San Gerardo Maiella
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Febbraio

1 febbraio

Beati 109 Martiri Spagnoli Clarettiani

109 religiosi dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria o Clarettiani (dal nome del fondatore sant’Antonio Maria Claret), appartenuti alle comunità di Barcellona, Castro Urdiales, Cervera, Lerida, Sabadell, Valencia, Vic e Sallent, sono stati uccisi in odio alla fede negli anni 1936 e 1937, nell’ambito della persecuzione nella guerra civile spagnola. L’elenco è capeggiato da padre Mateo Casals Mas, superiore della comunità di Sabadell presso Barcellona, dallo scolastico (ossia religioso in formazione verso il sacerdozio) Teófilo Casajús Alduán e da fratel Fernando Saperas Aluja, in rappresentanza dei tre tipi di consacrazione presenti nella congregazione. Il 22 dicembre 2016 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che li dichiarava ufficialmente martiri, aprendo la via alla loro beatificazione, celebrata il 21°ottobre 2017 nella Basilica della Sagrada Familia a Barcellona. La memoria liturgica di tutto il gruppo, per la congregazione clarettiana, è stata fissata al 1° febbraio.

Beate 47 Martiri di Avrillé

Marie-Anne Vaillot ed Odile Baumgarrten, religiose Figlie della Carità, nonchè altre 45 donne laiche della diocesi di Angres, nubili, coniugate e vedove, conseguirono la palma del martirio durante la Rivoluzione Francese. Il 19 febbraio 1984 Papa Giovanni Paolo II beatificò queste donne insieme con altri martiri della diocesi di Angers.

Beati 99 Martiri di Angers

Dal 30 ottobre 1793 al 14 ottobre 1794, nel corso del periodo del Terrore della Rivoluzione francese, furono ghigliottinate centosettantasette vittime ad Angers. Dal gennaio 1794 al 16 aprile 1794, invece, circa duemila persone vennero fucilate ad Avraillé. La diocesi di Angers promosse ricerche per avviare la causa di beatificazione, arrivando a selezionare novantanove nomi. Si trattava per la maggior parte di donne, anche se non mancavano sacerdoti che non avevano voluto prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione Civile del Clero: tutti, comunque, preferirono morire che tradire la Chiesa cattolica. A capo del gruppo fu posto il più anziano dei sacerdoti uccisi, don Guillaume Repin. La loro beatificazione fu celebrata dal Papa san Giovanni Paolo II il 19 febbraio 1984, nella basilica di San Pietro a Roma. È stato impossibile identificare i resti mortali dei novantanove martiri, ma la cappella sorta sul luogo della fucilazione ad Avraillé, poi denominata Campo dei Martiri, è il loro memoriale.

Sant' Agrippano

Originario della Spagna, sarebbe stato consacrato vescovo a Roma dal papa san Martino I, intorno al 649, e inviato quindi a governare la diocesi di Puy-en-Velay. Dopo essersi a lungo adoperato nella conversione degli eretici ariani ed elvidiani, di ritorno da una missione a Roma, fu catturato dai pagani, che lo uccisero decapitandolo a Chiniac (Vivarais); questo villaggio in ricordo del martirio di Agrippano fu poi chiamato, dal suo nome, Saint-Agrève. Dolcidio, a lui succeduto in quella sede episcopale, provvide in seguito a far trasportare le sue spoglie a Puy per sistemarle nella locale chiesa di Saint-Etienne; trasferite più tardi nella collegiata di Saint-Agrève, dove il 6 aprile 1522 si procedette anche alla loro ricognizione, furono finalmente traslate nella chiesa di Saint-George (1680), allorché la collegiata di Saint-Agrève dovette essere abbattuta per le sue pessime condizioni. Profanate durante la Rivoluzione, le reliquie di sant'Agrippano andarono quasi totalmente disperse, per cui non rimane oggi che un frammento del cranio, tuttora conservato nella cattedrale di Le Puy. La sua festa si celebra il 1° febbraio, mentre il 6 novembre ricorre l'anniversario della sua ultima traslazione, secondo quanto fu allora disposto dal vescovo Antoine de Chabannes.

Beato Andrea Conti (De Comitibus)

Andrea De Comitibus dei Conti di Segni, nacque ad Anagni verso il 1240; fu parente stretto dei papi Innocenzo III, Gregorio IX, Alessandro IV e Bonifacio VIII, degli ultimi due fu rispettivamente nipote e zio. Dalla città di Anagni, che fu sede pontificia di alcuni papi e in cui conobbe l’Ordine Francescano, facendone parte, venne trasferito per suo desiderio nel vicino convento eremitaggio di Piglio, alle pendici del monte Scalambra, dove rimase per tutta la vita. In questo convento divenne modello perfetto di umiltà francescana e mortificazione, di modestia e di pietà. Ancora oggi è visibile la grotta in cui trascorreva gran parte della sua giornata in preghiera e nella più dura povertà e penitenza. Ma fu anche uno studioso, suo è il trattato “De partu Virginis” purtroppo andato perduto; ebbe doni carismatici da Dio nell’aiutare le anime, con consigli e miracoli, specie contro le insidie diaboliche. Nel 1295 suo nipote il papa Bonifacio VIII, voleva nominarlo cardinale, ma egli rifiutò tale dignità, preferendo servire la Chiesa nella sua solitudine. A circa 62 anni, morì il 1° febbraio 1302 nello stesso convento romitorio del monte Scalambra, dove il suo corpo riposa tuttora nella chiesa di S. Lorenzo dei Frati Minori Conventuali. Il suo culto fu riconosciuto ed approvato da papa Innocenzo XIII, l’11 dicembre 1724; durante l’ultima Guerra Mondiale, il suo sepolcro ricevé danni dal bombardamento alleato del 12 maggio 1944 e per ripararlo si fece una ricognizione delle reliquie, l’8 febbraio 1945. Un’antica immagine del beato datata al secolo XIV, si può vedere in un affresco di Taddeo Gaddi nella Basilica di S. Croce a Firenze. La sua celebrazione liturgica è al 1° febbraio a Piglio (Frosinone) e nella diocesi di Anagni, in altre chiese francescane al 3 febbraio.

Beato Antonio Manzoni

Antonio Manzoni nacque a Padova verso il 1240, durante la tirannia di Ezzelino da Romano. I genitori si chiamavano Marsilio e Dolcemia, la sua era una famiglia ricca, il nonno Andrea Clarioto era stato ufficiale del Comune. Fin da giovane Antonio dimostrò un grande fervore religioso. Alla morte del padre ereditò un cospicuo patrimonio, ma vendette ogni cosa e diede il ricavato ai poveri, inimicandosi tutti i parenti. Abbandonò Padova per iniziare una vita di penitenza, trascorse tre anni a Bazzano (Bologna) a servizio di un sacerdote. Dopo aver girato il territorio bolognese, intraprese un pellegrinaggio verso Roma. Lungo la strada pregava e digiunava, vivendo di elemosine che all’occorrenza donava a chi era più povero di lui. Si diresse quindi in Piemonte, passò le Alpi e attraverso la Francia raggiunse Santiago de Compostela. Meta successiva fu la Germania, Colonia, per venerare le reliquie di Sant’Orsola e compagne e quelle dei Magi. Meta successiva Gerusalemme, per pregare sul Santo Sepolcro e conoscere i luoghi in cui visse Gesù. Sovente dormiva a cielo aperto, scalzo e mal vestito, soggetto a intemperie e pericoli. Dopo alcuni anni tornò a Padova, ma non fu accolto dai suoi concittadini che lo soprannominarono il "Pellegrino". I suoi ricchi parenti lo schernirono quando si presentò per chiedere l'elemosina. Gli rinfacciarono di aver regalato ai poveri i suoi beni, rinunciando alla sua solida posizione sociale. Chiese ospitalità alle Benedettine di Santa Maria di Porciglia, dove erano monache due sorelle, ma persino loro lo allontanarono. Antonio soffrì tutto con pazienza, perché per amore di Cisto tutto aveva abbandonato. Continuò a vivere digiunando e pregando. Consumato dafatiche e penitenze, a soli ventisette anni, Antonio morì il 30 gennaio 1267. Fu sepolto nel cimitero di Santa Maria di Porciglia, come da atto che ancora si conserva. La vita di Antonio fu narrata da un anonimo, scritta già nell’anno della morte perché subito si diffuse la sua fama di santità. Nei mesi successivi un notaio di Soligo registrò circa quaranta guarigioni miracolose ottenute presso il suo sepolcro, i documenti si conservano nell'Archivio di Stato di Padova. Il registro riporta le generalità dei guariti, la malattia che avevano e i nomi dei testimoni. Verso la fine di quell’anno le spoglie del Manzoni furono traslate nella chiesa del monastero. Ormai circondato da chiara fama taumaturgica, a suo nome venne istituita una confraternita. Il culto verso l’umile Antonio Manzoni fu accolto dal Comune di Padova, da alcuni identificato come simbolo della lotta al tiranno Ezzelinoda Romano. Già nel 1269 si definì per statuto - rivisto nel 1272 e nel 1300 - una festività annuale e in suo onore si stabilì persino una processione.Nel 1303 il nipote del citato notaio di Soligo trascrisse i miracoli registrati dal nonno, copiati nel 1324 dal notaio della curia vescovile. Nel 1380 Antonio da Pozzonovo scrisse un nuovo “Liber miraculorum”. Il “beato Pellegrino” cominciò inoltre ad essere raffigurato nelle opere d'arte. Persino Giotto lo collocò negli affreschi della Cappella degli Scrovegni, mentre Giusto de' Menabuoi, nel 1375, lo rappresentò in un polittico del battistero. Nel 1436-1437 Sicco Polenton scrisse una biografia, nel 1440 Antonio Baratella gli dedicò un carme. All'inizio del Cinquecento le Benedettine di Santa Maria di Porciglia, causa la Guerra della Lega di Cambrai, si trasferirono in edificio più sicuro e il nuovo convento venne dedicato al “Beato Antonio Pellegrino”. Anche le sue reliquie trovarono nell’annessa chiesa una degna collocazione. Nel 1781 papa Pio VI concesse alle Benedettine di Santa Maria di Porciglia l'Ufficio proprio in onore del Beato, poi esteso nel 1803 a tutta la diocesi padovana. Dal 28 novembre 1864 le reliquie si trovano nella Chiesa dell'Immacolata in Padova.


2 febbraio

Presentazione del Signore

La scena della Presentazione di Gesù al Tempio contiene un carattere "epico": in essa le generazioni s'incontrano e tutto esprime la grandezza del messaggio portato dal Figlio di Dio in mezzo agli uomini. Un gesto storico che trascende la storia e illumina il cuore del tempo degli uomini. In questo frammento di Vangelo, insomma, scorgiamo le vette verso cui è chiamato ogni battezzato e comprendiamo il vero senso della santità cristiana: saper condurre e offrire a Dio il mondo. E, proprio come fu per la Presentazione del Signore, anche la via della santità è fatta d'impegno, di ossequio alla tradizione ma anche di novità, di stravolgimento radicale dell'esistenza. Vivere così significa esprimere la trascendenza e quindi diventare testimoni in grado di affascinare e "convertire": perché il Vangelo non è solo "mito" è eroicità vissuta nel quotidiano.

Sant' Adalbaldo

Le notizie sulla sua vita sono ricavate da una Vita Rictrudis, scrit ta da Ubaldo di St. Amand. Signore di Ostrevant, forse duca di Douai, dignitario della corte di Da goberto I e di Clodoveo II, nipote per parte di madre di s. Gertrude, fondatrice del monastero di Hamage, presso Marchiennes, durante una spedizione militare in Guascogna Adalbaldo sposò s. Rictrude, figlia di Ernoldo, signore di Tolosa, malgrado la violenta opposizione dei genitori di lei. Da questo matrimonio ebbe quattro figli, venerati anch'essi nella Chiesa : s. Mauronte, la b. Clotsinda, s. Euse bia e la b. Adalsinda. Venne assassinato nei pressi di Périgueux durante una successiva spedizione in Aquitania (650), forse ad opera di sicari del suocero, offeso dal fatto che la figlia avesse sposato un nemico della sua gente. Fu sepolto nel monastero di Elnon (St. Amand-lcs-Eaux). Sulla sua tomba avvennero alcuni mi racoli ed il popolo incominciò a venerarlo come santo, attribuendogli anche il titolo di martire, poiché la sua morte era avvenuta in una regione ancora in gran parte pagana. Parte delle sue reli quie furono trasportate a Douai ed il suo culto si diffuse in Belgio ed anche in altre regioni. La sua festa è celebrata il 2 febb., forse anniversario del suo dies natalis o della traslazione delle reli quie, mentre nelle diocesi della Fiandra venne spo stata al 4 febb., per non farla coincidere con la festa della Purificazione della Vergine. Il suo nome, però, non è attualmente ricordato nei calendari liturgici di Cambrai e di Lille.

Sant' Adeloga di Kitzingen

Sant’Adeloga, principessa franca, entrò tra le benedettine di Nus. Fondò il convento benedettino di Kitzingen, in Franconia, del quale divenne badessa.

Beato Andrea Carlo Ferrari

Cardinale arcivescovo di Milano dal 1894 alla morte avvenuta nel 1921, Andrea Ferrari nacque a Lalatta (Parma) nel 1850, fu ordinato sacerdote nel 1873 e nominato vescovo nel 1890: quattro anni dopo Leone XIII lo volle pastore a Milano. Qui Ferrari si spese per dare corso ai cammini indicati dal pontefice nella Rerum novarum attraverso numerose iniziative pastorali e sociali. Fondò un giornale, L'Unione, che poi divenne L'Italia, una delle due testate dalle quali nel 1968 nacque Avvenire. Tra i suoi ultimi atti vi fu l'approvazione degli statuti dell'Università Cattolica.

San Bernardo da Corbara

Proveniente dalla nobile famiglia dei conti di Montemarte, San Bernardo era nato a Corbara nei pressi di Orvieto. Fu uno dei primi compagni di S.Pietro Nolasco dal quale aveva ricevuto l’abito il 10 agosto 1218, il giorno stesso della fondazione dell’Ordine Mercedario, entrò come cavaliere laico e in seguito ricevette gli ordini sacri, ed era, a quel tempo l’unico sacerdote dell’Ordine. Uomo dotto e pio, fu maestro dei novizi che guidò con santità per la sua vita esemplare.
Successivamente inviato a compiere una redenzione ad Algeri venne incarcerato dai mori e per due anni dovette sopportare una dura schiavitù. Indossò l’abito a S. Maria de Cervellon e con essa fu cofondatore del primo ramo femminile della Mercede. Morì santamente a Barcellona e nella chiesa mercedaria di questa città il suo corpo riposa incorrotto.
L’Ordine lo festeggia il 2 febbraio.

San Burcardo di Würzburg

Venuto dalla natia Inghilterra, diventò uno degli apostoli missionari della Germania ancora pagana. Da giovane si fece monaco benedettino e verso il 735, preso dal suo desiderio di essere un missionario, seguì il suo compatriota s. Bonifacio Winfrido in Germania; dimorò a lungo nel monastero di Fritzlar fondato dallo stesso Bonifacio, in seguito lo lasciò per recarsi missionario in Turingia per convertire gli abitanti ancora pagani. Verso l’ottobre del 742 s. Bonifacio istituì la diocesi di Würzburg per la Turingia Meridionale e per la Franconia Orientale, consacrando Burcardo come primo vescovo, la nomina come regola dell’epoca, fu approvata da Carlomanno, figlio di Carlo Martello, che dotò la diocesi di numerosi benefici. Burcardo fu presente, il 21 aprile del 743 al primo concilio germanico e poi nel 747 al concilio generale dei Franchi, convocato da s. Bonifacio, ebbe anche l’incarico di portare gli atti dello stesso concilio al papa Zaccaria. Ancora nel 750-751 ritornò a Roma, inviato da Pipino il Breve, come legato per trattare la questione dinastica franca; l’8 luglio 752 consacrò il monastero di S. Andrea a Würzburg e nella stessa città morì santamente nel 753. Il 14 ottobre di un anno non ben determinato, le sue spoglie furono traslate nella chiesa di S. Andrea ad opera del vescovo Ugo (984-990); si sa che nel 1552 esisteva solo la testa del santo vescovo, conservata in un artistico reliquiario d’argento, che scomparve insieme alla reliquia, durante la guerra dei Trent’anni. La festa di s. Burcardo si celebra il 14 ottobre giorno della traslazione delle reliquie, sia a Würzburg che a Bamberga, Fulda e a Berceto (Parma) dove però è stato confuso probabilmente con s. Burcardo II abate di San Gallo, morto in Italia nel 1002, le cui reliquie sarebbero quelle conservate nel Comune di Berceto. Il Martyrologium Romanum pone la data di culto al 2 febbraio.


3 febbraio

San Biagio

Il martire Biagio è ritenuto dalla tradizione vescovo della comunità di Sebaste in Armenia al tempo della "pax" costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno al 316, è perciò spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l'occidentale Costantino e l'orientale Licinio. Nell'VIII secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza), di cui è patrono e dove è sorta una basilica sul Monte San Biagio. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana - in provincia di Latina, Imperia, Treviso, Agrigento, Frosinone e Chieti - e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo. A quell'atto risale il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate.

Sant' Oscar (Ansgario)

Da piccolo studia nell'abbazia benedettina di Corbie, suo paese natale. Più tardi vi ritorna, diventando monaco e poi «magister interno», funzione che esercita più tardi nella comunità della Nuova Corbie (Corvey) in Sassonia. Da qui parte la sua avventura di apostolo degli Scandinavi. Nell'826 accompagna in Danimarca il nuovo re Harald, che ha appena ricevuto il battesimo. Ma dopo un anno deve già lasciare la Danimarca, e con lui l'abbandona Ansgario, che nell'829 viene inviato missionario in Svezia col monaco Vittmaro. Qui il re Björn gli lascia predicare liberamente il Vangelo. L'imperatore Lodovico il Pio (successore di Carlo Magno) incoraggia la nascita di una struttura ecclesiastica con sede ad Amburgo e col campo di lavoro oltre frontiera. Ansgario ne diventa vescovo nell'831, e può dar vita in Svezia a una missione stabile con a capo un vescovo. Nell'840 con la morte di Lodovico e la minaccia dei Normanni crolla tutto ciò che Ansgario stava avviando. Nonostante tutto Ansgario non demorde e riprende la via della Svezia e della Danimarca, ma senza buoni risultati. Tornato a Brema, non vede realizzato il sogno di un profondo radicamento cristiano al Nord. Muore nell'865.

Sant' Adelino di Celles

Nacque probabilmente in Aquitania all'inizio del VII sec. da nobile famiglia. Trascurando la vita mondana, si pose sotto la guida di san Remaclo, abate di Solignac. Seguì il suo maestro abate a Cougnon, vescovo a Maestricht e infine romita a Stavelot. Adelino, ordinato sacerdote a Maestricht da san Remaclo, per consiglio di questo fondò un monastero a Celles sul lago di Lesse (Namour), aiutato da parecchi signori della provincia e specialmente da Pipino d'Heristal. Dopo aver dato grande impulso al monastero Adelino morì in fama di santità verso il 696. Nel 1338, trasformato il monastero in collegiata, i resti di Adelino furono trasferiti nella chiesa di Visé, presso Liegi, dove ancora si trovano. Nel X sec. apparve una Vita Hadelini in (Acta SS. Februarii, I), attribuita a Noggero, ma più probabilmente essa è opera di Erigerio di Lobbes ed è di dubbio valore storico. La festa di Adelino cade il 3 febbraio. A Visé, di cui Adelino è patrono, l'11 ottobre si celebra anche la traslazione delle reliquie.

Sant' Anna

I santi Simeone e Anna, secondo il racconto di Luca, erano due anziani che si trovavano al tempio al momento della presentazione di Gesù: in quel bimbo, nonostante l'assenza di qualsiasi segno esterno, videro la salvezza non solo per Israele ma per tutti i popoli. È un messaggio di speranza che invita la Chiesa a saper cogliere l'azione dello Spirito in ogni dove, nella certezza che in Cristo si ritroveranno raccolti tutti coloro che hanno saputo essere strumenti della vita di Dio. L'annuncio del Vangelo è anche questo: ricordare all'uomo che la vera salvezza è quella che viene da Cristo, resa possibile dallo Spirito Santo.

Beata Balbina di Assisi

La Beata Balbina di Assisi è una monaca clarissa vissuta nel sec. XIII. Nata nel 1214, discepola di Santa Chiara entrò tra le clarisse si san Damiano. Insieme alla beata Pacifica è stata inviata dalla fondatrice a fondare il monastero di Spello. Dopo che la beata pacifica ritornò a San Damiano, la beata Balbina, a soli ventisei anni, morì a Spello il 3 febbraio 1240. E’ ricordata con queste parole: Hispelli in Umbria, Beatae Blbinae Viris, Sanctae Chiarae Discipulae: quesic Crristo sponso adhaesit; ut totius virtutis & perfectionis specimen euaserit”. Nel Martyrologium Franciscanum di padre Arthur Du Monstier è ricordata e festeggiata nel giorno 3 febbraio.

Santa Berlinda di Meerbeke

Secondo la Vita Berlindis, scritta verso la metà del sec. XI da un monaco di Lobbes, che mantiene l'anonimo denominandosi solo con la iniziale del suo nome, H. e che con ogni probabilità va identificato con Uberto (Hubertus) autore della vita di santa Gudula, Berlinda sarebbe vissuta nel sec. VII. Dopo gli studi di R. Podevyn, questa affermazione, comunemente accettata dagli studiosi, va radicalmente modificata, e la vita di Berlinda va collocata negli ultimi decenni del sec. IX e nei primi del sec. X. La Vita, tuttavia, a parte questo quadro cronologico errato e vari elementi leggendari, contiene numerosi elementi storicamente attendibili. Berlinda nacque negli ultimi decenni del sec. IX da Odelardo, signore di Meerbeke presso Ninova (nella Fiandra orientale), e da Nona, a torto detta sorella di sant'Amando. Verso l'880 durante l'invasione normanna delle Fiandre, Odelardo fu incaricato della difesa del territorio tra Anversa e Condé. Durante tale guerra, egli perdette il figlio Eligardo, e dopo la sconfitta dei Normanni nell'891, tornato a Meerbeke, fu colpito dalla lebbra. Berlinda, già rimasta orfana di madre, visse col padre in quegli anni curandolo amorevolmente. Ma un giorno Odelardo credette di notare nella figlia, non si sa se a ragione o a torto, un senso di disgusto per la sua malattia, ed irritato la diseredò in favore del monastero di Santa Geltrude di Nivelles. Allora Berlinda, abbandonata dal padre, si ritirò nel monastero di Moorsel, presso Alost, dove visse vari anni in estrema povertà con le poche monache, che erano tornate dopo l'invasione normanna da Chévremont, presso Liegi, dove si erano rifugiate. Un giorno ebbe la rivelazione della morte del padre, e, tornata a Meerbeke, ne curò la sepoltura nella chiesa del devastato monastero di San Pietro. Cedendo alle sollecitudini dei suoi familiari, Berlinda si trattenne a Meerbeke conducendo una vita di austerità, di preghiera e di carità, assieme ad alcune altre pie donne che le si erano raccolte attorno. Nella Vita della santa, oltre ai numerosi miracoli che le sono attribuiti dopo la morte, vengono narrati vari prodigi occorsile in vita, dei quali alcuni chiaramente fantastici: come varie trasformazioni, tra le quali quelle di pesce in carne e di acqua in vino in giorni particolarmente solenni ed anche quella del materiale del suo sarcofago da legno in pietra. Berlinda morì ventisette anni dopo la morte del padre tra il 930 ed il 935, e venne sepolta nella chiesa di San Pietro. Solo dopo la sua morte l'abbazia di Nivelles prese possesso dei beni di Meerbeke e promosse il culto della santa. Il vescovo di Cambrai Autberto II (960-65) a trent'anni dalla morte di Berlinda procedette ad una solenne traslazione delle reliquie nella nuova chiesa dedicata alla Vergine costruita a Meerbeke. La cura di questa chiesa fu affidata ad una comunità di sei monache e di sei ecclesiastici posti sotto la direzione di un prevosto, nominato dall'abbadessa di Nivelles. Alcune reliquie della santa vennero portate nel monastero di Santo Stefano di Tulle. Berlinda è una delle sante più popolari e più venerate nel Belgio. Viene considerata come speciale patrona contro varie malattie, in particolare di animali e, soprattutto, dei bovini; la santa è perciò particolarmente popolare nell'ambiente agricolo. Specialmente nel tempo di Pentecoste vari pellegrinaggi di contadini dalla Fiandra, dal Brabante e dall'Hainaut si recano a Meerbeke al sepolcro della santa. Berlinda viene festeggiata al 3 febbraio, specie nell'Ordine benedettino e nella diocesi di Gand, talora assieme alle consorelle Celsa e Nona. Venne ricordata anche in altre date, il 3 maggio, il 3 settembre, il 29 ottobre, in ricordo di varie traslazioni.


4 febbraio

Beata Agnese di Büren

La beata Agnese di Büren è stata una badessa di Gnadenthal vissuta tra il XIV e XV secolo. Era la figlia di un patrizio bernese, che da anziano si fece monaco benedettino, ricevendo anche gli ordini sacerdotali. Agnese da giovane decise prendere l’abito cistercense e di entrare nel monastero di Gnadenthal. Divenne badessa del monastero nell’anno 1400. Dopo una vita vissuta all’insegna della virtù e quale esempio di santità per tutte le monache, morì in un anno sconosciuto. La badessa Agnese fu venerata da sempre come una  anta da i suoi contemporanei. La sua tomba era diventata meta di numerosi pellegrinaggi. La beata Agnese di Büren, nel martirologio cistercense era ricordata e festeggiata nel giorno 29 marzo.

Beati Alfonso de Meneses e Dionisio de Vilaregut

Nel convento di S. Eulalia in Monpellier (Francia), i due mercedari, Beati Alfonso de Meneses e Dionisio de Vilaregut, testimoniarono la fede in Cristo con il loro esempio di vita dedita alle cose divine. Chiamati anche all’opera di redenzione a Jàtiva e Granada, liberarono 316 schiavi dalle mani dei mori. Infine con la stessa età e stessa santità andarono in cielò.
L’Ordine li festeggia il 4 febbraio.

Santa Ammonisia

Il piccolo centro valsesiano di Scopa venera come sua compatrona di questa santa, le cui reliquie, come attestato dall’autentica che ne dichiarava il recupero dalla catacomba di Priscilla nel 1750, giunsero nella parrocchia, chiesa matrice di tutte le comunità della Val Grande, tramite i fratelli Giovanni Antonio e Pietro Antonio Pianazzi, la cui famiglia era emigrata da alcune generazioni a Roma. La data d’arrivo della reliquia è il 1755, come riportato sull’iscrizione di una lapide presso l’altare della santa e fu sistemata nella cappella di San Marco; come testimonia il Lana, ancora nel 1840, le ossa erano visibili all’interno di una piccola urna di legno, posta sopra l’altare, che a stento le conteneva. Soltanto nel 1880, per la sensibilità dell’allora pievano don Giuseppe Canziani, esse furono ricomposte in una figura di cera ricoperta da un vestito realizzato dalle ragazze del paese, che fu poi collocata in un’urna più grande. Contemporaneamente si provvide anche a conferire un nuovo assetto, seppur risultato poi poco armonioso, all’altare dove si doveva riporla, che da allora s’intitolò ad Ammonisia. Riguardo alla presenza di questa presunta martire, invocata a Scopa come protettrice dalle inondazioni del Sesia che scorre poco lontano dalla chiesa, va ricordata la violenta contestazione, organizzata da un gruppo di locali esponenti della massoneria, in occasione dei solenni festeggiamenti indetti per inaugurare gli interventi sopra descritti. L’accusa mossa al clero della parrocchia era quella di aver creato un nuovo oggetto di superstizione, promovendo il culto ad una santa inesistente per ricavarne un profitto economico, derivante dalle numerose offerte elargite per la copertura delle spese effettuate. L’episodio s’inquadra in quel clima di diffuso anticlericalismo, più o meno manifesto, che fu presente in ambito valsesiano dalla fine dell’ottocento fino al primo conflitto mondiale e che i parroci locali cercarono di arginare con una riproposta di diversi elementi devozionali: culto mariano, culto eucaristico e venerazione dei santi locali, rispondendo alle provocazioni attraverso l’organizzazione di concrete manifestazioni di fede, quali pellegrinaggi, processioni e la pubblicazione di testi devozionali. Del corpo santo di Ammonisia si è occupato brevemente padre Antonio Ferrua, interpellato nel 1987 dal parroco locale per avere ulteriori notizie circa la presunta martire. Le ricerche compiute dal religioso gesuita hanno permesso di risalire a quello che, con molta probabilità, è l’epitaffio originario posto a chiusura del loculo da cui fu estratto il corpo poi fatto pervenire a Scopa. Il testo, pubblicato dal Ferrua stesso in edizione critica, riporta il nome originale della defunta: Artemisia, modificato per ragioni cultuali in Ammonisia, l’iscrizione, infatti, così riporta: III – NON – MAR – ARTEMISIA – IN PACE. Sulla stessa superficie figuravano anche sei monogrammi costantiniani ed una palma, allora interpretata, similmente al presunto “vaso di sangue” visibile nell’urna, come segno certo dell’avvenuto martirio, del quale manca invece ogni accenno nel testo riportato. A partire dal 1880 la devozione nei confronti di Ammonisia s’incrementò notevolmente tra la popolazione di Scopa, che da quell’anno dedicò ufficialmente alla santa una festa annuale. Inizialmente la ricorrenza era celebrata la prima domenica di marzo, fu poi anticipata alla prima di febbraio per permettere la partecipazione degli emigranti che, ritornati in autunno, ripartivano in primavera; ancora attualmente, in tale occasione, l’urna è portata in processione lungo le strade del paese.

Beata Angela Serafina Correggiari

La beata Angela Serafina Correggiari è una monaca domenicana vissuta tra i secoli XV e XVI: Nel volume “Vite de’ santi e beati del sacro ordine de’ frati predicatori” di S. Razzi, del 1577, è riportato l’unico testo sulla beata, sul quale si basano tutti i brevi saggi degli agiografi posteriori. Angela Serafina nacque a Ferrara nella seconda metà del Quattrocento, discendente di una nobile ed antica famiglia originaria dell'Emilia-Romagna. Giovanissima entrò tra l monache domenicane nel monastero di Santa Caterina martire di Ferrara, dove vissero anche le Beate Cecilia, Paola Spezzani, Perpetua Sardi, Veronica e Costanza. Viene ricordata come una donna “bellissima di volto ma d’anima assai più bella, che per le relazioni dei Confessori, non si marcò giammai di peccato mortale. Fu così di rare e oneste maniere che trasse a sé meravigliosamente i cuori d’ognuno”. Inoltre i suoi confessori lasciarono questa testimonianza su di lei: “visse in continuo e raro fervore di spirito che non scemò mai per infermità di corpo né per sinistro avvenimento”. Era ricordata come una monaca assidua nella preghiera tanto da “congiungere la sera con mattino”. Angela Serafina fu eletta priora del monastero. Carica che mantenne per pochi mesi, perché come aveva predetto morì il girono, 4 febbraio 1512. Sulla sua morte li agiografi raccontano: “fu vista una schiera di angeli che vennero ad incontrala per condurla in cielo”. Morta in concetto di santità, fu subito oggetto di culto visti i resoconti dei numerosi miracoli compiuti per sua intercessione. Nel “Sagro diario domenicano, nel quale si contengono le vite dei Santi, Beati e venerabili dell’ordine dei Predicatori” la beata Angela Serafina Correggiari è ricordata nel giorno 4 febbraio, anniversario della sua morte.

Sant' Aventino di Chartres

Secondo il catalogo episcopale di Chartres, Aventino fu il quattordicesimo vescovo di quella diocesi. Egli prese parte al concilio di Orléans del 511 e morì prima del 533. I suoi resti mortali, scampati alla distruzione nel 1793, nel 1854 furono trasferiti nella chiesa di Santa Maddalena di Chàteaudun. Il nome di Aventino ricorre anche nella tradizione concernente san Solenne, vescovo di Chartres. Questi, infatti, si sottrasse con la fuga alla dignità episcopale e in sua vece fu consacrato Aventino, suo fratello. Il fuggiasco, però, raggiunto, fu insediato e Aventino si ritirò allora a Châteaudun, per riprendere in seguito la sua carica dopo la morte di Solenne. La festa di Aventino si celebra il 4 febbraio nelle diocesi di Chartres e di Tours.

Sant' Aventino di Troyes

Nasce in Gallia, nella seconda metà del V secolo, a Bourges. Grazie all'educazione cristiana ricevuta, fin da giovane Aventino viene additato come modello. Da adolescente fa visita al vescovo san Lupo di Troyes che nell'anno 451 ha salvato la città dall'invasione di Attila offrendosi come ostaggio. Il presule lo tiene con sé come collaboratore. Insieme i due santi riscattano quanti più prigionieri stranieri di guerra possono, prendendosi cura di questi uomini resi schiavi. Lupo muore nel 479 e gli succede san Cameliano, che nomina Aventino economo. Questi però decide di ritirarsi a vita eremitica. Sebbene non sia incline alle cariche di comando, dopo poco tempo viene eletto superiore della comunità dove è stato accolto. La sua fama, però, va nuovamente diffondendosi tra la gente che spesso lo visita. Decide così di ritirarsi in un luogo solitario lungo la Senna, a sette miglia da Troyes. È il vescovo Cameliano a conferirgli gli ordini sacri. Vive l'ultimo periodo della vita celebrando la Messa nei pressi della sua capanna, per gli abitanti del posto. Muore nel 538. (Avvenire)


5 febbraio

Sant' Agata

Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell'editto di persecuzione dell'imperatore Decio, l'accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, l'uomo imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede: Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l'esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251.

Beata Adelaide di Münster

La famiglia costruì un monastero a Vilich, in Germania, di cui divenne badessa. Adottò la Regola benedettina delle monache di Santa Maria in Capitolio di cui era badessa la sorella: alla morte di lei, i due monasteri furono affidati ad Adelaide. È venerata anche in Francia, con il nome di Alice.

Sant' Agata

Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell'editto di persecuzione dell'imperatore Decio, l'accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, l'uomo imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede: Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l'esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251.

Sant' Albuino di Bressanone

Santi INGENUINO e ALBUINO, vescovi di Sabiona-Bressanone. Sebbene vissuti ad oltre tre secoli di distanza l'uno dall'altro, fin dagli ultimi anni del secolo XII la loro memoria è celebrata insieme al 5 febbraio, dies natalis di Albuino; allo stesso giorno sono ricordati nel Martirologio Romano, ma con i nomi, rispettivamente, di Genuino e Albino. Ingenuino è il primo vescovo storicamente documentato della diocesi di Sabiona, e visse al tempo di san Gregorio Magno. Verso il 590 partecipò al sinodo di Merano insieme con altri vescovi del patriarcato di Aquileia, e l'anno successivo sottoscrisse la lettera scismatica all'imperatore Maurizio contro la condanna dei Tre Capitoli. Sembra tuttavia che Ingenuino, come i suoi colleghi, fosse in buona fede, dal momento che seguiva la condotta del suo patriarca. Durante il suo governo, Sabiona fu invasa dai Longobardi ariani e dai Bajuvari pagani che riuscirono a prendere la rocca e devastarono la cattedrale. Ingenuino dovette fuggire dalla città e trovò rifugio dapprima presso il vescovo Agnello di Trento e poi presso Severo di Aquileia. Pare che più tardi sia ritornato a Sabiona dove morì verso il 605. Le più antiche notizie del suo culto risalgono al secolo X e all'inizio del secolo XI a lui era dedicata, insieme con san Cassiano, la chiesa di Sabiona. Alla fine dello stesso secolo le sue reliquie furono portate a Bressanone. Albuino, discendente dalla nobile famiglia degli Ariboni, molto potente e diffusa nella Carinzia, nacque nella prima metà del secolo X dal margravio Albuino e da Ildegarda. Da giovane frequentò le scuole del duomo di Bressanone, entrò tra il clero e divenne vescovo della città verso il 975. Durante il suo governo acquistò molti beni donati sia alla sua famiglia sia dagli imperatori Ottone II ed Enrico II, di cui Albuino era molto amico. A lui si attribuisce il trasferimento della sede episcopale di Sabiona a Bressanone e la traslazione delle reliquie di Ingenuino. Morì il 5 febbraio 1005-1006, dopo circa tenta anni di episcopato. Alla fine del secolo XI era già venerato come santo ed associato ad Ingenuino; il beato Artmanno riunì le reliquie di ambedue sotto lo stesso are, e da quel tempo i loro nomi furono inseriti insieme al 5 febbraio, in calendari e martirologi, mentre il loro culto si estendeva nelle diocesi di Trento, Frisinga ed Eichstaett. Le reliquie dei due santi sono conservate sull’altare di san Cassiano nella basilica di Bressanone, mentre le teste sono custodite in due reliquiari d’argento, di cui particolarmente artistico quello di Ingenuino, opera del maestro Enrico di Bressanone, del 1504. Essi sono invocati specialmente in tempo di siccità. Iconografia Le più antiche rappresentazioni artistiche dei due santi risalgono al 1350 circa e si trovano nella chiesa di san Giovanni di Bressanone e nel vicino chiostro. Un affresco del secolo XV, nel Museo diocesano, li riproduce insieme con san Cassiano e il beato Artmanno; nello stesso Museo si conservano due busti in legno del 1490 attribuiti a Hans Klocker: quello di Albuino è senza attributi specifici, mentre in quello di Ingenuino il santo è con un grappolo d'uva poiché, secondo la tradizione, egli avrebbe introdotto la coltivazione della vite nella valle dell'Isarco. Le loro immagini sono ancora riprodotte nel grandioso affresco della cattedrale di Bressanone, opera di Paolo Troger e capolavoro del barocco tedesco del 1750, ed in quello della chiesa del Seminario maggiore, dipinto da A. Zeiler nel 1764. Autore: Johannes Baur  

Sant' Alice (Adelaide) di Vilich

Nata verso il 960, Adelaide fu mandata dai genitori a studiare presso le canonichesse di San Gerolamo del monastero di Sant'Orsola a Colonia. La morte in battaglia di un fratello, caduto nel 977 contro i Boemi, fece sì che i genitori usassero la parte di eredità che a lui spettava per costruire un monastero a Vilich, presso Bonn, designando proprio Adelaide come prima badessa. Nonostante la giovane età governò con saggezza. Dopo la morte della madre (994), adottò la Regola di san Benedetto, aiutata dalle monache di Santa Maria in Capitolio a Colonia, di cui era badessa la sorella Bertrada. Quando anche questa morì, il vescovo di Colonia sant'Eriberto volle Adelaide alla guida di entrambi i monasteri. Dotata di doni mistici, alla sua intercessione sono attribuiti molti miracoli. Morì a Colonia nel 1015 ed è sepolta a Vilich. Il culto è diffuso anche in Francia, dove è nota con il nome di Alice. (Avvenire)

Sant' Avito

Avito fu arcivescovo di Vienne dal 494 circa al 5 febbraio 523. Apparteneva a un'importante famiglia gallo-romana imparentata con l'imperatore romano Avito e altri illustri personaggi e che si tramandava gli onori ecclesiastici (il padre Isichio era stato prima di lui vescovo di Vienne). In un periodo difficile per la Chiesa nella Gallia meridionale, Avito si impegnò alacremente e con successo nello sradicamento dell'arianesimo tra i burgundi. Riuscì a vincere le resistenze di re Gundobado e a convertire il figlio, re Sigismondo (516-523). Avito presiedette il Concilio di Epaon nel 517.


6 febbraio

San Paolo Miki e compagni

Nato a Kyoto nel 1556 in una famiglia benestante e battezzato a cinque anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il primo religioso cattolico giapponese. Diventa un esperto della religiosità orientale e viene destinato, con successo, alla predicazione, che comporta il dialogo con dotti buddhisti. Il cristianesimo è penetrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi, percorrendo continuamente il Paese. Nel 1582-84 c'è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi. Ma proprio Hideyoshi capovolge la politica verso i cristiani, diventando da tollerante a persecutore. Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di San Francesco. E insieme a tutti loro viene crocifisso su un'altura presso Nagasaki.

Sant' Alfonso Maria Fusco

Alfonso Maria Fusco, nativo di Angri, a undici anni entrò nel Seminario della diocesi di Nocera-Sarno e venne ordinato sacerdote il 29 maggio 1863, domenica di Pentecoste. Si distinse per l'assiduità al servizio liturgico e per la paternità con cui accoglieva quanti si dirigevano al suo confessionale. Seguendo un’antica ispirazione, risalente ai primi tempi del suo sacerdozio, il 26 settembre 1878 fondò la Congregazione delle Battistine del Nazareno, poi Suore di San Giovanni Battista, il cui carisma consiste nel vivere la relazione sponsale con Gesù, al servizio dei piccoli e dei poveri, preparandogli la strada come il Battista attraverso l'istruzione e l'evangelizzazione dei bambini e dei giovani. Morì ad Angri la mattina del 6 febbraio 1910, a poco meno di 80 anni. È stato beatificato da san Giovanni Paolo II il 7 ottobre 2001. Il 26 aprile 2016 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto di approvazione di un ulteriore miracolo per sua intercessione, aprendo quindi la strada alla sua canonizzazione, che è stata celebrata il 16 ottobre 2016.

Sant' Amando di Maastricht

La cittadina olandese di Maastricht, nota oggi per il trattato europeo, ha avuto nei primi secoli cristiani un santo vescovo, Amando. Nato intorno al 584 nel Poitou, fu monaco sull'ìsola di Yeu ed eremita a Bourges prima di iniziare, a 45 anni, una lunga missione itinerante. Ordinato vescovo, ma senza una sede fissa, predicò il Vangelo nelle Fiandre, tra gli slavi lungo il Danubio e nella regione di Anversa. Qui ebbe difficoltà a convertire quei popoli, nonostante l'appoggio dei re franchi. Attento alla

Sant’ Amanzio di Saint-Trois-Chateaux

Amanzio di Saint-Trois-Chateaux è un santo francese. Onorato nella diocesi di Saint-Trois-Chateaux, in molti ritenevano che fosse il decimo nella lista dei vescovi, prima di San Florenzio. Di lui non sappiamo nulla. L’unica traccia circa il suo culto era un’abbazia del X° Secolo, a lui dedicata che si trovava a pochi chilometri dalla città. Non sono rimaste nemmeno le sue reliquie, perché sono state bruciate dai calvinisti nel 1561. In città era onorato e festeggiato nel giorno 6 febbraio.

Beato Angelo da Furci

Entrò tra gli Agostiniani di Vasto. Studiò a Parigi ed insegnò nello Studio generalizio dell’Ordine agostiniano di Napoli. Fu Provinciale della Provincia napoletana. Si distinse come teologo e oratore e diede sempre un singolare esempio di umiltà.

Beato Antimo da Urbino

Francescano, fratello germano del b. Giovanni, menò vita eremitica e morì a Saltara, nel territorio di Pesaro, nel 1438. E' festeggiato il 6 febbraio. Alcuni gli attribuiscono il nome di Antonio.


7 febbraio

Beato Adalberto (Wojciech) Nierychlewski

Wojciech Nierychlewski nacque a Dabrowice, nei pressi di Lodzkie in Polonia, il 20 aprile 1903. Sacerdote della Congregazione di San Michele Arcangelo (Micheliti), al tempo del regime militare nazista contrario alla dignità umana ed alla religione, fu arrestato nell’ottobre del 1941 e deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, nei pressi di Cracovia. Qui, a causa della sua fede in Cristo, morì a causa delle atroci torture subite il 7 febbraio 1942.
Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 elevò agli onori degli altari ben 108 vittime della medesima persecuzione nazista, tra le quali il Beato Adalberto Nierychlewski, che viene dunque ora festeggiato nell’anniversario del martirio.

Beato Alfredo Cremonesi

Alfredo Cremonesi nacque a Ripalta Guerina, in provincia di Cremona e diocesi di Crema, il 16 maggio 1902. Entrò nel Seminario diocesano, ma negli anni del liceo si ammalò gravemente di linfatismo, una malattia del sangue. Una volta guarito, certo che a intercedere per lui fosse stata santa Teresa di Gesù Bambino, passò al Seminario per le missioni estere di Milano nel 1922. Fu ordinato sacerdote il 12 ottobre 1924; un anno dopo partì per la Birmania, l’odierno Myanmar. Ancora dopo un anno gli fu assegnato il distretto missionario che comprendeva anche il villaggio montano di Donoku. Seguì le vicende politiche birmane restando accanto alla popolazione, sia durante l’occupazione giapponese, sia quando il Paese si rese indipendente. In quell’ultima fase, però, cominciò a essere visto con sospetto. Il 7 febbraio 1953 le truppe governative arrivarono a Donoku: il missionario, in un estremo tentativo di difesa della sua gente, venne colpito mortalmente, con raffiche di mitra. Il suo corpo fu sepolto nel cimitero della missione di Donoku. La diocesi di Crema ha seguito la fase iniziale della sua causa di beatificazione dal 18 giugno 2004 al 9 giugno 2005, dopo il trasferimento di competenza dalla diocesi di Taungngu, ottenuto il 4 marzo 2004. Gli atti del processo diocesano, che ha avuto anche delle sessioni a Taungngu, sono stati convalidati il 9 febbraio 2007. I Consultori storici della Congregazione delle Cause dei Santi hanno espresso il proprio parere il 13 maggio 2014. Dopo la presentazione della “Positio super martyrio”, i Consultori teologi, l’8 febbraio 2018, si sono espressi a favore del riconoscimento del martirio di padre Alfredo. La sessione ordinaria dei vescovi e cardinali membri della Congregazione delle Cause dei Santi, il 5 marzo 2019, si è conclusa con esito pienamente favorevole. Il 19 marzo 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Alfredo veniva ufficialmente dichiarato martire. La sua beatificazione è stata fissata al 19 ottobre 2019, nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Crema, col rito presieduto dal cardinal Becciu come inviato del Santo Padre.

Sant’ Amolovino

San Amolovino, nel volume “Anno Benedettino ovvero de’ Santi dell’ordine di S. Benedetto distribuite per ciaschedun giorno dell’anno. Opera tradotta dal francese nello idioma Italiano. Tomo primo Gennaio e febbraio. Pubblicato a Venezia nel 1727 presso Francesco Storti, è definito vescovo e abate di Laubes. Sappiamo che sant’Amolovino è vissuto nell’VIII secolo, ma non abbiamo alcuna certezza circa il fatto che fosse vescovo e abate di Laubes. Nel leggendario della sua congregazione, sant’Amolovino è un benedettino che viene ricordato per la sua profonda preparazione e la sua dottrina, e molto più per il suo zelo nella disciplina monastica. Benedettino esemplare, si “ricorda che la sua più grande virtù era il disprezzo per il mondo e che amava tutte quelle virtù che concorrono alla formazione dei santi”. Su sant’Amolovino è rimasto un elogio tratteggiato dall’abate Tritemio, nel quale si ricorda che la terra perdette questo grande santo nell’anno 770. Il suo corpo santo si trova a Binche. Negli annali benedettini Sant’Amolovino è ricordato nel giorno 7 febbraio.

Beata Anna Maria Adorni

Nella vita di Anna Maria Adorni c’è un episodio che la fa rassomigliare a santa Teresa d’Avila: la fuga da casa, a 7 anni, assieme a una compagnetta, col desiderio di andare lontano lontano (la piccola sognava le Indie) per salvare anime. La situazione familiare non le permise subito di consacrarsi a Dio, come avrebbe desiderato, ma la vita coniugale e familiare fu da lei vissuta con pienezza di dedizione. Rimasta vedova a 39 anni, decise di consacrarsi alla carità, pur restando nel mondo, dedicandosi all’assistenza volontaria nelle carceri femminili. In tale opera seppe coinvolgere altre dame, fino a fondare una 'Pia Unione di dame visitatrici delle carceri'. Al lavoro dentro il recinto carcerario, si affiancò poi la gestione di una 'Casa del Buon Pastore' per le detenute che venivano dimesse e altre donne in situazione di particolare pericolo o abbandono. Soltanto nel 1857 Anna Maria si decise a fondare una famiglia religiosa, dedita all’assistenza delle 'donne cadute'. Nacque così la Congregazione delle Ancelle dell’Immacolata, oggi diffuse in tutta Italia e nell’Europa dell’Est. A tutte le sue figlie e compagne, madre Adorni dava esempio di dedizione senza limiti, ma riuscendo – come lei stessa gioiosamente affermava – a non interrompere mai la preghiera. Aveva fatto perfino il proposito di agire sempre «con la maggior perfezione possibile», e lo manteneva, come se fosse la cosa più normale del mondo. Per la sua capacità di pregare senza interruzione (come se la preghiera fosse il respiro stesso della sua azione) la chiamavano «Rosario vivente». A tutti diceva: «Se c’è nella vita una persona felice, quella sono io». È stata beatificata nel Duomo di Parma nel 2010.

Beato Anselmo Polanco Fontecha

Nacque nel 1881 a BuenaVista de Valdavia (Palencia- Spagna). A 15 anni entrò nell'Ordine agostiniano nel convento di Valadolid, dove nel 1897 emise i primi voti, poi passò a quello di La Vid (Burgos), dove completò gli studi e celebrò la prima Messa nel 1904. Negli anni 1922-1932 fu nominato priore e provinciale del suo Ordine. Nel 1935 venne nominato vescovo di Teruel. Durante la guerra civile spagnola il vescovo Polanco divenne per la città di Turel divenne un punto di riferimento per molti fedeli. L'8 gennaio 1938 la città fu occupata dall'esercito repubblicano e venne arrestato monsignor Polanco. Per 13 mesi sopportò con pazienza il carcere, organizzando con i suoi compagni di prigionia una intensa vita spirituale, e il 7 febbraio 1939, insieme al suo fedele vicario Filippo Ripoll, fu fucilato e poi dato alle fiamme. Ripoll e Polanco sono stati beatificati da Giovanni Paolo II il primo ottobre 1995. I resti mortali dei due martiri riposano nella cattedrale di Teurel. (Avvenire)

Beato Antonio Vici da Stroncone

Narra Ludovico Jacobilli: « La Patria del B. Antonio fù Stroncone, Terra della Provincia dell’Umbria sotto la Diocesi di Narni; il Padre di lui si chiamò Lodovico della famiglia Vici, e la Madre Isabella ; ambedue timorati da Dio. Fù il B. Antonio da loro allevato in molta Christiana pietà; e fino negli teneri anni cominciò a dar segni di quello che doveva essere: poiché macerava il corpo suo con li digiuni, vigilie, e astinenze; e s’essercitava nell’orationi, e opere virtuose. Pervenuto all’età di dodici anni, fù inspirato da Dio a farsi Religioso de’ frati Minori osservanti de’ Zoccolanti; e andato dal Padre Guardiano del Convento de’ Zoccolanti della sua Patria, lo pregò a riceverlo nell’Ordine. Il Guardiano, laudò la sua buona volontà, e l’essortò a caminare per la strada dell’osservanza de’ Divini precetti: ma vedendolo tanto giovanetto, non volse dargli l’habito, ma l’essaminò, e l’esperimentò più volte con molta prudenza; e trovando esser vera la sua vocazione, lo vestì del sacro abito. Havendo il Beato fatta professione in detto Convento della sua patria; e intesa la fama della santità del B. Giovanni da Stroncone suo Compatriota, e primo Vicario del B. Paolo Trinci da Foligno, Institutore di detta Riforma dell’Osservanza; con facoltà de’ Superiori andò à ritrovarlo in Toscana, ove dimorava: quando il B. Giovanni lo vidde, lo stimò per la poca età, e delicata complessione, ch’haveva, non fusse habile a sopportar le fatiche della religione: ma vedendo la sua costanza, e il gran desiderio, ch’haveva della perfettione; l’ammaestrò, e l’introdusse negli essercitij dell’Ordine; e in quelli egli molto affaticando, per haver poca forza, s’infermò; perilché il B. Giovanni voleva mandarlo al Convento della sua Patria, acciò fusse con più cura sanato. Ma il B. Antonio, ancorché fusse debole di corpo, era però così forte di spirito, che nascondendo la sua infirmità, pregò il B. Giovanni a non mandarlo alla Patria; e ne fu consolato, e riebbe le forze; e crescendo nelle virtù, divenne suo diletto discepolo. Era il Beato tanto umile; e ancorché fusse di famiglia nobile della sua Patria; e sapesse leggere, e fusse habile ad esser Sacerdote; volse però esser sempre frate laico, imitando il suo P.S. Francesco, e il detto B. Paolo Trinci, che non volsero per umiltà esser Sacerdoti: si teneva il più vile, e inutil frate dell’Ordine; procurava con diligenza, e segretezza di far sempre gli essercitij più vili, e bassi del Convento; e finiti quelli ritornava subito alla solitudine, e all’oratione. Gli fù commandato da’suoi Superiori, che andasse all’Isola di Corsica; e ottenuta l’obedienza, e benedittione dal Prelato; partì, e giunse al luogo; e ivi dimorò fin tanto, che dalla medesima obbedienza ne fù levato. Ritornato alla Provincia di S. Francesco, fù mandato ad abitare al Convento delle Carceri; ove dimorò circa trent’anni, abitando per ordinario in una Grotta nella selva di quel Convento, che fino al presente si dice del B. Antonio da Stroncone. Per ventiquattr’anni combatté con la sete del corpo, per la strada, che và dalle Carceri ad Assisi; né mai volse bevere di quell’acqua della fonte, che in quella strada si trova, quantunque molte volte se ne trovasse in gran necessità, volendo mortificarsi, e patir quella sete volentieri, in memoria di quella che patì N.S. per la nostra salute sulla Croce. L’asprezza di vita di questo Servo di Dio fù meravigliosa: poiché andava scalzo senza portar cosa alcuna ne’ piedi; e nelle stragioni estreme di freddo, e di caldo,haveva talmente rotti, e pieni de’ fessure i piedi, che ne riceveva estremo dolore, e poneva compassione, e spavento a chiunque il mirava; e gli bisognava spesso andare da’ Calzolai a farsi poner li punti, ove era stracciata la pelle, e farseli ciscire. Non portò mai l’habito senza tonica sopra le sue carni; e era l’habito povero, e vile. Il suo dormire era breve, il magnare pane, e acqua, la maggior parte del tempo. Nelli primi dodici anni della sua Religione, fra l’altre mortificationi, ch’ei faceva, d’ordine del suo Maestro, una fù, che mille volte il giorno si poneva devotamente con le ginocchia in terra. Nel detto Convento delle Carceri, nel tempo de’ caldi eccessivi, di mezza Estate, egli bevevo acqua fatta con l’assentio, calda, per maggior penitenza; e dicendogli li frati, perché non bevesse l’acqua fresca in questi tempi caldi; li rispondeva esser troppo sensuale al suo corpo. Non mangiava mai carne, né ova, né formaggio; né lasciava però di cercar per li frati, così di queste, come dell’altre cose, che mancavano. Quando andava per viaggio, cercava da mangiare per il compagno; e gli diceva: Fratello mangia quello, ch’hai bisogno, acciò possi obbedire al tuo Prelato; e non guardare a me, perché ognuno non può fare col suo corpo quel che io faccio col mio. Verso il suo corpo era rigoroso, e aspro; e con altri usava gran carità, e compassione. Questo modo di vivere, nel principio gli fù molto duro ad eseguire; ma con la divina gratia tanto s’affaticò, che nel tempo di quattordici anni, virilmente combattendo, vinse in tal modo il senso, che mangiava l’assentio, come saporito cibo, che in fine della sua vita, non pareva trovasse vivanda più saporita al gusto suo, che detto cibo amaro. Passava molti giorni senza mangiar cosa alcuna; in particolare la settimana santa, dal Giovedì santofino alla Domenica di Resurrettione; né era visto in questo tempo se non in Chiesa. Essendo molto vecchio, gli dicevano li frati, che essendo carico d’anni, e di bassezza, mangiasse la carne, o pesce: rispondeva loro, che gli faceva male. E soggiungendoli uno più suo famigliare, come potessero fargli male vivande sì buone? Rispose fanno male all’Anima mia. Il suo principale essercitio era l’oratione, e contemplatione; occupandosi in questo, giorno e notte; non trovando cosa di più suo gusto, e consolatione, che conversare con Dio, che l’amava con tutto il cuore, e sopra ogni cosa: e per poter più esercitarsi in questa sant’opera, procurava quanto poteva star solo, fuggendo le conversationi humane, massime quelle, che discordavano dal suo spirito, e era di rado veduto fra le genti: e con loro conversava per necessità, e con pochissime parole. Godeva molto in ritrovarsi, ove con solennità si celebrava la Messa , e l’offitio, e quivi sì contento stava, che spesso si scordava di mangiare; essendo la divotione il vero cibo dell’Anima sua. Pregava i frati a dire nel Coro di continuo l’offitio Divino, perché in quest’opera più che in altra servivano il Signore. E nel tempo di recitare l’offitio divino, lasciava tutte l’altre cose per trovarsi con li frati nel Coro a laudare la Maestà divina. Stando una volta in oratione gli apparve N.S. Giesù Cristo, e gli disse, che molto gli piaceva la Messa bene illuminata: dopo tal visione, s’affaticò assai, ove si trovava, per poner molti lumi nell’Altare, quando si celebrava Messa, particolarmente nelle solennità del Sig. e della Beata Vergine. Udiva, e serviva le Messe con tanta divotione, e spirituale consolatione, che se si fusse celebrato ogni giorno fino a notte, mai si saria partito di Chiesa per udire, e servire le Messe. Essendo venuto in età quasi decrepita, e vicino a morte; voleva levarsi da letto per udire la messa; li frati lo consigliavano a non far quello, ché non poteva, e che gli saria nociuto alla sua debolezza; esso rispondeva loro: Se sapessivo il guadagno, che fa l’Anima, che devotamente ode la Messa , restarete con grand’ammiratione. Haveva in grandissima veneratione il santissimo Sacramento; e osservò in sua vita, che prima si comunicasse, domandava perdono a tutti li frati del Convento con le ginocchia in terra. L’amor del Prossimo era sviscerato in lui; non stimando asprezza, né qualsivoglia fatica per il bene temporale, e spirituale del prossimo: alli deboli, e infermi procurava diligentemente il loro bisogno; li serviva, e consolava con gran carità. La virtù della patienza talmente possedeva, che con molta tranquillità sopportava le tribolazioni, e persecuzioni, senza lamentarsi di persona alcuna. Vedendo qualche frate tribolato per dispiacere ricevuto, seco ne compativa, e dopo lo confortava, dicendogli: Fratello, bevi, bevi questo calice; camina inanzi; per questa strada è necessario che il Servo di Dio passi, come hanno fatto tutti i veri amici del Signore. Una volta fù accusato al Provinciale, che avesse tagliate trenta vite nell’horto del Convento, ove dimorava; ancorché ne fusse innocente; ma perché era molto zeloso della povertà, giudicarono, che l’havesse tagliate; e essendo perciò dal Prelato ripreso, ch’havesse rovinato le fatiche d’altri, e insieme la consolatione de’ frati, non si scusò, né mostrò segno, che non n’havesse colpa; ma prostrato in terra, ricevé umilmente la reprensione con la penitenza. Parendo al Provinciale, che non scusandosi, egli l’havesse tagliate, gli diede in penitenza, che per ciascuna vite facesse una disciplina, e furono trenta; il che da lui fù fatto con allegrezza, e prontezza, senza mormoratione, e come colpevole; e dopo fù trovato esser innocente, e tutti ne rimasero edificati di lui. Fù castissimo di corpo, e di mente, e dalla Divina gratia preservato Vergine sino alla morte. Stette quarant’anni, che mai vidde faccia di donna. Il che fù di gran maraviglia, e massime nella persona sua, ch’hebbe l’offitio per alcune decine d’anni d’andar elemosinando per li frati di porta in porta. L’otio eta dal Beato fuggito come la peste; e mentre gli avanzava tempo dall’oratione, e servigij del Convento, s’impegnava in far Croci di legno, per haver più nelle mani, e negli occhi la Croce , che nel suo cuore teneva radicata; e queste croci poneva nella selva del Convento e in altri luoghi, ove gli pareva stessero bene. Molte persone mosse dalla santa conversatione, e edificatione, e dal soave odore della sua santità, si diedero al servigio di Dio, con levarsi da peccati, e dall’occasione di essi, e si fecero Religiosi, e altre servirono Dio nel secolo. Et il Signore per li suoi meriti, se compiacque dimostrare molti segni, e miracoli in vita, e in morte per salute dell’Anime. Hebbe fra gli altri doni sopranaturali da Dio quello della profetia, con il quale manifestò molte cose avanti avvenissero. Una donna gli raccomandò suo Marito, il quale doveva andare d’Assisi all’Aquila. Il Beato le disse, che dicesse al Marito, che non si partisse, perché se v’andava, quel viaggio saria la sua morte. Il Marito non stimando il consiglio del B. Antonio, v’andò, e nel ritorno s’ammalò, e morì per la strada. Un huomo aveva talmente rotto la testa, che li Medici lo tenevano per morto. Li parenti lo raccomandarono a lui, che pregasse Dio per la sua salute. Rispose, che l’Infermo non morirebbe di quel male, e così avvenne. Erano morti cinque figli ad una donna maritata, né credeva haverne altri; stando perciò molto tribolata, ricorse al Beato, che volesse ottenerli da Dio un figliuolo. Egli le disse: Va, donna, e habbi pazienza, che sarai consolata. Concepì la donna, e ne seguì a tempo debito l’effetto. Dimorando nell’istesso Convento delle Carceri, disse più volte a que d’Assisi, che s’apparecchiassero per la Croce. Essi l’interrogarono per qual Croce? Rispose, per la Croce della morte; perché in breve Dio ve mandarà sì gran peste, che morirà la maggior parte del Popolo. De lì a u anno, e fù del 1448, si verificò la Profetia : poiché venne sì gran peste in Assisi, nell’Umbria, e nell’Italia, che si votarono le Case. Predisse alcune tribolazioni, ch’havevano da venire; dicendo: Guai a quelli, che non sono bene uniti con Dio. E giunto al fine della sua vita; conoscendo che il Signore lo voleva levare da questo pericoloso Mondo, e condurlo al sicuro porto del Paradiso, cominciò a prepararsi alcuni giorni avanti. Lasciò un libretto da lui usato, ove era scritto l’oratione della dottrina Christiana, e la regola. Dopo manifestò alli frati l’hora del suo transito; e ricevuti con singolar devozione, e esempio li santissimi Sacramenti, se ne passò al Signore soavemente. Questo seguì a di 7 di Febraro l’Anno 1471, nell’età sua d’anni 76 in circa, e An. 64 della Religione, e fù nel Convento di S. Damiano fuor d’Assisi, ove ultimamente era venuto ad abitare, e vi dimorò più anni. Il sacro corpo di lui fù sepolto nella detta Chiesa di S. Damiano, il quale fù da’ frati per un anno tenuto occulto, e con poca veneratione, come si dirà; ma poi fù trasferito in una Cappella eretta a suo honore nella medesima Chiesa; che sino la presente intiero, e incorrotto si conserva, frequentato, e visitato da popoli vicini, e lontani; e da’ Padri Riformati di San Francesco, che vi dimorano, si conserva con molta devozione. Il Signor’Iddio volle mostrare al Mondo quanto gli fusse stato grato, e la gloria, che gli aveva dato, con operar molti miracoli per suo mezzo; e in particolare li seguenti. Un putto di nov’anni, denominato Liberatore d’Assisi, fù da suoi condotto dalla Chiesa della Madonna degli Angeli alla Chiesa di San Damiano; e entrando in Chiesa su l’hora del Vespero, vidde sopra la sua sepoltura un lume, il quale andava crescendo, e un putto gli andava dietro per smorzarlo, e lo splendore andava ogn’hora più aumentandosi. Restò il putto di questa visione maravigliato, e ritornò correndo, e tremando a Casa sua; e raccontò alla Madre ciò che veduto aveva. La Madre udito tal prodigio condusse il figlio al Convento di S. Damiano, e narrò il tutto alli frati, e al B. Giacomo della Marca, che in quel tempo era in quel Convento; il quale disse a i frati: Quel lume apparso alla sepoltura di F. Antonio, denota la sua santità, che vuole N.S. demostrare al Mondo; il putto che lo vuole smorzare sete voi altri frati, che ascondere lo volevate; ma la divina bontà vuole, che si manifesti. Fece subito cavar quel santo corpo dalla sepoltura, ove era stato un anno, e lo trovarono intiero, e senza danno alcuno; e aveva nella palma della destra mano una rosa della medesima carne; la quale veduta dal B. Giacomo, disse ch’era un segnale fattoli da Dio; e postosi con le ginocchia in terra con tutti li frati, baciarono quella mano con abondanti lacrime d’allegrezza; vedendo la gloria del Creatore nella Creatura. Divulgatosi questo miracolo, concorsero molte genti a visitare il suo sacro corpo. Il quale a di 9 Novembre fù trasferito in un nobil deposito elevato nell’istessa Chiesa di S. Damiano; e per li suoi meriti il Signore risanò mol’Infermi da varie malattie. Concorrono a venerarlo gran numero de’ Popoli, conservandosi intiero. Una Monaca Terziaria nobile, essendo stroppiata delle ginocchia in giù; e questo male l’apportava gran dolore; facendo oratione al suo sepolcro, si levò miracolosamente libera. Una putta stroppiata de’ piedi, e delle mani; portata alla sua sepoltura, e facendo oratione, e voto, se ne tornò sana a Casa. Due Donne aggravate da infirmità, raccomandandosi al B. Antonio. Con voti, furono risanate. Et altri molti segni, e miracoli, dimostrò Dio per le sue intercessioni; come si legge nello specchio dell’Ordine Minore, detto la Franceschina , e in molti voti, e offerte appese nel suo sacro deposito. Nel Martirologio Francescano alli 9 di Novembre si leggono di questo beato le seguenti parole: “Assisij in Umbria, B. Antonimi a Stronconio Confessoris, qui virginitatem incontaminatam custodivit, et prophetia dono illustratus fuit; cuius vita santissima, et mors in conspectu Domini pretiosa, multis miraculis acclamatur”» (L. Jacobilli, Vite, I, pp. 203-209).


8 febbraio

San Girolamo Emiliani (Miani)

Fondatore della Società dei Servi dei poveri (Somaschi), Girolamo Emiliani si dedicò a malati, giovani abbandonati e al riscatto delle prostitute. Nato a Venezia nel 1486, intraprese la carriera militare. Nel 1511, in prigionia, maturò la vocazione, similmente a sant'Ignazio ferito a Pamplona. Consacratosi a Dio nel 1518, si prodigò in una carestia e in un'epidemia di peste a Verona, Brescia, Como e Bergamo. Qui, nel paesino di Somasca, nacque l'ordine di chierici regolari. Essi intuirono il ruolo di promozione sociale delle scuole e ne aprirono di gratuite con un metodo pedagogico innovativo. Il fondatore morì di peste nel 1537, mentre assisteva dei malati. Santo dal 1767, dal 1928 è patrono della gioventù abbandonata.

Santa Giuseppina Bakhita

Nasce nel Sudan nel 1869, rapita all'età di sette anni, venduta più volte, conosce sofferenze fisiche e morali, che la lasciano senza un'identità. Sono i suoi rapitori a darle il nome di Bakhita («fortunata»). Nel 1882 viene comprata a Kartum dal console Italiano Calisto Legnani. Nel 1885 segue quest'ultimo in Italia dove, a Genova, viene affidata alla famiglia di Augusto Michieli e diventa la bambinaia della figlia. Quando la famiglia Michieli si sposta sul Mar Rosso, Bakhita resta con la loro bambina presso le Suore Canossiane di Venezia. Qui ha la possibilità di conoscere la fede cristiana e, il 9 gennaio 1890, chiede il battesimo prendendo il nome di Giuseppina. Nel 1893, dopo un intenso cammino, decide di farsi suora canossiana per servire Dio che le aveva dato tante prove del suo amore. Divenuta suora, nel 1896 è trasferita a Schio (Vicenza) dove muore l'8 febbraio del 1947. Per cinquant'anni ha ricoperto compiti umili e semplici offerti con generosità e semplicità.

Beati Alfonso de Riera, Francesco de Aretto, Dionisio Rugger e Francesco Donsu

Questi quattro mercedari, Beati Alfonso de Riera, Francesco de Aretto, Dionisio Rugger e Francesco Donsu, tanto si adoperarono predicando il vangelo in Provenza (Francia), per la conversione degli infedeli e la liberazione dei cristiani. In questa regione morirono nella lode del Signore. L’Ordine li festeggia l’8 febbraio.

San Cutmano

San Cutmano (Cuthmann o Cutmanus), venerato a Fétcamp, visse nel secolo IX. Non sappiamo se fosse irlandese o inglese di nascita; morì a Steninges in Normandia sul finire del IX secolo. C’è una leggenda che ci racconta come San Cutmano e sua madre vivevano in una misera capanna proprio a Steninges, nella più completa povertà. Le sue reliquie erano venerate a Steningers; solo in epoca successiva furono trasferite nell’abbazia benedettina della Santissima Trinità di Fécamp, dove oggi è anche custodita la preziosa reliquia del Santo Sangue. La festa per San Cutmano, nei diversi martirologi, ricorre nel giorno 8 febbraio.

Beato Ermanno da Foligno

Il beato Ermanno da Foligno è un frate minore del convento di Foligno. Negli annali francescani si ritiene che sia natio alla fine del secolo XII e che morì nel 1256. Il beato Ermanno venne sepolto nella cattedrale di Foligno, dedicata a San Feliciano. Si crede che ebbe il dono dei miracoli mentre ea in vita e che molti altri avvennero grazie alla sua intercessione. Nel testo sui Santi e Beati dell’Umbria, stampato proprio a Foligno e scritto da Iacobilli, non si sapeva l’esatta collocazione della sua tomba all’interno della cattedrale. La sua festa era fissata nel giorno 8 febbraio.

San Gaudino di Soissons

San Gaudino (Gaudin o Gaudinus) è stato un vescovo di Soissons vissuto nel VII  e l’inizio del VIII secolo. Nella cronotassi dei vescovi, molto incerta, figura al ventiteesimo posto dopo Landulfo e prima di Bettoleno. In alcuni testi dove sono stati inseriti san Sisto e san Sinicio figura al venticinquesimo posto. La diocesi di Soissons era attestata con il vescovo Domiziano verso la fine del III, anche se il primo vescovo storicamente documentato è Mercurio, il cui nome si trova tra gli atti dello pseudo concilio di Colonia del 346. Non ci sono notizie su questo santo vescovo se non l’attestazione della sua esistenza nel Martirologio Gallicano. La tradizione vuole che sia stato martirizzato perché va disapprovato in maniera perentoria le azioni degli usurai. Egli era contro qualsiasi tipo di vizio e agli usurai rimproverò aspramente la loro avidità. Non sappiamo quale tipo di martirio abbia subito, solo in qualche testo si dice che sia stato annegato. Non sappiamo l’anno in cui nacque e nemmeno l’anno del suo martirio. In tre testi diversi si dice che potrebbe essere morto nel 700, nel 707 o nel 720. Nel testo “Gallia Christiana”, questo vescovo di Soissons potrebbe essere identificato con il vescovo Goduino di Lione, ma anche questa affermazione è priva di alcun riscontro storico. San Gaudino vescovo e martire Martirologio Gallicano viene ricordato nel giorno 11 febbraio, suo presunto “dies natalis”, mentre in altri testi la sua festa è celebrata il giorno 13 febbraio. Nel proprio della diocesi di Soissons è ricordato nel giorno 8 febbraio.


9 febbraio

Sant' Altone

Visse nell'VIII sec., e fondò il monastero di Altomunster o Altenmunster nella diocesi di Freising (Baviera). Ivi, secondo le notizie biografiche, peraltro di scarso valore, del monaco di Othloh (sec. XI), il re Pipino il Breve gli avrebbe donato un terreno boschivo da dissodare; la chiesa del monastero sarebbe stata consacrata da s. Bonifacio. Altone fu considerato scozzese o irlandese, ma il suo nome è chiaramente germanico. È identificabile con l'« Alto reclausus », la cui firma appare in calce a un documento di Freising, forse del 763. La sua festa, dapprima limitata ad Altomunster, Weingarten e Freising, e poi estesa a tutta la Baviera, è celebrata il 9 febb.; in martirologi scozzesi e irlandesi recenti Altone è ricordato il 5 nov. Sono segnalate reliquie di discutibile autenticità ad Altomunster e a Weingarten, e non mancano immagini del santo.

Beata Anna Caterina Emmerick

Da bambina faceva la pastorella ed avvertì la vocazione a consacrarsi al Signore, incontrando però l’opposizione del padre. Durante la sua giovinezza Dio la colmò di grandi doni, quali fenomeni di estasi e visioni, ma a causa di ciò fu rifiutata da varie comunità. Nel 1802, a 28 anni, con l’aiuto dell’amica Clara Soentgen ottenne di entrare nel monastero delle Canonichesse Regolari di S. Agostino di Agnetenberg presso Dülmen. La vita in monastero fu per lei molto dura, perché non era della stessa condizione sociale delle altre e ciò le veniva fatto pesare, come pure le si rimproverava di essere stata accolta dietro insistenti pressioni. Inoltre soffrì di varie infermità ed in conseguenza di un incidente del 1805 fu costretta a stare quasi continuamente nella sua stanza dal 1806 al 1812. Da contadina riusciva a tenere nascosti i fenomeni mistici che si manifestavano in lei, ma nel monastero alcune suore per zelo o per ignoranza la fecero oggetto di insinuazioni maligne e sospetti di ogni genere. Nel 1811 il convento fu soppresso dalle leggi napoleoniche. Anna Caterina Emmerick si mise allora al servizio del sacerdote Giovanni Martino Lambert, nella cui casa, verso la fine del 1812, i fenomeni mistici si moltiplicarono e ricevette le stigmate. Per due mesi riuscì a tenerle nascoste, ma il 28 febbraio 1813 non poté lasciare più il letto, che diventò il suo strumento di espiazione per i peccati degli uomini, unendo le sue sofferenze a quelle della Passione di Gesù. Ebbe visioni riguardanti la vita di Gesù e di Maria, ma soprattutto della Passione di Cristo, da cui ha preso spunto per il suo celebre film il regista Mel Gibson. La mistica fece individuare la presunta casa della Madonna ad Efeso e il castello di Macheronte nel quale sarebbe stato decapitato san Giovanni Battista. San Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Beata il 3 ottobre 2004.

Sant' Ansberto

Nato a Chaussy sull'Epte (Vexin) da famiglia nobile, entrò alla corte di Clotario III e vi divenne referendario. Conserviamo ancora dei diplomi segnati di sua mano. Ma abbandonata prestissimo la corte si ritirò nell'abbazia di Fontenelle, in diocesi di Rouen, diretta allora dall'abate Wandrillo, e vi fu ordinato prete. Dopo che Lamberto, successore di Wandrillo, fu elevato al seggio di Lione nel 679, Ansberto fu eletto abate. Egli era legato da amicizia con sant'Audoeno (fr. Ouen), vescovo di Rouen, e alcuni poemi ne conservano la testimonianza. Gli successe nel 684, ma dovette ben presto abbandonare la sede di Rouen sotto la pressione ostile di Pipino d'Héristal; si rifugiò, allora, nell'abbazia di Hautmont. Morì il 7 febbraio 699, nel momento in cui stava per riguadagnare la città vescovile, essendo stato felicemente risolto il malinteso sorto tra lui e il maestro di palazzo della Neustria. Ansberto è festeggiato il 9 febbraio nel «proprio» delle diocesi di Rouen, Versailles e Cambrai. Le sue reliquie, trasportate a Chartres e poi a Gand, dopo essere state profanate al tempo delle invasioni normanne, furono disperse nel 1528 dai protestanti.

Sant' Apollonia

La sua morte è narrata nella "Historia ecclesiastica" di Eusebio di Cesarea, che riporta una lettera di san Dionigi di Alessandria, testimone dei fatti inerenti la cattura e l'uccisione di Apollonia. Ad Alessandria nell'anno 248 scoppiò una persecuzione popolare contro i cristiani: in uno degli attacchi venne presa anche Apollonia, anziana vergine, impegnata nell'opera di diffusione del Vangelo nella sua città. Le strapparono i denti e accesero un fuoco minacciandola di gettarla tra le fiamme se non avesse rinnegato la fede cristiana, ma Apollonia preferì gettarsi da sola nel rogo e morire.

Sant’ Auedeberto (Autberto, Ausberto o Autbertus) di Senlis

Sant’Auedeberto è un vescovo della diocesi di Senlis. Non sappiamo la sua data di nascita, ci è noto solo, che nasce in Senlis e visse nel VII secolo. Attualmente nella cronotassi ufficiale figura al diciannovesimo posto. Un tempo era segnato al sedicesimo. Nell’elenco dei vescovi figura dopo Aigomaro (presente al concilio Clichy del 627) e Cramberto documentato nel 683. Questo non è da confondere con un omonimo, trentunesimo vescovo di Senlis, consacrato il 12 dicembre 871. Il suo governo nella diocesi di Senlis è documentato da ben quattro firme ad altrettante concessioni ad alcuni monasteri cittadini degli anni 652, 663, 664 e 667. Morì il 9 febbraio, prima del 683. Venne sepolto sotto l’altare maggiore della chiesa di San Regolo. Di lui rimane un rilievo che lo rappresenta con i paramenti episcopali, scoperto nel 1646, tra Senlis e l’abbazia della Vittoria. La leggenda narra che si era ritirato in quel luogo a pregare. La sua festa è stata fissata il giorno 9 febbraio.

Beato Bernardino Caimi

Riguardo al luogo e alla data di nascita di Bernardino Caimi esistono opinioni diverse: da chi lo vorrebbe nato a Milano (Salsa) a chi, più precisamente, indica Alagna Lomellina, dove la nobile famiglia possedeva un castello (Pianzola), da chi lo vuole nato nel primo decennio del XV secolo, a coloro che indicano convenzionalmente il 1425 come periodo della sua nascita. Sicura è comunque la sua presenza nel 1467 e poi ancora nel 1474 nel convento francescano di Sant’Angelo a Milano, nel 1475 è guardiano nella comunità di Lodi, carica che, l’anno seguente, ricoprirà anche nel capoluogo lombardo, sempre nel convento di sant’Angelo: incarichi che confermano come il Caimi fosse uno dei padri più stimati della Lombardia, uomo di grande prudenza e capacità di governo non comuni. La sua fama si diffuse ben presto anche oltre i confini della sua provincia religiosa, come dimostrano gli importanti compiti lui assegnati sia all’interno dell’ordine, sia da parte del pontefice, missino molto delicate che egli portò lodevolmente a termine. Fu commissario dei francescani in Calabria nel 1484 e di territori particolarmente difficili, quali la Bosnia e la Croazia, allora come oggi al centro di conflitti politico – religiosi generati dall’incontro tra il mondo occidentale cristiano e quello orientale islamico, non si dimentichi che nel 1453 era terminato, con la caduta di Costantinopoli, l’impero romano - cristiano d’oriente. Proprio per predicare una crociata contro i Turchi, Caimi venne scelto da papa Sisto IV, che successivamente lo invierà anche ambasciatore presso il re Ferdinando di Spagna. Indubbiamente però egli si distinse maggiormente nel periodo in cui ricoprì, in vari momenti a partire dal 1478, la carica di commissario e custode di Terra Santa, esperienza da cui, come è noto, scaturì in lui l’idea di edificare il Sacro Monte, come esatta riproduzione dei santuari di Palestina che, per i motivi politici sopra ricordati, erano molto difficili da raggiungere dai pellegrini europei. Il nome di Bernardino Caimi rimase così definitivamente legato a Varallo, la ridente città capoluogo della Valsesia dove, a partire dal 1486, egli si dedicò alla costruzione prima del convento e della chiesa della Madonna delle Grazie e poi del santuario stesso fina alla sua morte avvenuta, molto probabilmente, il 9 febbraio 1500 (La data del 1499 è ormai provato essere derivata da un errore di trascrizione, essendo documentato, da una lettera che il 12 agosto di quell’anno egli era ancora in vita.) Attorno alla figura di questo frate, dalla fede schietta e concreta quasi ingenua, si formò un alone di santità che si concretizzò, molto presto, in una forma religiosa di culto: un dato di fatto indiscutibile, comprovato da numerose e sicure testimonianze. Al Caimi viene attribuito ab immemorabili il titolo di beato, un attributo che si riscontra nei testi dei documenti, nelle antiche guide del santuario (dal 1514), e nelle immagini, iscrizioni e statue che lo riguardano. Almeno dal 1514 è in venerazione, presso la cappella del Santo Sepolcro, la reliquia del suo teschio, ed è noto come la ricognizione e la successiva esposizione in un luogo sacro dei resti di una persona era indice di un culto praticato nei suoi confronti, anzi va ricordato che, per tutto il medioevo e fino ai decreti di Urbano VIII, tale atto era gia di per sé il riconoscimento ufficiale della santità dell’individuo. Anche le più antiche testimonianze iconografiche, statue, quadri e affreschi, ritraggono il Caimi con l’aureola a raggi, propria dei beati, mentre reca sulle sue mani il modellino del Sacro Monte. Dai calendari e dalle cronache è documentata anche la celebrazione di due feste annuali in onore del Beato: il 9 febbraio dies natalis ed il martedì di Pentecoste (forse inventio delle reliquie?), celebrate a Varallo con grande solennità e molto sentite dalla popolazione. Nel 1765, ai sacerdoti secolari succeduti ai frati nella custodia del santuario, è intimato, con decreto regio emanato dal senato di Torino, di continuare a celebrare la festa in onore del Beato, la cui soppressione aveva creato forte malcontento tra i fedeli. Che il culto tributato al fondatore del complesso fosse approvato e non solo tollerato dall’autorità ecclesiastica, è provato dalla presenza alle feste in suo onore di alti prelati, che altrimenti sarebbero certo intervenuti per impedire un abuso; del resto anche il Breve di Clemente XI e la Bolla di Sisto V che riguardano il Sacro Monte a fra Bernardino è attribuito il titolo di Beato. Con il passare dei decenni tuttavia diminuì l’attenzione devozionale verso il Caimi, la cui memoria venne perpetuata più all’interno degli studi che non della pratica religiosa, a partire dal dopoguerra il suo nome scomparve dai calendari e i tentativi compiuti, già all’inizio del novecento, per giungere ad una ufficiale sua beatificazione non ebbero seguito. Dal 2002 si è tornati a celebrare solennemente la sua festa, stabilendo alla seconda domenica di ottobre la data della ricorrenza, nell’ottobre del 1491, infatti, venne consacrata la cappella del Santo Sepolcro la prima edificata dal frate francescano sul monte, escludendo sia per motivi climatici il 9 febbraio, a Varallo è ancora pieno inverno, sia per motivi pratici il martedì di Pentecoste, giorno seguente la festa patronale della città dedicata alla Madonna Incoronata. A più di cinquecento anni dalla sua morte, la riproposta del ricordo di Bernardino Caimi richiama a tutti, religiosi e laici, il dovere di essere testimoni di Cristo, crocifisso e risorto, sulle strade del mondo, per far scaturire un rinnovato impegno ecclesiale, sociale e culturale come il degno figlio di Francesco fece tra gli uomini del suo tempo.


10 febbraio

Santa Scolastica

È sera ormai, quel 7 febbraio dell'anno 547, quando san Benedetto da Norcia si alza per concludere il suo annuale incontro con la sorella, santa Scolastica, in quella casetta sotto Montecassino, a metà strada tra i monasteri dei due fratelli. Ma la donna desidera che il suo colloquio spirituale con il fratello si prolunghi e scoppia in pianto: un temporale improvviso realizzerà il suo desiderio, che, come nota Gregorio Magno nei suoi "Dialoghi" nasceva da un amore profondo. Un amore per il Vangelo e per l'esempio del fratello: Scolastica, infatti, nata a Norcia nel 480, aveva camminato assieme a Benedetto verso la vita religiosa monastica. E nella sua vita è racchiuso il contributo del mondo femminile alla nascita del monachesimo occidentale. Morì tre giorni dopo l'ultimo colloquio con il fratello.Scolastica ci è nota dai “Dialoghi” di san Gregorio Magno. Vergine Saggia, antepose la carità e la pura contemplazione alle semplici regole e istituzioni umane, come manifestò nell’ultimo colloquio con il suo fratello s. Benedetto, quando con la forza della preghiera “poté di più, perché amò di più”.

Santa Austreberta

Badessa benedettina. Nasce nel 630 dal conte palatino Badefrido e da santa Frameilde, vicino a Therouanne, nell'antica regione di Artois, oggi nel dipartimento di Pas-de-Calais. Destinata dalla famiglia a un matrimonio da lei avversato, Austreberta si reca da sant'Omero (595 - 670), che le impone il velo da vergine consacrata. In quegli anni il santo, il cui nome latino era Audomarus, era vescovo di Therouanne, dopo aver vissuto per vent'anni nel convento benedettino di Luxeuil. Tornata alla famiglia Austreberta riesce a convincere i genitori della bellezza della strada scelta. Decide così di vivere la propria vocazione entrando nel convento di Abbeville, detto Port-sur-Somme. In poco tempo fu eletta badessa e appoggiò la riforma del convento di Pavilly, dove una leggenda vuole che la santa riesca a domare un lupo affamato e dove tutt'ora esiste una chiesa a lei dedicata. Diventa famosa per le sue visioni e per i miracoli operati. Muore nel 704. (Avvenire)

Santi Caralampo, Porfirio e Bapto

Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna San Caralampo, vescovo di Magnesia in Tessalia, San Porfirio, San Daucto e tre sante donne, martiri sotto l’imperatore Settimio Severo agli inizi del III secolo.

Beata Chiara Agolanti da Rimini

Chiara Agolanti nacque a Rimini nel 1280 in una famiglia molto ricca. Dopo una giovinezza dissipata, segnata anche da molteplici scandali, Chiara si convertì ed intraprese una vita di carità e di penitenza. Alla morte del secondo marito intensificò le sue penitenze fino alla decisione di formare una comunità di vita claustrale secondo la regola di Chiara di Assisi, con alcune donne che nel frattempo si erano unite a lei. Durante questo ultimo periodo della sua vita il Signore le fece dono di elevatissime grazie spirituali. Chiara Agolanti morì il 10 febbraio 1326. Gode del culto di Beata per antica tradizione.

Santa Derlugha di Lemmagh

Santa Derlugha (o Darluga) vergine, probabilmente visse prima del secolo X, a Lemmargh, una località di difficile identificazione fra le molte che portano lo stesso nome. O’Hanlon ritiene che la località si possa identificare con Lawyn, nella contea di Cavan, dove nell’attuale area del cimitero era rimasto il muro della fondazione di una vecchia chiesa e compariva il nome di Lemmargh. Su questa santa vergine non sappiamo nulla. Il suo nome è riportato nei vari martirologi irlandesi associato alla sua commemorazione nel giorno 10 febbraio.

Beata Eusebia Palomino Yenes

Spagnola, nacque e visse nella umiltà. Nella prima giovinezza fu a servizio di diverse famiglie. Entrata nella Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, venne addetta al cucina e ad altri lavori casalinghi. Contemporaneamente svolse un fruttuoso apostolato tra la gioventù. Nel 1931, prevedendo la guerra civile spagnola, si offrì vittima al Signore, che la chiamò a sé dopo lunga malattia. Fu proclamata Venerabile il 17 dicembre 1996 e solennemente beatificata il 25 aprile 2004 da San Giovanni Paolo II. La sua salma riposa a Valverde del Camino. La Famiglia Salesiana celebra il 9 febbraio la sua memoria liturgica.


11 febbraio

Beata Vergine Maria di Lourdes

A Lourdes, ai piedi dei Pirenei, in una grotta sulla riva del fiume Gave, la Madonna apparve a una giovane semplice, delicata, cagionevole di salute, figlia di una famiglia poverissima. L'11 febbraio 1858 a Bernadette Soubirous si mostrò una "signora" molto bella, vestita di bianco, davanti alla quale la ragazza, non sapendo che fare, iniziò a pregare il Rosario. La Vergine si mostrò ancora 17 volte fino al 16 luglio. A febbraio sgorgò la famosa sorgente d'acqua prima inesistente. Il 25 marzo la donna si presentò come l'Immacolata Concezione: la proclamazione del dogma risaliva a quattro anni prima. Penitenza e preghiera: secondo la veggente questo è il cuore del messaggio della Madonna.

Sant' Ardagno (Ardano)

Nel Chronicon Trenorchiense esistono pochissime notizie su di lui, forse perché l'autore di esso riteneva che fosse inutile dilungarsi sul governo di Ardagno, tredicesimo abate di Tournus (Saôneet-Loire), dal momento che il suo ricordo doveva essere ben vivo nella mente dei lettori. Ardagno, succeduto a Barnerio, resse l'abbazia per ventotto anni e possiamo stabilire la sua cronologia per il ricordo di una carestia che sconvolse la regione tra il terzo e il quinto anno del suo governo. Questa spaventosa carestia durò dal 1031 al 1033 e quindi Ardagno sarebbe stato abate dal 1028 al 1056. Ardagno si adoperò con tutte le sue forze per alleviare le sofferenze dei contadini ridotti alla disperazione, distinguendosi per la sua generosità e la sua carità. Durante il suo governo, il monastero ebbe in donazione le chiese di San Giuliano nella diocesi di Ginevra (Annecy) e di San Ferreolo nella diocesi di Vienne. Il corpo di Ardagno, morto nel 1056, fu seppellito nel chiostro della sua abbazia e nel 1140 l'abate Pietro II ne curò l'esumazione e la sistemazione in una cappella a lui dedicata. Nel 1562 gli ugonotti diedero alle fiamme le sue reliquie. Ardagno ebbe immediatamente culto pubblico e a Tournus si celebrarono tre feste annuali: il 13 giugno e il 5 ottobre in memoria della traslazione delle reliquie, l'11 febbraio a ricordo della deposizione. Tuttavia il suo nome manca nei martirologi e i Bollandisti l'hanno collocato tra i praetermissi dell'11 febbraio. Nel nuovo Proprio di Autun la festa di Ardagno è stata spostata al 13 febbraio.

Beato Bartolomeo di Olmedo

Il Beato Bartolomeo di Olmedo, fu il primo sacerdote che arrivò in terra messicana, era giunto in America nel 1516 all’età di 31 anni. Durante la conquista dell’impero azteca vanno molte lodi a questo giovane mercedario per la sua attività che svolse con intelligenza e prudenza in particolari situazioni fra spagnoli ed arborigeni. Portò la devozione alla Vergine della Mercede ai messicani, i quali si innamorarono di essa, portandoli così alla conoscenza di Dio, insegnando i principi della fede predicando instancabilmente. Battezzò più di 2500 arborigeni, fra questi la famosa Malinche, la quale, poiché conosceva la lingua spagnola era interprete di Cortés e le diede il nome di Marina. Il Beato Bartolomeo morì in Messico nel novembre del 1524 all’età di 39 anni e pianto da tutti gli indios fu sepolto in Santiago de Tlatelolco.
L’Ordine lo festeggia l’11 febbraio.

Beata Vergine Maria di Lourdes

A Lourdes, ai piedi dei Pirenei, in una grotta sulla riva del fiume Gave, la Madonna apparve a una giovane semplice, delicata, cagionevole di salute, figlia di una famiglia poverissima. L'11 febbraio 1858 a Bernadette Soubirous si mostrò una "signora" molto bella, vestita di bianco, davanti alla quale la ragazza, non sapendo che fare, iniziò a pregare il Rosario. La Vergine si mostrò ancora 17 volte fino al 16 luglio. A febbraio sgorgò la famosa sorgente d'acqua prima inesistente. Il 25 marzo la donna si presentò come l'Immacolata Concezione: la proclamazione del dogma risaliva a quattro anni prima. Penitenza e preghiera: secondo la veggente questo è il cuore del messaggio della Madonna.

Beata Bertrada

La beata Bertrada è una reclusa che visse nel sec. X, a san Gallo, in Svizzera. Le uniche notizie sulla Bertrada sono contenute negli Annali e nei Necrologium Casus S, Galli, dell’archivio e della biblioteca dell’ex abbazia di san Gallo. La beata Bertrada rimasta vedova, seguì l’esempio di santa Wiborada e divenne una reclusa. Trascorse un anno di probazione in clausura nella chiesa di San Magno. Per evitare la popolazione che era attirata dalla sua fama di santità, la beata Bertrada decise nell’anno 959 o 961, di ritirarsi in una cella nascosta presso la chiesa di San Giorgio sopra San gallo. Non è certo l’anno della sua morte. C’è chi afferma sia avvenuta il giorno 11 febbraio 980, mentre alcuni dicono sia morta nell’anno 986. Il necrologio di San Gallo le assegna il titolo di venerabile, mentre Eccardo IV la definisce una vedova santa. Il ricordo e la festa per la beata Bertrada era fissato nel giorno 11 febbraio.

San Castrense (Castrese) di Sessa

È molto venerato a Castel Volturno (Caserta), dove in agosto in suo onore si tiene una processione lungo il fiume. È ricordato nel «calendario marmoreo» di Napoli, ma poco si sa di lui. È incerto se sia stato vescovo di Castel Volturno o di Sessa Aurunca. Una «passio» lo annovera in un gruppo di dodici o tredici vescovi africani, che nel V secolo approdarono in Campania per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali. Castrense fu, poi, ritenuto martire poiché il suo nome è stato trovato con quello del martire Prisco in alcune pitture. Le reliquie passarono da Sessa a Capua (che lo festeggia il 29 dicembre e la seconda domenica di maggio, data della traslazione). Guglielmo II il Buono, ultimo re normanno di Sicilia, le portò a Monreale. (Avvenire)


12 febbraio

Sant' Antonio Cauleas

Sant’Antonio detto “Cauleas”, patriarca di Costantinopoli, al tempo dell’imperatore Leone VI si adoperò con tutte le sue forze per consolidare la pace e l’unità della Chiesa.

San Benedetto d'Aniane

Il «primo grande padre del monachesimo di stripe germanica», antesignano della riforma cluniacense, era nato come Witiza (Vitizia) nel 750 in una nobile famiglia visigota del Sud francese. Venne mandato a studiare alla corte di Pipino il Breve. Entrò poi nell'esercito di Carlo Magno, combattendo in Italia contro i Longobardi. Qui salvò, a rischio della sua vita, un fratello caduto nel Ticino. Questo fatto lo segnò. Tornò in Francia ed entrò nel monastero di San Sequano, vicino Digione. Ne fu abate, ma i confratelli non sopportavano la sua austerità. Allora lui se ne andò e fondò un suo monastero ad Aniane, presso Montpellier. La comunità fiorì. Morto Carlo Magno, divenne consigliere di Ludovico il Pio. Trascorse gli ultimi anni nell'abbazia di Inden, oggi Cornelimüster, vicino alla residenza imperiale di Aquisgrana, dove morì nell'821. Di lì, nell'817, dettò un esempio di quelle che oggi si chiamano Costituzioni.

San Benedetto Revelli

La sua Vita (Acta SS. Februarii, II, Venezia 1735, pp. 629-31) non è antica, essendo stata composta verso la metà del sec. XVII; il suo autore, però, che è il cistercense Filippo Malabayla, garantisce di riferire solo “quae vel constans concorsque fert traditio, vel pervetustae docent picturae, vel sepulchri antiqua suggerit inscriptio”. Benedetto nacque in un anno sconosciuto della prima metà del sec. IX in un paese della costa ligure non identificato. Si fa il nome di Albenga, di Taggia, in provincia di Imperia, sulla fiumara Argentina, e di Tavole, presso Prelà. Fattosi monaco benettino, visse qualche tempo, insieme con altri eremiti, nella solitudine dell’isola Gallinara, che sorge di fronte ad Albenga, frequentando una chiesa dedicata alla Madonna e a S. Martino. E quando i messi del clero e del popolo di Albenga gli portarono l’annunzio che lo avevano eletto loro vescovo, Benedetto piegò il capo alla volontà di Dio. Del suo episcopato sappiamo solo che fu lungo e ricco di guarigioni miracolose. Morì lontano dalla sua sede, durante un viaggio a Genova o, più probabilmente, in un luogo ancora più a levante. Il suo corpo fu condotto con una nave (indarno inseguita con una bireme dai Genovesi che avrebbero voluto tenerlo nella loro città) al porto di Albenga, accolto trionfalmente dalle autorità e dal popolo. Caricato sopra un carro, tirato da due giovenche, il corteo si mosse alla volta della cattedrale, dove era stato deciso di inumarlo. Ma gli animali, giunti davanti alla chiesa di S. Maria de Fontibus, appartenente ai monaci di s. Benedetto, si fermarono, né fu più possibile farli avanzare di un passo. Nel fatto si vide un segno della volontà del presule di essere sepolto in quella chiesa. E così avvenne. Era l’anno 900. Nel 1409 il corpo fu trasferito in una cappella della stessa chiesa, a lui dedicata, in una tomba di marmo. Nel 1614, crollata la vecchia chiesa e innalzatane una nuova, fu posto dentro un’elegante cassa di legno, esposta alla venerazione del popolo. Benedetto si festeggia in Albenga il 12 febbraio: viene portato in processione, oltre alla cassa, un reliquiario con un braccio del santo.

San Damiano d'Africa

Nel Martirologio Romano è commemorato il 12 febbraio con la generica indicazione "in Africa" che ricorre anche in alcuni codd. del Geronimiano (Bernense, Wissemburgense), mentre in altri (Eptèrnacense) il luogo del martirio è, più precisamente, Alessandria. Ovunque è detto "soldato" e in alcuni codd. gli sono affiancati come compagni due bambini, Modesto e Ammonio, probabilmente secondo le indicazioni di una perduta passio. Nulla di sicuro è possibile dire sulla figura di Damiano, sconosciuta alle altre fonti agiografiche. Il Delehaye pensa a un'identificazione col noto compagno di Cosma: la commemorazione del 12 febbraio ricorderebbe la dedicazione della basilica di Cosma e Damiano edificata ad Attalia in Panfilia a cura di Giustiniano.

San Damiano di Roma

Fara Novarese, centro situato lungo la strada che collega la Valsesia a Novara ai piedi della collina morenica che giunge fino a Briona, venera, con grande devozione, come suo santo patrono San Damiano. Le sue reliquie furono donate alla comunità dal sacerdote don Francesco Maria Solari, originario di Borgomanero e nipote del parroco di Fara don Marc’Antonio Solari, egli per qualche anno svolse il suo ministero pastorale come cappellano a servizio di don Francesco Marescotti. Successivamente, non si conosce con precisione per quale motivo, il sacerdote si trasferì a Roma dove, in due occasioni differenti, ricevette il dono di diverse reliquie di corpi santi, che furono poi da lui stesso destinati alla sua diocesi. Il 10 novembre 1647, su mandato del vescovo Alessandro Vittrizio, collaboratore del cardinal vicario dell’Urbe Ginetti, furono consegnate al Solari alcune reliquie e l’intero corpo santo di Damiano, provenienti, come anche quelle ricevute il 19 gennaio 1650 per mano del religioso cappuccino Fra Angelo da Borgomanero, dalla catacomba di Calepodio.Tutti i resti ossei furono fatti pervenire, il 14 febbraio 1650, alla curia diocesana di Novara per l’ufficiale riconoscimento canonico, che venne compiuto da Monsignor Gabriele Tornielli vicario generale del vescovo Antonio Tornielli, in vista della loro traslazione alla chiesa di Fara, cui per volontà di don Solari erano stati donati. La comunità provvide alla realizzazione di cinque cassette lignee adatte a contenere le reliquie che furono sistemate il 18 giugno del 1651, per opera di don Alessandro Pernati prefetto del capitolo della cattedrale; alla cerimonia era presente, oltre al donatore delle reliquie, anche una delegazione di Fara, composta dal parroco don Marescotti e da due rappresentanti laici della comunità: Antonio Porzio e Giovanni Antonio Arienta. Essi trasportarono poi i reliquiari in paese, dove furono collocati in una nicchia ricavata nel muro dell’altare laterale sinistro a fianco dell’altare maggiore, che mutò l’originaria dedicazione alle Sante Anna ed Agata, in quella dei Santi Martiri. Dopo quasi un secolo, durante il quale i fedeli locali iniziarono a nutrire una particolare devozione per le reliquie di Damiano, considerato compatrono accanto ai Santi Pietro, Fabiano e Sebastiano, si decise di comporre i resti in un'unica urna nella forma di un corpo umano, essendo tramontata l’usanza di separare il capo dal resto delle ossa come avveniva nel seicento, quando il cranio era considerato la reliquia più insigne rispetto a tutte le altre parti del corpo. Grazie all’intraprendenza del parroco don Ercole Poroli, nel 1743 si procedette alla ricognizione delle ossa che, ancora in buono stato di conservazione, furono ricomposte anatomicamente, rivestite con un abito dalla tipica foggia di soldato romano e sistemate nella nuova urna appositamente realizzata, come testimonia il verbale redatto il 2 luglio 1744 a conclusione delle operazioni, dal notaio Carlo Francesco Tettoni. Anche l’altare fu rinnovato a partire dall’anno successivo 1745 e fu inaugurato due anni dopo, con solenni festeggiamenti. Ben presto però si fece strada l’idea di costruire, secondo il gusto dell’epoca, un’apposita cappella dove collocare il corpo santo, da realizzare come scurolo sopraelevato su di un lato dell’edificio. I lavori, iniziati nel 1787, si conclusero nel 1801 e furono diretti da Giorgio Oldani di Viggiù, coadiuvato, per l’esecuzione della decorazione parietale e la realizzazione delle statue simboleggianti le virtù cristiane, dal novarese Gaudenzio Prinetti; l’anno successivo 1802 l’urna fu collocata nella cappella dove ancora oggi si può vedere. All’interno dell’urna, invece del ricorrente “vaso di sangue”, è collocata una lucerna di terracotta in ottimo stato di conservazione e proveniente, con molta probabilità, dal loculo catacombale in cui giacevano le spoglie di Damiano. La reliquia di Damiano venerata a Fara fu considerata appartenente all’omonimo santo di cui il Martirologio Romano, su indicazioni già presenti in alcune versioni di quello Geronimiano, fa memoria al 12 febbraio, ponendone il martirio generalmente in Africa o, in alcune versioni, più precisamente in Alessandria e presentandolo come un soldato martirizzato per la sua adesione alla fede cristiana.A prescindere dalla scarsità delle notizie che riguardano questo martire africano, non è testimoniato alcun suo legame con la catacomba romana di Calepodio, da cui proviene con sicurezza il santo in questione. Non offre validi dati storici nemmeno la storia della vita del santo presente nel Libro della Cavatta dal 1739 – 1760, scritta nel 1744 dal sacerdote Pietro Francesco de Comitibus, che si richiama alle tradizionali notizie raccolte negli Acta Sanctorum. Secondo il racconto, Damiano sarebbe stato un soldato romano di stanza in Africa al tempo del sovrano vandalo Trasemondo, per suo ordine martirizzato il 12 febbraio del 504, in un luogo non lontano da Cartagine. Il suo corpo, sepolto da altri cristiani, sarebbe poi stato traslato da “un comandante di corte” in Italia “dopo un lungo viaggio per terra e per mare” e deposto nella catacomba romana, dove venne poi recuperato e destinato alla chiesa di Fara. Non è possibile indicare su quali basi si giustifica un’eventuale traslazione delle sue reliquie a Roma, né dire con più precisione quando e per opera di chi questa sarebbe avvenuta; potrebbe trattarsi forse di uno dei tanti trasferimenti di reliquie, dal Nord Africa alla penisola italiana, compiuti proprio nell’età vandala, ma non se ne trova traccia nei testi antichi. Ugualmente, nella catacomba romana di Calepodio, non è stata ritrovata fino ad oggi qualche testimonianza che ricordi la presenza di una sepoltura venerata riferibile ad un martire di nome Damiano. E’ dunque necessario distinguere tra l’esistenza storica del santo martire africano e quella di un altro santo di nome, proprio o imposto, Damiano, appartenuto alla comunità cristiana di Roma del quali non si possiede alcuna notizia, se si eccettua la sua sepoltura nella catacomba di Calepodio. La comunità farese ha comunque avuto particolare venerazione nei confronti di Damiano, che tutt’ora festeggia due volte l’anno: il 12 febbraio, per l’identificazione di cui si è parlato e la prima domenica di luglio, in ricordo dell’arrivo della reliquia in paese. A scadenza periodica si tennero poi particolari festeggiamenti, che prevedevano anche la processione dell’urna per le strade del borgo: nel 1787, nel 1802, nel 1903 da cui si contarono i venticinque anni tradizionali che portarono a quelle del 1928, del 1953 e del 1978, l’ultima è avvenuta nell’agosto 2003. Anche nell’onomastica personale è evidente la devozione al santo, il cui nome fu imposto, ed in parte lo è ancora, a numerosi individui maschi del luogo. L’iconografia, per altro molto scarsa, ritrae il presunto martire in abiti da milite romano, come si può vedere nell’affresco sulla volta dello scurolo lui dedicato, su quella della navata centrale della chiesa o in altre produzioni della devozione popolare, come immagini o statue. E' venerato a Fara Novarese il 12 febbraio e la prima domenica di luglio.

San Ethelwold di Lindisfarne

Sant’ Ethelwold (Aediluualdus) è un vescovo vissuto tra i secoli VII-VIII. Ricordato come un discepolo di San Cutberto, si fece religioso ed entrò nel monastero di Melrose. In questa comunità divenne prima prevosto e poi abate. Nel 721 dopo la morte del vescovo Ealfrido è stato eletto vescovo di Lindisfarne. Si ritiene sia morto intorno all’anno 740. Dopo i suoi funerali è stato sepolto nella cattedrale. Nell’anno 875, le sue reliquie, con quelle di San Cutberto e altri santi, furono trasferite in Scozia. Tredici anni dopo, nel 883 le reliquie furono portate dapprima a Chester e poi nell’anno 995 a Durham. Anche se non si conosce alcuna festa per questo santo vescovo, in alcuni martirologi la sua memoria è fissata nel giorno 12 febbraio.


13 febbraio

Santi Aimo e Vermondo Corio

Il più antico documento intorno ai santi Aimo e Vermondo è quello conservato in originale alla biblioteca Trivulziana di Milano, che risale all'incirca al 1357, cui si rifecero coloro che ne scrissero, come il Bascapè, il Bugato, il Morigia, il Ferrari e, da ultimo, l'Agrati, che ne ha pubblicato integralmente il testo latino, dando a fianco la traduzione italiana. La tradizione li vuole fratelli, conti di Turbigo sul Ticino, dove fondarono il monastero di S. Vittore. Sospinti da un branco di cinghiali, mentre cacciavano in luogo solitario, ripararono verso levante, nella regione briantea, dove più tardi sorse l'industriosa cittadina di Meda e dove edificarono una chiesa in onore di s. Vittore, alla quale unirono un monastero femminile secondo la regola benedettina. Sepolti in quella chiesa, la loro tomba fu spesso miracolosa e molti, anche da lontano, ottennero segnalati favori e grazie particolari, onde sorse la fama di santità dei due fondatori, che ancora perdura. Il 31 maggio 1581 furono venerati da s. Carlo e da Federico Borromeo, mentre il card. Ildefonso Schuster fece una ricognizione delle reliquie dei due santi nel 1932, quando si celebrarono in loro onore dei solenni festeggiamenti. La loro festa ricorre il 13 febbraio.

San Benigno di Todi

Nacque a Todi. La tradizione ci racconta che fu ordinato sacerdote per la sua rettitudine e la sua bontà, e che affrontò coraggiosamente il martirio durante l’ultima persecuzione di Domiziano e Massimiano. Fu seppellito lungo la strada che conduceva al Vicus Martis, una località che oggi si chiama s. Benigno, dove un tempo fu edificato un oratorio e quindi un monastero benedettino.

Beato Berengario di Assisi

Predicatore nella città di Granada, Valenza e Murcia, il Beato Berengario di Assisi, spesso visitò gli ergastolani portando loro conforto e la parola del Signore. Liberò dalle mani dei saraceni 358 schiavi ed infine con tante opere e pieno di meriti nel convento di Santa Maria Guardia Pratorum, raggiunse la corona della gloria.
L’Ordine lo festeggia il 13 febbraio.

San Carterio di Bourges

San Carterio (Chartier) era un sacerdote di Bourges, vissuto a Lugny presso Chatre  un comune francese situato nel dipartimento dell'Indre nella regione del Centro-Valle della Loira. Su di lui non sappiamo nulla, nemmeno l’epoca in cui visse. In suo ricordo un piccolo paese porta il suo nome (Saint Chartier) San Carterio era menzionato nel calendario di Bourges alla data del 2 febbraio. Nel nuovo proprio della diocesi, San Carterio sacerdote è festeggiato e ricordato nel giorno 13 febbraio.

San Castore

Nacque in un luogo sconosciuto, che talora si è voluto identificare nell'Aquitania o nel Belgio, nel sec. IV. Compiuti gli studi letterari, abbandonò la patria e si recò a Treviri alla scuola del vescovo san Massimino, che lo promosse al diaconato e, successivamente, al presbiterato. Ma poiché si faceva in lui sempre più forte il desiderio di vivere in solitudine, si ritirò a Karden, sulla riva sinistra della Mosella, dove formò dei discepoli ed operò alcuni miracoli. Sembra che sia morto in quel luogo il 13 febbraio, giorno nel quale è celebrata la sua festa. L'11 novembre 836, l'arcivescovo di Treviri trasferì il corpo di Castore a Coblenza, in un monastero edificato dal santo stesso; il giorno dopo consacrò la chiesa in suo onore e vi depose i suoi resti, che il 19 novembre furono onorati da Ludovico il Pio.

Beata Cristina (Agostina) Camozzi da Spoleto

Agostina Camozzi, figlia di un medico, nacque a Osteno (Como). Ebbe un’esistenza molto travagliata. Dopo diverse e contrastanti vicende affettive, intraprese un cammino di conversione e di penitenza per rinnovare profondamente la sua vita. Si recò a Verona dove, decisa a seguire Cristo, assunse il nome di Cristina e si consacrò come agostiniana secolare. La sua conversione fu totale: dedicò la sua vita ad una penitenza eccezionale, alle opere di carità, alla preghiera. Nel 1457 iniziò un lungo pellegrinaggio verso Assisi, Roma e in Palestina. Sulla via del ritorno, giunta a Spoleto, vi morì il 13 febbraio 1458 con fama di santità, confermata dai miracoli. I suoi resti mortali si conservano a Spoleto nella chiesa di San Nicolò, un tempo degli agostiniani. Il suo culto venne confermato nel 1834 da Gregorio XVI. La beata Cristina è un esempio di penitenza e di umiltà per il laicato.


14 febbraio

San Cirillo

Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede, nati a Tessalonica (attuale Salonicco, Grecia) all’inizio del sec. IX, evangelizzarono i popoli della Pannonia e della Moravia. Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica sostennero prove e sofferenze di ogni genere. Papa Adriano II accreditò la loro opera, confermando la lingua slava per il servizio liturgico. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869. Giovanni Paolo II con la lettera apostolica "Egregiae virtutis" del 31 dicembre 1980 li ha proclamati, insieme a San Benedetto abate, patroni d'Europa. (Mess. Rom.)

Santi Cirillo e Metodio

Fratelli, nati a Salonicco nei primi decenni del IX secolo, ebbero stretti rapporti con la Chiesa di Costantinopoli e con l'imperatore bizantino. Dalla capitale orientale vennero inviati in diversi luoghi come evangelizzatori. Ma l'impresa più importante fu in Pannonia e Moravia, dove Cirillo lavorò a un nuovo alfabeto per le popolazioni locali e alle traduzioni dei testi sacri. Metodio fu ordinato vescovo a Roma e morì in Moravia nell'885, 16 anni dopo Cirillo, che, fattosi monaco, era morto a Roma nel'869.
Sono tra i patroni d'Europa, proclamati tali da Papa Giovanni Paolo II nel 1980. Anche se sono ricordati come gli apostoli degli slavi, infatti, la loro opera ha lasciato un seme di unità che abbraccia l'intero continente e supera qualsiasi divisione culturale, linguistica, politica.

San Metodio

Cirillo e Metodio, fratelli nel sangue e nella fede, nati a Tessalonica (attuale Salonicco, Grecia) all’inizio del sec. IX, evangelizzarono i popoli della Pannonia e della Moravia. Crearono l’alfabeto slavo e tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti. Per questa missione apostolica sostennero prove e sofferenze di ogni genere. Papa Adriano II accreditò la loro opera, confermando la lingua slava per il servizio liturgico. Metodio, consacrato vescovo di Sirmio (Jugoslavia) e nominato legato presso gli Slavi, morì a Velehrad (Cecoslovacchia) il 6 aprile 885. Giovanni Paolo II con la lettera apostolica "Egregiae virtutis" del 31 dicembre 1980 li ha proclamati, insieme a San Benedetto abate, patroni d'Europa. (Mess. Rom.)

San Valentino di Terni

La più antica notizia di S. Valentino è in un documento ufficiale della Chiesa dei secc.V-VI dove compare il suo anniversario di morte. Ancora nel sec. VIII un altro documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura. Altri testi del sec. VI, raccontano che S.Valentino, cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, per lo zelante apostolato e per i miracoli che fece, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. Mentre finora la vicenda del Santo era collocata tra il 197, data della sua consacrazione episcopale, ed il 273, data del suo martirio, rendendo difficile pensare che abbia esercitato l’episcopato per oltre settant’anni, ora la data del martirio è stata fissata intorno alla metà del IV secolo. Il suo corpo fu dai discepoli sepolto a Terni, al LXIIII miglio della via Flaminia.

Beati 20 Mercedari di Palermo

A Palermo, i Beati: Stefano Marchesi, lettore di filosofia; Pietro Nolasco e Giovanni Battista Mansa commendatori; Gaspare de Ortega, Giovanni Zorita, Giuseppe Latona, Vincenzo Calderon e Giovanni Battista de Sartis, sacerdoti; Gaspare Fajolo, Adriano Calabrò, Bonaventura Palmerio, Giovanni Ruiz, Vincenzo Bonello, Pietro Salanitro, Pietro Salino, Vincenzo Carrenzo, Andrea Schiafino e Vincenzo Salanitro, coristi; Batilani Marsalio e Michele de la Rosa, conversi, furono vittime della carità durante la peste che devastava la città. Questi mercedari spontaneamente si offrirono ad aiutaregli ammalati e venendo contagiati loro stessi divennero così martiri della carità.
L’Ordine li festeggia il 14 febbraio.

Sant' Alessandra d'Egitto la Reclusa

E' una santa della Chiesa Copta, vissuta probabilmente nella seconda metà del IV secolo e morta verso la fine dello stesso. Le notizie pervenutaci sono fornite per primo da Palladio di Elenopoli (363 - ca. 437) nella “Historia Lausiaca” e poi dalla matrona romana Melania la Giovane (383-439) la quale una volta aveva fatto visita alla reclusa. Nei primi secoli della Chiesa, si sentiva il bisogno, da parte dei penitenti, di trovare forme di mortificazione del corpo, per purificare sempre più lo spirito, così da poter accostarsi di più a Dio in intima unione, senza distrazioni dovute alle necessità e alle cure del corpo. Pertanto si ricercavano anche forme di penitenza, ritenute oggi assurde e inconcepibili, come quella di vivere sopra una colonna, in una grotta, nel deserto, senza sedersi mai, senza parlare con nessuno o come in questo caso farsi murare in un ambiente (reclusione) con sola una piccola apertura per l’introduzione del cibo, affidata ad anime buone, con digiuni più o meno forzosi. Condizioni di vita, diciamo oggi, ‘estreme’ che portavano il più delle volte ad una breve esistenza; Alessandra fu una di queste figure di eremiti, già più rara in quanto donna. Nata ad Alessandria d’Egitto, fin da giovane si era chiusa in una specie di tomba, con una semplice finestra come apertura e che veniva utilizzata per il cibo; visse in questa condizione per dieci anni fino alla sua morte avvenuta il 7 am_ïr (14 febbraio), quindi molto giovane, presumibilmente sui trent’anni. Melania che l’aveva visitata, aggiunge che Alessandra aveva lasciato il mondo per sfuggire alle tentazioni provenienti da un uomo, credendo di salvare così la sua e altrui anima. Il tempo trascorreva pregando, lavorando e meditando sulle vita dei patriarchi, profeti, apostoli e martiri. In un ‘Sinassario’ si legge che Melania la Giovane, la serviva, cioè le procurava del cibo e delle bevande, vestita con un cappuccio da servo e quest’opera di misericordia l’estendeva anche ad altri penitenti del luogo.


15 febbraio

Santi 21 Martiri Copti in Libia

Papa Tawadro, Patriarca della Chiesa Copta, ha annunciato di voler iscrivere i nomi di questi martiri nel Sinassario, l'equivalente del Martirologio Romano per i cattolici, canonizzandoli così e proponendoli alla venerazione quali santi. Il giorno della loro festa sarà l'8 Amshir (15 febbraio secondo il calendario gregoriano).

Beato Acacio (Acacio María) Calleja Santamaría

Acacio María Calleja Santamaría nacque a Yudejo presso Burgos il 7 maggio 1915 e fu battezzato a due giorni dalla nascita. Compiuto l’anno di noviziato, professò i voti a Marsiglia nel 1934, col nome di fratel Acacio. Studiò Lettere e Filosofia nella casa di Barcellona, l’Asilo Durán; di pari passo, era attento alle necessità dei suoi allievi, ubbidiente e innamorato della propria vocazione. La notte del 19 luglio 1936, allo scoppio della guerra civile spagnola, la casa fu assaltata da alcuni miliziani: fratel Acacio fu catturato insieme a un altro religioso e a un gruppo di alunni, ma riuscì a sfuggire all’arresto perché si confondeva con i ragazzi, data la sua giovane età. Visse nascosto in casa di amici e conoscenti e subì varie perquisizioni. Raggiunse poi gli altri due religiosi, che avevano trovato riparo in casa del signor Gregorio Díez Blanco. Il 15 febbraio 1937, fu arrestato insieme a loro, al padrone di casa, a sua sorella e al loro amico Eliseo Moradillo García. I sei prigionieri furono rinchiusi nella “checa” (prigione improvvisata) del monastero di Sant’Elia, poi condotti sulla strada de La Rabassada e assassinati. I loro corpi furono gettati in una fossa comune. Fratel Acacio aveva ventuno anni. Insieme ai suoi compagni di martirio, ad altri religiosi della stessa Congregazione e a quattro suore di due congregazioni distinte, è stato beatificato il 10 novembre 2018 a Barcellona, sotto il pontificato di papa Francesco. La sua memoria liturgica cade il 6 novembre, giorno in cui tutte le diocesi spagnole ricordano i Martiri del XX secolo.

Beato Angelo (Scarpetti) da Sansepolcro

Religioso degli eremiti di Sant'Agostino, nato a Borgo San Sepolcro.

Beato Angelo de la Iglesia Ocina

Ángel de la Iglesia Ocina nacque il 1° ottobre 1913 a Nidáguila, presso Burgos. Fu battezzato lo stesso giorno della nascita. Entrò nella Congregazione di San Pietro in Vincoli nel 1926. Finito il noviziato a Marsiglia, professò i voti l’11 ottobre 1931. Tornò a Barcellona per continuare gli studi e vi risiedette fino al 1936; in quell’anno, già professo di voti perpetui, aveva terminato il secondo anno di Teologia e ricevuto gli Ordini Minori. I miliziani l’espulsero dalla casa di Barcellona della sua Congregazione, l’Asilo Durán, insieme al resto della comunità religiosa. Dopo alcune vicissitudini, fu accolto nella casa del signor Gregorio Díez Blanco, dove rimase fino al 15 febbraio 1937, giorno in cui fu arrestato insieme ad altre persone: due confratelli e i laici che li avevano aiutati. I sei furono rinchiusi nella “checa” (prigione improvvisata) del monastero di Sant’Elia, poi condotti sulla strada de La Rabassada e assassinati. I loro corpi furono gettati in una fossa comune. Fratel Ángel aveva ventitre anni. Insieme ai suoi compagni di martirio, ad altri religiosi della stessa Congregazione e a quattro suore di due congregazioni distinte, è stato beatificato il 10 novembre 2018 a Barcellona, sotto il pontificato di papa Francesco. La sua memoria liturgica cade il 6 novembre, giorno in cui tutte le diocesi spagnole ricordano i Martiri del XX secolo.

Beato Antonio Marini

Dottore in Sacra Teologia e nella stessa facoltà lettore nell’Università di Parigi, il Beato Antonio Marini fu molto celebre nella dottrina e santità. Nel monastero di Santa Eulalia in Montpellier (Francia), ricco di meriti morì nella pace del Signore.
L’Ordine lo festeggia il 15 febbraio.

Beato Bartolomeo Dalmasoni

Il 15 febbraio 1601 quattordici frati minori venivano barbaramente martirizzati da una folla inferocita, aizzata dai luterani al servizio del vescovo di Passau Leopoldo, che assalì la chiesa ed il convento di Santa Maria della neve di Praga. Per il fatto di essere cattolici e in odio alla fede,i religiosi vennero denudati e martirizzati in diversi modi. Federico Bachstein, il capogruppo, fu trafitto con una lancia al cuore. Il maggio 2012 Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il martirio di questi intrepidi testimoni della fede, tra i quali anche l’italiano Padre Bartolomeo Dalmasoni, nato a Ponte S. Pietro, provincia di Bergamo, curava il restauro della chiesa e del convento, predicatore e confessore, insegnava teologia e teneva i dibattiti religiosi.


16 febbraio

Sant' Archinrico di Montmajour

Il suo nome figura in vari atti sin dal 975. Già in carica nel 1000, si ritirò nel 1008 a Garluc; nel 1020 o 1021 partecipò all'elezione di Isarno nel­l'abbazia di St-Victor a Marsiglia: è citato nella Vita Ysarni come « abbas quondam Majoris-Montis, vir altioris ingenii ». Morì in data ignota, probabilmente il 21 ag., ma il 16 febb. se ne faceva solenne commemorazione a Garluc e in quella data è ricordato come beato in varie fonti. Non si han­no tuttavia tracce d'un culto ufficiale.

Santi Elia, Geremia, Isaia, Samuele e Daniele e compagni

Elia, Geremia, Isaia, Samuele e Daniele erano di nazionalità egiziana e convertendosi al cristianesimo assunsero i nomi suddetti di origine bibblica. Si recarono in Cilicia, regione della Turchia meridionale, al fini di visitare e portare conforto ad altri neofiti condannati ai lavori forzati nelle miniere. Con l’avvento al trono imperiale di Galerio Massimiano, si intensificarono le violente persecuzioni contro i cristiani già iniziate dal suo predecessore Diocleziano. Fu così che Elia ed i suoi compagni, una volta sulla strada di ritorno, furono arrestati dalle guardie imperiali presso Cesarea di Palestina. A quel tempo in questa città soggiornava il celebre storico ecclesiastico Eusebio di Cesarea, che riportò la vicenda nella sua opera “Martiri della Palestina”. I cinque furono condotti al cospetto del governatore Firmiliano e, orribilmente torturati, fu chiesto loro il nome e la terra d’origine: Elia elencò i nomi di tutti ed affermò che la loro patria era Gerusalemme, alludendo in tal modo alla loro meta, la Gerusalemme celeste. Infine vennero decapitati il 16 febbraio 310. Secondo la testimonianza di Eusebio, il medesimo giorno furono martirizzati il suo maestro, amico e forse congiunto Panfilo, presbitero, i diaconi di Gerusalemme Valente e Paolo, provenienti dalla città di Iamnia, già incarcerati da due anni, Porfirio, servo di Panfilo, Seleuco della Cappadocia, centurione, Teodulo, anziano servitore della casa del governatore Firmiliano e per ultimo Giuliano della Cappadocia, che essendo entrato in città proveniente dalla campagna proprio quando gli altri martiri venivano uccisi ed accusato di essere cristiano perché ne aveva baciati i corpi, fu condannato ad essere bruciato a fuoco lento. Le vicende di questo secondo gruppo sono narrate a parte su questo scritto nella scheda “San Panfilo e compagni”, in quanto un tempo essi erano commemorati separatamente al 1° giugno.

Beata Filippa Mareri

Nasce dalla nobile famiglia dei Mareri sul finire del XII secolo, nel castello di loro proprietà, in provincia di Rieti. Avviata da san Francesco alla vita di perfezione negli anni 1221-1225, prende la decisione di consacrarsi a Dio con tale determinazione che né le pressioni dei parenti, né le minacce del fratello Tommaso, né le richieste dei pretendenti riescono a rimuovere. Fugge da casa insieme ad alcune compagne e si ritira in una grotta nei pressi di Mareri, oggi detta «Grotta di Santa Filippa» e vi rimane fino al 1228, quando i due fratelli le donano il Castello di loro proprietà con annessa la Chiesa di San Pietro de Molito. La Beata vi si trasferisce con le sue seguaci e vi organizza la vita claustrale secondo il programma di San Francesco per le Clarisse di San Damiano. La cura spirituale del monastero viene affidata al beato Ruggero da Todi dallo stesso san Francesco. Filippa muore nel 1236. (Avvenire)

Santa Giuliana di Nicomedia

Nacque intorno al 285 a Nicomedia, oggi Izmit, in Turchia. Nella sua famiglia d'origine era l'unica cristiana. Suo padre in particolare era un seguace zelante delle divinità pagane. All'età di nove anni, sarebbe stata promessa in sposa al prefetto della città, un pagano di nome Eleusio. Secondo gli accordi raggiunti dalle due famiglie, le nozze si sarebbero celebrate quando Giuliana avesse compiuto 18 anni. Ma quel giorno la giovane disse che avrebbe accettato solo se Eleusio si fosse fatto battezzare. Venne quindi denunciata dallo stesso fidanzato come cristiana praticante. Imprigionata, non tornò sulla sua decisione neppure dopo la condanna a morte. Venne quindi decapitata verso il 305, al tempo di Massimiano. L'iconografia la rappresenta spesso insieme ad un diavolo che la tormenta, ma non mancano le raffigurazioni delle torture da lei subite in vita, come l'essere appesa per i capelli o tormentata con il fuoco.

Beato Giuseppe Allamano

Ebbe san Giovanni Bosco come insegnante e san Giuseppe Cafasso per zio. Ordinato prete a Torino a 22 anni - era nato nel 1851 a Castelnuovo d'Asti - Giuseppe Allamano fu rettore del santuario più caro ai torinesi, la Consolata. Volle fondare un istituto dedicato all'annuncio «ad gentes». Nacquero così nel 1901 i Missionari della Consolata e nel 1909 le suore. Prima prova: il Kenya. Denunciò a Pio X l'insensibilità di fedeli e pastori sulla missione e chiese l'istituzione di una Giornata missionaria mondiale. Lo fece Pio XI nel 1927, un anno dopo la morte di Allamano. E' beato dal 1990.

Beato Mariano Arciero

Il venerabile Marciano Arciero nacque a Contursi (SA) il 26 febbraio 1707; la sua famiglia era molto povera per cui ad otto anni, andò a servizio in casa Parisio, dove uno dei membri, don Emanuele, lo prese sotto la sua personale cura, facendolo collaborare nelle sue missioni, per far insegnare il catechismo ai fanciulli. A 22 anni trasferitasi a Napoli, frequentò la Congregazione Eucaristica, fondata dal gesuita Francesco Pavone di Catanzaro e che aveva preso il nome di “Conferenza”, iscrivendosi il 21 dicembre 1729. Al Collegio Massimo dei Gesuiti, studiò lettere e filosofia, mentre don Emanuele Parisio gl’insegnò teologia e gli costituì un patrimonio, facendolo ordinare sacerdote il 22 dicembre 1731. In breve tempo don Mariano Arciero divenne un modello per il clero napoletano, per la sua inclinazione alla carità, coltivata sin dai primi anni della sua giovinezza, fu apostolo attivo nei fondachi, nei vicoli, nell’ospedale e nell’arsenale. Gennaro Fortunato, canonico della cattedrale di Napoli, divenuto vescovo di Cassano sullo Ionio nel 1729, lo volle nella sua diocesi, dandogli incarichi in piena libertà, sia per le missioni, sia per la costante riforma del clero e degli Istituti religiosi femminili. Dedicava fino a sei ore al giorno all’istruzione dei fanciulli ed alla predicazione, ottenendo strepitose conversioni, la fama della sua instancabile opera superò i confini della diocesi di Cassano, per cui fu invitato a svolgere la sua missione anche nelle diocesi vicine; per questo venne chiamato “Apostolo delle Calabrie”. Il vescovo Fortunato lo nominò prima parroco di Altomonte e poi della chiesa dell’Annunziata in costruzione a Maratea, infine la direzione spirituale delle congregazioni di ecclesiastici e di laici. Particolare cura ebbe per le Clarisse di Castrovillari per le quali costruì un nuovo convento e nella stessa città fondò il “Ritiro delle pentite”, che assisté sempre con aiuti, anche quando lasciò la diocesi di Cassano, infatti dopo la morte del vescovo nel 1751, egli ritornò a Napoli. Il cardinale arcivescovo Sersale gli affidò la guida del Convitto diocesano o terzo seminario e la sorveglianza sulla disciplina del clero. Nel 1768 fu nominato padre spirituale della già citata Congregazione della Conferenza, in tale compito, con l’aiuto di amici e ammiratori fece costruire una chiesa più grande detta dell’Assunta, più adatta per accogliere gli iscritti sempre più numerosi. E in questa chiesa volle essere sepolto quando morì a Napoli il 16 febbraio 1788; santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, la mistica terziaria alcantarina ‘monaca di casa’, vide la sua anima portata in cielo dagli angeli. La salma rimase esposta per tre giorni per il continuo accorrere dei fedeli napoletani, che volevano rendergli l’ultimo saluto e che purtroppo staccavano pezzi dell’abito talare da portar via come reliquie, abito che fu sostituito più volte. Per i numerosi miracoli che avvenivano per sua intercessione, il 15 giugno 1795 iniziò primo processo diocesano e nel 1829 la Congregazione dei Riti autorizzò l’inizio dei processi per la sua beatificazione a Napoli ed a Cassano sullo Ionio. Il 14 agosto 1854 fu dichiarato venerabile con decreto firmato da Papa Pio IX. Nel 1951 dopo la ricognizione, il suo corpo fu trasferito a Contursi, sua città natale, dove è stato beatificato il 24 giugno 2012.


17 febbraio

Santi Sette Fondatori dell'Ordine dei Servi di Maria

Intorno al 1233, mentre Firenze era sconvolta da lotte fratricide, sette mercanti, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della beata Vergine, legati tra loro dell'ideale evangelico della comunione fraterna e del servizio ai poveri, decisero di ritirarsi per far vita comune nella penitenza e nella contemplazione. Lasciate attività, case e beni ai poveri, verso il 1245 si ritirarono sul Monte Senario, nei pressi di Firenze, dove costruirono una piccola dimora e un oratorio dedicato a santa Maria. Molti si rivolgevano a loro per risolvere dubbi e angosce, tanto che essi decisero di dare inizio ad un Ordine dedicato alla Vergine, di cui si dissero Servi - l'Ordine dei Servi di Maria -, adottando la Regola di sant'Agostino. Il 1° dicembre 1717 Clemente XI confermò il culto di Alessio Falconieri, a seguire il 30 luglio 1725 Benedetto XIII fece lo stesso riguardo gli altri sei. Il 15 gennaio 1888 Leone XIII canonizzò tutti i sette primi Padri, sepolti, insieme, a Monte Senario: di San Bonfiglio, guida del gruppo laico e poi priore della nascente comunità; San Bonagiunta, priore tra il 1256 e il 1257; San Manetto, artefice delle prime fondazioni in Francia; Sant'Amadio, anima del gruppo; San Sostegno e Sant'Uguccione, amici tra loro; Sant'Alessio, zio di santa Giuliana Falconieri. La loro memoria al tempo fu fissata al 12 febbraio, in quello che ad oggi è il calendario della forma extraordinaria del rito romano. Con la riforma del Calendario Romano Generale, a seguito del Concilio Vaticano II, la loro memoria è stata posta al 17 febbraio, giorno anniversario della morte di Sant'Alessio Falconieri.

Sant' Alessio Falconieri

Della famiglia dei Falconieri, zio di Santa Giuliana, Sant’Alessio fu esempio fulgido di umiltà e purezza. La sua vita fu una continua lode a Dio. Amava andare per la questua, impegnandosi specialmente a sostenere i suoi frati mandati a studiare alla Sorbona di Parigi. Morì all’età di 110 anni il 17 febbraio 1310. Clemente XI il 1° dicembre 1717 confermò il suo culto, poi Leone XIII lo ha canonizzato insieme agli altri 6 Fondatori il 15 gennaio 1888. L’ultima edizione del Martirologio Romano prima del Concilio Vaticano II ricordava San’Alessio Falconieri Confessore al 17 febbraio. Oggi la festa comune dei Sette Fondatori è al 17 febbraio nella forma ordinaria del rito romano ed il 12 dello stesso mese nella forma extraordinaria.

Beato Antonio Leszczewicz

Il beato Antoni Leszczewicz, sacerdote professo dei Chierici Mariani sotto il titolo dell'Immacolata Concezione della B.V.M. (Mariani), nacque a Abramowszczyzna (Vilnius), Lituania, il 30 settembre 1890 e morì a Rosic, (Polonia) il 17 febbraio 1943. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.

Beata Ascensione di San Giusepppe (Isabella Sánchez Romero)

Nata nel 1860 a Granada, Isabel era entrata a 17 anni nel convento delle Domenicane e aveva adottato il nome di Ascensione di San Giuseppe. Descritta da Vatican News come obbediente, silenziosa, lavoratrice e umile, non si lamentava neanche delle ferite che le coprivano il corpo a seguito di una rara malattia. Nel contesto della sanguinosa persecuzione religiosa perpetrata in Spagna durante la Guerra Civile, Isabel venne arrestata nel febbraio 1937, e nonostante l’età avanzata venne gettata in prigione dai miliziani repubblicani socialisti, che volevano che fosse blasfema. La religiosa venne portata con altri detenuti per essere fucilata in un cimitero. I miliziani non esitarono a gettarla brutalmente nella camionetta su cui non era riuscita a salire da sola a causa dell’età. Al cimitero la suora venne obbligata ad assistere all’assassinio dei suoi compagni di martirio, tra i quali il nipote Florencio. Non smise mai di pregare. Quando giunse il suo momento, non venne fucilata. I miliziani preferirono metterle una pietra sulla testa e colpirla con un’altra, rompendole il cranio. Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio in odio alla fede l'11 dicembre 2019.

San Benedetto di Dolia

Sebbene vi siano poche notizie che lo riguardano, esse sono però abbastanza precise visto la lontananza del tempo. Benedetto era monaco nel celebre monastero benedettino di Montecassino; intorno al 1095 fu consacrato da papa Urbano II (1088-1099), vescovo di Dolia in Sardegna (oggi Dolianova, in provincia di Cagliari), centro posto tra il Campidano e il Gerrei e formato dall’unione di Sicci san Biagio con San Pantaleo. Si sa che nel 1112 donò la chiesa di S. Maria dell’Arco con le annesse terre e vigneti, al monastero cagliaritano di S. Saturnino, in cui due mesi dopo la donazione si ritirò, rinunziando alla sede vescovile. Benedetto morì il 17 febbraio di un anno imprecisato, forse il 1120 e fu sepolto nel suddetto monastero di Cagliari. Lo storico benedettino Pietro Diacono (1107-1159) ne ha raccontato i miracoli, da lui operati, nella sua “Cronica S. Benedicti Casinensis”.

San Bonoso di Treviri

Sacerdote della diocesi di Treviri, Bonoso (Bonosio) fu perseguitato dagli ariani al tempo dell'imperatore Costanzo. Infatti, allorché san Paolino, vescovo di Treviri, fu deposto dal concilio di Arles del 353 e inviato in esilio in Frigia perché parteggiava per sant'Atanasio, anche Bonoso fu imprigionato a Treviri per la fedeltà dimostrata al suo vescovo. Alla morte di san Paolino (358), tuttavia, Bonoso fu chiamato a succedergli. Nulla si conosce circa la sua attività episcopale e non si può neppure determinare con precisione la data della sua morte, avvenuta, comunque, prima del 374, anno in cui Treviri era già retta dal suo successore, san Brittone. Le reliquie di Bonoso sono venerate tuttora a Treviri nella chiesa di San Paolino e la sua memoria vi è celebrata ii 17 febbraio.


18 febbraio

Sant' Angilberto di Centula

Sant’Angilberto nacque verso il 750 da un ignoto signore della corte di Pipino il Breve, re dei Franchi e proprio a corte fu educato. Qui entrò presto in relazione con il principe ereditario, il futuro Carlo Magno, del quale divenne amico, confidente, consigliere e, a quanto pare, anche segretario. Quando nel 781 il piccolo Pipino, nipote del precedente, di appena quattro anni, fu incoronato a Roma re d'Italia da Papa Adriano I, Angilberto divenne l’addetto al regale fanciullo, con il titolo di primicerio di palazzo, nella cui veste egli poteva esercitare vaste funzioni in campo ecclesiastico e civile. Il santo dovette avere un ruolo importante nell'educazione del giovane principe, come pure nei rapporti tra lui ed i sudditi, ma anche tra lui e l’imperatore suo padre, e nel 787 si stabilì a corte. Incaricato poi di governare la regione inclusa tra la Schelda, la Senna ed il mare, fissò la sua dimora nel castello di Centula, nella Piccardia, non distante dall’abbazia fondata nel 625 da Saint Riquier, e continuò a mantenersi in corrispondenza con l’Accademia Palatina, eretta per volere di Carlo Magno dal benedettino inglese Alcuino, della quale fece parte con il nome di Omero e la illustrò con le sue poesie di sapore retorico. Angilberto fu amico di San Guglielmo d’Aquitania, San Benedetto d’Aniane e Sant’Adalardo. Egli corrispose in prosa ed in poesia anche con i sapienti del tempo, tra cui il suo professore di grammatica, Pietro da Pisa, e Teodulfo, vescovo di Orléans, teologo e poeta, uno dei principali esponenti della rinascita carolingia. La vita di Angilberto, benché egli avesse ricevuto la tonsura, non era molto dissimile da quella degli altri cortigiani quanto a vizi e mondanità. Alcuino stesso ne rimase scandalizzato e non mancò di fargli le sue rimostranze. Angilberto però, anziché rinsavire, si innamorò della principessa Berta, figlia di Carlo Magno, dalla cui unione nacquero due figli, Armida e Nitardo, quest’ultimo storico ed abate di Saint-Riquier. Il sovrano, che quanto a moralità egli per primo non dava un grande esempio, non permise ai due amanti di sposarsi, ma in premio dei servizi che lo pseudogenerogli aveva reso nel campo amministrativo, gli concesse in commenda l’abbazia di Saint-Riquier. La nuova carica moltiplicò i suoi introiti, senza comunque interferire nella sua vita secolare. Con il tempo iniziò a nutrire una profonda venerazione verso San Richiero, dispensatore di potenti miracoli verso i devoti che accorrevano a venerarlo, e colpito da una grave malattia, pensò dunque di fare egli stesso un voto: se fosse guarito avrebbe intrapreso la vita religiosa nell’abbazia di cui egli stesso era già abate commendatario. La sua preghiera fu esaudita, ma non appena si ristabilì in forze fu impegnato nel difendere le sue terre dalle invasioni dei danesi. La grande vittoria che riportò su di loro, che attribuì nuovamente all’intercessione del santo, lo convinse a soddisfare il voto. A Saint-Riquier-sur-Somme Angilberto divenne sacerdote ed edificò tutti i confratelli con la sua umiltà e l’esercizio della penitenza. Alla morte dell’abate Sinforiano, i monaci all’unanimità lo elessero abate, con la piena approvazione di Carlo Magno, anche se questi temendo che Angilberto potesse seppellire i suoi talenti nell'oscurità e nella solitudine del monastero, lo nominò suo arcicappellano e lo mandò tre volte a Roma dal papa in veste di suo ambasciatore. Nel 792 Angilberto condusse da papa Adriano I il vescovo di Urgel, Felice, condannato dal Concilio di Ratisbona perché, considerando che l’umanità assunta dal Verbo rende Gesù Cristo simile in tutto a noi, riduceva meramente ad un legame di adozione la paternità di Dio Padre nei confronti del Figlio. Nel 794 il sovrano si servì nuovamente di Angilberto per sottoporre al giudizio del pontefice i “Libri Carolingi”, ribadendo la condanna inflitta dal secondo concilio di Nicea nel 787 all’iconoclastia. Il nuovo papa, San Leone III, subito dopo l’elezione incaricò dei legati di portare a Carlo Magno le chiavi della confessione di San Pietro e lo stendardo della città di Roma, per testimoniargli come continuasse a considerarlo protettore della Chiesa e patrizio dei romani. Allo stesso tempo lo pregò di inviargli qualche suo cortigiano perché ricevesse in suo nome il giuramento di fedeltà e di sottomissione del popolo romano. Nel 796 Carlo inviò per una delicata missione ancora una volta Angilberto, che consegnò al papa buona parte dei tesori appena conquistati dall’esercito franco del duca friulano Errico, utili per restaurare ed abbellire le basiliche di Roma e il palazzo del Laterano, allora residenza pontificia. Anche ad Angilberto spettò parte di quel tesoro ed egli se ne servì per ampliare ed arricchire la sua abbazia, nonché per dotarla di una biblioteca. Dopo l’ultima missione il santo si distaccò drasticamente dalla corte e dal mondo onde dedicarsi alla vita interiore, ristabilire innanzitutto con il suo esempio l’osservanza rigolosa della regola e curare la solennità delle celebrazioni liturgiche. Non a torto Angilberto fu considerato secondo fondatore di Saint-Riquier, poiché sotto il suo governo l’abbazia conobbe una nuova fioritura. Curò l’erezione di tre nuove chiese, che dedicò rispettivamente al Salvatore, a San Benedetto ed ai santi del suo ordine, e per l’occasione fece pervenire preziose reliquie da Roma, da Costantinopoli, da Gerusalemme e da altri santuari europei. Nell’800 il futuro imperatore Carlo Magno si recò con Alcuino a celebrare la Pasqua a Saint-Riquier ed il medesimo anno Angilberto seguì il sovrano a Roma per una difficile missione in difesa del papa: in riconoscimento all’aiuto ricevuto, la notte di Natale Leone III incoronò il re franco dando così origine al Sacro Romano Impero d’Occidente. Angilberto approfittò dell’occasione per ottenere dal papa il rinnovo dei privilegi dell’abbazia e l’esenzione dalla giurisdizione episcopale di Amiens per tutti i suoi domini. Il santo abate costituì tre cori, composti da trecento religiosi e cento fanciulli, che cantassero perennemente l’ufficio divino nelle tre chiese per la salute di Carlo e la prosperità del suo regno. Prova tangibile dell’importanza che Angilberto rivestì al tempo di Carlo Magno è la presenza del suo nome fra i quattro firmatari del testamento dell’imperatore che avrebbero dovuto vigilare sull’esecuzione delle sue ultime volontà. Carlo morì il 28 gennaio 814, ma Angilberto non gli sopravvisse che ventidue giorni: consumato dai digiuni e dalle penitenze, spirò infatti a Saint-Riquier il 18 febbraio seguente e manifestò il desiderio di essere sepolto davanti alla porta principale della basilica conventuale, per essere calpestato da quanti si sarebbero recati nel tempio a pregare. La fama di santità che lo circondava spinse i monaci ad attivarsi per la sua canonizzazione, ma solo dopo tante peripezie nel 1100 papa Pasquale II poté esaudire la loro richiesta.

Santa Costanza di Vercelli

Nel sec. XVI, durante i lavori di ricostruzione della basilica eusebiana, fu estratta dalle fondazioni una lapide sulla quale era scolpito l'elogio metrico di due monache colà sepolte, di nome Costanza ed Esuperia. L'elogio le onora come sante religiose e ricorda che entrambe ebbero la sacra velazione dal fratello Costanzo, vescovo di Vercelli. Il calendario eusebiano commemora al 18 febbraio una santa vergine di nome Costanza: ci si può chiedere se si tratti della sorella del vescovo, e, in questo caso, perché non si faccia memoria anche di Esuperia. Alcuni pensano di superare la difficoltà supponendo che Costanza eccellesse in virtù e in santità in confronto della sorella. Accettando l'identificazione, si può dire che Costanza visse nella prima metà del sec. VI, prima della discesa di Alboino. L'elogio metrico che ornava il sepolcro delle due sorelle affermava che esse godevano colà una grata quiete nella pace della morte. Simili nei costumi e nella professione monastica, modeste negli atti, come un solo sacro recinto era stato la loro dimora in vita così un solo sepolcro le accoglieva, presso le sacre spoglie delle consorelle. Conservarono casta la mente nel corpo intatto e, per tali loro meriti, chiunque professa la fede, viva con vera dottrina, sia certo che esse sono nella luce della vita eterna. Questa energica affermazione, che viene attribuita, come tutto il carme, al vescovo poeta s. Flaviano, può considerarsi una testimonianza di grande peso in favore della santità di Costanza e della sorella, anche se questa non appare commemorata nel calendario antico.

Sant' Elladio di Toledo

La vita di Sant’Elladio ci è stata trasmessa dal racconto stilatone da Sant’Ildefonso di Toledo, che proprio da lui avrebbe ricevuto l’ordinazione diaconale. Ufficiale presso la corte visigota, ne fu rappresentante al concilio di Toledo del 589, designato per i suoi particolari meriti, la sua abilità e la sua erudizione. Già a quel tempo, secondo la narrazione di Ildefonso, Elladio si dimostrava attratto dalla vita religiosa ed era solito aiutare nel lavoro manuale i monaci di Agalai, monastero sulla sponda del fiume Tagus. Vi entrò infine come monaco e nel 605 fu eletto abate, ma nonostante il prestigioso incarico continuò a svolgere tutti i servizi come un semplice religioso, anche il pesante compito di trasportare la legna per la stufa. Per l’estrema carità che il santo sempre dimostrò verso i poveri “era come se il suo calore e la sua vitalità fluissero direttamente nelle loro membra e nelle loro anime”. Nel 615, rimasta vacante la sede episcopale di Toledo, Elladio accettò l’elezione a nuovo arcivescovo, seppur riluttante ad abbandonare il monastero. Poco sappiamo però dei suoi diciotto anni di episcopato, al di là della generosità nei confronti dei più bisognosi. Talvolta è stata avanzata l’ipotesi che il santo vescovo abbia influenzato il re Sisebuto nella decisione di espellere dal regno gli ebrei, anche se in realtà non esistono prove al riguardo.

Santa Esuperia di Vercelli

Durante i lavori di ricostruzione della basilica eusebiana di Vercelli, nel XVI secolo fu estratta dalle fondazioni una lapide che recava scolpito l’elogio metrico di due monache ivi sepolte, di nome Costanza ed Esuperia. L’elogio, che le onora come sante religiose, ricorda che entrambe ricevettero la sacra velazione dal fratello San Costanzo, vescovo della città piemontese. L’antico calendario eusebiano commemorava al 18 febbraio una santa vergine di nome Costanza, senza però specificare se si trattasse della sorella del vescovo, ed in tal caso perché non facesse menzione anche di Santa Esuperia. Alcune frettolose spiegazioni attribuiscono questo fatto all’eventualità che Costanza eccellesse in virtù e in santità in confronto della sorella. Accettando l’identificazione, si può dire che Costanza ed Esuperia vissero nella prima metà del VI secolo, prima della discesa di Alboino in Italia. Fecero parte del monastero femminile istituito dal protocescovo Sant’Eusebio ed affidato a sua sorella Santa Eusebia. L’elogio metrico che ornava il sepolcro delle due sorelle affermava che esse godevano ormai “una grata quiete nella pace della morte. Vissero simili nei costumi e nella professione monastica, modeste negli atti. Come un solo sacro recinto era stato la loro dimora in vita, così un solo sepolcro le accoglieva in morte, presso le sacre spoglie delle consorelle. Conservarono la castità sia spiritualmente che fisicamente e, per tale loro merito, chiunque professa la fede e la vera dottrina, è certo che esse vivono nella luce della vita eterna”. Queste energiche affermazione, che come l’intero carme sono attribuite al vescovo poeta San Flaviano, successore di Costanzo sulla cattedra vercellese, possono considerarsi testimonianza eloquente in favore della santità di Esuperia e della sorella. Odiernamente purtroppo nessuna delle due sorelle compare nel calendario liturgico dell’arcidiocesi di Vercelli.

San Francesco Regis Clet

Nato a Grenoble, Francia, nel 1748, è docente di teologia morale presso il seminario di Annecy (Alta Savoia). Ordinato nel 1773, a 25 anni, appartiene alla Congregazione della Missione, fondata a Parigi nel 1625 da san Vincenzo de' Paoli. Francesco Régis diventa insegnante, e sui 40 anni i superiori lo chiamano a guidare il Seminario vincenziano di Parigi, dove vive la prima fase della Rivoluzione francese. Nel 1791, a 43 anni, chiede di andare missionario in Cina. Dopo cinque mesi arriva nella portoghese Macao, dove agli inizi del XVIII secolo i cattolici erano 300 mila, grazie ai primi imperatori manciù della dinastia Ching che hanno consentito le missioni. Ma quando arriva padre Francesco Régis si è diffusa la diffidenza verso l'Occidente, dal quale provengono i missionari. E tra il 1805 e il 1811 la diffidenza diventa persecuzione aperta che colpisce anche padre Francesco. Nel 1818 lo denuncia, per soldi, un cristiano rinnegato. È il giugno del 1819. Lui ha 71 anni, ma davanti al carcere e alla tortura non cede. Per questo verrà ucciso.

Santa Geltrude (Caterina) Comensoli

Nata a Bienno BS, il 18 gennaio 1847 Caterina Comensoli vive un’infanzia serena in famiglia e con le amiche, frequenta la scuola elementare del paese. Nascono 10 figli, ma vivono solo: Bartolomea 1840, Cristina 1845 e Caterina 1847. Papà Carlo è “fucinaro” e la mamma Anna Maria Milesi è sarta. Svela fin da bambina la sua sensibilità eucaristica; impaziente di ricevere Gesù, a 6 anni, un mattino, al suon dell’Ave Maria, entra nella chiesina dove si celebra la “Messa prima” e accostatasi alla balaustra tra la gente, riceve la sua Comunione “segreta”: “Impossibile che la penna descriva quei momenti”. Nel 1866 entra nella Compagnia di Sant’Angela Merici. Nasce in lei l’idea di un Istituto di Adoratrici attente ai bisogni educativi del tempo. A Bergamo con il sacerdote, don Francesco Spinelli, il 15 dicembre 1882, fonda l’Istituto delle “Suore Adoratrici”, prende il nome di Madre Geltrude, ma nel 1889 un dissesto finanziario causa la separazione dei due Fondatori. Santa Geltrude con le 73 suore rimaste con lei continua la vita dell’Istituto “Suore Sacramentine di Bergamo” e don Francesco con un altro gruppo di suore continua la sua opera a Rivolta d’Adda. Santa Geltrude muore il 18 febbraio 1903. E’ stata proclamata santa da Papa Benedetto XVI il 26 aprile 2009.


19 febbraio

Beato Alvaro De Zamora da Cordova

Nel 1368 entrò nel convento di s. Paolo a Cordova. Laureatosi a Salamanca, fu in un primo tempo destinato a insegnare Sacra Scrittura, ma le sue straordinarie capacità si rivelarono quando l'obbedienza gli affidò il ministero della predicazione. Fu emulo del suo confratello s. Vincenzo Ferreri e con lui contribuì a sottrarre seguaci all'antipapa Benedetto XIII. Rinnovò con l'ardente parola e con l'esempio di vita austera l'Andalusia. Ritornato da un viaggio in Terra Santa, diffuse la devozione ad alcuni episodi della Passione: fu così tra gli iniziatori della Via Crucis. Fondò presso Cordova il celebre convento di s. Domingo di Scala Coeli, centro propulsore della riforma domenicana in Spagna.

Sant' Asia

E' ricordato nel Martirologio di Rabban Slibá (sec. XIII), nei giorni 1 e 15 tesrín qdem (ottobre), 19 sbát (febbraio) e 27 tammúz (luglio), date prese probabilmente da martirologi diversi. Nella commemorazione del 15 tesrin qdem e del 27 tammúz Asia è chiamato anche Pantaleone e Pantaleemone. In quest'ultimo giorno i Greci festeggiano s. Pantaleone medico, col quale comunemente Asia viene identificato. Questa identificazione è però negata dal Nau, il quale sostiene che la leggenda di Asia appartiene all'ambiente siriaco, mentre quella di Pantaleone all'ambiente greco, e che esse differiscono notevolmente tra loro. Tuttavia lo scrittore siro, che ha creato la figura di s. Asia, ha certo avuto presente la persona di s. Pantaleone e ne ha fatto un doppione a vantaggio della sua patria, agevolato in questo dal fatto che Asia in siriaco vuol dire medico. Il Peeters (La passion de s. julien d'Emèse, in Anal. Boll., XLVII [1929], p. 58) dice esplicitamente: «s. Asià double de s. Pantéleemon le médecin ». La leggenda attribuisce ad Asia molte guarigioni operate in diversi luoghi, prima di morire in Antiochia.

San Barbato di Benevento

Nato a Vandano di Cerreto nei primi anni del VII secolo, Barbato studiò a Benevento e, divenuto sacerdote, iniziò il suo ministero a Morcone. Si impegnò così a fondo nella lotta contro le superstizioni e l'idolatria, che alla morte del vescovo Ildebrando il clero e il popolo di Benevento lo elessero come successore. Fu pastore in un periodo segnato dalla guerra tra i Longobardi, che governavano il ducato di Benevento, e l'imperatore Costanzo II, che assediò a lungo la città. Riconoscente per il ruolo svolto dal vescovo in un tempo difficile il duca Romualdo, uscito vincitore, sostenne l'azione pastorale del presule, rigettando lui per primo il culto idolatra dell'albero e della vipera, allora diffuso anche tra i cristiani. Il vescovo Barbato partecipò al Concilio di Roma del 680. Morì a Benevento il 19 febbraio 682, dopo aver guidato la diocesi per diciannove anni. Le sue spoglie sono venerate sotto l'altare maggiore del Duomo della città campana.

Beato Bonifacio di Losanna

Nato a Bruxelles nel 1181, o nel 1182, Bonifacio, dal 1222 al 1229 insegnò teologia all'università di Parigi, presso la quale si era laureato nella stessa disciplina. In seguito allo sciopero dei suoi alunni, che protestavano perché alcuni di loro erano stati uccisi dalla polizia, Bonifacio abbandonò Parigi e si recò a Colonia per insegnarvi ancora teologia. L' 11 marzo 1231 fu nominato vescovo di Losanna, e lo zelo da lui posto nella riforma dei costumi dei fedeli e del clero, ma, specialmente, la fortezza con cui difese i diritti della Chiesa gli valsero le persecuzioni dei potenti. L'imperatore Federico II mandò soldati a Losanna con l'ordine di ucciderlo e il beato, ferito, si salvò miracolosamente. Gonsiderando, però, che non poteva più lavorare con frutto, il 15 luglio 1239 rinunziò alla diocesi e si ritirò a La Chambre, presso Bruxelles, fungendo da cappellano in un monastero di monache cistercensi. Non risulta, però che Bonifacio sia entrato nell'Ordine. Nel 1245 prese parte al concilio di Lione e il 19 febbraio 1260 morì a La Chambre. Il suo culto fu riconosciuto nel 1702 nell'Ordine cistercense, che ne celebra la festa il giorno anniversario della morte. Una confraternita, eretta in suo onore a La Chambre, ebbe delle indulgenze nel 1851, mentre le reliquie, già a Bruxelles, nel 1935 furono trasportate a La Chambre.

San Conone di Alessandria d'Egitto

Visse nel VI sec. nel monastero,di Pentucla,tra Gerico e il Giordano, di cui fu anche abate. Fu lodato soprattutto per la sua castità. Morì verso il 555. La sua festa si celebra il 19 febbraio.

Beato Corrado Confalonieri da Piacenza

Nato a Piacenza nel 1290, era di nobili origini. Un giorno accusò un uomo innocente di un incendio appiccato da lui stesso durante una battuta di caccia. Di fronte alla condanna a morte per l'uomo accusato ingiustamente Corrado si mosse e pietà e ammise la sua responsabilità. Dopo aver pagato i danni causati si ritrovò in povertà. Assieme alla moglie vendette gli averi restanti e ne diede il ricavato ai poveri. Abbracciate la regola di Francesco e Chiara decisero di diventare religiosi. Corrado quindi divenuto terziario francescano si ritirò in eremitaggio. Dopo aver vagabondato in solitudine approdò all'isola di Malta. Da qui riprese il mare e giunse al porto di Palazzolo e da qui a Noto Antica. Giunto nella Val di Noto vi passò trent'anni, tra la preghiera, il servizio e il romitaggio. Gli si attribuiscono molti miracoli. Morì mentre era in preghiera, il 19 febbraio 1351. Gli e' comunemente attribuito il titolo di santo. Cosi' fa pure la Bibliotheca Sanctorum. Il Martyrologium Romanum, invece, lo qualifica come "beato".


20 febbraio

Beata Amata (de Corano) da Assisi

Nipote di s. Chiara, nacque ad Assisi alla fine del 1200. Destinata a sposare un nobile della città natale, orgogliosa della sua bellezza, conduceva una vita frivola. Visitando la zia, fu illuminata dalla povertà umile e serena delle Damianite. Mutò ideali, rinunziò al matrimonio e nel 1213 entrò nel monastero di S. Damiano. Il Martirologio Francescano la ricorda con questo elogio: "Quae puritate et innocentia vitae ferventique in Christum sponsum amore excelluit". A causa delle aspre penitenze si ammalò di idropisia: per tredici mesi soffrì di una violenta tosse e ne fu guarita infine dalla santa zia con un semplice segno di croce. Presente alla morte di s. Chiara, da lei fu interpellata, come narra il Celano, con queste parole: "Vides tu, filia, regem gloriae quem ego aspicio?". Morì intorno al 1254. Quando nel 1260 le Damianite abbandonarono il vecchio monastero per entrare in città, le spoglie di Amata furono portate nel convento di S. Giorgio. Nel 1602 Crescenzio, vescovo di Assisi, trasferì le sue reliquie, quelle della b. Agnese (sorella di s. Chiara) e quelle della b. Benedetta (prima badessa dopo s. Chiara), in un'urna di pietra sotto un altare della chiesa. La festa di Amata ricorre il 20 febbraio.

Beati Cinque martiri di Tiro

Cinque martiri: Zenobio prete della Chiesa di Sidone, i vescovi e martiri Tirannione, Silvano, Peleo e Nilo, tutti della Fenicia.Essi subirono il martirio durante la persecuzione di Diocleziano, ma in tempi e luoghi diversi: Silvano vescovo fu dato in pasto alle belve ad Emesa, Tirannione vescovo di Tiro fu gettato nel fiume Oronte ad Antiochia e trasportato fino al mare e Zenobio prete e celebre medico, morì mentre gli scarnificavano i fianchi.

Sant' Eleuterio di Costantinopoli

Questo nome inconsueto ai nostri giorni fu assai comune nei primi secoli del cristianesimo appartenendo a ben quattordici santi, tra cui un papa che governò la Chiesa dal 175 al 189 e viene festeggiato il 26 maggio come martire, benché il suo martirio non sia comprovato da testimonianze storiche attendibili. Oggi il Martirologio Romano ricorda due vescovi con lo stesso nome: S. Eleuterio di Costantinopoli, che resse la Chiesa bizantina in un'epoca imprecisata (inizio del secondo secolo o addirittura fine del quinto secolo), e S. Eleuterio, vescovo di Tournai in Belgio, dov'è molto diffusa la sua devozione.

Sant' Eleuterio di Tournai

La data di nascita di Eleuterio è presumibilmente il 456 e quella della morte il 531. È l'epoca in cui la Gallia, già meta di varie migrazioni barbariche, come quella dei Burgundi e dei Visigoti, divenne terra di conquista dei Franchi di re Clodoveo. Alla conversione di questi contribuirono la moglie cristiana, Clotilde, venerata come santa, il vescovo di Reims, san Remigio, e anche sant'Eleuterio, eletto vescovo di Tournai nel 484, quando Clodoveo aveva fatto di questa città la capitale del suo regno, prima di muovere alla conquista della regione parigina. Benchè non possediamo alcun testo storicamente sicuro sull'attività di questo santo vescovo e sulla sua opera missionaria, molti aneddoti sulla sua vita e sui suoi contatti col re pagano Clodoveo ci sono riferiti in una biografia attribuita a san Medardo. Al vescovo di Tournai toccò il compito di gettare il seme della parola di Dio in mezzo a un popolo idolatra, i Franchi, che nel 506 riceveranno in massa il battesimo sull'esempio del loro re, dopo la vittoria sugli Alemanni a Tolbiac. (Avvenire)

Sant' Eucherio di Orleans

Eucherio nacque a Orléans nel sec. VII da una potente famiglia merovingica. Sentendosi chiamato alla solitudine, chiese di essere ricevuto a Jumièges e vi passò sette anni. Ma a richiesta degli orleanesi e col consenso di Carlo Martello, successe, suo malgrado, a suo zio Savarico. Dopo sei anni di episcopato improntato a dolcezza, a benevolenza e insieme a fermezza dottrinale verso gli usurpatori di beni della Chiesa, divenne oggetto di gelosie. Carlo Martello, dinanzi al quale lo si era messo in cattiva luce, gli intimò di seguirlo a Parigi, poi lo esiliò a Colonia. Troppo ben ricevuto dalla comunità della città renana, egli si vide costretto a emigrare a Liegi, prima di ottenere finalmente il permesso di ritirarsi nell'abbazia di Saint-Trond nella diocesi di Maastricht. Ivi morì, secondo gli studi più recenti, nel 738. La leggenda gli attribuisce una visione in cui avrebbe avuto la rivelazione della dannazione di Carlo Martello. La sua festa è celebrata il 20 febbraio.

Santa Giacinta Marto

Nata l’11 marzo 1910 ad Aljustrel, frazione di Fatima in Portogallo, Giacinta Marto era l’undicesima e ultima figlia di Emanuele Pietro Marto e Olimpia de Jesus. Insieme al fratello Francesco e alla cugina Lucia, fu una dei veggenti delle apparizioni mariane di Fatima, tra il maggio e l’ottobre 1917. D’indole vivace, imparò ad accettare di buon grado le sofferenze, anche compiendo piccoli sacrifici per amore di Dio e della Madonna. Ammalatasi durante una violenta epidemia di influenza “spagnola” nel 1918, morì il 20 febbraio 1920 nell’ospedale «Dona Estefânia» di Lisbona, a nove anni e undici mesi. Suo fratello Francesco l’aveva preceduta il 4 aprile 1919. Entrambi sono stati beatificati da san Giovanni Paolo II il 13 maggio 2000 e canonizzati da papa Francesco diciassette anni esatti dopo. I resti mortali di Giacinta Marto sono venerati nella Basilica di Nostra Signora del Rosario di Fatima, nella cappella sul lato sinistro dell’altare maggiore.


21 febbraio

San Pier Damiani

Nacque a Ravenna nel 1007. Ultimo di una famiglia numerosa, orfano di padre, ebbe come riferimento educativo il fratello maggiore Damiano. Di qui, probabilmente l'appellativo «Damiani». Dopo aver studiato a Ravenna, Faenza, Padova e insegnato all'università di Parma, entrò nel monastero camaldolese di Fonte Avellana. Nel 1057 il Papa lo chiamò a Roma per averlo accanto in un momento di crisi della Chiesa, dilaniata da discordie e scismi e alle prese con la piaga della simonìa. Nominato vescovo di Ostia e poi creato cardinale, aiutò i sei Papi che si succedettero al Soglio pontificio, a svolgere un'opera moralizzatrice. In quest'azione si avvalse particolarmente dell'abate benedettino di San Paolo Fuori le Mura, Ildebrando che nel 1073 fu eletto Papa con il nome di Gregorio VII. Pier Damiani, fu delegato pontificio in Germania, Francia e nell'Italia settentrionale. Morì a Faenza nel 1072. Nel 1828 Leone XII lo proclamò dottore della Chiesa. 

Beati Baldassarre, Antonio ed Ignazio Uchibori

A Shimabara, nei pressi di Nagasaki in Giappone, si colloca la vicenda del martirio di tre giovani fratelli Uchibori: Baldassarre (probabilmente il più vecchio), Antonio (18 anni) ed Ignazio (5 anni). Erano nativi di Fukae, figlio del Beato Paolo Uchibori Sakuemon, che subì anch'egli il martirio una settimana dopo presso Unzen. Il martirio di questi tre fratelli si colloca nel contesto di feroci ondate persecutorie contro i cristiani che attraversarono la sua patria in quel periodo.
In seguito ad un rapido processo iniziato con il Nulla Osta della Santa Sede concesso in data 2 settembre 1994, è stato riconosciuto il loro martirio il 1° luglio 2007 e sono stati beatificati il 24 novembre 2008, sotto il pontificato di Papa Benedetto XVI, unitamente ad altri 185 martiri giapponesi.

Beato Claudio di Portacieli

Originario di Francia, il Beato Claudio de Tonelles, era commendatore di Carcassona, nominato redentore nel 1318 attraversò la Linguadoca, Rosellon e Catalogna chiedendo l’elemosina per la redenzione. Per attirare l’attenzione della gente aveva messo sul suo bastone da pellegrino una bandiera sulla quale aveva disegnato l’immagine della Madonna della Mercede con uno schiavo in ginocchio, ai suoi piedi la scritta “Haec est porta coeli” (questa è la porta del cielo), per questo poi venne soprannominato Claudio di Portacieli. Durante la sua missione di redenzione in Africa, liberò 1550 schiavi. Cardinale di Santa Romana Chiesa dal titolo di Santa Pudenziana, fu esemplare nel culto della Beata Vergine della Mercede e la sua santità fu testimoniata da molti miracoli. L’Ordine lo festeggia il 21 febbraio.

Sant' Eleonora

Nacque nel 1222 da Raimondo Berengario IV, conte di Provenza, e da Beatrice di Savoia. Donna di grande pietà ed amante delle lettere, il 14 gennaio 1236 sposò a Canterbury il re Enrico III d'Inghilterra. Nella sua nuova residenza inglese fu seguita da un gran numero di parenti e connazionali, che abbandonarono la Provenza in cerca di fortuna. Esercitò una grande influenza, sia durante il regno di Enrico, sia nei primi anni del regno di suo figlio Edoardo I. Ritiratasi nell'abbazia benedettina di Amesbury, vi prese il velo il 3 luglio 1276 e lì visse poi sempre sino alla morte, avvenuta il 25 giugno 1291 in concetto di santità.

Sant’ Eustazio di Antiochia

Sant’Eustazio, vescovo di Antiochia al tempo dell’imperatore ariano Costanzo, per la sua presa di posizione in difesa della fede cattolica fu esiliato a Traianopoli, in Tracia, dove morì nel 338 circa.

San Felice I di Metz

San Felice I, nella cronotassi dei vescovi della diocesi di Mets, è stato inserito al terzo posto. La sua posizione è stata assegnata dal più antico catalogo dei vescovi della città, compilato intorno al 776 e giunto ai nostri giorni nel cosiddetto “Sacramentario” di Drogone, vescovo di Metz tra gli anni 823 e 855. San Felice I, è preceduto da San Clemente (280-300), protovescovo di Metz e da San Celeste. I suoi successori sono San Paziente, San Vittore I (346) e San Vittore II. E proprio grazie alla presenza di San Vittore I, documentato intorno al 346, è possibile ipotizzare che San Felice I abbia governato la città nel secondo o terzo decennio del IV secolo. Ci sono alcune fonti della tradizione, ma queste informazioni non hanno fondamento storico, circa il fatto che San felice I sia stato il pastore della città di Metz per quarantadue anni e sei mesi e che morì il 21 febbraio in un anno imprecisato. Che queste affermazioni siano sono solo delle ipotesi fantasiose lo  confermano anche i bollandisti, che nel loro commento al Martirologio romano hanno scritto: “haec sedis Mettensis initia admodum dubia et controversa sunt”. La tradizione vuole che nel corso dell’XI secolo le sue reliquie siano state consegnate da Tierry del Lussemburgo all’arcivescovo di Bamberga, diocesi costituita dall’Imperatore Enrico II nel 1007. La sua festa è stata fissata il giorno 21 febbraio.


22 febbraio

Cattedra di San Pietro Apostolo

Il 22 febbraio per il calendario della Chiesa cattolica rappresenta il giorno della festa della Cattedra di San Pietro. Si tratta della ricorrenza in cui viene messa in modo particolare al centro la memoria della peculiare missione affidata da Gesù a Pietro. In realtà la storia ci ha tramandato l'esistenza di due cattedre dell'Apostolo: prima del suo viaggio e del suo martirio a Roma, la sede del magistero di Pietro fu infatti identificata in Antiochia. E la liturgia celebrava questi due momenti con due date diverse: il 18 gennaio (Roma) e il 22 febbraio (Antiochia). La riforma del calendario le ha unificate nell'unica festa di oggi. Essa - viene spiegato nel Messale Romano - "con il simbolo della cattedra pone in rilievo la missione di maestro e di pastore conferita da Cristo a Pietro, da lui costituito, nella sua persona e in quella dei successori, principio e fondamento visibile dell'unità della Chiesa".

Mercoledì delle Ceneri

Il mercoledì delle Ceneri, la cui liturgia è marcata storicamente dall’inizio della penitenza pubblica, che aveva luogo in questo giorno, e dall’intensificazione dell’istruzione dei catecumeni, che dovevano essere battezzati durante la Veglia pasquale, apre ora il tempo salutare della Quaresima.
Lo spirito comunitario di preghiera, di sincerità cristiana e di conversione al Signore, che proclamano i testi della Sacra Scrittura, si esprime simbolicamente nel rito della cenere sparsa sulle nostre teste, al quale noi ci sottomettiamo umilmente in risposta alla parola di Dio. Al di là del senso che queste usanze hanno avuto nella storia delle religioni, il cristiano le adotta in continuità con le pratiche espiatorie dell’Antico Testamento, come un “simbolo austero” del nostro cammino spirituale, lungo tutta la Quaresima, e per riconoscere che il nostro corpo, formato dalla polvere, ritornerà tale, come un sacrificio reso al Dio della vita in unione con la morte del suo Figlio Unigenito. È per questo che il mercoledì delle Ceneri, così come il resto della Quaresima, non ha senso di per sé, ma ci riporta all’evento della Risurrezione di Gesù, che noi celebriamo rinnovati interiormente e con la ferma speranza che i nostri corpi saranno trasformati come il suo.
Il rinnovamento pasquale è proclamato per tutta l’umanità dai credenti in Gesù Cristo, che, seguendo l’esempio del divino Maestro, praticano il digiuno dai beni e dalle seduzioni del mondo, che il Maligno ci presenta per farci cadere in tentazione. La riduzione del nutrimento del corpo è un segno eloquente della disponibilità del cristiano all’azione dello Spirito Santo e della nostra solidarietà con coloro che aspettano nella povertà la celebrazione dell’eterno e definitivo banchetto pasquale. Così dunque la rinuncia ad altri piaceri e soddisfazioni legittime completerà il quadro richiesto per il digiuno, trasformando questo periodo di grazia in un annuncio profetico di un nuovo mondo, riconciliato con il Signore.

Sant' Aristone di Arsinoe

Sant’Aristone (o Ariston) si ritiene sia stato un vescovo di Arsinoe, una località situata nella costa occidentale dell’isola di Cipro. Arsinoe era un'antica sede episcopale cipriota, della quale conosciamo solo nel primo millennio il vescovo  Prosechio, che si fece rappresentare al Concilio di Calcedonia del 451 da Sotero di Teodosiana. Sappiamo ben poco su sant’Aristone. Il suo nome compare nel manoscritto greco n.1189, che si trova presso la Biblioteca Nazionale di Parigi, che contiene otto panegirici di altrettanti santi ciprioti. Nel testo sulla vita del vescovo Sant’Arcadio, viene nominato sant’Aristone tra i suoi predecessori. Anche se in alcuni testi si ipotizza che sant’Aristone, sia stato il secondo vescovo della diocesi, nato a Paphos e vissuto tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, non sappiamo la durata del suo episcopato. San Neofito il Recluso scrisse un elogio per i primi vescovi di Arsinoe, San Nicholas, Ariston, Nikon e Arkadios. “Il meraviglioso Arkadios, e quello intitolato alla vittoria, Nikon il Grande, e il famoso Ariston, che eccelle nella lotta contro i demoni, lira a tre voci dello Spirito, base a tre strati della Chiesa….” Sant’Aristone era venerato solo nell’isola di Cipro. Nel villaggio di Choli sono rimasti i ruderi di una chiesa che gli era stata dedicata. La cappella sorgeva solitaria e si trovava a trecento metri dalla chiesa principale. L’interno della cappella era decorato con affreschi e icone fino a ottant’anni fa. Nell’isola di Cipro, sant’Aristone era festeggiato e ricordato nel giorno 22 febbraio.

Cattedra di San Pietro Apostolo

Il 22 febbraio per il calendario della Chiesa cattolica rappresenta il giorno della festa della Cattedra di San Pietro. Si tratta della ricorrenza in cui viene messa in modo particolare al centro la memoria della peculiare missione affidata da Gesù a Pietro. In realtà la storia ci ha tramandato l'esistenza di due cattedre dell'Apostolo: prima del suo viaggio e del suo martirio a Roma, la sede del magistero di Pietro fu infatti identificata in Antiochia. E la liturgia celebrava questi due momenti con due date diverse: il 18 gennaio (Roma) e il 22 febbraio (Antiochia). La riforma del calendario le ha unificate nell'unica festa di oggi. Essa - viene spiegato nel Messale Romano - "con il simbolo della cattedra pone in rilievo la missione di maestro e di pastore conferita da Cristo a Pietro, da lui costituito, nella sua persona e in quella dei successori, principio e fondamento visibile dell'unità della Chiesa".

Beato Diego Carvalho

I Gesuiti con s. Francesco Saverio (1506-1552) furono i primi ad incominciare l’evangelizzazione del Giappone, che si sviluppò con notevoli risultati nei decenni successivi al 1549, tanto che nel 1587 i cattolici giapponesi erano circa 300.000, con centro principale a Nagasaki. Ma proprio nel 1587 lo ‘shogun’ (maresciallo della corona) Hideyoshi, dai cristiani denominato ‘Taicosama’, che fino allora era stato condiscendente verso i cattolici, emanò un decreto di espulsione contro i Gesuiti (allora unico Ordine religioso presente nel Giappone) per delle ragioni non chiarite. Il decreto fu in parte eseguito, ma la maggior parte dei Gesuiti rimase nel paese, mettendo in atto una strategia di prudenza, in silenzio e senza esteriorità, continuando con cautela l’opera evangelizzatrice. Tutto questo fino al 1593, quando provenienti dalle Filippine sbarcarono in Giappone alcuni Frati Francescani, i quali al contrario dei Gesuiti, iniziarono senza prudenza una predicazione pubblica, a ciò si aggiunsero complicazioni politiche tra la Spagna e il Giappone, che provocarono la reazione dello ‘shogun’ Hideyoshi, che emanò l’ordine di imprigionare i francescani e alcuni neofiti giapponesi. I primi arresti ci furono il 9 dicembre del 1596 e i 26 arrestati, fra cui tre gesuiti giapponesi, subirono il martirio il 5 febbraio 1597, i protomartiri del Giappone furono crocifissi e trafitti nella zona di Nagasaki, che prese poi il nome di “santa collina” e proclamati santi da papa Pio IX nel 1862. Subentrato un periodo di tregua e nonostante la persecuzione subita, la comunità cattolica aumentò, anche per l’arrivo di altri missionari, non solo gesuiti e francescani ma anche domenicani e agostiniani. Ma nel 1614 la numerosa comunità cattolica subì una furiosa persecuzione decretata dallo shogun Ieyasu (Taifusama), che si prolungò per alcuni decenni distruggendo quasi completamente la comunità in Giappone, causando moltissimi martiri, ma anche molte apostasie fra gli atterriti fedeli giapponesi. I motivi che portarono a questa lunga e sanguinosa persecuzione, furono vari, a partire dalla gelosia dei bonzi buddisti che minacciavano la vendetta dei loro dei; poi il timore di Ieyasu e dei suoi successori Hidetada e Iemitsu, per l’accresciuto influsso di Spagna e Portogallo, patria della maggioranza dei missionari, che erano ritenuti loro spie, per gli intrighi dei violenti calvinisti olandesi e infine per l’imprudenza di molti missionari spagnoli. Dal 1617 al 1632 la persecuzione toccò il picco più alto di vittime; i supplizi secondo lo stile orientale, furono vari e raffinati, non risparmiando nemmeno i bambini; i martiri appartenevano ad ogni condizione sociale, dai missionari e catechisti, ai nobili di famiglia reale; da ricche matrone a giovani vergini; da vecchi a bambini; dai padri di famiglia ai sacerdoti giapponesi. La maggior parte furono legati ad un palo e bruciati a fuoco lento, cosicché la “santa collina” di Nagasaki fu illuminata sinistramente dalla teoria di torce umane per parecchie sere e notti; altri decapitati o tagliati membro per membro. Non stiamo qui ad elencare le altre decine di tormenti mortali cui furono sottoposti, per non fare una galleria degli orrori, anche se purtroppo testimoniano come la malvagità umana, quando si sfrena nell’inventare forme crudeli da infliggere ai suoi simili, supera ogni paragone con la ferocia delle bestie, che perlomeno agiscono per istinto e per procurarsi il cibo. Oltre i primi 26 santi martiri del 1597 già citati, la Chiesa raccogliendo testimonianze poté riconoscere la validità del martirio per almeno 205 vittime, fra le migliaia che persero la vita anonimamente e papa Pio IX il 7 luglio 1867 poté proclamarli beati. Dei 205 beati, 33 erano dell’Ordine della Compagnia di Gesù (Gesuiti); 23 Agostiniani e Terziari agostiniani giapponesi; 45 Domenicani e Terziari O.P.; 28 Francescani e Terziari; tutti gli altri erano fedeli giapponesi o intere famiglie, molti dei quali Confratelli del Rosario. Non c’è una celebrazione unica per tutti, ma gli Ordini religiosi a gruppi o singolarmente, hanno fissato il loro giorno di celebrazione. Al gruppo dei 33 Gesuiti, la cui celebrazione comune è al 4 febbraio, appartiene il portoghese Diego Carvalho, che nacque a Cordoba nel 1578; attratto dalla spiritualità della Compagnia di Gesù, da qualche decennio fondata da s. Ignazio di Loyola (1491-1556), entrò fra i Gesuiti nel 1594. A 22 anni, ancora novizio fu mandato nel 1600 alla Missione delle Indie, a Macao possedimento portoghese nella Cina Meridionale, compì gli studi in Filosofia e Teologia e fu ordinato sacerdote; nel 1609 raggiunse il Giappone, da dove dopo cinque anni di attività apostolica, ripartì a causa del decreto di espulsione dei missionari del 1614, emanato dall’imperatore Tokugawa. In questo forzato esilio, padre Diego Carvalho fu impegnato alla fondazione della missione in Cocincina (Vietnam) insieme al confratello padre Francesco Burzoni. Nel 1616 rientrò clandestinamente in Giappone, dove gli vennero indicati per la sua attività missionaria, i distretti settentrionali di Oxu e il Dewan; era un lavoro entusiasmante perché gli permetteva di visitare e attirare alla fede cattolica, le migliaia di giapponesi emigrati in quelle zone per lavorare nelle miniere d’oro scoperte da poco. Naturalmente non mancavano le difficoltà, a causa delle condizioni climatiche e le asperità del luogo, per i continui e necessari travestimenti, gli accorgimenti per salvaguardare dalle dogane gli arredi per la celebrazione della Messa. Grazie alla sua tenacia e zelo infaticabile, riuscì a contattare tutte le comunità affidatagli, accrescendo il numero dei convertiti; nel 1620 raggiunse anche l’isola di Yeso, dove il 5 agosto poté celebrare una prima Messa e il 15 agosto un’altra presso le miniere per i minatori cattolici. Poté visitare, attraversando lo Stretto di Tzugaru, a Tacavoca i miserabili campi di concentramento, dove erano state raccolte le nobili famiglie giapponesi cristiane, vittime della persecuzione e condannate a morire lentamente di stenti e ristrettezze. Ma nel 1623 anche il signore del regno di Oxu, Masamune, fino allora favorevole ai cristiani, si trasformò in loro persecutore; allo scoppio di questa persecuzione padre Diego Carvalho si trovava a Miwake nel feudo di Giovanni Gotò fervente cattolico, per celebrarvi il Natale e l’Epifania, ma per non compromettere il suo ospite, subito partì e così sfuggì all’arresto delle guardie, le quali avvertite da due apostati si recarono fra i cristiani di Orosce dove si era rifugiato. Ma anche da qui padre Diego era fuggito insieme ad una sessantina di cristiani rifugiandosi in un vallone profondo, ma le orme lasciate sulla neve dai fuggitivi li tradirono. Per salvare i fedeli, padre Carvalho si consegnò ai soldati insieme ad una decina di cristiani che non avevano voluto lasciarlo e fu condotto a Sendai. Il 18 febbraio 1624 i prigionieri furono trascinati sulla riva del fiume Hirose e fatti sedere nudi in una grande buca riempita di acqua, in quel periodo gelida, legati a dei pali stettero in quella tortura per tre ore, poi ricondotti in prigione, ma alcuni morirono per strada. Essendo i superstiti costanti nel dichiarare la loro fede, la tortura fu ripetuta il mattino del 22 febbraio; i martiri furono lasciati nell’acqua gelata tutto il giorno, finché morirono; padre Diego Carvalho morì per ultimo poco prima della mezzanotte. La sua celebrazione come beato martire gesuita, è al 22 febbraio.

Santa Gurnin

Santa Gurnin (Gurmin, Gurminn) è una vergine irlandese. Su di lei non sappiamo nulla, tanto che non è nemmeno ricordata nel catalogo dei santi celtici. In alcuni testi è descritta come la figlia di Conghaili o Coghaela. Santa Gurnin è ricordata nei due martirologi di Tallagh e del Donegal nel giorno della sua festa, il giorno 22 febbraio.


23 febbraio

San Policarpo

Nato a Smirne nell'anno 69 «fu dagli Apostoli stessi posto vescovo per l'Asia nella Chiesa di Smirne». Così scrive di lui Ireneo, suo discepolo e vescovo di Lione in Gallia. Policarpo viene messo a capo dei cristiani del luogo verso il 100. Nel 107 è testimone del passaggio per Smirne di Ignazio, vescovo di Antiochia, che va sotto scorta a Roma dove subirà il martirio. Policarpo lo ospita e più tardi Ignazio gli scriverà una lettera divenuta poi famosa. Nel 154 Policarpo va a Roma per discutere con papa Aniceto sulla data della Pasqua. Dopo il suo ritorno a Smirne scoppia una persecuzione. L'anziano vescovo (ha 86 anni) viene portato nello stadio, perché il governatore romano Quadrato lo condanni. Policarpo rifiuta di difendersi davanti al governatore, che vuole risparmiarlo, e alla folla, dichiarandosi cristiano. Verrà ucciso con la spada. Sono circa le due del pomeriggio del 23 febbraio 155.

Beato Alerino Rembaudi

Nobile cittadino albese, nato dalla famiglia dei Rambaldi, fu canonico del capitolo albese e nel 1419 fu eletto Vescovo da Papa Martino V. Tenne il Sinodo nel 1434; il 31 gennaio 1429 ritrovò il corpo del Beato Teobaldo Roggeri; il 27 aprile 1455 fece la solenne traslazione in Duomo delle Reliquie di San Frontiniano e proclamò tale data quale festa solenne dei Santi Tutelari di Alba. Chiamò ad Alba gli Agostiniani e nel 1446 pose la prima pietra del Monastero delle Domenicane fondato dalla Beata Margherita di Savoia. Nel 1453 consacrò la monumentale Chiesa di San Francesco annessa al Convento dei Frati Minori. Dopo un governo di 37 anni, morì in concetto di santità il 21 luglio 1456.

Beato Anselmo da Milano

Il beato Anselmo da Milano è un francescano che visse nel XV secolo. Su di lui non sappiamo nulla. Negli annali francescani è rimasta segnata solo quale anno della sua morte, il 1481. Si ritiene che il corpo del beato Anselmo riposi nella chiesa di Santa Maria della Pace a Milano. Nel Martirologio francescano, la festa per il beato Anselmo da Milano è fissata nel giorno 23 febbraio.

San Giovanni Theristi (Teresti)

Giovanni nacque verso il 995 a Palermo, dove la madre, già incinta, era stata portata prigioniera dai saraceni, che l'avevano catturata in un'incursione a Stilo. Istruito dalla madre, Giovanni, all'età di 14 anni, quando seppe delle vicende della sua famiglia, decise di ritornare a Stilo. Qui fu accolto e battezzato in uno dei monasteri della Valle dello Stilaro. Crescendo Giovanni fortificò la sua fede con la preghiera e l'ascesi.

Beata Giovannina Franchi

Giovanna Franchi, detta Giovannina, fu una delle figlie di Giuseppe Franchi e Giuseppa Mazza. Ebbe sei fratelli: Carolina, Antonio, Giuseppa, Angela, Luigi e Pietro. Il padre, di nobile famiglia, fece carriera nella magistratura del Regno Lombardo Veneto. Com'era uso tra le giovani del suo ceto sociale, a sette anni, venne affidata al prestigioso educandato della Visitazione. L'educazione dell'Educandato prevedeva che Giovanna, per dieci anni, non potesse vedere la famiglia, se non di rado attraverso una grata. Nel 1840, ormai trentatreenne, ricevette una proposta di matrimonio da un uomo più anziano di lei ma, a causa di una malattia, l'uomo morirà prima di sposarla. Nel 1853, a seguito della morte di entrambi i genitori, ereditò lasciato un ingente patrimonio. Rimasta sola la donna decise quindi di dedicarsi alla cura dei poveri. In seguito acquistò, intestandolo all'arcipretura della Cattedrale, un edificio nella città di Como, nel povero quartiere di Cortesella dove fonda la congregazione delle Suore Infermiere dell'Addolorata. L'istituto assumerà sempre più la fisionomia di un ospizio di carità. Morì il 26 febbraio 1873 durante un'epidemia di Vaiolo forse infettata proprio da uno dei suoi assistiti. Papa Benedetto XVI l'ha dichiarata Venerabile il 20 dicembre 2012. Papa Francesco il 9 dicembre 2013 ha approvato il miracolo che apre la strada alla sua beatificazione.

Santa Giuseppina (Giuditta Adelaide) Vannini

Giuditta Adelaide Agata Vannini nasce a Roma il 7 luglio 1859. Tra i quattro e i sette anni rimane orfana di entrambi i genitori: per questa ragione viene ospitata, fino ai ventuno anni, nel Conservatorio Torlonia, un orfanotrofio retto dalle Figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli. Domanda di essere ammessa tra di loro: le viene concesso, ma nel 1888 è dimessa definitivamente, anche per ragioni di salute. Il 17 dicembre 1891, al termine di un ritiro spirituale, si confessa dal predicatore, padre Luigi Tezza, dell’Ordine dei Ministri degli Infermi (beatificato il 4 novembre 2001), e gli racconta le sue vicissitudini. Il sacerdote da tempo sta meditando su come fondare un istituto religioso femminile basato sul carisma di san Camillo de Lellis, fondatore del suo Ordine. Chiede quindi a Giuditta di collaborare con lui: dopo due giorni, lei accetta. Il 2 febbraio 1892, con due compagne, riceve lo scapolare carmelitano con la croce rossa di San Camillo, mentre il 19 marzo seguente veste l’abito religioso, cambiando nome in suor Maria Giuseppina. Nei successivi diciannove anni, col sostegno di padre Tezza, prima personale, poi epistolare, segue l’espansione dell’istituto in Italia, Francia, Belgio e nell’America del Sud. Muore a Roma il 23 febbraio 1911. È stata beatificata dal Papa san Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1994; la sua memoria liturgica cade proprio il 16 ottobre. Il 13 ottobre 2019 è stata canonizzata da papa Francesco. I resti mortali della fondatrice delle Figlie di San Camillo sono venerati nella cappella della casa generalizia, a Grottaferrata, in via Anagnina 18.


24 febbraio

Beato Arnaldo da Carcassona

Cugino del Santo padre Fondatore Pietro Nolasco, il Beato Arnaldo da Carcassona, prese l’abito mercedario nello stesso giorno della fondazione dell’Ordine. Resse come secondo il monastero di Valenza (Spagna) e promosse la disciplina monastica non tanto con l’insegnamento delle regole ma con l’esercizio delle virtù. Impose l’abito dell’Ordine a S. Pietro Pascasio nella cattedrale di Valenza nell’anno 1250.
L’Ordine lo festeggia il 24 febbraio.

Beata Ascensione del Cuore di Gesù (Florentina Nicol Goñi)

La spagnola madre Maria Ascension del Cuore di Gesù (al secolo Florentina Nicol Goñi) aiutò in Perù il vescovo Ramòn Zubieta nella fondazione delle Suore Domenicane del Santissimo Rosario. Dichiarata venerabile il 12 aprile 2003 da papa Giovanni Paolo II, è stata beatificata il 14 maggio 2005 dal Cardinal José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

Beata Berta di Valperga

La beata Berta era figlia di Emilia della Rovere e di Arduino II, conte di Valperga. Inoltre era sorella del beato Arduino, vescovo di Torino e di Matteo il Grande, padre del beato Bonifacio vescovo di Aosta.In giovane età si consacrò a Dio nell’Ordine Benedettino nel monastero di Busano.Venne eletta badessa, e come tale, ottenne dalla madre un aiuto concreto per urgenti riparazioni agli edifici e per il mantenimento di 15 religiose.La nostra badessa è ricordata in particolare per il dono della profezia.Morì a Busano nel Canavese nel 1195.E’ ricordata il 24 febbraio.

Beato Costanzo Servoli da Fabriano

Fu un religioso tutto dedito alla preghiera: oltre all'Ufficio divino era solito celebrare ogni giorno l'intero Ufficio dei defunti. Uomo di vita austera e zelante nel promuovere la pace, fu tra coloro che con maggior successo riformarono la vita regolare nell'Ordine. Morì il 24 febbraio ad Ascoli Piceno, dove il suo corpo è ancora venerato nella chiesa di s. Pietro martire; mentre il suo capo si trova nella cattedrale di Fabriano.

San Cumiano di Iona

E’ una abate scozzese autore della più antica biografia di san Columba, fondatore di Iona.

Sant' Etelberto

Gregorio Magno e Agostino di Canterbury vengono ricordati come gli apostoli degli Angli. Al loro fianco bisogna ricordare anche Etelberto e sua moglie Berta. Nato verso il 552, Etelberto ancora in giovane età divenne il più potente sovrano anglo dell’epoca.Verso il 588 sposò Berta, la figlia cattolica del re franco Cariberto. Dando prova di tolleranza, permise alla sua sposa di continuare a professare la sua fede. Ancora più magnanimo egli si mostrò nel 597 quando accolse la delegazione di monaci inviata da papa Gregorio e guidata da Agostino. Egli ascoltò i missionari e concesse loro di stabilirsi presso Canterbury con facoltà di predicare e convertire. Lo stesso Etelberto ricevette il battesimo nel giorno di Pentecoste del 597. Saggio e prudente, non costrinse i sudditi a seguire la sua scelta, ma certo favorì quanti si facevano battezzare. La svolta favorevole al cristianesimo venne consolidata dalla costruzione , non lontano da Canterbury, di un monastero dedicato ai santi Pietro e Paolo. Inoltre il re concesse ad Agostino dei terreni per edificare la sede episcopale di Canterbury e lo sostenne nell’organizzazione di un sinodo cui parteciparono vescovi e dottori dalla vicina regione dei Britanni. Nel 601 arrivò in Inghilterra una nuova spedizione di monaci.Tra di loro vi erano Paolino, Mellito e Giusto. Con l’aiuto di Etelberto, diverranno vescovi rispettivamente di York, Londra e Rochester.   Favorevole al cristianesimo, Etelberto rimase un sovrano saggio ed equilibrato che procurò benefici a tutta la sua nazione. Morì il 24 febbraio del 616 dopo un regno di più di 50 anni e venne sepolto accanto alla moglie Berta, anch’ella venerata come santa.


25 febbraio

Sant' Adelelmo di Engelberg

Di lui si sa solo che era un monaco del monastero benedettino di S. Biagio nella Foresta Nera. Su richiesta dèl barone Corrado di Seldenburen fu inviato a fondare la badia di Engelberg nell'Unterwalden, nella Svizzera, dove divenne priore e abate e dove morì il 25 febbraio 1131. Le sue reliquie furono riesumate nel 1611. La sua festa si celebra il 25 febbraio.

Sant' Aldetrude

Figlia di san Vincenzo Madelgario, conte dell'Hainaut, e di santa Waldetrude, Aldetrude crebbe presso la zia santa Aldegonda, fondatrice del convento di Maubeuge (Francia settentrionale), e le succedette come badessa. Governò saggiamente le sue religiose per dodici anni, spesso onorata dalla visita di angeli e di santi. Morì probabilmente nel 696, il 25 febbraio, giorno in cui viene festeggiata. La Vita Aldetrudis, scritta da un monaco di Maubeuge nel IX sec. e edita dai Bollandisti, contiene molti elementi leggendari e riferisce ad Aldetrude miracoli e visioni già attribuite a santa Aldegonda.

Beato Avertano di Lucca

Secondo il Catalogus Sanctorum dei Carmelitani, la cui attuale redazione è databile tra la fine del XIV e l'inizio del XV sec., Avertano nacque nella diocesi di Limoges, in un luogo che non si è potuto identificare. Entrato nell'Ordine dei Carmelitani come converso, si fece subito notare per le sue eccezionali virtù. Venuto in Italia in pellegrinaggio ai vari santuari della penisola, vi compì numerosi miracoli e, mentre tornava in patria, morì a Lucca e fu sepolto nella vecchia chiesa dell'ospizio di San Pietro fuori le mura. Sulla sua tomba avvennero miracoli, attestati da pitture esistenti nella chiesa di San Pietro e nella cattedrale di Lucca. L'anno di morte di Avertano sembra da collocarsi nel sec. XIII, per l'antichità di queste pitture, asserita dal Grossi, per l'esistenza di un'iscrizione (s. V[e]rtanus) giudicata non anteriore al sec. XII e non posteriore al XIII, e infine perché nel 1325 esisteva un ospedale intitolato ad Avertano. Per di più, l'esser stato sepolto nell'ospizio di San Pietro, e non presso i carmelitani di Lucca, retrocederebbe la morte di Avertano a una data anteriore al 1284, anno in cui i religiosi ottennero la chiesa di Santa Maria del Corso, fuori porta San Donato, presso l'ospizio. Altro problema è costituito dall'elevazione del corpo. L'iscrizione che ne parla, di schietto sapore umanistico, fu incisa sul sepolcro marmoreo, attribuito a Matteo Civitali (1436-1501). Vi si dice che la elevazione avvenne ad opera di «Graecus Joannes Lucensis origine», che fece anche porre nella stessa tomba di Avertano il corpo del beato Romeo. Ora, l'unico vescovo di Lucca di nome Giovanni, nel periodo che va dal 1100 al 1646, fu il francescano, già vescovo di Betlem, Giovanni di Fucecchio, prima ausiliare e poi, dal 1383 al 1393, vescovo. Il corpo di Avertano fu traslato in cattedrale nel 1513, poi nel 1646 restituito alla chiesa di San Pietro, ricostruita dentro le mura, e infine nel 1806 deposto nella chiesa dei SS. Paolino e Donato, dove ancor oggi è conservato. Il suo nome fu introdotto nel calendario carmelitano nel 1514, al 25 febbraio; l'Ufficio ne fu reso obbligatorio dal capitolo generale dell'Ordine (1564), e sanzionato dalla Santa Sede (1609); le lezioni proprie furono approvate dalla Sacra Congregazione dei Riti il 12 maggio 1672; il 16 luglio 1828 l'Ufficio e la Messa furono estesi a tutta l'arcidiocesi di Lucca. La Vita di Avertano scritta in epoca tarda dal carmelitano Segero Pauli e pubblicata anche dai Bollandisti, è una composizione di fantasia. Circa il beato Romeo, sepolto assieme ad Avertano, manca ogni notizia attendibile. Sarebbe morto pochi giorni dopo Avertano, un 4 marzo, e sepolto accanto al suo amico. E' festeggiato con lui a Lucca il 25 febbraio, mentre presso i Carmelitani il 4 marzo.

San Callisto Caravario

Callisto Caravario nacque a Cuorgnè (Torino) nel 1903. Cresciuto anche a Pont Canavese, fu allievo all'Oratorio di Valdocco ed qui incontrò il salesiano Mons. Luigi Versiglia nel 1922. Ancora chierico, nel 1924, partì per la Cina come missionario. Venne mandato a Macao, e poi per due anni nell’isola di Timor, edificando tutti per la sua bontà e il suo zelo apostolico. Il 18 maggio del 1929 mons. Versiglia lo ordinò sacerdote. Il 25 febbraio 1930 i due missionari viaggiavano in barca per una visita pastorale alla missione di Linchow. Al momento dell’Angelus una banda di pirati bolscevichi li intercettò, esigendo un salvacondotto o il pagamento di un’ammenda elevata. Durante le trattative, i comunisti salirono a bordo e, trovando tre giovani catechiste, vollero portarle con loro. I due missionari si interposero eroicamente e furono attaccati col calcio delle armi da fuoco e con bastonate, fino a quando non caddero feriti. Mons. Versiglia e don Caravario furono legati, mentre i pirati saccheggiavano i loro beni e bruciavano libri e breviari. Uno dei banditi, strappando i crocifissi che una catechista aveva in mano, gridò: “Perché ami queste croci? Noi non le tolleriamo, le odiamo con tutta l’anima, non le vogliamo in alcun modo e ci opponiamo a loro tanto quanto possiamo!”. Le giovani poterono vedere i missionari confessarsi a bassa voce l’un l’altro, prima di essere fucilati in un vicino bosco di bambù. Così i due calici sognati da Don Bosco furono elevati al Cielo! San Giovanni Paolo II il 15 maggio 1983 li ha beatificati, per poi proclamarli santi il 1° ottobre 2000, insieme ad altri 118 martiri cattolici in terra cinese. L'Arcidiocesi di Torino celebra la memoria di San Callisto Caravario il 13 novembre, giorno in cui la Famiglia Salesiana lo ricorda insieme a San Luigi Versiglia. La Chiesa tutta li celebra il 9 luglio come "Santi Agostino Zhao Rong e 119 compagni. Il Martirologio Romano ricorda mons. Versiglia e don Caravario il 25 febbraio, anniversario della nascita al Cielo.

Beata Cecilia

Nelle Vite del Razzi, unica fonte da cui dipendono tutti gli altri biografi, si trovano le seguenti notizie : dopo otto anni di matrimonio, d'accordo col marito, che si fece domenicano, Cecilia entrò nel monastero ferrarese del­le Domenicane di S. Caterina martire, dove trascorse trent'anni di vita ascetica. Fu tre volte priora, amata dalle suore per la sua « humanità, modestia et prudenza ». Morì poco dopo una cele­ste visione avuta nel Natale 1511. «Dopo la sua morte seguirono alcuni miracoli i quali per brevità si lasciano » ; la commemorazione ricorre il 25 febbraio.

San Cesario di Nazianzo

Era nato nel 330 a Nazianzo ed era il fratello minore di san Gregorio Nazianzeno. Studiò a Cesarea di Cappadocia e poi ad Alessandria d'Egitto, diventando medico di corte a Costantinopoli per volere dell'imperatore Costanzo. Fu confermato dal successore, Giuliano l'Apostata, che però tentò di riportarlo al paganesimo. Nel 368 divenne questore della Bitinia: era un catecumeno ma dopo essere sopravvissuto al terremoto che distrusse Nicea chiese di essere battezzato, rinunciò alla carica e si dedicò a una vita di preghiera. Morì l'anno successivo, nel 369, e il fratello tenne un'orazione funebre dalla quale conosciamo i particolari della sua vita.


26 febbraio

Sant' Agricola di Nevers

Prima della sua assunzione al seggio episcopale di Nevers, sarebbe stato conte di questa città, sotto il re Gontrano. Il suo episcopato è collocato tra l'anno 570, data in cui il suo predecessore assisteva ad un concilio, e l'anno 614, in cui si incontra il suo immediato o secondo successore. Una tradizione fissa nell'anno 594 la data della sua morte. Si può rilevare la sua presenza nei concili di Macon (581), Lione (583) e Macon (585). Quando il monastero di Santa Croce di Poitiers fu sconvolto dalle agitazioni di Basino e Crodildo, nel 590, Agricola fu uno dei vescovi incaricati dell'inchiesta canonica e si pronunziò per la scomunica dei religiosi che erano fuggiti. Venanzio Fortunato indirizza un poema ad un certo Agricola, che sarebbe stato suo condiscepolo, ma nulla permette di affermare l'identità con il nostro santo. Agricola morì il 26 febbraio, forse nel 594. La chiesa dove egli fu sepolto prese il suo nome. Le sue reliquie furono profanate nel 1791, ma una parte di esse fu trasferita a Nolay (Nièvre). Un sarcofago visto ancora da Mgr Crosnier nel 1858 è considerato come quello di sant' Agricola.  Questo santo è invocato specialmente in tempi di disgrazie. La sua festa si celebra a Nevers il 26 febbraio.

Sant' Alessandro di Alessandria

Fu patriarca di Alessandria tra il 313 e il 328 e si trovò a guidare la Chiesa egiziana nel momento in cui la comunità si trovò ad affrontare le ferite che stava lasciando la dottrina del prete Ario, ordinato dal predecessore di Alessandro, Achilla. Il nuovo patriarca si rivolse al sacerdote che stava diffondendo le sue concezioni errate con tono paterno invitandolo a ripensare alle sue posizioni. Ma di fronte al rifiuto di Ario Alessandro dovette fare pressione sull'imperatore Costantino perché convocasse un Concilio: si tenne a Nicea nel 325.

Sant' Andrea di Firenze

Nella catttedrale di Firenze in data 26 febbraio si celebra la memoria liturgica dei Santi Andrea e Podio vescovi, ma solamentei l primo è citato dal Martirologio Romano.

San Dionigi di Augusta

Visse forse nel III o IV secolo. Secondo gli Acta di S. Afra (fine sec. VIII) fu zio di questa e sarebbe stato battezzato e ordinato vescovo di Augusta da Narcisso, vescovo di Gerona. Le circostanze della morte, datagli sul rogo o con la decapitazione durante la persecuzione di Diocleziano, sono leggendarie. Qualcuno lo ha confuso con Zosimo, primo vescovo della città. Al principio del sec. XII furono scoperte, nella chiesa di S. Ulrico, delle reliquie, che furono considerate come sue. Secondo una disposizione di Papa Alessandro IV esse ebbero una traslazione nel 1258, il 26 febbraio, giorno nel quale Dionigi è ricordato.

Sant' Ethnea

Santa Ethnea (Athna, Ethene, Ethni o Hethna) è una vergine di cui non conosciamo il luogo e l’epoca in cui visse. Il suo nome compare nei martirologi di Tallaght e in quello di Gorman. Il Colgan la ricorda come una vergine e sorella di Feidelma, citata negli “Atti” di San Patrizio. Nel martirologio del Donegal è citata senza alcuna indicazione. Nei diversi martirologi Santa Ethnea è festeggiata nel giorno 26 febbraio.

San Faustiniano

Secondo Vescovo di Bologna. Con le sue coraggiose predicazioni rafforza e fa crescere la Chiesa nonostante le persecuzioni scatenate dall'imperatore Diocleziano all’inizio del IV secolo. Esorta i cristiani a professare la loro fede, a costo di pagare di persona.


27 febbraio

San Gregorio di Narek

Il monaco Gregorio di Narek fu un insigne teologo, poeta e scrittore religioso armeno. Tra le sue opere si annoverano un commentario al Cantico dei Cantici, numerosi panegerici (tra i quali uno in onore alla Madonna) ed una raccolta di 95 preghiere in forma poetica dette “Narek” dal nome del monastero ove visse. La sua teologia presenta importanti aspetti di mariologia, tra cui il preannuncio del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato oltre ottocento anni dopo.Il 12 aprile 2015 Papa Francesco lo ha dichiarato “Dottore della Chiesa universale” con la Lettera apostolica “quibus sanctus Gregorius Narecensis Doctor Ecclesiae universalis renuntiatur”. Nel 2021 il medesimo Pontefice ha iscritto San Gregorio di Narek nel Calendario Romano Generale al 27 febbraio con il grado di memoria facoltativa.

Sant’ Alnoto di Stowe

Sant’Alnoto (Ælfnoth, Alnoth, Alnothus o Alnothius) era un eremita e martire inglese, vissuto nell’VIII secolo. Sappiamo ben poco della sua vita. Sant’Alnoto è menzionato, quale uomo nobile e pio, nella vita di Jocelyn su Santa Wereburga, fondatrice di un monastero a Weedon. La leggenda racconta che era un armentario della santa, e “un giorno senza che non avesse alcuna colpa, venne percosso a sangue da un fattore della padrona; sottratto a tanta furia per intervento divino”, decise di ritirarsi e di farsi eremita in un luogo solitario, in una selva nelle vicinanze di Weedon, sua città natale. Sappiamo che da eremita, sant’Alnoto venne assassinato da due ladruncoli e per questo è considerato un martire. Molti furono i pellegrini che onorarono il luogo della sua morte nei pressi di Stowe a Bugbrooke nel Northamptonshire. Le sue reliquie di sant’Alnoto, nel XVII secolo erano conservate nella chiesa di Stowe. La memoria per sant’Alnoto non fu mai celebrata nei calendari antichi locali, ma successivamente venne onorato di una festa nel giorno 27 febbraio.

Sant' Anna Line

Dei martiri inglesi la storia è nota: moltissimi pagarono con la vita gli sforzi compiuti per accompagnare nella clandestinità i cristiani rimasti fedeli al successore di Pietro dopo lo scisma provocato da Enrico VIII. Nella lista dei nomi di questi testimoni i più presenti sono di certo i ministri ordinati, i sacerdoti e i religiosi, spesso presi di mira proprio perché capaci di essere presenze autorevoli tra la gente. Ma questi preti avevano alle spalle un appoggio di molti laici, come sant'Anna Line che fu chiamata dal gesuita Giovanni Gerard a gestire una casa per i sacerdoti cattolici a Londra nel 1595. Da giovane aveva scelto il cattolicesimo ed era stata allontana dalla famiglia. Vedova nel 1594, venne catturata e impiccata per la sua attività nel 1601. Canonizzata il 25 ottobre 1970 da Papa Paolo VI.

Beato Arcangelo da Treviglio

Il Beato Arcangelo da Treviglio è un predicatore francescano vissuto tra i sec. XV e XVI. In due differenti Martirologi francescani è menzionato con queste parole: “predicatione et sanctitate illustris” e “Huih sepulchrum in veneratione habetur in Conventu S. Mariae de Gratijs extra Maletum oppidum qui est Provinciae Mediolanensi”. Si tramanda che il beato Arcangelo da Treviglio, rimase per oltre quarant’anni nel convento di S. Maria delle Grazie di Maleto, dove morì nel 1531, e dove era ricordato. Nel martirologi francescani il ricordo e la festa per il beato era fissata nel giorno 27 febbraio.  

San Baldomero

Lavoratore manuale nelle vicinanze di Lione in Francia, suscitava l'ammirazione di tutti, per la sua pietà e carità verso i poveri. Si dedicò intensamente all'orazione nel monastero di San Giusto.

Santi Basilio e Procopio

BASILIO e PROCOPIO il DECAPOLITA, monaci a COSTANTINOPOLI, santi. Al tempo di Leone l'Isaurico, avendo presa posizione in difesa delle sacre immagini, essi furono sottoposti a duri tormenti e poi chiusi in prigione. Poterono uscirne solo alla morte del persecutore, avvenuta nel 740. Nei sinassari Procopio è ricordato il 27 febbraio, Basilio il 28.  


28 febbraio

Sant' Augusto Chapdelaine

Nacque a La Rochelle in Francia, il 6 gennaio 1814 in una famiglia di contadini. Frequentò il Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote nel 1843; ebbe il compito, prima di vicario e poi di parroco del villaggio di Boucey. Nel 1851 passò al noviziato dell'Istituto delle missioni estere di Parigi e il 29 aprile 1852 s'imbarcò ad Anversa, diretto alla missione cinese del Kuang-Si; ma si fermò a Ta-Chan vicino alla frontiera, per ambientarsi, imparare la lingua e aspettare il momento propizio. Trascorsero quasi tre anni, poi nel 1855 poté entrare nello Kuang-Si, dove si mise subito a fare apostolato, percorrendo il territorio in lungo e in largo; in breve tempo i neofiti divennero circa duecento. Un certo Pé-San, uomo di costumi corrotti, però, avendo saputo che una donna da lui sedotta, si era convertita al cristianesimo, denunciò la presenza del missionario al mandarino di Sy-Lin-Hien, acerrimo nemico dei cristiani, accusandolo di sobillare il popolo, fomentando disordini. Il 25 febbraio 1856 padre Chapdelaine fu fatto prigioniero. interrogatom, torturato e condannato. Morì martire il 29 febbbraio.

Beato Daniele Alessio Brottier

Daniele Alessio Brottier è ricordato per il suo impegno nella missione, nell'apostolato tra i militari e per l'aiuto agli orfani. Nato nel 1876 a La Ferté-Saint Cyr, diocesi di Blois, in Francia, entrò in Seminario nel 1890 e divenne prete a 23 anni nel 1899. Nel 1902 entrò come novizio nella congregazione dello Spirito Santo ad Orly, l'anno seguente emise i voti religiosi e partì quasi subito per il Senegal, allora colonia francese , ma rientrò dopo soli tre anni per motivi di salute. Ripresosi tornò nuovamente nel paese africano, ma i problemi di salute lo costrinsero a tornare definitivamente in patria. Allora, in Francia, fondò l'opera «Souvenir Africain», allo scopo di costruire la cattedrale di Dakar. Cappellano militare nella Prima Guerra mondiale, fondò l'Unione nazionale combattenti e l'Opera degli orfani apprendisti. Morì nel 1936. È stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1984.

Beata Antonia di Firenze

Nata a Firenze, giovanissima si sposò ed ebbe un figlio. Rimasta vedova, entrò nel monastero delle terziarie di s. Francesco, fondato a Firenze nel 1429 dalla beata Angelina. Fu badessa a Foligno (1430-33) e poi a L'Aquila dove, nel 1447, confortata dal consiglio di S. Giovanni da Capistrano, fondò il monastero del Corpus Domini sotto la regola prima di s. Chiara. Allora, come era avvenuto ad Assisi ai tempi di s. Chiara, molte fanciulle aquilane, per seguire Antonia che ne rispecchiava le virtù, abbandonarono il mondo. La beata morì il 29 febbraio 1472. Il suo corpo si conserva, tuttora intatto e flessibilie, nel monastero di s. Chiara dell'eucarestia a L'Aquila. Pio IX approvò il culto il 17 settembre 1847.

Sant' Augusto Chapdelaine

Nacque a La Rochelle in Francia, il 6 gennaio 1814 in una famiglia di contadini. Frequentò il Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote nel 1843; ebbe il compito, prima di vicario e poi di parroco del villaggio di Boucey. Nel 1851 passò al noviziato dell'Istituto delle missioni estere di Parigi e il 29 aprile 1852 s'imbarcò ad Anversa, diretto alla missione cinese del Kuang-Si; ma si fermò a Ta-Chan vicino alla frontiera, per ambientarsi, imparare la lingua e aspettare il momento propizio. Trascorsero quasi tre anni, poi nel 1855 poté entrare nello Kuang-Si, dove si mise subito a fare apostolato, percorrendo il territorio in lungo e in largo; in breve tempo i neofiti divennero circa duecento. Un certo Pé-San, uomo di costumi corrotti, però, avendo saputo che una donna da lui sedotta, si era convertita al cristianesimo, denunciò la presenza del missionario al mandarino di Sy-Lin-Hien, acerrimo nemico dei cristiani, accusandolo di sobillare il popolo, fomentando disordini. Il 25 febbraio 1856 padre Chapdelaine fu fatto prigioniero. interrogatom, torturato e condannato. Morì martire il 29 febbbraio.

Beato Bosone

Il Beato Bosone è un monaco di Chiaravalle vissuto nel XII secolo. Era di nobile famiglia, e fu tra i primi convertiti da San Bernardo, che volle seguire nel monastero di Chiaravalle. Di lui non sappiamo nuIl Beato Bosone è un monaco di Chiaravalle vissuto nel XII secolo. Era di nobile famiglia, e fu tra i primi convertiti da San Bernardo, che volle seguire nel monastero di Chiaravalle. Di lui non sappiamo nulla, c’è rimasta una sola citazione su di lui di Corrado abate di Eberbach. Nel suo “Exordium Magnum”, narra che il beato Bosone, parlando della morte felice di alcuni confratelli, gli confidò di aver sentito cantare  i cori dei beati spiriti mentre portavano in cielo l’anima del religioso defunto. In altri testi si narra che vennero gli angeli che intonarono cori intorno al capezzale di morte del beato Bosone. Si tramanda che sia morto verso la fine del XII secolo. Fin dal Quattrocento, il beato Bosone è stato inserito nel catalogo dei santi e beati del suo Ordine. La sua festa è stata fissata nel giorno 28 febbraio.

Beato Daniele Alessio Brottier

Daniele Alessio Brottier è ricordato per il suo impegno nella missione, nell'apostolato tra i militari e per l'aiuto agli orfani. Nato nel 1876 a La Ferté-Saint Cyr, diocesi di Blois, in Francia, entrò in Seminario nel 1890 e divenne prete a 23 anni nel 1899. Nel 1902 entrò come novizio nella congregazione dello Spirito Santo ad Orly, l'anno seguente emise i voti religiosi e partì quasi subito per il Senegal, allora colonia francese , ma rientrò dopo soli tre anni per motivi di salute. Ripresosi tornò nuovamente nel paese africano, ma i problemi di salute lo costrinsero a tornare definitivamente in patria. Allora, in Francia, fondò l'opera «Souvenir Africain», allo scopo di costruire la cattedrale di Dakar. Cappellano militare nella Prima Guerra mondiale, fondò l'Unione nazionale combattenti e l'Opera degli orfani apprendisti. Morì nel 1936. È stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1984.


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Ultimo aggiornamento 27/07/2021