San Gerardo Maiella
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27 Gennaro

SAN GIOVANNI CRISOSTOMO DOTTORE

Uno dei più gran padri della Chiesa fu san Giovanni nato in Antiochia verso il 314 da Secondo generale di cavalleria, e fu per la sua molta eloquenza chiamato Crisostunio; poiché questa è voce greca che italianamente significa Bocca d’oro (1). E tale arte egli apparò da Libanio il più famoso oratore de' suoi tempi, il quale interrogato chi avrebbe scelto a successore rispose: Giovanni, se i cristiani non ce l' avessero tolto. Dapprima si voltò allo studio del foro, ed a 20 anni già crasi acquistata buona riputazione nel difender le cause; ma presto lasciò queste cure per volgersi tutto a Dio. Andò e vestì una miserabile tunica, si diede al digiunare, al dormire su nude tavole, a far vita da vero penitente; e da san Melezio vescovo di Antiochia fu ordinato lettore della sua chiesa. Quindi i vescovi della provincia volendo nominare vescovo lui e san Basilio suo amicissimo, egli si nascose, e non avendo allora che ventisei anni dettò un bellissimo trattato sul sacerdozio.27 gennaio san giovanni crisostomo
Sempre alieno dalle mondane glorie, comecchè per la forza della eloquenza
avrebbe potuto aprirsi un varco alle maggiori dignità, avea a bella posta vestito abito di ecclesiastico per non entrare in esse, e quasi ciò non gli bastasse, andèi per quattro anni a menar vita fra gli anacoreti sulle montagne di Antiochia, dipoi per due anni cercò più profonda solitudine in una caverna, dove le continue vigilie, le mortificazioni e l'umidità del sito lo informarono così, che gli fu forza tornarsene in Antiochia per ristabilirsi in salute, e ciò avvenne nel 381 . Quì fu ordinato diacono da san Melezio, e nel 386 -sacerdote da Flaviano vescovo che lo elesse ad un tempo suo vicario, e gli ordinò di predicare la parola di Dio, comecchè fino allora fosse stato costume de' soli vescovi. Crisostomo aveva allora quarantatre anni e usando straordinaria eloquenza traeva ad ascoltare giudei , pagani, eretici d’ogni specie, e per dodici anni fu veramente la mano, l'occhio e fa bocca del suo vescovo. Il quale, allorchè tutta la città fu minacciata di grandi gastighi per una sedizione levatasi contro Teodosio Imperatore, si recò in Costantinopoli ad implorare perdono con una delle più belle orazioni che si vuole fattura di Crisostomo, e l' ottenne. Non è a dire se Giovanni fosse amato e formasse
il più bello ornamento in Antiochia, e se per cosa del mondo lo avrebbero mai lasciato partire. Ma pure a quella città lo tolse con uno stratagemma il conte di Oriente che lo voleva vescovo a Costantinopoli, ove di fatti vi fu consacrato ai 26 di febbraio del 398 da Teofilo patriarca di Alessandria.
Credi ora, o lettore, che in quell’alta dignità si desse al vivere fastosamente e più che a buon pastore conviensi ? mai no: rallentando le spese della stessa sua casa, vivendo con parchìssima mensa , fondò ospedali e tutto il suo dava ai poveri così che ebbe il soprannome di Giovanni l' elemosiniere.
In questo mezzo il popolo si sollevò contro l'eunuco Entropio succeduto a Rufino nell'uffizio di primo ministro di Arcadio e lo stesso esercito lo domandava a morte; onde riparatosi l’indegno ministro nella chiesa che tante volte avea vituperata, questa fu invasa dalla sfrenata soldatesca. Ed ecco Crisostomo colla sua eloquenza, dicendo della vanità delle umane cose, rattemperare l'ira di quelle genti armate, calmare il popolo, salvare Eutropio che atterrito tenevasi stretto agli altari. A questa successe la ribellione di Gaina comandante i Goti al servizio di Arcadio da lui assediato nella stessa città capo dell'imperio, quando Crisostomo colla sua eloquenza allontanò pure Gaina e le sue genti da quell'assedio.
Tanto sapere, tanta bontà, tanta potenza di Giovanni non poteva non destare invidia negli altrui animi, e la destò in fatti, procacciandogli molte persecuzioni. Alcuni fra gli stessi vescovi gli furono avversi ed osarono , come Severiano, alzare nel popolo la voce contro di lui accusandolo di molte calunnie. Ma sopra ogni altro erag1i nemica Eudossia imperatrice, la quale dispoticamente governava, e Crisostomo delle rapine e delle ingiustizie di lei fortemente dolevasi. Ond'essa deliberato di farlo deporre chiamò ali'uopo
Teofilo patriarca di Alessandria che pure crasi spiegato contrario a Giovanni, e Teofilo tenuto un conciliabolo, che fu detto della Quercia (3), citò in giudizio lo stesso Giovanni , il quale, comecchè ricusasse di comparire ed avesse a suo favore ragunati a Costantinopoli quaranta vescovi, fu deposto, e la sentenza confermata da Arcadio che ordinò pure il suo esilio. Il popolo lo prende allora in sua custodia e minaccia di sollevarsi contro lo imperatore; ma Crisostomo, che non giudico di opporsi agli ordini del principe, si sottrae dai suoi zelanti custodi e parte per la Bitinia. Subito il vescovo Severiano sale il pergamo e predica giusta quella sentenza; ma le sue parole sono interrotte dalle grida dei cristiani che richieggono il loro pastore. La stessa Eudossia nella notte, inteso un terremoto, sbigottita corre allo imperatore ed esclama: "Non abbiamo più impero, se Giovanni non è richiamato ".
Questi allora, cassata la sentenza, viene subitamente richiamalo e portato come in trionfo dal popolo che gli va incontro con faci accese. Pure la pace tornata così con lui nella città non andò guari che fosse nuovamente turbata.
Incontro la chiesa di santa Sofia veniva inaugurata una statua in argento della imperatrice, e questa solennità si festeggiava con giochi così stravaganti che turbavano l' ufficio divino. Del che Crisostomo dolendosi e biasimando il direttore de ' giuochi stessi che era manicheo, fu invece accusato di avere oltraggiata la imperatrice medesima e detto contro lei la famosa orazione che incomincia Erodiade è ancora furibonda, la quale orazione dice il Montfaucon non essere veramente di lui. Fatto è che Crisostomo fu nuovamente condannato e che nel sabato santo Arcadio mandò una mano di soldati a discacciarlo profanamente dalla sua chiesa; e nonostante le difese che del santo vescovo presero il papa Innocenzo I ed Onorio imperatore di occidente , egli dovette partirsi per Nicea nella Bitinia dove arrivò ai 20 di giugno del 404.
Avvenne non saprei per qual modo che, lui partito, la chiesa di S. Sofia ed il palazzo in cui ragunavasi il senato anelasse preda alle fiamme; del qual caso furono incolpati i partigiani e gli amici di san Giovanni Crisostomo, dei quali alcuni furono mandati ai confini, altri imprigionati, altri fatti morire in mezzo ai tormenti. Quindi gl'Isauri e gli Unni correvano le terre dello impero, altre sciagure turbavano l'animo di Arcadio; onde questi scrisse a san Nilo per impetrare soccorsi dalle sue preci. E come vuoi tu, risposegli san Nilo, liberare lo impero delle percosse dell'angelo sterminatore , dopo lo esilio di Giovanni colonna della chiesa, fiaccola di verità, tromba di Gesù Cristo? Ma né queste parole né le premure di Onorio, perché Crisostomo fosse richiamato dallo esilio, furono valevoli; che anzi venne mandato più lungi a Cucusio in Armenia dove arrivò dopo 70 giorni di penosissimo viaggio. In questo paese si recarono a lui da Costantinopoli e da Antiochia molti dei suoi amici, e di qua indirizzò a santa Olimpiade un bellissimo trattato che
«Nessuno può nuocere a colui che a sé non nuoce da per sé stesso ». Nè qui fu pure lasciato, che lo imperatore irritato, perché il papa non voleva trattare con Teofilo e cogli altri nemici del santo, lo confinò sulle' spiagge del ponto Eusino . Giunto a Cumana non potè camminare oltre rifinito dai lunghi patimenti del viaggio che quegli inumani che lo accompagnarono aveano fatto soffrire, costringendolo ad andare col capo scoperto, mentre era calvo, sotto la sferza de' più cocenti raggi ed alle piogge più distemperate,
Arrivato appena in quella città vestì abiti bianchi, ricevè la comunione e terminando la sua preghiera colle parole «Iddio sia glorificato di tutto», spirò ai 14 di settembre del 407 in età di sessantatre anni (1). Infinito popolo accorse ad onorare i suoi funerali ed il suo corpo fu seppellito presso quello di san Basilisco martire nell' oratorio a questo santo consacrato. Di qua ai 27 di gennaro del 438 fu trasferito a Costantinopoli e dipoi a Homa, ove le sue reliquie riposano nel Vaticano sotto l'altare che piglia nome da esso santo Crisostomo, e del coro comunemente si appella. I greci celebrano la sua festa ai 13 di novembre, ed i latini in questo giorno 27 di gennaro.
Avrei potuto narrare più a lungo gli studi e le opere del Crisostomo, tra le quali sono trattati, omelie, e lettere moltissime che gli diedero riputazione del più grande fra i dottori della chiesa, e fu per esse chiamato «saggio interprete dei segreti dello Eterno” , Coloro che volessero raccogliere più particolari notizie intorno a questo santo dottore, basterà che io ricordi loro le vite che ne scrissero Palladio, Montfaucon, Erasmo, Menarci, e Tillemont nell' undecimo volume delle sue memorie.

(DELL'AVVOCATO ORESTE RAGGI)

NOTIZIE DEGLI SCRITTI DI SAN GIOVANNI CRISOSTOMO TRATTE DALL' ABATE ALBANO BUTLER

Nello accennare le opere di san Giovanni Crisostomo noi seguiremo l’ordine, che il Montfaucon ha seguito nella sua edizione, detta dei Benedettini. Il primo tomo contiene I. Le due esortazioni a Teodoro. Questo Teodoro, che fu poscia vescovo di Mopsuesta, avea abbracciato la vita monastica in sua gioventù, ma poi entrò nel mondo col disegno di menar moglie. San Giovanni Crisostomo, che amavalo teneramente, gli indirizza le due esortazioni, di cui parliamo, per ricondurlo al tenore di vita, che avea abbandonato. Egli vi adopera i più forti motivi, che somministrano le verità terribili e consolanti della religione, e ribatte tutte le difficoltà che vi si potrebbero opporre. Il matrimonio, dic’egli, è santo per sé stesso; ma è diventato illecito in colui che ha fatto a Dio il sacrificio della propria persona. Queste due esortazioni, le quali furono scritte nel 369, produssero il loro effetto. Teodoro fu innalzato alla sede di Mopsuesta nel 381. Nel combattere gli Apollinaristi egli ebbe la disgrazia di gettare i primi semi del nestorianismo in un libro che scrsse sull’incarnazione, com’anco in altre opere che uscirono dalla sua penna. Giuliano il Palagiano essendosi ricoverato in oriente, fu da lui apertamente protetto, anzi scrisse un trattato contro il peccato originale, e sostenne il pelagianismo in molti suoi scritti, che tutti furono dannati dopo la sua morte avvenuta nel 428. Ce ne rimangono ancora dei frammenti in Facondo, in Fozo, e in molti concili. Il duca d’Orleans, uno dei più dotti principi che l’Europa abbia mai dato, e che morì a Parigi nel 1752, ha mostrato in una dissertazione, che Teodoro di Mopsuesta fu l’autore del commentario sui salmi, che porta il nome di Teodoro nella catena dil p. Cordier. Noi noteremo prima di finir questo articolo, che Teodoro di Mopsuesta morì nella comunione della Chiesa cattolica, non essendo mai stati condannati i suoi errori, mentre era vivo.
2.I due libri della Compunzione. San Giovanni Crisostomo li scrisse quando vivea nelle montagne vicine ad Antiochia, per rispondere a due fervidi solitari, che aveano pregato d’indicargli i mezzi, onde acquistare la compunzione. Il primo è indiritto a Demetrio, il secondo a Stelichio. Il santo tratta compiutamente in quest’opera di tutto ciò che risguarda la necessità, i motivi e i caratteri della compunzione, e dà regole sul modo di conservare e di mantenere questa virtù.
3.I tre libri della Provvidenza. Stagiro, d’una famiglia illustre, avea abbracciato la vita monastica a dispetto di suo padre. Essendo caduto in tiepidezza, il demonio s’impossessò di lui, né vi fu modo di liberarlo da questo crudele nemico. oppresso dal peso del suo malora, egli s’abbandonò ad una tristezza mortale, e ad un disperato avvilimento. San Giovanni Crisosstomo, doglioso del suo stato, gli indirizzò i tre libri colla sua Provvidenza; dopo l’anno 380, per rincorarlo. Mostrogli che Dio tutto governa rispetto agli eletti, e che le più dure prove sono mezzi di salute,purché ne faccian buon uso.
4.I tre libri contro i nemici della vita monastica. Essi furono composti verso l’anno 375, quando Valente ebbe fatto una legge, che i monaci dovessero essere arrolati nelle armate come tutti gli altri sudditi dell’impero. La mira del santo dottore era di vendicarli dai titoli ingiuriosi, che loro si davano anche tra i cattolici. Egli mostra che il loro stato è santo, perché somministra i più efficaci modi di acquistare la vera virtù; e che quelli che l’abbracciano fuggono nella solitudine, per praticarvi di una maniera più perfetta i consigli evangelici, e non si ritraggono dal mondo, che per non bruttarvisi della corruzione che vi regna. Nel secondo libro il santo dottore prova a un pagano coi ragionamenti e cogli esempi, che la povertà volontaria rinchiude in sé i più grandi vantaggi; e che quelli che l’abbracciano vi gustano una felicità più pura di quella che si gode sul trono. Nel terzo si leva contro i genitori, che inspirano ai loro figliuoli il gusto della vanità, e che col loro contegno, peggio ancora che coi loro discorsi, che agguaglia agli angeli, quali non hanno altra occupazione fuor di pensare a Dio e di lodarlo.
5.Il paragone d’un re e d’un monaco. Vi si prova che la condizione del secondo ha la mano sovra quella del primo. Infatti un vero monaco gode dei favori celesti, esercita un impero assoluto sovra tutti del suo cuore, e comanda da padrone a tutte le sue passioni; egli possiede i più preziosi doni della grazia, e trionfa di tutto col valor dell’orazione; non ci ha niuno, a cui egli non procacci del bene; egli mira la morte che d’ordinario mette tanto spavento ai re, come il passaggio da una vita piena di miserie alla beata eternità. Il pio Bloso e il p. Montfaucon pregiano singolarmente questo libro.
6.Il libro contro quelli che tengono nelle loro case in luogo di sorelle delle femmine, che diconsi sotto introdotte; cioè contro i chierici, che ricoverano in loro casa delle diaconesse, sotto pretesto che abbiano cura delle loro cose domestiche. San Giovani Cisostomo riprende acremente questi chierici, mostrando ad essi che ei espongono a perdere l’innocenza, e scandalizzano i loro fratelli. Questo libro fu scritto nel 397.
7.Che le femmine regolari non devono abitare cogli uomini. In questo libro l santo dottore riprende coteste donne, che davano alloggiamento agli uomini, e forte le condanna. In questo trattato troveranno le femmine degli eccellenti avvertimenti contro la vanità e l’indecenza degli abbigliamenti.

8.Il trattato della Verginità. Vi si trova l’elogio di questa virtù; che si cercherebbe invano fuori dalla Chiesa cattolica. Ella avanza di tanto il matrimonio, di quanto l’angelo è superiore all’uomo. Ma, dice il santo, l’eccellenza della verginità viene dalla consacrazione che si fa a Dio della propria anima. Tolgasi il desiderio di piacere a Dio, non ci avrà più delle vergini.
9.I due libriad una giovane vedova. Questi furono indirizzati dal santo ad una giovane gentildonna, che aveva perduto da poco tempo il marito. Nel primo san Giovanni Crisostomo le dipinge per minuto li vantaggi spirituali, che si trovano nello stato di vedovanza, il secondo mira a sconsigliare le seconde nozze a quelli, che vi si inducono soltanto per motivi umani.
10.I sei libri del sacerdozio. Essi sono scritti in forma di dialogo. San Giovanni Crisostomo e il suo amico Basilio ne sono gli interlocutori. Abbiamo osservato, nella vita del nostro santo, che egli li compose per giustificare il pio artifizio, onde servissi per fare innalzare il suo amico all’episcopato. L’eccellenza del sacerdozio cristiano, la sublimità delle sue funzioni, la molteplicità dei dovei che egli impone, lo zelo, la prudenza, la capacità, in fine tutte le qualità che è mestieri abbiano tutti quelli che vi sono innalzati, ecco i punti che san Giovanni Crisostomo tratta in quest’opera. Ve ne fu altra mai più importante, sì per la sostanza delle cosse, sì ancora per la maniera con cui sono trattate? Gli ecclesiastici, non potrebbero mai leggerla troppo. Essi vi attingeranno la cognizione di quanto sono divenuti per la loro ordinazione, e di quanto debbono fare per rispondere ai disegni di Dio su di essi.
11.Discorso pronunziato nel giorno di sua ordinazione. San Giovanni Crisostomo lo recitò nell’anno 386, dopo essere stato ordinato prete da Flaviano. Egli vi fa conoscere il suo timore e la sua meraviglia, per esser stato levato ad una dignità sì sublime, e chiede al popolo il soccorso delle sue preghiere. Io m’avvisava, diss’egli, d’intertenervi delle meraviglie di Dio; ma ne fui distolto dal profeta, il quale afferma che non istà ai peccatori lodare il Signore.
12. cinque omelie sulla natura incomprensibile di Dio, contro gli Anomei. Questi eretici, seguaci e Eumonio, sostenevano che i beati in cielo, e gli uomini sulla terra conoscono così perfettamente Dio, come egli conosce se stesso, San Giovanni Crisostomo,sapendo che costoro venivano ad ascoltarlo, colse questa occasione per combattere la loro fanatica empietà. Questo fece egli nelle cinque omelie, di cui parliamo. In esse prova l’incomprensibilità di Dio e della sua natura, colla santa scrittura e colla infinita essenza di Dio.
13. Sette altre omelie contro gli Anomei. Lo scopo principale che vi si propone il santo dottore, è di predicare la consustanzialità del Figliuolo di Dio. vi si trovano inoltre esortazioni molto tenere all’orazione, all’umiltà e alla pratica delle opere buone
14. Il Panegirico di san Filogono, che fu recitato ai 20 dicembre dell’anno 386. Questo santo era stato il vigesimo primo vescovo di Antiochia. Egli morì nel 323 dopo aver mostrato molto zelo contro il nascente arianismo. Siccome il vescovo Flaviano doveva nello stesso di parlare di san Filogono, il nostro snato non vi si stese molta, e trattenne il suo uditorio sulle disposizioni necessarie a celebrare degnamente la festa di Natale.
15. Trattato contro i Giudici e i Gentili La verità della religione cristiana vi è dimostrata dal compimento delle profezie, della prodigiosa propagazione del Vangelo, dai patimenti dei martiri e dal trionfo universale della croce. Questa croce, dice il santo, è innalzata per tutto con onore; ella riluce sul diadema degli imperatori, ognuno se ne fa il segno sulla sua fronte; ella è usata per guarire gli animi malati, e da tutte le parti si corre in folla a vedere il legno, su cui Gesù Cristo è stato confitto. Gli uomini e le donne ne portano al loro collo delle scheggiuzze incastrare nell’oro.
16. gli otto discorsi contro i Giudei. Essi sono destinati a provare che i Giudei sono stati riprovati da Dio, e che Gesù Cristo ha abolito le cerimonie legali.
17. Il discorso sull’anatema. La mira di questo discorso era di riunire i Melziani e i Paoliniani, divisi tra loro dallo scisma.
18. Il discorso sopra le strenne. Il santo dottore si leva fortemente contro i disordini che si commetteano il primo giorno di gennaro. Quindi esorta i fedeli a passarlo in opere di pietà, e di consacrare a Dio tutto il corso dell’anno.
19. I sette discorsi sopra Lazzaro. Vi si trovano eccellenti istruzioni sopra diversi punti della dottrina cristiana. Sono ancora in questo tomo alcune opere falsamente attribuite a san Giovanni Crisostomo, come un settimo libro del sacerdozio; una omelia sopra gli scherzi; un trattato contro i Giudei, i gentili e gli eretici, ecc.
Il secondo tomo contiene: I. Vent’una omelie sopra le statue, o sulla sedizione di Antiochia. La prima fu predicata alcuni giorni pria della sedizione d’Antiochia il 26 febbraio dell’anno 387. Il santo dottore vi parla fortemente contra le ubriachezze e le bestemmie. La costernazione generale, che successe alla sedizione, gli fe’ guardar il silenzio per sette giorni; dopo i quali predicò il suo secondo discorso, in cui dopo aver rappresentato al popolo il vitupero della sua condotta, lo esorta alla prativa della limosine, e a mettere tuta la sua fidanza in Gesù Cristo. Il terzo discorso fu recitato al principio della quaresima. Vi si vede che i cristiani in questo santo tempo astenevansi dal vino, dal pesce e da qualunque sorta di carni. San Giovanni Crisostomo vi raccomanda sovra tutto il digiuno spirituale, cui egli fa consistere fuga del peccato e nella mortificazione dei sensi. La quarta e la quinta omelia mirano principalmente a provare l’utilità delle afflizioni, e l’enormità delle bestemmie. Nella sesta prova che la morte è da desiderarsi da un vero Cristiano. Troverassi nella tredicesima una viva pittura dello spavento, che occupò Antiochia alla comparsa delle truppe mandate dall’imperatore. La ventesima è un’esortazione a prepararsi degnamente alla comunione pasquale. La ventesima prima fu predicata il giorno di Pasqua dopo il ritorno di Flaviano. Vi si trova una gran parte del discorso del patriarca a Teodosio, e un bell’elogio della clemenza di questo principe. Il santo dottore predicò tutti i giorni di quella quaresima, ma non ci rimane che ventuna delle sue omelie o discorsi. Quello che si dice nella terza, p. 35, dell’aringa di Flaviano a Teodosio, non ci lascia dubitare che non fosse concertato prima tra il patriarca e il nostro santo.
2. Le due Catechesi o istruzioni ai catecumeni. Ve n’erano assai di più, ma non sono pervenute insino a noi. Nella prima delle due, che ci rimangono, il santo dottore se la prende con quelli che differivano a ricevere il battesimo. Nella seconda esorta i catecumeni a ripetere sovente queste parole: io rinunzio a te, Satanasso, e a conformare la loro vita all’impegno ch’essi hanno contratto.3. Le tre omelie contro il demonio. Vi si trovano delle eccellenti cose sul prego della redenzione, sulla grandezza della misericordia divina nel castigo del peccato, sui limiti della possa del demonio, il quale non potrà mai farci del male se non lo vogliamo.
4. Le nove omelie sulla Penitenza. Vi si scorge sopra tutto l’efficacia della penitenza, della limosina e della carità. Vi ha nella sesta, p. 316, un assai bello squarcio contro il teatro, che il santo padre chiama scuola della voluttà, cattedra di pestilenza e fornace di Babilonia.
5. Una omelia sulla nascita di Gesù Cristo. Vi sono confutati i Pagani, che mettevano in derisione l’incarnazione, e i Manichei che negavano la realtà. Vi si prova anche che la misericordia divina fa di sé luminosa mostra in questo mistero.
6. Un’omelia sul battesimo di Gesù Cristo. Oltre la sposizione del mistero, vi si trovano eccellenti istruzioni per quelli che rade volte frequentano le chiese.
7. Le due omelie sul tradimento di Giuda. La presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucaristia vi è stabilita di una maniera la più chiara e più soda. Vi si raccomanda anche la dolcezza verso quelli che perseguitano, e il perdono delle ingiurie.
8. Le omelie sopra la croce e sul buon ladrone. Esse contengono assai belle cose sulla conversione del buon ladrone, sul perdono delle offese, e sovra la possente virtù della croce.
9. Un’omelia sulla Risurrezione dei morti. Vi si prova che il domma della Risurrezione è il fondamento della fede e la regola dei costumi.
10. Un’omelia sulla Risurrezione di Gesù Cristo. In questa sono per minuto esposti i vantaggi che si hanno a trarre da questa festa.
11. L’omelia sulla Ascensione. La grandezza di questa solennità è provata dai vantaggi, che ella ci ha procacciato.
12. Le due omelie sulla Pentecoste. Apprendiamo dalla prima, che lo Spirito santo scende invisibilmente nelle nostre anime, e vi reca la pace e la carità. Si dice nella seconda, che il santo spirito non entra che in quelli, che l’hanno da lunga pezza desiderata, e ch’egli discese sugli Apostoli sotto forma di lingue di fuoco, per far conoscere a noi, che avea la virtù di struggere quant’ v’ha di terreno nelle nostre anime.
13. I sette panegirici di san Paolo. Vi si scorge sino a qual punto giungesse il rispetto che san Giovanni Crisostomo avea per san Paolo; e da quai sensi di ammirazione fosse egli compreso per le virtù divine del grande Apostolo. Leggasi sopra tutto il terzo, in cui il dottore supera per poco se stess.
14. I panegirici dei santi Melezio, Luciano, Babila, Gioventino e Massimino, Pelagia, Ignazio, Eustazio, Romano,martiri; dei Maccabei, e delle sante Berenica, Prosdoca e Domnina.
15. l’omelia sui martiri dell’Egitto. La virtù delle sante reliquie vi è chiaramente provata.
16. L’omelia sul tremuoto. Ella fu fatta in occasione d’un tremuoto accaduto in Antiochia.
Trovansi nel medesimo tomo altre omelie, che sono evidentemente supposte.
Il terzo tomo può esser diviso in due parti: la prima della quali contiene trentaquattro belle omelie sopra diversi testi della Scrittura, e sopra molte virtù cristiane. Si hanno sovra tutto a leggere quelle che trattano del perdono delle ingiurie, della limosina, dell’orazione, dello stato vedovile, del matrimonio, ec. La seconda parte contiene delle omelie sopra diversi argomenti e le lettere del santo. Le diciassette, che sono dirette a santa Olimpiade, meritano piuttosto il nome di trattati, che di lettere, sì per lo stile, com’anco per le materie che ne sono il soggetto.
La lettera al monaco Cesario ha sempre portato il nome di san Giovanni Crisostomo dopo Leonzio e san Giovanni Damasceno. Il p. Arduino, Dissert, de Ep. Ad Caesar monac.; de Incarn. To. II, art., 140, pag. 340, e Tournely, l’hanno riguardata come opera del santo.
Il quarto tomo contiene: I. sessantasette omelie sulla Genesi, che furono predicate in Antiochia durante la quaresima. A detto di Fozio l stile di queste omelie è meno corretto di quello degli altri scritti di san Giovanni Crisostomo. Lunghe vi sono le parentesi per modo, che il santo dottore vi perde interamente il suo soggetto. Questo venne dal parlar ch’egli facea senza
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esservisi molto preparato, sicché lascia vasi andar dietro a nuovi pensieri che all’istante lo colpivano. Non rimane perciò che non si trovi in esse quella purezza di lingua, quella chiarezza d’espressioni, quella copia di similitudini, quella vivezza d’immagini che distinguono sempre il Boccadoro.
2. Gli otto discorsi sulla Genesi, recitati in Antiochia di quaresima. Vi si trovano utilissime cose sui vantaggi della quaresima, sull’efficacia dei digiuni, delle orazioni e delle limosine della Chiesa in questo santo tempo.
3. Le omelie sopra Anna, madre di Samuele, sopra Saule e Davide. Le omelie sopra Anna furono predicate in Antiochia nel 387. Vi si tratta principalmente del digiuno, delle venerazioni dovuta ai martiri e alle loro reliquie, della purità, dell’educazione dei figliuoli, dei vantaggi della povertà, del fervore dell’orazione, ecc. Il santo dottore anche qui si scaglia contro i teatri, com’anco nelle omelie sopra Davide. Si trovano eziandio in queste ultime le più belle cose sulla pazienza e sul perdono delle offese.
Il quinto tomo contiene cinquantotto omelie sopra i Salmi. Il Crisostomo ne avea certamente un numero maggiore, perché avea spiegato tutto il Saltero. Non ci potrebbe increscere di troppo la perdita di quelle, che non sono giunte in sino a noi: perciocché le omelie sui salmi sono una delle più belle opere di questo Padre. Egli vi nota le varianti del testo ebreo, scritto in caratteri greci, come negli Essapli d’Origene, e le differenze che s’incontrano nelle versioni di Aquila, di Simmaco e di Teodozione. Queste varietà di lezioni che si trovano anche nelle omelie falsamente attribuite a san Giovanni Crisostomo (nell’appendice dello stesso tomo), e che sono opere di qualche predicatore greco, servono meravigliosamente a ristabilire le tre antiche versioni, di cui testè parlammo.
Il sesto tomo contiene: I. delle eccellenti omelie sui sette primi capitoli d’Isaia.
2. le omelie sopra alcuni passi di Geremia, sopra Daniele, sopra san Giovanni, ecc.
3. Due bei discorsi sull’oscurità delle profezie; oscurità che dà a divedere la saggezza della Provvidenza.
4. Le omelie dell’antico Testamento: ella mette nel catalogo delle sante Scritture i libri deutero-canonici della Sapienza, dell’Ecclesiastico, di Ester, di Tobia e di Giuditta: ma non conta che sole tre epistole cattoliche, quella di san Giacomo, una di san Pietro e una di san Giovanni, benché la chiesa ne metta sette; questo avviene perché le Chiese di Siria non ne conoscevano di quel tempo che tre. Cosma l’Egiziano, che scriveva sotto il regno di Giustiniano, lo dice espressamente.l’opera imperfetta sovra s. Matteo non è di san Govanni Crisostomo, e di ciò ne convengono tutti i critici; ella è uscita dalla penna di un Ariano; che insegna ancora con Donatisti che conviene ribattezzare gli eretici. Quest’autore scriveva verso il cominciare del settimo secolo, e bisogna che fosse latino, perché cita la Scrittura secondo la Bibbia latina. La sua opera, divisa in cinquanta quattro omelie, porta il titolo d’imperfetta, perché l’ultima omelia non ispiega che una parte del capo 25 di san Matteo, e nulla ci è nelle precedenti sui capitoli 14, 15, 16, 17, 18, dello stesso Evangelista.
Il settimo tomo contiene: il Commentario sovra san Matteo, distribuito in novanta omelie. L’antica versione latina ne ha novantuno, perché la diciannovesima v’è divisa in due. Tutte queste omelie furono predicate in Antiochia, probabilmente nell’anno 390. Ci ha in questo commentario, oltre alla spiegazione letterale del testo evangelico, un compiuto trattato della morale cristiana. Egli è un’ampia sorgente, onde i predicatori non saprebbero mai attigner di troppo. San Tommaso d’Aquino, che pur non n’avea altro che una cattiva traduzione latina, diceva che non l’avrebbe data per tutta per tutta la città di Parigi. Egli non ci ha alcun dubbio che san Giovanni Crisostomo non abbia avuto per lo studio della santa scrittura, quelle disposizioni che egli esige dagli altri, vo’ dire la semplicità e purezza del cuore, l’orazione, e la frequente meditazione dei divini oracoli. Questo gli meritò quella sagacità necessaria per discoprire le ricchezze infinite nascoste sotto la parola di Dio, e l’inestimabile talento per
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ispiegare la verità di salute con quella facilità, eleganza e forza di stile che fanno stupire il leggitore. Questo talento apparisce, massimamente nelle istruzioni morali che chiudono ogni omelia.
L’antica traduzione latina delle omelie del Boccadoro sopra san Matteo è diffusa, e spesso inesatta. Ella sembra opera di un diacono pelagiano, detto Aniano, che fu al concilio di Diospoli nel 415. Vi ha più esattezza nella nuova traduzione; ma ella non esprime né l’eleganza, né la forza dell’originale. San Giovanni non è veramente il Boccadoro che nella propria lingua.
L’ottavo tomo contiene: le ottantotto omelie sul Vangelo di san Giovanni. L’edizione latina di Morel non ne ha che ottantasette, perché la prima ne forma la prefazione. Tutte queste omelie furono predicate in Antiochia nell’anno 394. Vi si ammira, come nelle omelie sovra san Matteo, la bellezza del genio, la sublimità dei concetti, la vivezza dell’immaginazione, la sodezza dei raziocini. Ma differente n’è il metodo. Dopo una corta spiegazione della lettera il santo dottore entra in discussioni polemiche, in cui prova la consustanzialità del Verbo contro gli Anomei. Le riflessioni morali, che sono alla fine di ogni omelia, sono assai corte. Questo non fa però che non vi si riconosca sempre il grande Crisostomo. Vi ha nello stesso tomo parecchie altre omelie a torto attribuite al santo dottore.
Il nono tomo contiene: i. Le omelie sugli Atti degli Apostoli, che furono recitate a Costantinopoli nel 401. Erasmo, Ep. Ad Warham. Archiep. Cantuar., le giudica indegne di san Giovanni Crisostomo, mentre l’abate di Billy le trova assai eleganti. Il cavaliere Enrico Saville ha mostrato, ch’esse sono veramente del santo dottore. Fozio vi riconosce anch’egli il genio di questo Padre. Vero è che lo stile di queste omelie non è ugualmente castigato per tutto. ma questo veniva forse dalla molteplicità degli affari, e dai rimescolamenti cagionati dalla ribellione di Gaina, che non lasciarono al santo alcuna posa.
2. le trentadue omelie sul’epistole ai Romani. Esse furono composte in Antiochia, come è faicle avvedersene colla lettura delle omelie 8, p. 508 e 30, p. 743. Sant’Isidoro di Pelusio ne fa un elogio magnifico, il quale certamente non è soperchio, poiché tutti i secoli ne convengono. Gli errori, che i Pelagiani sparsero alcun tempo dopo in occidente, vi sono antecedentemente confutati. Ma la mira principale del santo è di ribattere l’eresia abominevole dei Manichei. In parecchi luoghi vi fa vergognare i Giudei della loro caparbietà. Chi legge queste omelie, rimane sopra tutto colpito dalla sagacità, colla quale questo Padre dispiega i sensi più profondi del sacro testo, dalla chiarezza, dall’unzione, dall’eloquenza con cui esprime le istruzioni morali.
Il decimo tomo contiene: I. Le quarantaquattro omelie sulla prima Epistola a que’ di Corinto. Quest’opera composta ad Antiochia, è una delle più lavorate e più sottili di quante ne ha san Giovanni Crisostomo. Questo Padre vi pare animato dallo spirito di san Paolo: tanta penetrazione egli mostra nello spiegare questo sagro testo.
9. Le trenta omelie sulla seconda Epistola a que’ di Corinto. Queste furono pure predicate in Antiochia, poiché san Giovanni Crisostomo parla nella ventesima sesta di Costantinopoli, per molto che si vede che egli non vi era. Trovasi in queste omelie meno fuoco che nelle precedenti, ma lo stile vi è egualmente purgato.
3. il Commentario sovra l’Epistola a’ Galati. Questo non è diviso in omelie, ma è una spiegazione continua del testo dell’Apostolo, con alcune sortite contro gli Anomei, i Marcioniti e i Manichei. Vi sono poche riflessioni morali, che è probabile vi aggiungesse in pulpito; perché pare ch’egli abbia dato la forma di discorsi a quest’opera, che non v’ha luogo a dubitare essere stata composta in Antiochia.
L’undicesimo tomo contiene: I. Le ventiquattro omelie sull’Epistola a quei di Efeso, che furono recitate in Antiochia. Alcuni passi mancano un po’ di correttezza: non ostante l’opera è eccellente.
2. Le omelie sull’Epistola a que’ di Filippi. Elleno sono sedici, compreso il prologo e furono dette a Costantinopoli.
3. Le dodici omelie sull’Epistola a que’ di Colossi, ed altre sedici sulla prima, e sulla seconda a que’ di Tessalonica, furono altresì predicate a Costantinopoli.
4. Le ventotto omelie sulle due Epistole a Timoteo. Pare che queste siano state dette in Antiochia. Elleno sono eccellenti, quantunque lo stile non si sostenga ugualmente in esse per tutto.
5. Le omelie sull’Epistola a Tito e a Filemone. Esse sono al numero di nove. Il duodecimo tomo contiene Le trentaquattro omelie sull’Epistola agli Ebrei, che furono predicate a Costantinopoli.
2. Undici omelie predicate pure a Costantinopoli, e pubblicate per la prima volta dal p. Montfaucon.
Nel tredicesimo tomo il p. Montfaucono dà contezza del suo lavoro, poi ci dà la vita di san Giovanni Crisostomo scritta da Palladio. Vi aggiunge quella che ha scritto egli stesso. V’è appresso la sinopsi delle cose più notevoli nelle opere del santo dottore.
Ha fatto sempre la Chiesa una grande stima delle opere di san Giovanni Crisostomo, e sopra tutto dei suoi commentari sui libri divini. E quello che prova fino a quel punto sia a lui riuscito questo lavoro sulla Scrittura, gli è che Teofilatto, Ecumenio e gli altri commentatori greci si sono contentati di farne un estratto. Teodoreto ha fatto lo stesso nelle sue eccellenti annotazioni sul sacro testo. Il nostro santo dottore sarà sempre il maestro e il modello ai predicatori e ai teologi nella spiegazione della Scrittura. Egli seguiva in questo studio e metodo, che senza contrasto è il migliore, come ha osservaot Hare vescovo protestante di Clichester; quello cioè di meditare continuamente questi divini oracoli, per ben penetrarne addentro lo spirito, e acquistare una perfetta conoscenza dei precetti che vi si contengono. S’aggiungano a questo le disposizioni di un cuor puro, docile, chiuso ad ogni vana curiosità, e occupato soltanto dal pensiero della propria santificazione e di quella degli altri. Ecco quello che il fe’ degno di scovrire nella parola di Dio ciò che gli uomini volgari non vi sanno vedere. Egli trova una santa energia fino in un motto, fino nella più minuta particolarità. Spiega con una prodigiosa accortezza i grandi principi della morale cristiana, e presenta la verità di salute con quella forza e con quella unzione, che caratterizzano un’anima perfettamente esercitata in tutte le virtù. Qual altro mai, eccetto che un santo, potrebbe così bene spiegare le proprietà e gli effetti di ciascuna virtù, e scolpire nei cuori l’amore di esse, e indicare i mezzi onde acquistarle? Negli altri moralisti si riscontra una certa aridità, anche qualora colla bella dicitura di andar diritto al cuore, di moverlo, di scaldarlo.
Non ci ebbe mai per avventura oratore più perfetto del Boccadoro. Qual chiarezza nel suo dire! Niente v’ha che imbarazzi il leggitore, che lo intende senza pena e senza studio. Si lasci di vantare l’armonia dei pericoli d’Isocrate. Ella non istà in altro, che in un puerile raccozzamento di parole misurate con arte, quando paragonar le si voglia alla dolcezza impareggiabile che nasci in san Giovanni Crisostomo da una maniera di dire la più elegantge ed insieme la più facile e natia. Chi mai conobbe meglio di lui quella delicatezza, quell’atticismo, che distinguono più o meno i più celebri scrittori delle Grecia? Che bellezza, che eleganza nelle forme! Che fecondità nella scelta delle parole che par gli vengano come da una inesausta sorgente! È egli qualche volta obbligato a trattare lo stesso subbietto? Ei nol dice mai nella stessa maniera, ma sempre v’adopra nuove forme e tutte originali. La vivezza della sua fantasia gli offre una moltitudine di immagini e di fiori ond’egli abbella ogni periodo. Non ci ha nulla di stentato nelle sue metafore e nelle sue comparazioni; esse vengono dalla stessa natura del suo argomento, e servono sempre a dar maggior forza al discorso, e a imprimerlo più profondamente nello spirito. Egli è destro sommamente nel conoscimento della maniera di mover gli affetti, gli sveglia quando vuole e secondo che richiede, semplice, fiorito, sublime e temperato. Se si volesse dire che il Crisostomo non ebbe lo stile epistolare, noi lo giustificheremo dicendo, che le sue lettere si vogliono riguardar come veri trattati a cagione delle materie che sono il subbietto. Accorderassi anco che tutti i suoi discorsi non sono egualmente castigati. Ma ciò deriva non da difetto di applicazione, sì bensì molte volte dal languore delle malattie, dagli imbarazzi degli affari, e da quelle ineguaglianze, che provano anche i sommi ingegni, massime quando scrivono assai. Ai talenti, che fanno i grandi Oratori, san Giovanni Crisostomo accoppiava la profondità del più abile dialettico. Da ciò viene quella finezza con cui egli risolve le più intricate difficoltà, e incalza l’errore sino nelle ultime sue trincee; e questa perspicacità si mostra principalmente nelle opere polemiche, che il santo Padre compose contro i Giudei, gli Anomei e gli altri eretici. Dicalsi pure, che le importanti materie, cui il Crisostomo ebbe a trattare nei suoi discorsi, gli davano un grande vantaggio sopra gli oratori pagani; e che non si ha a paragonarlo coi più celebri filosofi dell’antichità, sovra i quali egli ha di tanto la mano, quando la morale evangelica l’ha sopra quella che inventarono gli uomini.
Ogni ecclesiastico dovrebbe esser provvisto almeno di una piccola raccolta delle opere di san Giovanni Crisostomo. Ciò servirebbe a formar ad essi uno stile, sovra tutto se il leggessero prima di mettersi a comporre. La loro mente e la loro immaginazione prenderebbe allora le forme della vera eloquenza.

 
 
 
 

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Ultimo aggiornamento 27/07/2021