San Gerardo Maiella
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Sara

Capitolo 5

Il 15 settembre di 5 anni fa nacque Sara. Non ci sono parole per descrivere l'emozione di quel giorno, la nostra vita cambiò. Io e Filippo eravamo completamente sconvolti da questo evento, e felici. Nonstante fossi molto provata dal parto, che non fu propriamente una passeggiata, davanti a quell'esserino che avevo messo al mondo mi scioglievo. Sara, la nostra bambina, come fosse un miracolo. Eravamo quasi increduli. Quel giorno la nostra famiglia crebbe e inevitabilmente cambiò. Ora avevamo delle responsabilità, ancora non sapevamo quante. Ci aspettava un impegno, una fatica, un lavoro, quello di genitore, che non conosce pause, ferie, ti tiene in pista 24 ore al giorno, tutti i giorni. A pensarci così, a freddo, in modo distaccato, è una cosa a dir poco spaventosa. Uno non si imbarcherebbe mai nell'avventura di fare un figlio. Per non parlare che nei primi anni, grazie a quell'esserino che hai generato, ti puoi considerare quasi agli arresti domiciliari. La tua libertà personale è limitata in maniera inverosimile. Ma è un'avventura meravigliosa che consiglierei a tutti perchè quel bimbo urlante, prepotente, pieno di esigenze, richiedente attenzione, cura, tempo, che ti riempie di ansie e paure, ti sa dare anche una gioia e una felicità incredibili.

Riesce a tirar fuori da te una forza, sia fisica che emotiva, che mai avresti creduto di avere. Riesce a farti superare difficoltà che pensavi insormontabili, ti aiuta a misurarti continuamente con te stessa, ti insegna a fare scelte, a prendere decisioni, posizioni, a valutare situazioni e persone con occhi nuovi. Vedi le cose da un punto di vista diverso, non più solo tuo, ma a tutto tondo perchè per tua figlia desideri solo quello che ritieni essere il meglio, farla crescere bene, vuoi comunicarle amore, sicurezza, fiducia, certezza, e ti rendi conto che non è per niente facile. Anche quando sbagli c'è lei, lei che ti guarda, ti sorride, ti abbraccia, e tu sei felice. Un bambino irrompe nella vita di una coppia come un uragano. Porta gioia e felicità, ma all'inizio porta uno scompiglio tale da rompere ogni equilibrio. Bisogna mettercela tutta, non solo ad abituarsi al nuovo arrivato, ma anche a creare un nuovo equilibrio di coppia. Questo aspetto nessuno te lo dice, tutti sono focalizzati sul nascituro, ma ritengo sia altrettanto importante non dimenticarsi che anche i neo genitori hanno bisogno di attenzioni e tempo per riassestare il ménage familiare. Se i genitori sono in armonia è più facile che il figlio sia tranquillo. Ma torniamo al giorno del parto.

Il giorno previsto era il 22 settembre. Il 18 sarebbero arrivate mia mamma e mia sorella da Avellino per darmi una mano, avevano già prenotato una settimana di permanenza in un B&B vicino casa, la nostra era troppo piccola per poterle ospitare. Tutto andò per il meglio fino al 14 sera. Quel giorno non ero molto in forma, mi ero sentita pesante e stanca tutto il giorno, come facevo il minimo sforzo mi girava la testa. Avevo le gambe molto gonfie, per non parlare dei piedi, non riuscivo nemmeno ad infilare un paio di scarpe. Filippo continuava a girarmi intorno, quasi allarmato, ogni quarto d'ora mi chiedeva come mi sentivo. Avevo proprio un brutto aspetto. La giornata l'avevo passata praticamente a riposo, in un via vai tra il letto e il divano. A cena mi sforzai di mangiare, ma non avevo appetito. Andai in bagno e lì svenni, quello fu l'ultimo ricordo della giornata. Al mio risveglio ero mamma. Fu una sensazione stranissima aprire gli occhi e trovarmi di fronte il viso di mia madre. Non me l'aspettavo e mi sono allarmata. Non capii subito quello che era successo, poi me lo raccontarono. In bagno svenni, battei la testa e mi si ruppero le acque. Filippo dall'altra stanza sentì il tonfo e corse a vedere cosa stesse succedendo. Per fortuna non abbiamo l'abitudine di chiudere a chiave la porta del bagno. Appena mi vide a terra si precipitò a vedere cosa fosse successo ed ebbe la prontezza di chiamare subito un'ambulanza. Mi portarono in ospedale, ma non riprendevo coscienza, così fecero un rapido consulto tra neurologi e ginecologi e decisero di praticare un cesareo, poi valutare il colpo in testa. Filippo nel frattempo perse tutto il suo sangue freddo e si ritrovò nel panico completo. Si attaccò al telefono per avvisare le nostre famiglie che subito si misero in movimento. Furono ore di paura e angoscia. Il cesareo andò bene e nacque la nostra Sara, una bellissima bimba di quasi 3 kg, sana e affamata. Poi mi fecero una Tac alla testa che evidenziò un piccolo ematoma, ma niente di serio. Dissero che si sarebbe riassorbito nell'arco di una decina di giorni, senza conseguenze, e così fu. Per sicurezza mi tennero per tutti i dieci giorni in ospedale, sotto osservazione. Di fatto non ho alcun ricordo legato al momento del parto.

Qualcuno dice che è un bene, qualcuno che mi sono persa uno dei momenti più emozionanti della vita di una donna. Non so chi abbia ragione. Forse un pò tutti. Di sicuro Filippo lo visse in modo traumatico. Si prese uno spavento tale che nei giorni in cui ero ricoverata in ospedale praticamente lo obbligarono a fare alcuni incontri con uno psicologo. In effetti fu un vero trauma per lui. Da allora diventò pauroso nei confronti miei e della bambina. Bastava che io tardassi un quarto d'ora che cominciava a chiamarmi per sapere cosa fosse successo, mentre c'era semplicemente un pò di coda alla cassa del supermercato. Il minimo versetto di Sara e si precipitava a vedere come stava. Le provava la febbre, la cambiava, le dava il ciuccio, il biberon, le accendeva la musica, la voleva portare dal pediatra. Era quasi più stancante rassicurare lui che curare la bambina. Non ero abituata a vederlo così. Gli volevo bene anche per questo, per questo suo prendersi cura di noi, ma a volte, quando ero molto stanca, sbottavo e gli dicevo di darsi una calmata. Litigavamo. Dopo mezz'ora eravamo uno nelle braccia dell'altro. Si scusava. Non sapeva cosa gli avesse preso, ma la paura di poterci perdere lo mandava in fibrillazione. Dopo 4 mesi io mi ero ripresa piuttosto bene, anche perchè mia madre si era fermata a Milano per un mese dopo il parto e mi diede un grande aiuto, soprattutto nella gestione della casa che in quel primo periodo avrei faticato a seguire. Grazie anche a Filippo, che stava a scuola l'indispensabile, per il resto del tempo era a casa e si occupava di noi, giorno e notte. Non riusciva più a dormire bene, anche quando prendeva sonno questo era talmente leggero da farlo sobbalzare ad ogni minimo rumore.

Così, non appena sentiva un versetto di Sara si precipitava da lei, la cambiava e me la portava per allattarla. Confesso che spesso mi doveva svegliare perchè io non avevo sentito nè lui nè lei. Ero convinta, e lo sono tuttora, che spesso la bambina avrebbe continuato a dormire se non fosse andato a prenderla. Infatti me la portava, lei si attaccava al seno, più per istinto che per fame, e subito si riaddormentava. In quei primi 4 mesi di vita Sara fece vacillare il nostro equilibrio di coppia. Non i nostri sentimenti, che erano profondi e addiritura rafforzati dall'esperienza di aver generato una nuova vita. Ma la nostra vita di coppia, la nostra relazione, aveva subito uno sconquasso.

Era come se io e Filippo non esistessimo più. Per lo meno questa era la mia sensazione. Quando iniziai a riprendermi fisicamente e mia madre tornò ad Avellino, cercai di ristabilire un nuovo equilibrio. Innanzitutto mio. Fare una figlia non è cosa da poco. Ogni tanto la guardavo e mi chiedevo, meravigliata e felice, come ci fossi riuscita. Quando diventi genitore è un attimo cadere in una spirale in cui tutto ruota attorno al neonato che fagocita tempo, emozioni e relazioni. Non fu un periodo facile, ma molto faticoso sotto vari aspetti. Quando Sara compì 3 mesi mi sembrò di avere ripreso un mio ritmo, oltre che il mio peso, anche se la tonicità dei tessuti avrebbe dovuto aspettare ancora un pò. La bambina era tranquilla e cresceva bene. Quello che proprio non riusciva a stabilizzarsi era Filippo. Non era più riuscito a recuperare un sonno regolare, era sempre all'erta, pronto per un'emergenza che solo lui vedeva e che immancabilmente non si verificava. Ovviamente ne risentiva la nostra vita di coppia che non riconoscevo più. Non sapevo cosa fare. Quando provai a parlarne con i miei familiari minimizzarono la questione e quasi incolparono me di egosimo. Come se essere diventata madre non dovesse più prevedere anche esigenze di intimità, confidenza, complicità e, diciamolo, sessualità, con mio marito. Ero molto frustrata. Quando provavo a parlarne con Filippo era sempre in un momento sbagliato. Era stanco, era appena arrivato, doveva uscire, la bambina piangeva, suonava il telefono. Ogni scusa era buona per non affrontare la questione. Paradossalmente più era presente, coinvolto nella vita familiare, collaborativo, più mi sfuggiva. Non sapevo come affrontare la questione. Un giorno discutemmo per un latte scaduto che inavvertitamente avevo riposto nel frigorifero, lui per sbaglio stava per darlo a Sara, mi sentivo al limite. Mi sfogai al telefono con mia madre la quale, come al solito, minimizzò concludendo con la sua ormai frase di rito: Dagli tempo e non ti preoccupare che poi le cose si aggiustano. Già, ma come si sarebbero aggiustate? Con quale miracolo? Dopo aver chiuso la telefonata andai di fronte al quadretto di San Gerardo e mi sfogai con lui: San Gerardo, tu che proteggi le mamme e i bambini, ti prego di dare uno sguardo anche ai papà. In particolare a questo neo papà, Filippo, che senza volerlo sta mettendo in crisi la nostra famiglia. Poi scoppiai in un pianto quasi isterico, ma liberatorio. La serata passò apparentemente tranquilla.

Il giorno dopo venne a trovarci Veronica. Prendemmo un caffè e uscimmo a fare due passi, carrozzina compresa. Era sempre bello stare con Veronica. Mi faceva sentire a mio agio e mi infondeva tranquillità. Ne avevo bisogno. Quel pomeriggio lo ricordo ancora con un senso di liberazione e sollievo. Mi fece sentire bene, ma soprattutto mi indicò la soluzione del problema che stava minando la mia vita matrimoniale. Dopo i soliti convenevoli Come va, come stai, la bimba cresce, al lavoro come va, fu Veronica a dare il via alle nostre reciproche confidenze. Iniziò raccontandomi di Matilde. Pareva che dopo essere rientrata al lavoro, passato un mese di doppio impegno nel ruolo di mamma/lavoratrice, avesse iniziato ad avere problemi di gestione del tempo, della famiglia, della coppia. Avere a casa un bambino di pochi mesi, stare al lavoro quasi tutto il giorno, organizzare casa e il ménage famigliare era risultato più difficoltoso del previsto. Era vero che il marito la aiutava, idem la madre e la suocera, ma faticava a ritrovare un equilibrio. Era dimagrita, aveva le occhiaie e ogni tanto buttava lì che forse avrebbe dovuto fare la mamma e basta. Si sentiva inadeguata e aveva paura di non farcela. Veronica, e tutti in farmacia, le dicevano di stare tranquilla, di avere pazienza che quello era un periodo di assestamento, che sarebbe passato. Come la capivo. E' facile dare rassicurazioni a parole, altra cosa è mettersi tranquilli. Ascoltare le difficoltà di Matilde mi fece bene. Lo dico senza falsi pudori. Mi fece bene non perchè le volessi male o mi fosse antipatica, ma perchè mi immedesimai. Anch'io stavo vivendo un momento bellissimo della mia vita, la nascita di mia figlia, eppure non ero contenta, avevo l'impressione di non essere all'altezza, avevo paura di non riuscire più a ritrovare l'equilibrio, l'energia, la serenità di un tempo, e il marito che avevo sposato. Tacqui, non me la sentii di confidare le mie difficoltà, con Veronica volevo stare bene, essere spensierata. Poi lei proseguì dicendo che, dal suo punto di vista, Matilde aveva un pò di depressione post-partum. Niente di patologico, capita più spesso di quanto si creda e non c'era niente di male. Per questo cercavano di starle vicino e darle fiducia. Poi mi guardò, abbassò gli occhi e aggiunse Devo dirti una cosa. Esitava. Mi allarmai, temevo dovesse darmi qualche brutta notizia.
Anche io e Luigi abbiamo deciso di avere un bambino. Ma è meraviglioso!
Tirai un sospiro di sollievo, niente brutta notizia per fortuna.
Sì, è da un paio di mesi che ci proviamo.

Era veramente contenta. Nel frattempo Sara si svegliò e iniziò a piangere. Pagammo i caffè e ci incamminammo verso casa. Il movimento della carrozzina fece riaddormentare la bambina e a questo punto raccontai a Veronica quello che stava succedendo tra me e Filippo. Lei mi lasciò parlare senza interrompermi, quando finii si è fermò e guardandomi negli occhi disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo: Filippo è ancora sotto shoch. Non ha ancora superato il trauma di averti trovata priva di sensi in bagno. Ha avuto paura di perderti e questa paura gli è rimasta addosso. Secondo me deve farsi aiutare a superare il trauma, poi vedrai che le cose si sistemano.
In quel momento mi resi conto che non avevo mai considerato la situazione dal punto di vista di Filippo.

In ospedale quando mi svegliai il primo pensiero fu per la bambina. Subito dopo mi trovai in un vortice di emozioni nuove e un corpo da rimettere in forma. Le mie energie e i miei pensieri si concentrarono tutti su questi due punti: riprendermi fisicamente e la bambina. Filippo mi raccontò dello spavento che aveva preso e della paura di perdermi, di perderci. Se devo essere sincera con me stessa l'ho presi come un racconto. Non realizzai fino in fondo quale esperienza traumatica avesse vissuto. Se penso anche solo per un attimo di trovarmi, per un qualsiasi motivo, in una situazione in cui potrei rischiare di perdere Filippo subito mi aumentano i battiti cardiaci e vado in ansia. Credo di aver sottovalutato l'impatto di quanto accaduto su Filippo. E' che lui è sempre così forte, presente, sicuro, rassicurante, che sottovalutai la situazione. A mia discolpa posso dire che partorire non è esattamente una passeggiata e che diventare mamma ti travolge come uno tsunami. Ma anche diventare papà.

Come al solito Veronica era riuscita ad individuare il punto nevralgico della situazione e trovare la soluzione. Tornai a casa pensierosa. Non riuscivo a togliermi dalla testa la scena di Filippo che mi trovava in bagno priva di sensi, che aspettava l'ambulanza, e tutto il resto. A cena fui silenziosa. Filippo mi chiese cos'avevo, se andava tutto bene. Gli risposi che ero solo un pò stanca. La verità è che lo stavo osservando e mi rendevo conto di amarlo, non volevo che la nostra famiglia si disfasse proprio nel momento in cui era cresciuta. Mi vennero i sensi di colpa per non aver considerato prima il suo punto di vista, per non essergli stata vicino, pur rendendomi conto di quanto fosse assurdo perchè ero io la prima ad aver bisogno di aiuto. E lui c'era stato, sia per me che per Sara. Provai a pensare a cosa mi avrebbe detto ora Veronica, cosa avrebbe suggerito, ma sapevo da sola la risposta. Se volevo ritrovare un equilibrio di coppia e portare avanti questa famiglia non dovevo fermarmi ad analizzare tutto in un'inesauribile somma di colpe, gesti, parole, a debito o credito. No. Non sarebbe servito a niente concentrarsi e analizzare nel dettaglio il problema, che del resto era lì da vedere. Mi dovevo concentrare sulla sua soluzione, sugli aggiustamenti che dovevamo apportare alla nostra routine quotidiana. Al primo posto c'era ridare serenità a mio marito. Doveva assolutamente mettersi tranquillo e riprendere a dormire. Lo osservai con attenzione, non mi ero accorta di quanto fosse dimagrito in quei pochi mesi, delle occhiaie scure, del suo stare sempre teso.

Quella stessa sera, dopo che Sara si addormentò, presi il coraggio a quattro mani e parlai a Filippo a cuore aperto, come non facevo da tempo. Filippo mi ascoltò poi, piano piano, iniziò a singhiozzare. Si sforzava di trattenere le lacrime, ma non ci riusciva. Non riusciva nemmeno a parlare. Lo abbracciai e lo tenni stretto. Finalmente, dopo un tempo che mi sembrò interminabile, Filippo parlò Ho avuto paura. Ho avuto tanta paura. Non puoi nemmeno immaginare quanta paura.
Quella sera non ci fu stato bisogno di aggiungere altro. In quel momento ci eravamo ritrovati e urgente era riconciliarci anche fisicamente. Da mesi non facevamo l'amore, la ritrovata intimità valse più di tanti discorsi. Il giorno dopo ci sarebbe stato tempo per riprendere l'argomento.

A colazione, tra un sorso di caffè e un biberon, ho ripreso discorso, serenamente. Filippo disse di sentirsi enormemente sollevato, ma ammise di avere un peso dentro, un'oppressione di cui non riusciva a liberarsi. Sapeva che doveva affrontarlo o cercare almeno di alleggerirlo, ma non sapeva come. Seppur con qualche remora accettò la proposta di andare da uno psicologo per superare il trauma vissuto. Dopo 6 mesi si ristabilì emotivamente, riprese il suo peso e il suo equilibrio, riprese a dormire bene. Parallelamente il nostro rapporto di coppia si assestò con Sara, la nuova componente della famiglia.

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Ultimo aggiornamento 27/07/2021