San Gerardo Maiella
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Buon cammino... in amicizia!

Capitolo I

Un viaggio, oltre che un’ottima organizzazione, esige anche delle buone premesse. Allora partiamo dalla lettera A: amicizia!
Non fai anche tu così, prima di partire per qualsiasi destinazione?
Ancora prima di prenotare la meta da sogno o di comprare i vestiti con cui riempire fino al soffocamento la valigia, la prima cosa che fai è “scegliere i compagni di viaggio”, che
- guarda caso - sono quasi sempre i tuoi amici!
Logico! Sono loro quelli che alla tua età condividono maggiormente il mondo con te: da essi ti senti più compreso.
L’amicizia è un valore importantissimo, soprattutto per un ragazzo che si affaccia alla vita: proprio come “Clizia” che in un blog1 su questo argomento scrive: «L’amicizia... quella vera... cosa dire riguardo a questo?? niente... bisogna viverla x capirla; ti senti appagata, con una gioia interiore immensa, non vi sono parole precise x de- scriverla... è tutto così strano, ma reale... sei felice... felice più di qualsiasi altra persona. Sarò anche eccessiva- mente irrazionale, ma più sei razionale... e meno riesci a viverla all’ennesima potenza!!!». Un’amicizia da vivere “all’ennesima potenza”... c’entra tutto questo con un Santo? Direi moltissimo. Prima di tutto, sfogliando questo libro, ti accorgerai quanto san Gerardo può essere tuo amico che può accompagnarti in questo “viaggio spiri- tuale”; potresti anche ritrovarti a pensare che preferiresti un amico proprio come lui!
In fondo, tutti si sono ritrovati a fare pensieri come quel- lo di Alessandra, 19 anni, di Varese:
«L’amicizia, quella con la ‘a’ maiuscola per me è tutto, anche se ormai mi accorgo che sono pochi a poter vantare questo tipo di legame. Il vero amico è una persona su cui posso sempre contare, che c’è anche nei momenti difficili2»
Non ci crederai, ma in giovanissima età anche san Gerardo si è accorto di questo. Eh sì, perché i santi non tradiscono, ma quante volte vengono traditi! Solo che nello sperimentare la delusione, continuano ad aver fiducia nella vita e nelle persone, anzi le amano di più. Ma se non lo fanno i Santi, dirai tu... tuttavia Gerardo ha un buon carattere e un’allegria proverbiale!
Comunque, giusto per rendere l’idea, ci sono alcuni episodi nella sua vita che avrebbero potuto portarlo a chiudersi e a dire come molti «Ma ki3 se ne importa, e ki ci crede ». A cominciare da quand’era piccolo, quan- do i ragazzi più grandi per strada lo prendono in giro per il suo fisico gracile, facendone oggetto di scherno. Chiunque, al suo posto, tornando a casa sbatterebbe la porta della sua stanza pieno di rabbia e piangerebbe lacrime amare, soprattutto perché si sentirebbe solo. Lui, però, così non si sente, anzi - secondo il commento del biografo p. Caione - “egli amava la solitudine ed era anima di orazione e di sublime contemplazione”. È una solitudine diversa, tuttavia. Non è assenza di amici, ma Presenza dell’Amico del cuore.
Egli passa molto tempo con Gesù: a volte resta in religioso silenzio con lo sguardo fisso al Santissimo, altre volte fa a Gesù mille domande per placare la sua sete d’infinito. E non va via dalla chiesa neanche tanto volentieri... Rimane là ancora per un po’, come capita anche a te in compagnia dell’amico più caro, quando l’orologio segna già l’ora del rientro a casa e l’anima ha voglia di “fare tardi” perché lì si sente bene e in santa pace.
A12 anni, dopo la morte del padre, Gerardo Maiella viene maltrattato anche nella bottega in cui è mandato dalla madre ad apprendere il mestiere di sarto, ma lui continua ad avere pensieri solo per il suo Amico Gesù. Nella bottega, il mastro Martino Pannuto lo chiama “buono a nulla”; eppure così giovane è già capace di trovare e vivere un’amicizia rara, grazie alla quale è anche in grado di perdonare tutto.

Del resto, le buone e sane amicizie non possono che trasmettere valori positivi! Ne è convalida l’esperienza provata con un suo coetaneo con il quale avrebbe desiderato vivere una forma eremitica e ne è stato abbando- nato. Malgrado questo Egli perdona sempre e non rompe l’amicizia: per chi crede davvero, per chi è pronto a condividere la vita, un sogno, un progetto, o anche solo “un pezzo di strada” con un’altra persona, il rapporto di amicizia è significativo.

Soprattutto se quel “pezzo di strada” è il tragitto che ogni giorno lo chiama verso la santità, verso il compimen- to della sua vocazione, verso la realizzazione del suo essere più profondo. Si racconta, a questo proposito, che prima ancora di essere accolto per le sue insistenze dai Padri Redentoristi, il giovanissimo Gerardo ha provato a realizzare il suo proposito andando via da Muro Lucano insieme ad un amico, il quale dopo poche miglia, spaventato, si tira indietro nel vero senso della parola.
Te lo immagini? Oltre a dover rinunciare momentanea- mente ad una propria impresa, deve anche ingoiare un altro rospo: non ha un amico disposto a seguirlo, o ad accompagnar- lo. È come avere un universo immenso dentro e non poterlo condividere con nessuno. I suoi ideali, la sua fede, la sua vita interiore devono restare chiusi nel suo cuore, mentre sarebbe stato molto più piacevole confidarli ad un amico che possa accoglierli, comprendendone il senso e l’intensità per sostenerli e alimentarli.
È una sensazione che si prova, nella canzone degli O.R.O4 che esprime solitudine e bisogno di liberazione:

“Quando ti senti sola Piccola e più indifesa Con i pensieri in gola il cuore che ti pesa Tu sfogati e dimmi tutto vuota le tue soffitte Tirami giù dal letto anche se è mezzanotte Quando ti senti sola mi sento solo anch’io”.

Tuttavia, Gerardo non si sente mai solo, come commenta Pino Fanelli nella rivista Se vuoi: “la peggiore soli- tudine che possiamo sperimentare è la solitudine dell’anima, cioè il disagio interiore”5, che viene dall’infedeltà verso se stessi.
Ce lo ricorda Irene Grandi in qualche strofa del suo brano che richiama come affrontare un viaggio...

prima di partire
per un lungo viaggio, porta con te la voglia di non tornare più, prima di non essere d’accordo prova ad ascoltare
un po’ di più,
prima di pretendere qualcosa, prova a pensare a quello che dai tu.

Pertanto, anche se Gerardo in quell’occasione deve tornare indietro, per altri versi è già partito.
Il suo lungo e difficile viaggio ha avuto inizio, perché egli ha già in sé “la voglia di non tornare più”: sui propri passi. Sì, perché, com’è scritto tra le riflessioni di Fanelli, riportate sul sito di Qumran, “,a volte, nel cammino della vita, abbiamo la tentazione di tornare indietro. I motivi possono essere molteplici: il dubbio di aver sba- gliato tutto, la paura davanti alle scelte importanti, il disimpegno e la superficialità’’.
Lui, invece, no. E consapevole, determinato, coraggioso, e pensa a quello che può dare.. .e che può dare a tutti. Per questo tuo sorprendente compagno di viaggio, “amico” è non solo quello che conosce ed ama, ma anche e soprattutto quello che lo maltratta, lo giudica scemo e approfitta della sua bontà e mitezza.

Non a caso, alla morte di mons. Albini, il Vescovo di Lacedonia presso cui presta servizio per tre anni e che è noto a tutti per il suo carattere duro e intransigente, Gerardo prova compassione, nonostante le angherie subite. Quella sera del 25 giugno 1744, a S. Andrea di Conza, in provincia di Avellino, lo piange sinceramente, forse lui soltanto per “aver perduto il miglior amico”.
E amici suoi sono pure quelli che la maggior parte della gente tiene, spesso ancora oggi, a distanza: “quella massa di povera gente formata da pecorai, vaccari, braccianti piccoli artigiani alle prese con i problemi quotidiani della vita”, di cui Nicola Ferrante, autore della “Storia meravigliosa di San Gerardo” riferisce, definendoli i suoi “clienti” preferiti. Una predilezione chiara già prima del 1749, data del suo ingresso nel Convento dei Redentori- sti di Deliceto (FG), poiché nei tanti libri sulla sua vita si ricorda la generosità con cui dona ai più poveri, quasi tutti i suoi guadagni della bottega di sarto, che ovviamente dovette chiudere.

Ma ci pensi?! In tempi di ristrettezze, povero e orfano di padre, con una madre e due sorelle da mantenere, Gerardo pensa ai suoi amici poveri e serba nel cuore le parole di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
C’è poi un altro episodio rappresentativo della sua amicizia con i meno fortunati; si racconta che dona ad un povero infreddolito la sua “giamberga” nuova regalatagli poco prima dallo zio religioso. La straordinarietà del suo gesto non è tanto in questo, quanto nel fatto che accade sulla via del ritorno dal Convento dei Cappuccini di Muro Lucano, dove lo zio, p. Bonaventura, gli ha negato di entrare nell7Ordine, a causa della sua debole costituzione.
Ti è mai capitato di ricevere un rifiuto ad una richiesta a cui tieni molto? Ecco, i primi sentimenti sulla “via del ritorno” sono rabbia, delusione, tristezza, impotenza, frustrazione; non ti va di vedere nessuno, né tantomeno che qualcuno a sua volta faccia una domanda a te: avresti solo voglia di dirgli di no e di startene per i fatti tuoi. Per chi, come Gerardo, mette in primo piano l’amicizia di Dio e degli altri, invece, non è così: ogni malumore si trasforma subito in dono, senza rimuginare sulla giornata storta, sulle proprie sfortune, sui limiti di madre natura, sulla mancanza di disponibilità da parte dei parenti. Un santo “vede” sempre più gli altri che se stesso e “sente” più il freddo di un povero che quello che, a volte, le circostanze della vita gli mettono dentro. Ecco perché fino alla morte continua a dedicarsi a loro, soprattutto nell7 intenso apostolato a Napoli, dove si prodiga per gli ammalati dell’Ospedale degli Incurabili, per chi vive di elemosina, per gli infermi, per gli operai senza lavoro a cui dispensa cibo, vestiti, preghiere, parole buone.
Non è “amicizia con la a maiuscola”, questa? L’amicizia di cui parla Alessandra in un blog e che tutti i giovani sognano; quella che non è sempre facile da trovare, da coltivare e da custodire.
Il segreto di san Gerardo Maiella è che le sue amicizie hanno radici solide e vasti orizzonti, come quelle di un ragazzo come te che, con il nickname6 “nikanika”, si esprime così:
«Bella l’amicizia! Riempie il cuore, riempie i giorni... Ma non conosco amico migliore di Gesù, più fidato e fe- dele di Lui! Che non ti rinfaccia niente. Che ti segue fino infondo in ogni tempo e in tutti i tuoi stati d’animo! E l’unica amicizia che non ti farà sperimentare l’esperienza dell’abbandono, anche se così ti pare a volte. Forse non riesci a percepirlo pienamente, ma Lui c’è! Silenzioso talvolta, ma c’è! Nascosto, ma c’è! E dietro l’angolo lo ritroverai più attento di prima e pronto a prendersi cura di te, a renderti partecipe della Sua natura; per aiutarti a diventare una persona forte, generosa, aperta ai bisogni degli altri»7.
Proprio a questi è attentissimo fratel Gerardo ogni volta che si premura di strappare i lavori più faticosi ai suoi confratelli, mettendo in pratica l’idea di carità di san Paolo secondo cui occorre portare i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2).
Il suo amore per la povertà, trasferita in dono per amicizia era grande a tal punto che quando arrivano in casa forestieri e non c’è come rimediare, il letto di Gerardo è pronto ed Egli, come racconta p. Cafaro, se ne va a dormire dentro la Chiesa, dietro l’altare maggiore.

È questo il vero spirito dell’amicizia, quella sorta di “appartenenza” che nel ritornello di una canzone del can- tautore Giorgio Gaber suona così: “L’appartenenza non è lo sforzo di un civile stare insieme,, non è il conforto di un normale voler bene; l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé”. Così come li ha dentro Gerardo che certamente confermerebbe anche questa strofa: “L’appartenenza non è un insieme casuale di persone, non è il consenso a un’apparente aggregazione; l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé”, e pure tutto il resto della canzone...

L’appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male e non gli basta esser civile.
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa che in sé travolge ogni egoismo personale con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.

L’appartenenza 

è un’esigenza che si avverte a poco a poco si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo è quella forza che prepara al grande salto decisivo che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti in cui ti senti ancora vivo

Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi”.

Il “noi” è un pronome che piace molto a san Gerardo: ecco perché riesce a cambiare la sua vita e quella delle persone che lo incontrano, compresi i giovani di oggi che lo incrociano nel loro cammino e ne restano affa- scinati dalla sua immagine. Forse, ciò che li attrae particolarmente è il fatto che nelle sue missioni popolari, cioè nei suoi giri tra paesi e città, ridà speranza, chiarisce i dubbi, guida alla confessione coloro che ne sono lontani da tempo, ripropone una vita scandita dalla preghiera. Gaber, nella sua canzone afferma che il senso di appartenenza può spostare i monti. Madre Teresa di Calcutta prega così: “Signore, dammi la forza di spostare le montagne, ma con l’Amore”.

Ti rendi conto, quindi, di quale forza possa essere la vera amicizia? Quella che ha cantato anche Lucio Battisti, e prima e dopo di lui tanti altri...
Sì, perché questo è un valore che non tramonta mai!
Figuratevi che sull’argomento ha scritto anche Cicerone...nel 44 a.C! Tu hai studiato il suo Laelius de amicizia? Ricorderai che egli parla degli uomini boni, cioè virtuosi e dotati di virtus (valore), probitas (onestà), fides (fe- deltà, fiducia nell’altro) e constantia (fermezza nel perseguire la virtù).
A queste qualità, lo scrittore latino aggiunge la suavi- tas, che è soavità nel parlare e nel comportamento al punto di rendere anche Gerardo Maiella una creatura amabile al divin volere. Sai, per esempio, come sono gradite le lettere che manda alle consorelle del Monastero di Ripacandida (PZ)! Fra lui e le suore c’è un carteg- gio continuo, rispettoso e denso di affetto, che Egli nella missiva del 4 ottobre 1754 a suor Michela giusti- fica con queste parole: “Non vi meravigliate del mio scrivere che vi fò così affezionato, perché vi ha tre motivi, il primo è perché siete sposa di Gesù Cristo, e da tal io vi stimo e venero; lo secondo è perché siete figlia di Teresa mia cara e per tal stima, che io ne ho, mi metterei lo sangue e la vita, per difendere sempre e innalzare la gloria del mio caro Dio; lo terzo è perché siamo fratello e sorella nel mio Signore, perché giustamente ci dobbiamo sempre puramente amare in Dio.
L’amicizia, per san Gerardo, è fraternità in Cristo, proprio come diceva San Paolo: “Chi si unisce al Signore for- ma con lui un solo spirito” (1 Cor 6,17). Ma la sua confidente abituale tra le Carmelitane Scalze di Ripacandida è suor Maria di Gesù, la priora del Monastero, un’anima profondamente mistica che sente intimamente sua sorella spirituale. A lei scriveva nel 1752: “O Dio, che somma contentezza avutami quest’oggi nell’interno! Con l’aver ricevuta la sua stimatissima, da me tanto bramata”.
Tuttavia, come capita anche a te, le corrispondenze sincere non svelano solo la tua parte allegra, perché con gli amici, quelli veri, quelli con cui condividiamo tutto, sentiamo di poter essere completamente noi stessi, met- tendo a nudo l’anima e togliendoci la maschera.

È allora che non abbiamo paura di mostrare anche la nostra tristezza, le nostre fragilità...
Non lo crederai, ma anche un Santo ha di questi “momenti no” ed è con la madre priora che si confida: “Madre mia,, se non m’aiutate sono gran guai per me. Perché mi vedo tutto abbattuto e in un gran mare di confusione: quasi vicino alla disperazione. Mi credo che per me non v’è più Dio, e la sua Divina misericordia è finita per me... Se veramente vi sta la santa fede con voi, ora è tempo di aiutarmi e pregare fortemente Dio per me miserabile”.
Quante volte l’avrai scritto anche tu, che sei in “un gran mare di confusione”, facendo partire dal tuo telefonino un sms ai numeri più affezionati! È la scelta di non tenersi più tutto dentro... la richiesta di aiuto, di comprensio- ne... il bisogno di una preghiera... il famoso “Pregate per me” di san Gerardo Senza contare che i suoi rapporti epistolari sono anche densi di messaggi di carità, di buoni consigli, di incitamenti alla fede, all’umiltà e alla 

buona condotta che soltanto un buon amico può preoccuparsi di dare.
Non fai anche tu così con coloro a cui vuoi bene? E non succede anche viceversa?
Se così non fosse, allora, rifletti un po’ e chiediti “Ma io sono un buon amico?” e ancora “Ma io ho dei veri amici?”. È importante capirlo.
Ed è importante anche mettersi sulle tracce dell’Amico per eccellenza, che non ti abbandona mai e che, pur dando la vita per tutti, arriva a dire “Io sono con voi ogni giorno, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Fedele non solo fino alla fine, ma anche oltre la vita e il mondo. Un po’ come fa Gerardo, che dal letto di morte scrive ad Isabella Salvadore, una giovane che sta sostenendo nel cammino di orientamento vocazionale: “Dio sa come sto. Eppure il mio Signore permette che io vi scriva di proprio pugno; onde da questo potete argo- mentare quanto Dio vi ama. Ma quanto più v’amerà, se farete tutto quello [di] che io costì vi pregai. Figlia mia cara, non vi potete immaginare quanto v’amo in Dio e quanto io desidero la vostra eterna salute, perché Dio benedetto vuole che io tenessi un occhio particolare su della vostra persona”.

È questo quello che egli intende per amicizia, e lo scopriremo via via in questo viaggio. Così come ci renderemo conto che Egli con gli amici si diverte pure, e ne coglie il lato giocoso; lo testimonia un suo frammento che si riferisce al periodo passato a Napoli tra il 1754 e il 1755: “Io mi trattengo in Napoli per compagno al P. Margot- ta ed ora più che mai me la scialerò col mio caro Dio”.
Intanto, confidando di ritrovarci all7ultima pagina con uno spirito di amicizia più vivo, e in attesa magari di incontrarci alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, salutiamoci alla San Gerardo: “Vediamoci in Dio, ove stiamo e viviamo, e uniti amiamo quell’unico nostro bene Gesù che tanto ci ama”! 

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Ultimo aggiornamento 27/07/2021