San Gerardo Maiella
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22 Gennaro

SAN VINCENZO MARTIRE

Conciossiachè le geste dei martiri non pure per la distanza de'tempi dove sperdute e dove manche, ma e sovente per malizia dei tiranni venissero intercette di mano ai fedeli, e, che è più, fin vietato taluna volta, che le scritte degl'interrogati e risposte, tormenti, sentenze e rimanente fossero negli stessi registri presidiali conservate; di qua non è a maravigliare, se gli atti eziandio del santo martire Vincenzo a noi non pervennero d’immediata autenticità, standone in causa la ragione soprassegnata, conforme accennò già egli l'accreditato Anonimo antico: il quale a ripararci del danno, come prima la persecuzione posò, ne trasmise provvidamente quanto collazionando da sei codici a penna ce ne spose il Bollando, e riscontrato appresso con manoscritti ben altri molti ci consegnò ne' suoi atti sinceri il p. Teodorico Ruinart. Da, coteste fonti pertanto, la cui purezza non teme qual più svegliato tu voglia 'indagatore di vero, è attinto ogni particolare, che del beatissimo martire qui per me si dirà.22 gennaio san vincenzo martire

Adunque Vincenzo, che fu di Eutichio e di Enola chiarissimi genitori, nacque in Huesca dell'Aragona. Egli intese di buon'ora alle lettere pervenuto a giovinezza fu da Valerio vescovo di Saragozza assunto al diaconato, siccome quegli cui già lodava pietà non vulgare, e che nelle sacre scienze e profane sentiva molto avanti. A lui tra pel conosciuto zelo e sapere, e perché egli secondo natura era anzi balbo che no, commise Valerio il carico della divina parola; e Vincenzo rispose all'impegno per siffatto modo, da avvantaggiarne non poco l'aspettativa del santo prelato. Ora avvenne di Di quei giorni, che imperversando a potere la persecuzione di Diocleziano e Massimiano contro de' cristiani, Daciano prefetto della provincia, che studiava assecondare i crudelissimi imperadori, fe' prendere, senza gli altri assai, Valerio vescovo e Vincenzo arcidiacono ; e comandò che incatena ti entrambo gli fosser menati a Valenza . Qui riserratili di presente in assai scura e fetida prigione, tanto li vi lasciò rifinire dallo squallore, dall'inedia, e dal peso delle catene ond'eran gravati dal collo alle mani,' ch’egli avvisando oggimai dover essere al tutto delle forze spossati e inviliti dell’animo, sì se li fe' perdurre dinanzi nella presunzione della certa vittoria. .E come furono a lui, fattosi in prima a Valerio "Che vai tu, disse, sotto vista di religione macchinando contra i sovrani imperadori ? non sai che quale sprezza lor decreti egli è a ripentaglio della vita? or essi han fatto comandamento che voi incensiate agli dei, non volendo a niun patto che la dignitade dell'antico culto venga per nuovo e dinanzi non inteso rito profanata: il perché ubbidisci a'miei detti, sì che altri eziandio che ti stanno soggetti si attengano a quel consiglio, cui da te veggano abbracciare, che di cotesta religione sei vescovo diputato. Ma e tu, o Vincenzo, rivoltosi quindi al santo diacono, tienti altresì tu alle mie parole, che se' per chiarezza di natali e pel fiore commendato di bellissima gioventù. Pertanto dichiarate aperto vostra sentenza, perché o consenzienti siate di tutti onori ricolmati, o dispregiatori, e verrete sottoposti a'più squisiti tormenti” Qui tacendosi Valerio, (che uomo era di semplicità e innocenza singulare; erudito sì bene nella scienza, ma della parola , siccome detto è, alquanto difficultato) Vincenzo pieno com'era la mente della presentita corona, se tu voglio padre, io, disse, risponderò alle proposte di costui: e avutone l'assenso. «Fin qui, o Daciano, il tuo discorso mosse a consigliarne il rinnegamento della nostra fede: ma tu dei sapere come appresso i cristiani è detestata prudenza il bestemmiare a certo modo in rifiutando il cullo della divinità: e a non menarti più a lungo, noi ci professiamo seguitatori della cristiana religione , e dell' uno e vero Dio, che perdura nei secoli, servi e testimoni: nel nome di lui. Noi vestiamo una spirituale armadura contra tutti artifizi della tua nequizia; e per nulla avendo ogni tue minacce e tormenti siam anzi. presti ad abbracciare di voglia la morte per testimoniare la verità.» Queste ed altrettali cose, delle quali. Come di altre assai, per tenermi a leggenda, io mi passo, disse , intrepidamente a Daciano il santo arcidiacono. Ma quel fiero venne incontanente in siffatta ira che, rimosso indi Valerio , il quale avutane sentenza esiliò , tutta fermò provare su lui l'atrocità dei tormenti , a vedere se del fatto ei rispondesse alle parole. -- Adunque Daciano comandò che Vincenzo venisse innanzi tratto stirato sull'eculeo; e allo stante si fece. Or mentre in quell'orribile distra mento di tutte le membra scommesse ogni giunture e dislogate le ossa, era per giunta dai lati e dal petto con delle unghie di ferro crudelissimamente scarnito, ed egli il santo martire inteso di tutto l' animo nel desiderio del ciclo così portava quello strazio di sé, c'altri si potesse argomentare, lui avere ogni senso della persona interamente perduto.

Dichè rinforzando oltre lo sdegno di Daciano , ordinò che Vincenzo diposto dall' eculco fosse presentemente in sul letto graticolato disteso, e, sottopostovi fuoco, con ogni spietatezza martoriato. Ed ecco si allestisce tosto pei carnefici quel ritrovato di nuova ferità , e fattovi sopra salire l' invitto soldato di Cristo, il vi costringono con delle catene trasverse; e attizzando da tutte bande, già stride avvivata la fiamma ad abbracciare quell' infernale ordigno, e cruciare ineffabilmente il santo levita. Ma né di ciò tanto son fatti paghi que' crudi: a lui applicano serratamente sul petto piastre arroventite; e per le piaghe profonde, che gli ricercano fino alle viscere estreme, instillano via via del grasso fervente; e spargendo spesso sale intra le fiamme, gli sopraggiungono martiri infinito dal frizzo vivissimo di quelle bricie mordenti, che rimbalzando addentro gli s'incarnano dolorosissimamente. E impertanto tu avresti veduto l'invitto paziente, non perduto il sereno della fronte, tenersi immoto in quello scempio; e fiso degli occhi in cielo invigorire nel priego segreto dell' anima consapevole. Perché è dinunziato a Daciano come ed opera e tempo si perdeva con lui, da che né fuoco né piaghe né altro gli era tanto, da storlo un punto del suo proposito . Allora il prefetto comecchè caduto oggimai di speranza di profittare più nulla nella sua efferatezza, tuttavolta comandò che così tutto riarso e piagato lui gittassero nel più angusto rinchiuso della carcere , il cui suolo inasperato fosse di spessi rottami e minuti, e il luogo da tutte parti serrato per forma, che voce non pervenissevi di uomo nato, nè raggio di luce non ci potesse nessuno . Il tutto si compie pei ministri tostamente: ma che? Quando suo corso amezzando la notte, i custodi assonnavano piucchè mai, ed eccoti di cielo una luce irraggiar viva e giocondissima per quella muta segreta, e spezzati improvviso i legami al guerriero di Dio, scambiarglisi a un tempo quello strato aprissimo in morbidezza di odorate recentissime rose, e lui rifattosi tutto aggiugner suo canto agli angioli discesi, che armonizzando in su gli organi di paradiso cantavan dolcissimi la lode al Mirabile ne' suoi santi. In questa addormentato le guardie, tutte ispaventarono alla prima; ma fattesi all' uscio della prigione, e spiando pei fessi delle imposte ebbono tosto a trasecolare della più nuova maravig·lia in veggendo quivi entro spettacolo sì stupendo ! E apparsa appena la dimane, mandano tosto dichiarando ogni cosa per singulo a Daciano; il quale tutto se ne ammirasse molto, pur tanto fu di lungi ch’e si ristesse del perverso talento, che anzi maliziando avanti, impose che ritolto il martire di quella carcere il trasferissero a tempo su mollissima coltrice, dond'ei risparmiato alquanto, meglio rinnovellasse alla pena. Se non che dove il tiranno si argomenta a nuova crudeltade, e Iddio per contrario già chiama all'invitto suo servo l'ora del compiuto trionfo. Poiché poi reclinato che l’ebbero in sulla piuma, il beatissimo martire di Cristo, cui troppo pur tardava oggimai di riposarsi nel cielo, in quella confidenza sentita che rimerita i forti placidissimamente passò. Allora accorrervi in folla i cristiani, e composti a bella divozione intorniar tutti quella salma adorata, e quale stamparla di baci caldissimi, quale trattarne pietosamente le fresche ferite, e tutti gareggiare a paro in raccorsi ne'piccioli panni lini quel venerabile sangue proficuo alla pietà dei futuri per mille portenti. Ma non rado incontra che malizia disperala non rifinì per morte: e Daciano comandò che il corpo del santo diacono si gittasse insepolto all'aperta campagna, perché fosse pasco agli avvoltoi e alle fiere digiune. Però la malizia dell'uomo indarno si consiglia contra Dio: un corvo (e vuolsi ammirare vieppiù!) egli si pose a guardia del santo cadavere, e vegliandolo continuo il giorno e la notte, il serbò ad aperto prodigio dall'ugne dello sparviero, e dalla canna del lupo. Ciò come udito venne al presidente, poi, disse, ch'ei non può consumare sulla terra, sia profondato nel mezzo del mare, non forse avessimo ad arrossare più innanzi sotto le viste di tutti: e secondochè disse fu fatto. Ma Vincenzo non men vivo che defunto (1) avverando in faccia alla terra il portato nel suo nome presagio della vittoria, siccome già vinse nella fermezza della confessione e nello sprezzo dei tormenti, vincendo tutto sì nello scontrato cimento delle belve e delle onde, appressava salvato prodigiosamente alla riva; e i cristiani avutane contezza per celeste rivelazione vi traggon tosto reverenti e lietissimi, e ricolta divotamente quella reliquia venerata, le danno secondo que' paurosissimi tempi commendevole sepoltura. Ma indi al alquanto quetata la fierezza- della persecuzione, e crescendo tutto dì la pietà de' fedeli, fu il santo martire a più dicevole onorificenza translato, e riposto a giacere sottesso il sacro altare presso le mura di Valenza. Frattanto Iddio, che non lascia di glorificare dal cielo qualunque alla gloria del Figlio ministrò sulla terra, fe' sì chiaro dovunque il nome del martire beatissimo, che, se per l'enfasi di san Leone quanto si onora Gerosolima di Stefano, tanto lodasi Roma di Lorenzo, (1) e Valenza non manco si magnifica di Vincenzo; la cui venerazione aggiunse per modo rapida e universale appo tutte le chiese, che sant' Agostino ebbe a scrivere del suo tempo , come non avea oggi mai provincia o paese dovechè si stendesse il romano impero od il nome cristiano, che il natale non godesse celebrar di Vincenzo. Senzachè di lui menzionano tutti per poco gli antichi martirologi sì greci che latini; e vi ha di sermoni parecchi del prenominato santo dottore in lode del nostro martire, e un ben lungo Giambico dimetro nel IL:pi' çzrpo:Y'.J)V di Prudenzo: lui per simile lodarono ne'loro scritti un san Paolino da Nola, un Gregorio Turenese, un Fortunato , un san Bernardo; a'quali son da sopraggiungere i padri della Spagna nel messale mozarabico , e gli africani nel calendario cartaginese. Il corpo del santo dai Valentini fuggenti il furore dell'empio Abderameno re de'saracini traportato e nascoso in sulle cime del promontorio di Algarve, fu quindi per l'industria e pietà rinvenuto di Alfonso primo re di Portogallo, e translato a Lisbona, ove (2) oggi si rimane, nel 16. settembre del 1173. Perché non sapresti come il Mazzolari al 22. gennaio dopo il titolo «S. Vincenzo martire in Valenza soscrivesse quel franco laconismo " Il suo corpo alle tre Fontane».
Ammirammo il combattimento e il trionfo del fortissimo martire san Vincenzo: rincontro a cotanta fede abbiam noi ben donde vergognarci ai tempi in che siamo. Oggi non il ceffo di arruffato carnefice, ma la ridente impudenza di un aperto scostume quanti per contrario non ne porta a sconfessare col fatto il nome di cristiano! Iddio ci faccia lieti di giorni migliori; e ridrizzi per la preghiera

(DEL P. TEODORO D I MARIA SSMA CARMELITANO SCALZO)

 
 
 
 

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Ultimo aggiornamento 27/07/2021