sebastiano da Porto Buffole, Lorenzino Sossio da Marostica, Domenico Del Val, Cristoforo della Guardia, Guglielmo di Norwich, Riccardo di Pontoise, Ugo di Lincoln, Simonino di Vilna, Andrea di Rinn, Corrado Scolaro di Weissensee, Enrico di Monaco, Luigi Von Bruck, Michele di Suppenfeld, Giovanni di Witow, Elisabetta di Punia, Mattia Tillich, Rodberto di Parigi.


26 marzo

Santi Baronto (Baronzio) e Desiderio

BARONTO (BARONZIO) e DESIDERIO, eremiti a PISTOIA, santi. Il Baronio introdusse al 25 marzo, nel Martirologio Romano, la celebrazione di Baronto e Desiderio, fondandosi su Atti della Chiesa di Pistoia. In questo testo, redatto da un monaco italiano tra il sec. XI e il XII e pubblicato dai Bollandisti, Baronto è identificato con l'omonimo monaco di Longoreto, che, dopo aver compiuto la penitenza impostagli da san Pietro e aver visitato le tombe degli apostoli, avrebbe deciso di abbracciare la vita eremitica, fissandosi sul monte Albano, presso Pistoia. Questo racconto, accettato per molto tempo senza critica alcuna, è però ben poco attendibile, dal momento che, nella tradizione di Baronto di Longoreto, non si accenna affatto a un viaggio in Italia del santo. E' sembrato quindi giusto e opportuno scindere le due figure e le loro vicende, indubbiamente confuse. La fama di santità di un eremita, di nome Baronto, e stabilitosi sul monte Albano nel corso del sec. VII, indusse cinque giovani a unirsi a lui nelle penitenze, e tra essi si distinse per fervore religioso Desiderio. Morto alla fine del sec. VII, Baronto fu sepolto nell'oratorio, che aveva costruito presso la sua cella, e, sulla sua tomba che il popolo non aveva mai cessato di venerare, Restaldo, vescovo di Pistoia (1012-1023), fece erigere un monastero benedettino a lui dedicato. Il monastero di San Baronto, in cui erano state trasferite le reliquie di Baronto assieme a quelle di Desiderio e degli altri eremiti, presso cui nel 1107 era sorto un ospedale, nel sec. XV fu dato in commenda e nel 1577 fu unito alla abbazia di Santa Maria di Firenze della Congregazione cassinese.

San Bercario

Nato in Aquitania verso il 620, figlioccio di san Nivardo, Bercario (Bercherio), avuta una prima formazione alla scuola di san Remaclo, abbracciò la vita monastica sotto la regola di san Colombano, nell'abbazia di Luxeuil, al tempo dell'abate san Valberto. Nivardo, divenuto vescovo di Reims, gli affidò la fondazione di Hautvillers (Marna), di cui Bercario fu il primo abate e dove elaborò una regola che era una sintesi delle regole di san Colombano e di san Benedetto. Vi eresse degli edifici claustrali e due chiese, dedicate rispettivamente all'apostolo Pietro e alla Vergine Maria. Poco dopo il 673 egli fondò nella regione del Der un monastero di vergini, che popolò di schiave riscattate (Puellemontier, Alta Marna), e poi, poco lontano, eresse un'abbazia di uomini (Montier-en-Der), di cui si pose alla testa, abbandonando la direzione di Hautvillers, e che divenne rapidamente celebre e prosperosa. È possibile che Bercario donasse ad essa i beni di famiglia, che possedeva a sud della Loira. Dedicò la chiesa abbaziale ai santi apostoli Pietro e Paolo e fece i pellegrinaggi a Roma e in Terrasanta, da cui portò preziose reliquie. Da Roma portò fra l'altro il famoso dittico in avorio, di cui una tavoletta è presentemente conservata a Parigi (Museo di Cluny) e l'altra a Londra (Museo di South Kensington). Un monaco, Daguino, che pure era stato suo figlioccio, messo fuori da Bercario per una punizione che gli era stata inflitta, pugnalò l'abate il giovedì santo di un anno che non può essere che il 685 o, più probabilmente ancora, il 696. L'abate perdonò magnanimamente il suo feritore e morì tre giorni dopo, la mattina di Pasqua. Fu considerato martire e onorato con questo titolo non solo nella sua abbazia, ma anche nelle diocesi di Troyes, Reims, Châlons-sur-Marne e Langres. Dinanzi alla minaccia delle invasioni normanne del sec. IX, i monaci trasportarono le reliquie di Bercario in Borgogna, ma le riportarono poi a Der nel 924. Intanto, una parte cospicua del capo di Bercario era conservata nell'antica chiesa collegiale di Châteauvillain (Alta Marna), che era dedicata all'abate martire: questa reliquia purtroppo disparve, come la stessa chiesa, durante la Rivoluzione francese. La festa di Bercario si celebra il 27 marzo (depositio) e il 14 o 16 ottobre (translatio). Quest'ultima data è oggi quella del Martirologio Romano e dei Propri di Langres, Châlons e Troyes. Reims ha fissato la festa al 13 marzo. In piena campagna, non lontano da Montier-en-Der, si trova un'antichissima cappella dedicata a Bercario. In un Messale (ms. dell'abbazia) datato del sec. XIV e attualmente a Parigi (Bibl. Mazarine, ms. 740), alcune miniature rappresentano episodi della storia del santo.

San Bertilone di Langres

San Bertillone (Bertilon) è un abate della diocesi di Langres vissuto nel IX secolo. Nella lista ufficiale degli abati figura al ventottesimo morto intorno all’anno 888, è ricordato come il riformatore dell’abbazia e il restauratore della prima basilica. L’abbazia di San Benigno di Digione è un'antica abbazia di monaci benedettini si stabilì nel IX secolo al servizio della cattedrale di san Begnigno di Digione, situata nel centro di Digione. La tradizione ci riporta che non riuscì a portare a termine i restauri, in quanto i Normanni lo presero, lo sequestrarono e lo martirizzarono uccidendolo insieme a molti dei suoi monaci ai pedi dell’altare della chiesa abbaziale. San Bertillone è citato nel volume “Martirologio spirituale cioè esercito di honoar, e riverir con particolar culto, & ossequio i Santi d’ogni giorno. In cui si danno certe Regole, & utili industrie per ciò fare. Et il tutto si conferma con dottrina de’ Padri, e s’illustra con notabili esempi. Composto dal R.p.D. Luigi Novarini chierico regolare” stampato a Venezia nel 1628. San Bertillone viene ricordato nel giorno della sua festa, fissata al 26 marzo.

San Cartaco

San Cartaco (Carthach Mc Erbthaide) è stato un vescovo nel Munster vissuto nel sec. VI. Su questo vescovo non sappiamo nulla. E’ solo ricordato nel Martirologio di Tallagh del sec. IX. Viene menzionato quale maestro di San Cartaco detto Mochuda, vescovo di Lismore (Carthac senior et institutor Sanctii Cartachii iunioris seu Mochudae). San Cartaco vescovo è ricordato e festeggiato nel giorno 26 marzo.

San Castulo

Funzionario presso l’imperatore Diocleziano, nasconde i cristiani durante le persecuzioni. Tradito da un apostata, viene arrestato e torturato, restando fedele a Cristo fino alla fine. Secondo la tradizione viene sepolto vivo in una cava di pozzolana sulla via Labicana.

Santi Emanuele, Quadrato e Teodosio

Questo gruppo di martiri, riportato nel ‘Martirologio Romano’ al 26 marzo, subì il martirio in Anatolia; ma di essi se ne parlava già nei Sinassari bizantini, chiamandoli genericamente come ‘orientali’ e raggruppati nel seguente ordine: Manuele (Emmanuel nel Martirologio Romano) Codrato (diventato Quadrato sempre nel Martirologio Romano) e Teodosio. Uno dei Sinassari narra, che spinti dall’esempio e dal coraggio dei cristiani, al cui martirio avevano dovuto assistere, si presentarono spontaneamente al governatore della loro provincia, dichiarandosi cristiani. Vennero così arrestati e messi in prigione e giacché la morte, a quei tempi era una pena troppo lieve, furono prima torturati e alla fine decapitati. Un altro Menologio, che fra l’altro li commemora distintamente, racconta che Quadrato (Codrato) era vescovo di una sede imprecisata e in un tempo non identificato; fu scacciato dai pagani e minacciato di morte se avesse continuato il suo ministero; il vescovo non li ascoltò e continuò come prima ad esercitare il suo apostolato, visitando e battezzando i prigionieri. Quando fu scoperto dai persecutori fu arrestato, torturato e decapitato; Manuele e Teodosio non tollerarono tale violenza e pur sapendo di andare incontro a sicura morte, si schierarono con il loro vescovo e si presentarono al governatore per difenderlo, professandosi cristiani e come già detto, subirono anch’essi il martirio, presumibilmente nel III secolo. Emanuele deriva dall’ebraico Immanuel e significa “Dio con noi”; è anche il nome con cui il profeta Isaia chiama il futuro Messia e per questo fu usato come appellativo di Gesù. Molto diffuso in Italia sia nel maschile che nel femminile, come anche nelle forme abbreviate di Manuele e Manuela e nelle versioni spagnole di Manuel, Manolo. Inserito spesso nei nomi composti della tradizione di Casa Savoia: Emanuele Filiberto, Vittorio Emanuele, Carlo Emanuele, ecc.


27 marzo

Sant' Aimone di Halberstadt

Entrò giovanissimo nel monastero benedettino di Fulda; fu compagno di Rabano Mauro, con il quale ascoltò le lezioni di Alcuino (802) nel celebre monastero di S. Martino di Tours. Ritornò a Fulda (804), dove risiedette e insegnò fino all'839 ca., quando fu trasferito ad Hersfeld. Nell'840 ad opera dell'imperatore Ludovico il Germanico fu nominato vescovo di Halberstadt e come tale partecipò ai sinodi di Magonza degli anni 847 e 852. Rabano Mauro gli dedicò l'opera De universo; anche Aimone scrisse parecchio, ma non tutte le opere a lui attribuite e raccolte in tre volumi nel Migne sono autentiche. Aimone morì il 27 marzo 853. Nei martirologi benedettini è talvolta chiamato «beato» o «santo», ma non consta che abbia mai avuto un culto ufficiale e riconosciuto dalla Chiesa.

Sant' Alessandro di Drizipara

Secondo la sua passio, ricca di elementi leggendari e fantastici, Alessandro, legionario romano, militava agli ordini del tribuno Tiberiano, sotto l'imperatore Massimiano (286-305), allorché si rifiutò di sacriIicare a Giove, essendo cristiano, in occasione dell'inaugurazione in Roma di un tempio al padre degli dei. Arrestato e condotto davanti all'imperatore, professò apertamente la sua fede, per cui venne crudelmente torturato, consegnato quindi a Tiberiano ed infine inviato in Tracia, dove subì nuove più atroci torture, sopportate peraltro tutte con grande coraggio. Trasferito da una località all'altra dell'Illiria e della Tracia, fu sottoposto dovunque ad ulteriori più estenuanti interrogatori ed a spietati supplizi, finché a Drizipara (non molto lungi dall'attuale Karistiran) Tiberiano lo fece mettere a morte mediante decapitazione, che venne eseguita in un luogo distante 18 miglia dalla città. Il corpo di Alessandro fu gettato quindi in un fiume, donde venne ripescato, con l'aiuto di quattro cani, dalla madre stessa del martire, Pemenia, che, miracolosamente avvisata da un angelo, aveva potuto seguire il figlio per tutto il suo doloroso itinerario. Il culto di Alessandro di Drizipara sembra risalire al sec. VI; intorno a quell'epoca, infatti, la pietà popolare aveva voluto innalzare, sul luogo dove la madre del martire aveva dato sepoltura al figlio morto per la fede, una magnifica chiesa in suo onore, che fu saccheggiata e distrutta all'inizio del 600 dagli Avari, i quali inoltre, secondo una testimonianza del cronista bizantino Teofilatto Simocatta, profanarono le reliquie del santo, subendo però l'immediato castigo divino: una peste che decimò le loro forze. La commemorazione di Alessandro è fatta dal Martirologio Romano il 27 marzo, mentre nel Sinassario Costantinopolitano due volte ricorre il nome di un Alessandro martire, al 25 febb. ed al 13 magg., con notizie alquanto discordanti tra loro, il che farebbe pensare trattarsi di due differenti persone, mentre è quasi certo che si riferiscono entrambe allo stesso individuo.

Beato Andrea da Siena

Il beato Andrea da Siena era un religioso francescano vissuto nel secolo XIII. Entrato tra i francescani, fu assegnato all’incarico di questuante nel convento di Spoleto. Sul beato Andrea da Siena i testi francescani riportano di un incontro che ebbe con San Francesco. Quando il poverello passò dal suo convento, gli confidò di “una persona del paese da cui mai era riuscito a farsi dare alcunché. Francesco lo esortò ad insistere fino a portarsi via almeno un pane da parte sua”. Una volta ottenuto un pane lo fece benedire da San Francesco, tanto che con quel cibo riuscì a sfamare tutti i frati che erano presenti. Nei Martirologi Francescani la festa del beato Andrea da Siena è stata fissata nel giorno 27 marzo.

Sant' Augusta di Serravalle

Gli «Atti» di sant'Augusta furono redatti alla fine del XVI secolo da Minuccio de' Minucci di Serravalle, segretario di papa Clemente VIII. Le notizie sono leggendarie, come del resto accadde per molti martiri dei primi tempi del cristianesimo. Augusta sarebbe stata figlia di Matruco, capo alemanno (dell'Alemagna, la Germania), che aveva conquistato e sottomesso il Friuli. Questi risiedeva a Serravalle (attuale borgo antico della città di Vittorio Veneto) ed era un accanito nemico della religione cristiana. Augusta abbracciò la nuova fede segretamente, ma il padre ne venne comunque a conoscenza e la fece arrestare. Giacché si rifiutò di apostatare, intorno all'anno 100 fu gettata in un carcere e dopo varie torture, venne decapitata. (Avvenire)

Beato Claudio Gallo

Patriarca d’Antiochia, il Beato Claudio Gallo, fu strenuo difensore della libertà dell’unità ecclesiastica, dottissimo nelle Sacre Scritture il quale con e virtù e miracoli rese famosa la Chiesa e l’Ordine Mercedario. Di una devozione ammirabile verso la Madre di Dio, la quale lo colmò di celesti favori. Morì nel 1304. L’Ordine lo festeggia il 27 marzo.

Santi Fileto e Lidia, sposi, e Macedone, Teoprepio, Cronide e Anfilochio

Fileto, senatore romano di origine illirica, visse al tempo delle persecuzioni dell'imperatore Adriano (II secolo d. C.). Uomo di profonde virtù cristiane, con la consorte Lidia visse il sacramento dell'amore coniugale e trasmise ai figli Macedone e Teopredio la forza della fede. Sottoposti a torture per indurli all'apostasia, Fileto e Lidia resistettero fino al martirio che affrontarono assieme ai figli. La loro serena accettazione delle sofferenze fece convertire i due militari romani che avrebbero dovuto farli abiurare, l'alto ufficiale Anfilochio e il comandante della prigione Cronide. L'imperatore fu costretto a farli affogare tutti e sei in una vasca di olio bollente.


28 marzo

Beato Antonio (Patrizi) da Monticiano

Il beato Antonio Patrizi appartenne alla Congregazione agostiniana di osservanza di Lecceto, presso Siena, di cui a ragione è stato detto: "Ilycetum, vetus sanctitatis illicium", “Lecceto, antico covo di santità”. Il beato nacque a Siena verso il 1280. Conosciuti gli eremiti agostiniani di Lecceto, con loro compì l’anno del noviziato; poi fu inviato di comunità a Monticiano. Umile e devoto, alternava la preghiera con il servizio alla comunità. Non si lasciava sfuggire l'occasione di convertire gli increduli e di riprendere fraternamente i peccatori, di comporre dissensi e soccorrere i bisognosi. Dopo essere uscito dal monastero per andare all’eremo di Camerata a visitare un confratello, rientrando a Monticiano, morì la notte stessa, il 23 aprile dell’anno 1311. Acclamato santo dal popolo, il suo culto è stato riconosciuto dalla Chiesa nel 1805. Con il beato Antonio, la diocesi di Siena celebra, come beati, i venticinque religiosi leccetani dipinti nell’ “Albero agostiniano di Lecceto”.

San Carné

San Carné era originario dell’Irlanda, vissuto nel V secolo.  Sappiamo che divenne vescovo, anche se non conosciamo, come in tanti altri casi, alcun dettaglio sulla sua città episcopale. San Carné è il protettore di un piccolo paese nel dipartimento della Côtes-d'Armor nel dipartimento della Bretagna nel nord ovest della Francia. Nella chiesa parrocchiale di San Pietro c’è una statua che lo raffigura. San Carné vescovo viene festeggiato nel giorno 28 marzo.

San Castore di Tarso

Viene commemorato dal Martirologio Geronimiano (il più antico catalogo di martiri cristiani della Chiesa latina, V secolo) e dal Martirologio Romano: secondo la tradizione, sarebbe stato martirizzato a Tarso, in Cilicia (attuale Turchia) con un altro cristiano, Doroteo o Stefano.

San Cirillo di Eliopoli

Distintosi ai tempi di Costantino nella lotta contro i suoi concittadini pagani, Cirillo fu una delle prime vittime della reazione anticristiana sotto Giuliano l'Apostata (361-63). Secondo l'elogio del Sinassario Costantinopolitano, i persecutori dopo averlo sottoposto a torture atroci giunsero a divorarne il fegato. Il suo martirio è descritto da Teodoreto (Historia Ecclesiastica, III, 7). Il Sinassario Costantinopolitano commemora Cirillo al 28 marzo insieme con Marco, vescovo di Aretusa, e con numerosi martiri siriaci periti sotto Giuliano. Il Martirologio Romano ha accolto al 29 marzo il solo Cirillo che, sconosciuto agli antichi martirologi latini, vi fu introdotto dal Baronio. Marco, capo del gruppo dei greci, non vi figura per il sospetto di arianesimo che gravava su di lui.

San Cono (Conone) di Naso

Cono, o Conone, Navacita nacque a Naso (Messina), nel 1139, figlio del conte normanno Anselmo, governatore della città. Ancora ragazzo abbandonò la casa, le ricchezze e si ritirò nel locale convento di San Basilio. Trasferito al Convento di Fragalà, nel comune di Frazzanò, ebbe come maestri spirituali san Silvestro da Troina e san Lorenzo da Frazzanò, che lo prepararono al sacerdozio. Conone, dopo l'ordinazione, continuò a manifestare segni di vocazione all'eremitaggio e, col permesso dei superiori, si ritirò in una grotta, che prese il nome di Rocca d'Almo. Ben presto la sua fama di santità superò i confini di Naso. Richiamato al monastero dai suoi superiori, fu eletto abate. In seguito, al ritorno a Naso da un pellegrinaggio in Terra Santa, elargì ai poveri la ricca eredità del padre e si ritirò nella grotta di San Michele. La città era afflitta da un morbo contagioso: i nasitani si rivolsero allora all'abate che li liberò dalla malattia: del miracolo vi è ricordo nello stesso stemma della città. Morì a 97 anni: era il 28 marzo 1236, Venerdì Santo. Canonizzato nel 1630, san Cono è patrono di Naso, i cui abitanti ancora oggi davanti alle reliquie pronunciano l'invocazione «Na vuci viva razzi i san Conu». (Avvenire)

Beato Cristoforo Wharton


29 marzo

Beata Agnese di Chatillon

Agnese visse nel monastero cistercense di Beaupré attorno al 1600. La sua vita è tutta ispirata alla Gloria di Dio e ad un ideale di alta perfezione.Si distinse particolarmente per l’amore all’Eucaristia e la meditazione della Passione di Gesù. Fu vista sovente rapita in estasi, specie dopo la comunione. E’ ricordata al 29 marzo presso l’Ordine Benedettino e al 28 marzo presso i Cistercensi. Dopo la sua morte si ottennero molti prodigi per sua intercessione.

Santi Armogasto, Archinimo e Saturnino

ARMOGASTE, MASCULA e SATIRO, santi, confessori in AFRICA. Nel Martirologio Romano, al 29 marzo, sono riuniti in un'unica celebrazione questi tre santi, perché, pur avendo confessato la fede in epoca e circostanze diverse, l'unico autore che di essi parla, Vittore di Vita, li nomina uno dopo l'altro nella sua Historia persecutionis. Al tempo della persecuzione ariana di Genserico, probabilmente tra il 457 e il 458, Armogaste, rifiutatosi di abiurare, fu crudelmente seviziato e poi condannato a morte per ordine di Teodorico, figlio del re. Ma un prete ariano, Giocondo, consigliò di non uccidere Armogaste, per evitare che egli fosse onorato come martire e Teodorico allora lo inviò a lavorare in una cava nella provincia Byzacena e poi, per umiliarlo, lo mandò a custodir vacche presso Cartagine. Avendogli Dio rivelato l'appressarsi della morte, Armogaste convinse un cristiano, di nome Felice, a seppellirlo ai piedi di un carrubo. Quando Armogaste morì, nella fossa scavata presso l'albero da lui indicato si trovò un magnifico sarcofago di marmo in cui i suoi resti furono degnamente composti. Mascula, condannato a sua volta alla decapitazione, dopo vari tormenti, fu risparmiato, come Armogaste, perché non gli si tributasse culto di martire. Anche Satiro, procuratore della corte di Unnerico, ebbe salva la vita per lo stesso motivo, dopo che anche la moglie e i figli avevano tentato di convincerlo a farsi ariano per non essere ucciso. Il testo di Vittore di Vita ha dato luogo a diverse questioni circa la condizione sociale e il nome stesso dei tre. Armogaste è da alcuni ritenuto un conte, ma l'espressione «comes bonac confessionis» della Historia persecutionis, da cui deriva il comitis del Romano, ha il senso di cum bona confessione. Il problema concernente il secondo confessore non è di così facile risoluzione: alcune edizioni della Historia persecutionis hanno: «Archimimum, nomine Masculam», cioè «un archimimo, chiamato Mascula». Altre invece hanno «Archimimum nomine, Masculanum», cioè «uno di Mascula (città della Numidia) di nome Archinimo». Questa lezione fu accettata da Floro e Adone che per primi introdussero i tre nei loro martirologi, mentre contro di essi è il Baronio che autorevolmente afferma sia da preferirsi la lezione «Mascula, archimimo».

Sant’ Aulo di Viviers

Sant’Aulo o Avolo è un vescovo di Viviers. La diocesi di Viviers fu eretta nel IV secolo. Inizialmente la sede episcopale fu nella città di Alba Helviorum, (l'odierna Alba la Romaine. Le fonti ricordano come protovescovo sant’Ianuario (Januarius). Quando i barbari misero a ferro e a fuoco Alba, i vescovi trasferirono la loro sede nella città di Viviers, intorno alla seconda metà del V secolo. San Venanzio è il primo vescovo documentato, che partecipò, nel 517, al concilio di Epaon. Originariamente la diocesi era suffraganea di Arles, come stabilito da Papa Zosimo e confermato nel 450, da Leone Magno. Una situazione che rimase invariata fino a quando, nel XII secolo, papa Callisto II, assegnò la sede di Viviers alla arcidiocesi di Vienne. Il 29 novembre 1801, con una propria decisione di papa Pio VII, la diocesi fu soppressa ed accorpata a quella di Mende. Sant’Aulo, nella lista episcopale più antica della diocesi, redatta nel decimo secolo è collocato al quattordicesimo posto. In alcune liste è stato inserito al quindicesimo posto.  Nella cronotassi della diocesi, figura sempre dopo Sant’Eucherio e prima di Sant’Eumachio. A Sant’Aulo si attribuisce la fondazione del primo ospedale della città e la liberazione di numerosi schiavi. Su di lui esiste anche una falsa attestazione. Infatti, nel XVIII, Policarpo de la Rivière, realizzò un falso documento, dove lo faceva diventare un martire, vittima della persecuzione dei barbari. Questa notizia sulla sua morte è palesemente falsa. Alla sua morte, sant’Aulo fu sepolto in una chiesa presso Viviers e poi traslato nella cattedrale cittadina, in un 20 febbraio di anno imprecisato. Le sue reliquie furono bruciate nel 1562 dai calvinisti. Con un apposito decreto la festa dei Santi vescovi Firmino, Aulo, Eumaco e Longino venne fissata nel giorno 29 marzo.

Beato Bertoldo

Nativo della Lombardia, fu intorno al 1230 secondo priore generale dei Carmelitani. Gli si attribuisce una visione, durante la quale vide portare in cielo dagli angeli le anime di molti carmelitani uccisi dai saraceni. Il domenicano Stefano di Salignac che attribuì erroneamente la composizione della regola carmelitana ad Aimerico di Malefaida da Salignac, patriarca di Antiochia (1142-93), disse che questo aveva tra i Carmelitani un nipote, «un uomo santo e famoso». Costui ricevette un nome ed una qualifica nella cosiddetta Epistola Cyrilli, pubblicata dopo l'anno 1378 dal carmelitano Filippo Riboti, che lo dice fratello, non più nipote, di Aimerico, di nome Bertoldo e primo priore generale dei Carmelitani. Il Papenbroeck pubblicando un testo del monaco greco Phocas che nel 1177 visitò il Carmelo, identificò Bertoldo con un vecchio monaco di Calabria.

Beata Cecilia Attendoli da Cotignola

La beata Cecilia Attendoli da Cotignola era una monaca vissuta tra i sec. XV e XVI. Poche e scarne notizie, sono state tramandate su questa beata che e in passato qualche autore l’ha chiamata erroneamente Cecilia Codignola da Vigevano. La beata Cecilia apparteneva al Terz’ordine regolare di San Francesco. Visse tutta la sua vita nel monastero di Santa Chiara in Mortara, denominato anche monastero di San Vittore, la cui prima attestazione documentaria risale al 1480, e la sua soppressione al 1805. La tradizione ci riporta che era una donna di virtù e che compì miracoli mentre era in vita e fu portata dal padre al monastero delle clarisse di Mortara. Il suo nome è associato al due beate clarisse del medesimo monastero, la beata Ippolita di Melegnano e la beata Elisabetta (o Lisabetta) forse di Melegnano. Tutte e tre le beate le troviamo raffigurate insieme in un affresco nel Santuario di Sant'Antonio a Mortara. La beata Cecilia si ritiene sia morta il 29 marzo dell'anno 1531, anche se alcuni asseriscono sia morta il 9 aprile. Non sappiamo il luogo dove venero sepolte le tre monache beate che inizialmente furono seppellite nell'atrio del monastero, ma che col tempo  si persero le tracce della loro sepoltura, fino al 1701 anno in cui di don Pietro Francesco Guelfio, confessore del monastero scrisse questa relazione: “Premesso un digiuno e dopo una ricerca fatta con ogni diligenza trovarono i corpi delle BB. Ippolita da Melegnano, Cecilia da Cotignola ed Elisabetta da Mortara nell'atrio contiguo alla chiesa ridotti a ossa candide e lucide come soave alabastro, spiranti odore soave, e il 18 giugno, giorno di sabato avanti la terza domenica dopo Pentecoste, li deposero in altra cassa particolare”. Pianzola nel suo testo sulla Collegiata di San Lorenzo, afferma che i corpi ritrovati furono solamente due e con la soppressione del monastero di Santa Chiara, le reliquie furono portate nella Basilica di San Lorenzo. L’autore afferma che il vescovo Francesco Maria Milesi (1747-1819), nella sua visita pastorale, non riconoscendo sufficienti le prove circa il culto e l'identità delle tre beate, in quanto l'archivio del monastero era andato distrutto, ordinò di far sparire in segreto la cassetta con i loro resti, della quale non si seppe più nulla. Secondo le cronache di Ercole Delconte, la cassetta con le reliquie potrebbe essere collocata in una zona segreta della Basilica di San Lorenzo. Nel Martirologio Francescano la beata Cecilia Attendoli da Cotignola è ricordata e festeggiata nel giorno 29 marzo.

Beato Emanuele de Alburquerque

Cavaliere laico dell’Ordine Mercedario, il Beato Emanuele de Alburquerque, era nato da una delle più illustri e anziane famiglie del Portogallo. Entrato nell’Ordine si distinse per la carità insigne e le virtù della vita e onorevolmente accettò la nomina di redentore. Navigando verso l’Africa, nell’anno 1289, in missione di redenzione, venne sorpreso da una grande tempesta con la quale il naufragio sarebbe stato inevitabile, quando vide nel cielo Santa Maria de Cervellon, che sempre egli invocava, la quale comandò ai venti e al mare e subito questi si placarono. Arrivato poi tranquillamente in Marocco, liberò 126 schiavi dalla crudele oppressione dei mussulmani. Pieno di santi meriti morì nella pace del Signore in Spagna sotto il generalato di San Pietro de Amer.
L’Ordine lo festeggia il 29 marzo.


30 marzo

Beato Amedeo IX di Savoia

Amedeo nasce da Anna di Lusignano e da Ludovico, duca di Savoia, il 1° febbraio 1435. Il suo matrimonio fu combinato per necessità politiche, infatti sposò Iolanda di Valois, figlia di Carlo VII di Francia. I due però si trovarono; avevano soprattutto in comune una fede profonda e sapevano condividere tutto, dalla preghiera al governo dello stato. Amedeo soffriva di epilessia e questo gli causò parecchie difficoltà. Pur essendo un propugnatore di una crociata per liberare Costantinopoli dai Turchi, fu fondamentalmente un pacifista, era anche molto generoso con i poveri che spesso erano suoi commensali. Edificò chiese e monasteri. Aggravandosi il suo male nel 1469 abdicò in favore di Iolanda, ma i suoi fratelli e i nobili lo assediarono al punto che per liberarlo dovette intervenire Luigi XI. Morì il 30 marzo 1472 a Vercelli.

Santi Antonio Daveluy, Pietro Aumaître, Martino Huin, Gius. Chang Chu-gi, Tomm. Son Cha-son e Luca Hwang

Marie-Nicolas-Antoine Daveluy nacque il 16 marzo 1818 presso Amiens in Francia. Dal 1843 entrò a far parte della Società delle Missioni Estere di Parigi e già l’anno seguente sbarcò a Macao, colonia cinese, ove il vescovo Ferréol lo convinse ad accompagnarlo in Corea insieme ad un altro sacerdote di tale nazionalità. Solo due anni più tardi poté iniziare la sua opera pastorale in quel paese e nel 1856 il vescovo San Simeone Francesco Berneux, futuro martire, lo nominò suo vescovo coadiutore. Oltre a svolgere egregiamente il suo ministero, il Daveluy redasse un dizionario francese-coreano e scrisse la storia del cattolicesimo in terra coreana. Dopo il martirio del vescovo Berneux, Antoine Daveluy ne fu il successore quale quinto vicario apostolico di Corea. Avrebbe occupato la sede episcopale per soli ventitré giorni: l’11 marzo 1866, infatti, con il suo aiutante Luca Hwang Sok-tu venne arrestato, imprigionato, interrogato e torturato. Al supplizio prese parte anche il sacerdote missionario Pierre Aumaître. Pierre Aumaître era nato ad Angouleme in Francia l’8 aprile 1837. Entrato nel seminario delle Missioni Estere di Parigi nel 1857, ricevette l’ordinazione presbiterale nel 1862. Giunto in Corea l’anno seguente, apprese rapidamente la lingua indigena e si guadagnò l’affetto dei fedeli esercitando il suo ministero a Naep’o. Allo scoppio della persecuzione anticristiana incoraggiò i cattolici a non temere di dover testimoniare pubblicamente la loro fede ed egli stesso si recò al villaggio ove viveva il vescovo Daveluy per consegnarsi volontario alla polizia. Dopo aver patito durissime torture, morì all’età di soli ventinove anni. Martin-Luc Huin nacque a Guyonville in Francia il 20 ottobre 1836 e, ordinato prete diocesano, si unì poi alle Missioni Estere di Parigi nel 1836. Intraprese il viaggio verso la Corea con altri confratelli e giunse nel villaggio di Sekori. Prima di essere martirizzato, all’età di trent’anni, disse: “Mi dispiace morire, non perché sono ancora giovane, ma perché non ho potuto fare nulla per la salvezza dei miei amati coreani”. Giuseppe Chang Chu-gi era invece nato nel 1802 da una ricca famiglia coreana. All’età di ventisei anni ricevette il battesimo con l’intera sua famiglia dal sacerdote cinese Pacifico Yu Pang-je. Nominato poi catechista, offrì la propria abitazione per aprire un nuovo seminario a Paeron, svolgendovi l’incarico di portinaio per undici anni. Nel 1866 fu arrestato con i missionari, ma il rettore ottenne il suo rilascio. La libertà durò soli cinque giorni, dopo i quali venne nuovamente catturato. Dinnanzi al governatore della regione ammise di essere il proprietario dell’edificio ospitante il seminario e rifiutò di abiurare la fede per salvarsi la vita. Fu allora inviato a Seoul e torturato. Aveva l’età di sessantaquattro anni. Tommaso Son Cha-son, nato a Deoksan nel 1839, era anch’egli un laico coreano impegnato a collaborare con I missionary nella diffusione della fede catolica nel suo paese. Luca Hwang Sok-tu nacque a Yonp’ung nel 1811, figlio unico di una famiglia benestante. Diretto a Seul per sostenere degli esami, venne a conoscenza della fede cattolica grazie ad una persona che incontrò strada facendo. La sua caparbietà lo portò a scontrarsi con la famiglia pur di abbracciare il cristianesimo, convincendo poi anche i familiari al grande passo. Divenne catechista ed insegnante di letteratura cinese. Con il vescovo Berneux scrisse anche alcuni libri ed in seguito fu assistente del suo successore, monsignor Daveluy. Con questi fu infine arrestato ed andò incontro a Cristo all’età di cinquantaquattro anni. I sei personaggi citati, dietro loro esplicita richiesta, subirono il martirio per decapitazione il 30 marzo 1866, Venerdì Santo. Alla loro beatificazione, celebrata nel 1968, è seguita infine la canonizzazione nel 1984 ad opera di Papa Giovanni Paolo II, durante il suo viaggio apostolico in Corea. In tale occasione il Sommo Pontefice propose alla venerazione da parte della Chiesa universale questi gloriosi martiri, unitamente ad un folto gruppo di cattolici che in tempo di persecuzione non esitarono ad effondere con il loro sangue la terra coreana affinché divenisse seme di nuovi cristiani.

San Clino (o Clinio)

Il Baronio pose Clino nel Martirologio Romano al 30 marzo basandosi su di una comunicazione del vescovo di Aquino, Flaminio Filonardi. Né i Bollandisti, né il Ferrari, nella compilazione del suo Catalogus Sanctorum Italiae, poterono avere questa comunicazione; tuttavia, il Ferrari riuscì a consultare alcune memorie della Chiesa di Aquino, da cui raccolse brevi notizie intorno al santo. Clino era di nazionalità greca; fu monaco e successivamente abate nel monastero basiliano di S. Pietro della Foresta, tra Pontecorvo e Rocca Guillermo (attualmente chiamata Esperia) nei primi decenni del sec. XI; infatti, il suo nome figura in un atto di donazione del 1030 da lui sottoscritto. Più tardi, nella seconda metà del sec. XI, il monastero passò sotto quello di Montecassino, per cui il Ferrari dice Clino monaco cassinese. A S. Pietro della Foresta Clino, illustre per santità e miracoli, morì prima del 1050; il suo corpo fu trasferito nella chiesa di S. Maria di Rocca Guillermo (Esperia), dove è festeggiato come patrono principale il 30 marzo.

Beato Damiano

Il Beato professò la vita eremitica giovanissimo a Fonte Avellana sotto il magistero dello zio san Pier Damiano che poi lo inviò a Parigi a compiervi il trivio e il quatrivio. Coltivò eroicamente la castità; fu così austero che lo zio dovette intervenire perché si mitigasse. Divenne Priore dell’Eremo e fu poi anch’egli Cardinale. Il menologio camaldolese lo ricorda al 30 marzo.

Beato Dodone di Haske

Giovane pio e timorato di Dio, dopo la morte di suo padre, Dodone fu costretto contro la sua volontà al matrimonio, ma qualche anno più tardi abbracciò la vita religiosa, andandosi a ritirare nell’abbazia premostratense di Mariengaard, mentre sia la moglie sia la madre entravano nel vicino monastero di Bethlehem. Desideroso di servire il Signore in solitudine, chiese all’abate Siardo di potersi rifugiare in qualche luogo appartato, per cui venne inviato a Bakkeveen, dove prese a condurre una vita di rigida disciplina, abbandonandosi a lunghe veglie e ad estenuanti digiuni e mortificando il suo corpo con dolorosi supplizi. La fama di santità, che si era andata via via acquistando, richiamò su di lui l’attenzione di molti infermi, che andavano a visitarlo fiduciosi di essere risanati, verificandosi in molti casi miracolose guarigioni. Sulla fine del 1225 o al principio dell’anno successivo ottenne di trasferirsi nel romitaggio di Haske, ma anche lì venne raggiunto da quanti speravano di ottenere dal Signore, per suo tramite, la grazia di guarire dai loro mali. Secondo una notizia del contemporaneo Tommaso Cantimpré, Dodone avrebbe lasciato per qualche tempo il suo romitaggio di Haske per recarsi a predicare tra i suoi Frisoni onde esortarli ad abbandonare il barbaro costume dell’odio ad oltranza e della vendetta personale. Senza alcun fondamento, invece, il domenicanoFrancois-Hyacinthe Choquet lasciò scritto nella sua opera “Sancti Belgi ordinis Praedicatorum” che Dodone era appartenuto all’Ordine di S. Domenico. Il 30 marzo 1231, mentre era assorto in preghiera nel suo eremo di Hanske, Dodone perì tragicamente travolto nel crollo della sua cella, rovinatagli improvvisamente addosso. Subito dopo la morte sembra gli siano comparse le stimmate, che rimangono tuttavia molto dubbie. Sulla sua tomba ad Haske i Premostratensi eressero una loro casa e la chiesa di Nostra Signora di Rosendaal. Oltre che là, Dodone è venerato anche a Bakkeveen; la festa ricorre il 30 marzo.

San Donnino

A Salonicco in Macedonia, ora in Grecia, san Donnino, martire.


31 marzo

Sant' Agilulfo (Agilolfo)

Secondo una passio del sec. XI (BHL, I, p. 25, n. 145) sarebbe stato vescovo di Colonia, consigliere di Carlo Martello, e ucciso il 31 marzo 716 nei pressi di Amblève, mentre si recava ambasciatore da Chilperico e Ragenfrid; sarebbe stato seppellito nella chiesa di San Lorenzo, non lungi dal monastero di Stavelot-Malmédy. Nel 1062 il vescovo Anno II ne trasferì le reliquie a Colonia e le compose nella chiesa di Santa Maria ad Gradus; da allora se ne celebra la festa il 9 luglio. Secondo un altro testo, poi, della fine dello stesso sec. XI (BHL, I, p. 25, n. 146), composto certamente dopo la traslazione a Colonia, Agilulfo prima di essere vescovo sarebbe stato monaco di Malmédy, discepolo dell'abate Anglino, al quale sarebbe succeduto nell'ufficio abbaziale, che avrebbe conservato pur reggendo la chiesa di Colonia. Queste notizie agiografiche mal si compongono con altre storicamente accertate, secondo le quali Agilulfo di Malmédy fu abate dal 752 al 757, mentre Agilulfo era già vescovo di Colonia nel 748 (forse anche nel 745), e morì nel 751-52. Per questo, dunque, bisogna distinguere il vescovo dall'abate. Chi fosse poi il martire del 716 è difficile precisare; si potrebbero fare diverse ipotesi, pensando che sia esistito un altro vescovo di Colonia di nome Agilulfo all'inizio del sec. VIII, o che l'autore della passio abbia fatto confusione di nomi, volendo glorificare l'oscuro martire del suo monastero, attribuendogli la qualifica di vescovo. Agilulfo è venerato il 31 marzo (dies natalis) ad Amel (Amblève), dove gli è dedicata una chiesa. A Colonia, invece, è venerato il 6 luglio, giorno della traslazione. Le sue reliquie nel 1802 furono trasferite a Kempen, ma nel 1846 furono riportate a Colonia e nel 1893 nuovamente esposte alla pubblica venerazione.

Santa Balbina di Roma

Di lei non si hanno molte notizie certe. Secondo la tradizione era figlia del tribuno romano e martire Quirino con cui venne uccisa introno al 130 per poi essere seppellita sulla via Appia. Tuttavia il cimitero che vi si trova nonché la chiesa sul piccolo Aventino non avrebbe alcun legame con lei. Balbina era stata battezzata da Papa Alessandro I insieme al padre convertitosi al cristianesimo. Ammalatasi gravemente fu portata dal Pontefice che allora era imprigionato e ne venne guarita. Di estrazione nobile venne chiesta più volte in sposa ma rimase sempre fedele al suo voto di verginità. Arrestata insieme col padre per ordine dell'imperatore Adriano venne decapitata dopo lunghe torture. L'iconografia la raffigura con croce e scettro di gigli; talvolta anche con un angelo che indica il cielo. Altre immagini la rappresentano mentre tiene in mano una catena. Sarebbe infatti guarita dal mal di gola sfiorando le catene che tenevano imprigionato Papa Alessandro I. (Avvenire)

Beato Bartolomeo Blanco

Mercedario di grande santità e virtù, il Beato Bartolomeo Blanco, era tenuto in grande considerazione sia all’interno del proprio Ordine che all’esterno. Per il buon esempio e candore della sua vita, aveva grande autorità presso il Papa Eugenio IV e i cardinali di Santa Romana Chiesa. Morì a Roma e fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo in Lucina.
L’Ordine lo festeggia il 31 marzo.

San Beniamino

Anche in Persia i primi cristiani sono malvisti. Nel 420 si consuma il martirio di Beniamino, diacono di Ergol. La tradizione lo vuole vittima di una rappresaglia dopo la distruzione di un tempio al dio del fuoco da parte cristiana. Beniamino non abiura e perisce assieme a un gruppo di fedeli.

Beato Bonaventura (Tornielli) da Forlì

Bonaventura Tornielli, o di Forlì, fu predicatore apostolico ai tempi di Papa Sisto IV. E l'annuncio della Parola divina per mezzo della parola umana fu la sua attività principale, nella quale insistette soprattutto sul tema della penitenza. Era nato nel 1411 nel capoluogo romagnolo e a 37 anni, nel 1448, entrò nell'ordine dei Servi di Maria (di cui fu poi vicario) e divenne un valente biblista. Nonostante amasse silenzio e contemplazione era un oratore eccezionale. Mise a frutto questo suo dono, animando missioni in tutta Italia. Lo fece fino alla morte, che lo colse ottantenne a Udine - dove predicava per la Quaresima - il 31 marzo del 1491. Pio X ne ha confermato il culto nel 1911. (Avvenire)

Beato Cristoforo Robinson

A Carlisle in Inghilterra, commemorazione del beato Cristoforo Robinson, sacerdote e martire, che fu testimone del martirio di san Giovanni Boste e infine, condotto al patibolo in un giorno imprecisato durante il regno di Elisabetta I sempre per il solo fatto di essere sacerdote, ricevette egli stesso la palma del martirio.


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Ultimo aggiornamento 27/07/2021